Si fanno insistenti le indiscrezioni sul forte impegno che Governo e ministero dell’Istruzione starebbero realizzando per risolvere il problema del precariato, con 90 mila cattedre di diritto da coprire, anche attraverso una revisione del piano annuale di mobilità del personale di ruolo. Secondo Il Sole 24 ore, sarebbero due le ipotesi al vaglio: la prima passerebbe dallo sblocco della mobilità e dall’addio al vincolo dei 5 anni, con 100-130 mila insegnanti a cui si darebbe la possibilità di riavvicinarsi a casa, con l’avvio contestuale di un corso-concorso “semplificato” incentrato sui titoli di servizio. La seconda verterebbe invece sul rinvio di un anno della mobilità.
Secondo il giovane sindacato per assumere 90 mila insegnanti basta invece riaprire le Gae o aprire le graduatorie finali dell'attuale concorso straordinario a tutti i candidati, senza escludere più nessuno, in ogni ordine e grado, e senza preclusione alcuna ai precari del sistema nazionale di istruzione. “L'idea di confermare i contratti rinviando le immissioni in ruolo – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - sarebbe un segno dell'incapacità di gestire il sistema. Il blocco della mobilità va tolto subito senza alcun ripensamento: ogni giorno che passa dimostra la vacuità delle promesse della politica. Se passasse quanto anticipato oggi dal quotidiano economico il contenzioso travolgerebbe l'inizio dell'anno scolastico”.
Nei tre lustri che ci attendono oltre la metà degli insegnanti lascerà il lavoro per la pensione: lo dice il rapporto della rete Eurydice dal titolo Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being. Dallo studio - pubblicato oggi - emerge che l’invecchiamento degli insegnanti interessa più della metà dei sistemi educativi e l’Italia, dove appena il 6,4% di insegnanti ha meno di 35 anni di età (solo la Grecia e il Portogallo fanno peggio), è uno dei paesi dove la tendenza è maggiormente sentita. In media nell’UE tra gli insegnanti con meno di 35 anni più di un terzo lavora con contratti a tempo determinato, ma in Italia la percentuale di precarietà sale al 78%: come in Spagna, Austria e Portogallo, sono addirittura più di due terzi, con contratti brevi e spesso non superiori a un anno (come il caso dell’Italia).
Anief reputa che i dati pubblicati oggi costituiscono un ulteriore motivo per introdurre delle regole sul reclutamento adeguate al contesto e moderne, introducendo quindi il doppio canale, le assunzioni dopo 36 mesi e i concorsi riservati, così da favorire il turn over in modo naturale e svecchiare la categoria. “Non possiamo ritrovarci nella spiacevole situazione degli ultimi anni, quando le nuove immissioni in ruolo non hanno nemmeno coperto le cattedre liberate dai pensionamenti – dice Marcello Pacifico, leader Anief -: lo scorso anno si è arrivati al paradosso che a fronte di circa 85 mila assunzioni a tempo indeterminato accordate dal Mef ne sono state poi effettuate meno di 25 mila, mandandone in fumo quindi 60 mila. È anche da questo che deriva il boom di supplenze di quest’anno e che nella prossima estate, se non si attuano le assunzioni per titoli e servizi, potrà solo che aumentare. Così ci ritroveremo col doppio record: i docenti più vecchi e pure i più precari d’Europa. I fondi del Recovery plan possono servire anche a questo”.
Screening costanti sulla popolazione scolastica, dati aggiornati sugli istituti, revisione dei protocolli che riguardano, tra le altre cose, il tipo di mascherine in uso nelle scuole e la distanza tra gli studenti. E poi tamponi periodici anche salivali per i più piccoli e previsione da ora di organici adeguati, pensando soprattutto al prossimo anno scolastico. Il mondo della scuola si dice pronto a ripartire, plaude alla scelta del governo di riaprire le aule anche in zona rossa, ma vuole certezze e sicurezza. "Per mantenere le scuole in presenza servono fatti, non annunci", afferma Francesco Sinopoli che guida la Flc Cgil. E il governo sta pensando ai fatti come ad esempio screening sulla popolazione scolastica per monitorare la situazione e abbassare il più possibile il rischio. Il professor Massimo Galli, direttore della clinica di Malattie Infettive dell'ospedale Sacco di Milano, consiglia di riaprire gradualmente le scuole mettendo in campo i test salivari, "che sono poco invasivi e possono essere facilmente gestiti in ambiente scolastico da insegnanti già vaccinati" anche se ammette che la proposta non è "di semplice realizzazione". A spingere per il ritorno nelle aule concorre il fatto che la gran parte del personale scolastico ha ricevuto la prima dose di vaccino e i dati portati oggi dai rappresentanti del Cts alla cabina di regia a Palazzo Chigi dai quali emerge che sì il contagio è cresciuto nelle fasce d'età 0-9 e 10-10 ma non più di quanto non sia avvenuto in altre fasce d'età. La crescita dei casi insomma, non sarebbe attribuibile alla scuola in quanto sarebbe in linea con quella registrata negli ultimi mesi in tutto il Paese. Inoltre anche il rallentamento della curva ha favorito la decisione di aprire le scuole per i più piccoli. "Abbiamo deciso in cabina di regia di spendere questo piccolissimo tesoretto di cui disponiamo sulla scuola per la funzione sociale che la scuola ha nel nostro paese -ha spiegato il ministro Roberto Speranza- In un quadro che resta molto prudenziale ci possiamo consentire una scelta che vuole dare un segnale rilevante ad un pezzo strategico e decisivo della nostra società". Nel mondo della scuola c'è anche chi, come il sindacato Anief, è contrario al rientro in classe e si chiede il perchè da dopo Pasqua bisogna tornare in aula "in presenza di contagi elevati". Intanto oggi in 70 città italiane è andata in scena la protesta contro la Dad organizzata dal Comitato Priorità alla scuola e dai Cobas per chiedere il ritorno di tutti i ragazzi nei loro istituti. Una nuova iniziativa è già stata preannunciata per il prossimo 31 marzo. E oggi in due ordinanze il Tar del Lazio ha invitato il governo a riesaminare il Dpcm del 2 marzo scorso che ha disposto la didattica a distanza in tutte le scuole delle Regioni in zona rossa "alla luce della cospicua documentazione prodotta in giudizio da numerosi genitori di studenti ricorrenti". (ANSA).
A meno di una settimana dall’avvio della finestra di aggiornamento della terza fascia delle graduatorie d’istituto del personale amministrativo, tecnico e a vario titolo facente parte degli Ata, sono quasi 200 mila le domande già pervenute al ministero dell’Istruzione. E rimangono confermate 4 milioni di domande, di cui la metà di nuovo inserimento, attese fino al prossimo 22 aprile, che si riconducono nella procedura, valida per il triennio 2021/23. A dirlo è stato Marcello Pacifico, leader dell’Anief, durante un’intervista a Italia Stampa, ricordando anche le incongruenze che stanno emergendo nella presentazione dei titoli e dei servizi.
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