Non ha prodotto i risultati che speravano i sindacati l’incontro di ieri con il Governo sul tema delle pensioni. A differenza delle richieste dei rappresentanti dei lavoratori, da parte dell’esecutivo non vi è stata alcuna apertura verso riforme strutturali. C’è un impegno reciproco a rivedersi a dicembre, ma nulla più. È sempre più probabile, considerando i tempi ristrettissimi che portano al 2022, un cambio delle regole a partire solo dal 2023. Dunque, per tutto il prossimo anno saranno valide le misure previste nella Legge di Bilancio: da Quota 102 (pensione anticipata con 64 anni di età e 38 di contributi) fino alla proroga di Ape sociale e Opzione Donna. Qualche ritocco potrebbe esserci per i lavori gravosi, ma anche per misure a costo zero che possono cominciare ad aprire la strada alle pensioni di garanzia per i giovani.
Anief ribadisce le sue richieste, che stanno per confluire in emendamenti da presentare alla manovra di fine anno: “La spesa per le pensioni deve una volta per tutte essere sganciata da quella del bilancio del welfare – dice Marcello Pacifico, presidente Anief -, come occorre me introdurre una finestra specifica per i lavoratori della scuola, a partire dai docenti particolarmente sottoposti al rischio burnout che si viene a determinare, soprattutto dopo i 60 anni, con patologie anche di tipo tumorale. Questo Governo ha mostrato un minimo di sensibilità su questo aspetto, aprendo l’Ape Social, dopo ai maestri dell’Infanzia anche a quelli di scuola primaria: il provvedimento va però allargato a tutti i dipendenti scolastici, perché lo stress da relazione vale in tutti i cicli e ambienti formativi. Come riforma strutturale, per la scuola dovremmo ragionare su ‘Quota 98’ per tutti e il riscatto gratuito della laurea, come pure proposto dal presidente Inps: una norma di questo tipo svecchierebbe anche la categoria dei docenti italiani che oggi è la più anziana al mondo”, conclude il sindacalista.