Anche il giudice del lavoro del tribunale di Treviso non ha avuto dubbi: la retribuzione professionale docenti non può essere negati ai supplenti, quindi i circa 164 euro al mese negati in busta paga vanno assegnati con tanto di interessi. La decisione è arrivata con sentenza, datata 4 giugno, sul ricorso prodotto dai legali Anief in difesa di una docente campana in servizio in Veneto, abilitata all’insegnamento, che “durante gli anni scolastici 2017- 2018, 2018- 2019 e 2019- 2020 fino all'8 Aprile 2020 non aveva percepito la retribuzione professionale docenti (euro 164,00 lordi mensili)”. Esaminando il “servizio prestato per gli anni 2017-2018, 2018-2019 e 2019-2020 fino all'8 Aprile 2020”, il giudice ha quindi condannato “il Ministero dell’Istruzione al pagamento delle relative differenze retributive da quantificarsi in euro 3612,74 oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo effettivo” e lo stesso “Ministero resistente alla rifusione delle spese di lite in favore della ricorrente che liquida in € 1.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA, come per legge, oltre al contributo unificato, con distrazione in favore dei procuratori della ricorrente dichiaratisi anticipatari”.
Invece di aumentare il budget annuale per la carta del docente e allargarlo ai precari, come deciso con Ordinanza della Corte di Giustizia Europea alcuni giorni fa, chi gestisce la scuola sta lavorando per ridurlo fino a portarla a quasi dimezzarsi: la I e VII commissione del Senato avrebbero trovato le risorse per salvare la card da 500 euro annuale rivolta a tutti i docenti, solo dal primo anno di tagli previsto dal Decreto Legge n. 36 inserito nel Pnnr. Diversi partiti politici, anche della maggioranza, secondo Italia Oggi “hanno chiesto oltre 450 milioni Italia Oggi” di euro per modificare la parte relativa alla scuola del decreto PNRR 2, e dal Mef pare siano arrivate rassicurazioni solo per 16 milioni, utile ad evitare la decurtazione della carta docente soltanto per l’assegnazione prevista per il prossimo mese di settembre 2022. “Niente da fare, dunque, per i restanti 34 milioni di euro che servirebbero ad evitare il decurtamento fino a giugno 2023 e i successivi 90 milioni per evitare che la misura entri a regime”, osserva Orizzonte Scuola.
L’Aran ha convocato i sindacati rappresentativi della scuola per martedì 28 giugno: al centro dell’incontro, il terzo in poche settimane, c’è sempre il rinnovo del contratto di categoria. “Il nostro obiettivo – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è quello di chiudere con sollecitudine la trattativa di questo contratto aumentando il più possibile le risorse, al momento pari a non pià di 50-60 euro medi netti di aumento, coscienti anche che si tratta di un periodo contrattuale già chiuso, il 2019-21. Ecco perché serve un contratto collettivo nazionale ‘ponte’, così da dare una risposta immediata agli stipendi sempre arretrati rispetto al costo della vita, con i nostri docenti e Ata penalizzati due volte. Sempre dando per scontato che arriveranno importanti modifiche al il Decreto Legge n. 36 inserito nel Pnnr”.
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