Pacifico: atto gravissimo, se queste sono le idee che vuole portare avanti il Governo farebbe bene a dimettersi

La proroga fino al 31 dicembre 2014 del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, decisa oggi in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri, di oltre tre milioni di dipendenti pubblici rappresenta una grave e inattesa decisione del Governo: invece di discutere e approvare il Decreto D’Alia, contenente alcuni importanti segnali di rilancio del sistema scolastico italiano, l’Esecutivo fa uscire dal “cilindro” un regolamento incostituzionale che, in particolare per il personale della scuola (nel 99% dei casi senza possibilità di attuare alcuna forma di “carriera” professionale), prevede non solo il blocco di ogni forma di adeguamento retributivo al costo della vita e degli scatti stipendiali (già a partire dal 2011), ma addirittura riduce ulteriormente le già esigue risorse destinate al trattamento accessorio (il cosiddetto Fondo d’istituto) di docenti e Ata.

Anief-Confedir annuncia sin d’ora che impugnerà questa operazione economica di risparmio ingiusta, approvata oggi in via definitiva dal CdM, in tutte le sedi e con tutte le modalità possibili: ricorda, infatti, che qualsiasi atto che dovesse introdurre un blocco degli stipendi pubblici rimane sempre in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale 223/2012, la quale ha dato ragione a quei magistrati che avevano rivendicato il diritto allo stipendio equo. Ora, poiché è stato appurato che l’irrecuperabilità stipendiale è lesiva degli articoli 1, 36 e 39 della Costituzione, tale principio può essere sicuramente allargato a tutte le professionalità che operano nel comparto pubblico.

E sempre secondo la Corte Costituzionale non è neanche lecito giustificare il blocco stipendiale con l’attuale situazione di particolare crisi finanziaria nazionale. Come, invece, vorrebbe far credere Palazzo Chigi sostenendo che sussistono “condizioni di eccezionalità tali da giustificare la proroga al 31 dicembre del 2014 di una serie di misure in materia di pubblico impiego, comunque con un orizzonte temporale limitato, come richiesto nei pareri delle Commissioni parlamentari che hanno espresso parere favorevole sul provvedimento”.

“A parte il fatto che il parere delle Commissioni parlamentari – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non è stato così favorevole come vuole far credere il Consiglio dei Ministri, oggi abbiamo assistito alla conferma che anche questo Governo continua l’opera di accanimento verso i dipendenti del pubblico impiego. Dopo aver cancellato 400mila posti negli ultimi quattro anni, si decide ora di lasciare più di tre milioni di persone ferme ad uno stipendio medio sempre più vicino alla soglia di povertà”.

“L’Anief – continua Pacifico – ha già presentato ricorso contro il blocco, rappresentando il personale della scuola. Confedir, che nelle audizioni parlamentari del maggio scorso aveva denunciato l’incostituzionalità di qualsiasi ulteriore proroga, presto farà altrettanto allargando i ricorsi a tutti i dipendenti del pubblico impiego. Per quanto riguarda il Governo – conclude il sindacalista – se queste sono le idee che vuole portare avanti, dopo soli cento giorni di vita, allora farebbe bene a dimettersi”.
 

Anche Anief-Confedir non arretra: rimane incredibile che l’esecutivo non trovi le risorse per salvare 5mila docenti da un passaggio professionale illegittimo. Ancora possibile fare ricorso.

Sugli oltre 4 mila docenti inidonei e quasi mille Itp titolari delle classi di concorso C999 e C555 il Governo non vuole fare marcia indietro. A distanza di quasi un anno dall’approvazione del D.L. 95/2012 sulla spending review, poi convertito nella Legge 135/12, in particolare dei commi 13 e 14 dell’art. 14, il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi ha riferito in Commissione Cultura al Senato sul numero e sui risparmi di spesa derivanti dal passaggio di questi docenti nei ruoli Ata.

In base a quanto dichiarato da Toccafondi, i circa 100 milioni di euro l’anno di risparmi di spesa previsti dall’anno in corso fino al 2017 non possono essere annullati: prima di tutto perché sono già stati inseriti nei saldi di finanza pubblica; in secondo luogo perché dal 1° gennaio 2014 non sarà più possibile prorogare l'applicazione dei risparmi derivati dal trasferimento di ruolo dei lavoratori coinvolti.

Il destino dei docenti inidonei e degli Itp della C999 e C555 deve essere quindi considerato segnato? Anief assicura di no. Il sindacato ribadisce che per evitare il loro transito nei ruoli del personale Ata ha predisposto un ricorso ad hoc al Tar Lazio, al fine di ottenere la sospensione del decreto interministeriale, firmato nel marzo scorso e ancora in corso di registrazione, che vuole dare seguito, sul piano attuativo, proprio agli artt. 13 e 14 della Legge 135/12.

“Il nostro ricorso – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per il contenzioso – vuole evitare che con questo passaggio professionale il Governo riesca nell’obiettivo di danneggiare tutti: i docenti inidonei, peraltro spesso vittime di seri problemi di salute, perché oltre al cambio forzato di ruolo potrebbero ritrovarsi costretti a cambiare provincia; gli ITP perché ‘degradati’ in Ata; il personale Ata in attesa del ruolo perché rischia di veder vanificate le proprie aspettative di stabilizzazione, mortificate dall’occupazione di tanti posti vacanti e disponibili dal personale transitato da altri ruoli”.

“Per non parlare – continua Pacifico - della qualità della scuola italiana, destinata a ridursi ulteriormente proprio in virtù dell’utilizzo di personale in ruoli diversi da quelli che gli competono. E, non per ultimi, ci sono i 5.400 Ata che da un anno sono in attesa di essere immessi in ruolo (a fronte di 40mila posti vacanti!), ma cui è stato detto di attendere gli esiti di una vicenda con la quale, soprattutto i collaboratori scolastici, non hanno nulla a che vedere”.

“A questo punto – conclude il sindacalista Anief-Confedir – il Governo non ha scelta: trovi le risorse per evitare il passaggio forzato di inidonei e Itp, come chiedono tutti. Ad iniziare dal Parlamento, i cui rappresentanti si sono più volte già espressi contro questa norma ritenuta palesemente sbagliata”.

Coloro che sono interessati a chiedere informazioni ulteriori, anche su eventuali ricorsi, possono scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

Ancora una volta il Governo interviene per ragioni di finanza sulla scuola, dopo che il ministro Carrozza ha richiesto una legge-delega per elaborare un nuovo testo unico. Si va verso la soglia di 900 alunni per l’autonomia delle scuole, per evitare i ricorsi. A rischio le scuole situate in comunità montane, piccole isole o alto flusso immigratorio. ANIEF chiede a Regioni e Parlamento di rispettare, comunque, gli interessi del territorio e delle famiglie.

“Prima delle scuole autonome, dovrebbero chiudere i Comuni, meglio ridurre i costi della politica piuttosto che quelli sull’istruzione dei nostri figli”: così commenta Marcello Pacifico (presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola) il comunicato del Governo sul nuovo intervento legislativo sulla scuola approvato dal Consiglio dei Ministri n. 10 del 19 giugno 2013: “Tenuto conto di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.147/2012, si dettano disposizioni in materia di dimensionamento delle scuole, rimettendo ad un accordo da definire in sede di Conferenza Unificata l’individuazione di un parametro che consenta di determinare il contingente dei dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione”.
Dopo la sentenza n. 147/11 che ha ribadito la materia concorrente Stato-Regioni sui criteri legati al dimensionamento scolastico da declinare sul territorio tenuto conto delle esigenze dell’utenza, abolendo il c. 4 dell’art. 19 della legge 111/11 (che creava istituti comprensivi di 1.000 alunni), il Governo approva una norma che rimanda alla Conferenza unificata la sede dove individuare nuovi criteri, comunque, in linea con i risparmi ottenuti dai tagli già effettuati (- 1.130 scuole autonome). E l’unico criterio finora trovato, all’attenzione del MEF, che sostituisce quelli precedenti garantendo l’invarianza finanziaria, cioè i tagli di stipendio effettuati sui posti dei dirigenti, dsga e ata, è quello già proposto nei mesi scorsi di innalzare a 900 alunni la soglia per ogni ordine di scuola così da garantire la quota di 8.900 scuole autonome rispetto alle 10.000 precedenti. Le conseguenze non riguardano soltanto il personale con il blocco dei concorsi per i direttori amministrativi, l’assenza di posti per i vincitori del concorso per dirigente scolastico, la riduzione di posti ATA, ma anche le famiglie, specialmente nelle scuole situate in comunità montane, isolane con seri problemi di collegamento o in quartieri difficili o zone periferiche dove la scuola autonoma costituisce spesso l’unica presenza dello Stato. Per questa ragione, dopo aver promosso il contenzioso a seguito dell’individuazione dei sovrannumerari nelle scuole illegittimamente dimensionate, l’ANIEF chiede alle Regioni di mantenere le deroghe previste dal DPR 233/98, in particolare sulla soglia dei 300 alunni nelle comunità appena evidenziate.

La presenza della direzione scolastica e amministrativa, difatti, non può essere considerata come irrilevante ai fini dell’erogazione del servizio, come si evince dal alcune brevi considerazioni sul loro ruolo.

Iniziamo con il considerare le funzioni e responsabilità del dirigente scolastico. Egli è preposto al corretto ed efficace funzionamento delle istituzioni, agendo nel contesto normativo delineato con gli articoli del D.P.R.275/1999 e rapportandosi con soggetti esterni, in qualità di legale rappresentante della scuola; esercita compiti autonomi di direzione, coordinamento e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, portandone la responsabilità in ordine ai risultati (legge n.59/1997, art. 21, comma 16). Non occorre dilungarci sulla complessità e specificità della funzione del dirigente scolastico, qual è stabilita nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Occorre, però, non sottovalutare il fatto che, con l’attribuzione della personalità giuridica, nonché per effetto del trasferimento di quasi tutte le competenze relative alla gestione del personale dal Ministero verso le istituzioni scolastiche), il Dirigente scolastico è soggetto legittimato alla stipula dei contratti; in quanto legale rappresentante della scuola, è su lui che ricade una serie di connessi oneri e responsabilità connesse. Il d.s., nell’ambito della sua normale attività, è chiamato a stipulare «atti di natura contrattuale», da quelli per l’assunzione del personale a quelli per l’acquisizione dei beni e dei servizi necessari per la realizzazione del POF e per il buon funzionamento della scuola. Nei confronti del personale scolastico, il d.s. è datore di lavoro. L’art 36 del D.Lgs. 29/93 prevede che «L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro…»; da ciò deriva che il dirigente scolastico - fatte salve tutte le procedure selettive previste da leggi, regolamenti, ordinanze e circolari applicative varie, nell’ambito della gestione del rapporto di lavoro con il personale previsto annualmente dalle tabelle organiche – procede alla stipula ed alla sottoscrizione, congiuntamente all’avente diritto, di contratti per: assunzione di personale di ruolo (contratto a tempo indeterminato), previa individuazione da parte dell’Ufficio scolastico regionale; assunzione di personale non di ruolo per l’intero anno scolastico (ossia fino al 31 agosto), e di personale non di ruolo fino al termine dell’attività didattica, e/o delle lezioni, previa individuazione da parte dell’Ufficio scolastico regionale; assunzione di personale non di ruolo per il tempo necessario alla sostituzione del personale assente, che egli stesso individua scorrendo le graduatorie di istituto.

Come titolare delle relazioni sindacali interne, il d.s. rappresenta la parte pubblica datoriale nella contrattazione integrativa a livello d’Istituto, con riferimento, ad es., a: - utilizzazione del personale e articolazione dell’orario di servizio in rapporto al POF; - ripartizione del salario accessorio retribuito con il Fondo di Istituto; - individuazione del personale da designare (e conseguente attribuzione dei compensi); - attuazione delle norme per la sicurezza sul posto di lavoro.

La qualità professionale del dirigente scolastico emerge maggiormente quanto più ampi sono i poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse che il D.Lgs. n. 165/2001 gli attribuisce nella triplice veste di pubblico funzionario, presidente degli organi interni dell’istituto, e membro di diritto del Consiglio d’Istituto. Dal testo del D.Lgs. n. 165/2001 emerge la figura di dirigente scolastico non legato al modello burocratico, ma ricco di tratti dinamici, capace di coordinare l’azione educativa della scuola, pronto a qualificarsi non per le funzioni esecutivo-amministrative, ma per quelle promozionali ed innovative. Si consideri, a questo proposito, che ogni dirigente non può che cucire la propria stoffa, quando è chiamato ad intervenire in materie che contemplano tratti di discrezionalità. La “vigilanza didattica” è una di queste materie delicate: consiste nell’apprezzamento discrezionale dei contenuti di merito dell’esercizio della funzione del personale scolastico, che il d.s. effettua con criteri regolativi ispiranti ai principi di legalità, imparzialità, giustizia, eguaglianza, buon andamento, congruenza. Si intende che, nella valutazione della prestazione professionale dei docenti in rapporto alla destinazione di scopo della funzione docente, ogni d.s. porta una responsabilità personalissima, trattandosi di accertare situazioni di inadempimento funzionale, casi di incapacità didattica, di persistente insufficiente rendimento nella prestazione professionale del personale.

Con attinenza alla questione dell’accorpamento, un compito del d.s. che ci interessa segnalare è quello di attivare i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio, per raccoglierne le istanze e le risorse, in funzione del Piano dell’Offerta Formativa.

Il coinvolgimento degli enti e delle associazioni della locale realtà economica e culturale, nelle scelte educative della scuola, è stabilito negli artt. 138 –139 del D.lgs. 31 marzo 1998 n.112 e nell’art.9 Commi 1 e 2 del D.P.R. 8.3.1999 n.275: “Le istituzioni scolastiche… realizzano ampliamenti dell’offerta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali.. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti.... “. Nella fase preliminare dell’elaborazione del POF, le funzioni del d.s. nel coinvolgere la comunità locale sono espressamente previste: “Il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio” (art.3 del D.P.R.n.275/1999). La procedura d’elaborazione del POF è compito del capo d’istituto d’intesa con il Collegio dei docenti e col Consiglio d’Istituto. Ai sensi dell’art.10, D.lgs. 14 aprile 1994 n.297, il Consiglio d’Istituto è l’organo elettivo rappresentativo di tutte le componenti della comunità scolastica; i genitori degli studenti vi sono adeguatamente rappresentati (come pure lo sono nella Giunta esecutiva). Ecco alcune delle sue funzioni di gestione e indirizzo generale: definisce le scelte generali di gestione e amministrazione della scuola; adotta il POF.; approva gli accordi con altre scuole; adotta il regolamento interno dell’istituto; delibera l’acquisto, la conservazione e il rinnovo delle attrezzature tecnico scientifiche e dei sussidi didattici; adatta il calendario scolastico alle specifiche esigenze ambientali; delibera su iniziative concernenti educazione alla salute e prevenzione delle tossicodipendenze; - stabilisce i criteri di funzionamento dei servizi amministrativi; - valuta le iniziative riservate agli alunni, quali ad es, concorsi a premi e distribuzione borse di studio. Al Collegio dei docenti, organo sovrano in materia educativa e didattica, il d.s. presenta il Programma annuale (gli obiettivi didattici e amministrativi della scuola), per l’approvazione. All’inizio dì ogni anno scolastico, il d.s. predispone altresì il «Piano annuale delle attività e degli impegni del personale docente» (le attività d’insegnamento e quelle funzionali all’insegnamento), e ugualmente lo sottopone alla delibera del Collegio, nel quadro della programmazione dell’azione educativa. In questa materia, il D.P.R. 275/1999 ha avviato un processo innovativo: prima dell’avvento dell’autonomia scolastica era il Ministro dell’istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, a disporre i programmi di insegnamento. Le scuole secondarie di secondo grado hanno il potere di effettuare, con riferimento ai piani di studio e alle Indicazioni nazionali, la programmazione curricolare e di stabilire, tenuto conto delle richieste degli studenti e loro famiglie, i contenuti delle quota del curricolo ad essi riservata, complementare della quota nazionale; la quota dei piani di studio rimessa alle singole istituzioni scolastiche varia, a seconda dell’ordine di studi e del grado delle classi, dal 20 al 40% del monte ore complessivo. Mantenendo inalterato il monte ore annuale complessivo, le singole istituzioni scolastiche possono modificare il quadro orario mediante lo spostamento di alcune ore da una disciplina ad un'altra; ciò (ed è questo in cuore dell’Autonomia) al fine di caratterizzare la propria identità culturale e didattica anche in funzione delle istanze del territorio di riferimento. Quanto rilevanti siano le funzioni del Collegio dei docenti si può desumere dal testo dell'art.7 del D.lgs 16 aprile 1994, n. 297: “…2) Il Collegio dei docenti: a) ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto. In particolare cura la programmazione dell'azione educativa…. Esso esercita tale potere nel rispetto della libertà di insegnamento garantita a ciascun docente; b) formula proposte al direttore didattico o al preside per la formazione, la composizione delle classi e l'assegnazione ad esse dei docenti, per la formulazione dell'orario delle lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal Consiglio di circolo o d'istituto; c) delibera, ai fini della valutazione degli alunni e unitamente per tutte le classi, la suddivisione dell'anno scolastico in due o tre periodi; d) valuta periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell'attività scolastica; e) provvede all'adozione dei libri di testo, sentiti i consigli di interclasse o di classe e… alla scelta dei sussidi didattici; f) adotta o promuove nell'ambito delle proprie competenze iniziative di sperimentazione…; g) promuove iniziative di aggiornamento dei docenti del circolo o istituto; … i) elegge i suoi rappresentanti nel Consiglio di circolo o istituto; l) elegge, nel suo seno, i docenti che fanno parte del comitato per la valutazione del servizio del personale docente; m) programma ed attua le iniziative per il sostegno degli alunni portatori di handicap; n) nelle scuole dell'obbligo che accolgono alunni figli di lavoratori stranieri residenti in Italia e di lavoratori italiani emigrati adotta le iniziative previste dagli articoli 115 e 116; o) esamina, allo scopo di individuare i mezzi per ogni possibile recupero, i casi di scarso profitto o di irregolare comportamento degli alunni, su iniziativa dei docenti della rispettiva classe e sentiti gli specialisti che operano in modo continuativo nella scuola con compiti medico, socio-psico-pedagogici e di orientamento; p) esprime al direttore didattico o al preside parere in ordine alla sospensione dal servizio e alla sospensione cautelare del personale docente quando ricorrano ragioni di particolare urgenza.. ; q) esprime parere, per gli aspetti didattici, in ordine alle iniziative dirette alla educazione della salute e alla prevenzione delle tossicodipendenze….”.

Passiamo a considerare alcuni degli effetti permanenti che si produrrebbero per la modifica dell’assetto del Collegio e dei Consigli di classe (componente docenti) in sede di scrutinio conclusivo. In materia di valutazione degli alunni del Primo e del Secondo ciclo, il provvedimento più recente (D.P.R. n. 122 del 22 giugno 2009) conferma il ruolo di centralità del Consiglio di classe, ristretto alla componente docenti (“La valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche”), e il ruolo del dirigente scolastico che lo presiede, nonché la procedura in caso in cui l’ammissione alla classe successiva sia deliberata in presenza di carenze relativamente al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento (“debito scolastico”), e la procedura per l’integrazione del “credito scolastico” (Art.4 “… A conclusione degli interventi didattici programmati per il recupero delle carenze rilevate, il consiglio di classe, in sede di integrazione dello scrutinio finale, previo accertamento del recupero delle carenze formative, da effettuarsi entro la fine del medesimo anno scolastico e comunque non oltre la data di inizio delle lezioni dell’anno scolastico successivo, procede alla verifica dei risultati conseguiti dall’alunno e alla formulazione del giudizio finale che, in caso di esito positivo, comporta l’ammissione alla frequenza della classe successiva e l’attribuzione del credito scolastico”). La valutazione scolastica è già di suo la crux desperationis del rapporto educativo e didattico, non ha certo bisogno di essere ulteriormente distorta.

Tralasciamo, per brevità, di esporre le conseguenze, anche queste rilevanti, dell’assetto del personale A.T.A., eventualmente arbitrariamente stabilito; né possiamo soffermarci sull’importanza della figura del direttore dei servizi generali ed amministrativi (funzione, anche questa, su cui interverrebbe il mal augurato accorpamento) che sovrintende - con autonomia operativa, nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati -, ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il personale (art. 25, comma 5, del D.lgs n. 165/2001).

Gli effetti riguardano anche il personale di ruolo, perché l’accorpamento di istituti (sempre finalizzato a contrarre gli organici) produce soprannumerarietà e trasferimenti d’ufficio di personale con contratto a t.i., se non di peggio (cassa integrazione e poi licenziamento), nei casi previsti con norme recenti.

 

Pacifico: tra le priorità vi è lo sblocco delle assunzioni di migliaia di amministrativi, tecnici ed ausiliari con più di 36 mesi di supplenze. Altrimenti ci penserà la Corte di giustizia europea.

Oggi per la maggior parte degli alunni e docenti italiani è terminato un anno scolastico contrassegnato da tagli, rinunce e una politica di spending review all’insegna del non senso. Basta andare a vedere cosa è accaduto ad oltre 5mila precari Ata (amministrativi, tecnici ed ausiliari), che attendono ormai da un anno di essere assunti in ruolo, per via di un decreto sulla collocazione dei docenti inidonei che, apprendiamo proprio oggi, una parte dei componenti del Governo verrebbe far naufragare prima ancora di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

“È davvero scandaloso – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri – che il Governo italiano non sia riuscito a portare a compimento l’opera di assunzione degli oltre 5mila amministrativi, tecnici ed ausiliari, accordata l’estate scorsa dalle massime istituzioni, dal momento che in tutta Italia vi sono almeno 40mila posti vacanti e disponibili. Tutto questo accade, peraltro, proprio mentre il Parlamento italiano ha messo al vaglio la legge europea 2013 che è stata creata, tra le altre cose, anche per garantire le assunzioni del personale con almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo”.

Secondo Anief sono questi gli aspetti di cui i nostri parlamentari si devono occupare. Anziché, come accaduto ieri alla Camera, dedicare un intero pomeriggio ad esaminare le tante mozioni sulle misure a sostegno della scuola, dell'università e della cultura. Senza però giungere ad alcuna conclusione. Alla scuola, ai suoi studenti, ai suoi dipendenti, servono certezze. È finito il tempo delle promesse.

“È paradossale che i nostri parlamentari non abbiano sino ad oggi fatto alcun accenno alla procedura d’infrazione 2124/2010 – aggiunge Pacifico – ignorando che da tempo, circa tre anni, questa ha prodotto degli atti di messa in mora proprio per la mancata attuazione della direttiva 1999/70/CE che non ammette deroghe sulle assunzioni a tempo determinato per i precari di lungo corso. La politica dello “struzzo”, però, potrebbe presto presentare il conto: in autunno, infatti, la Corte di giustizia europea, cui si sono rivolti docenti e Ata, anche a seguito della ordinanza favorevole emessa dal giudice Coppola di Napoli, si dovrà esprimere sull’incompatibilità tra la normativa nazionale in materia di stabilizzazione e quella comunitaria”.

Tutto ciò perché i giudici di Lussemburgo non sarebbero stati convinti dalla risposta alla precedente procedura di infrazione 2010/2124 fornita dal Governo italiano, circa la recente attività legislativa adottata (Decreto Legge 70/2011) che avrebbe introdotto una deroga all’applicazione della direttiva 1999/70/CE (relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP) sul lavoro a tempo determinato del personale ATA, motivata da esigenze imprescindibili di erogazione del servizio scolastico e compensata da un piano di immissioni in ruolo.

Ancora una volta Anief tutelerà tutti i lavoratori non docenti precari della scuola da oltre 36 mesi, che intendono impugnare questa situazione di stallo sulle loro immissioni in ruolo, mettendo loro a disposizione un apposito modello di denuncia alla Corte di giustizia europea: basta scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

Dall’approvazione del decreto legislativo 150 del 2009, gli incentivi possono essere pagati se nello stesso comparto vengono assicurati risparmi di finanza pubblica. Così è stato nella scuola, dove si è provveduto a concedere gli scatti automatici di 2010 e 2011 solo grazie al recupero del 30% dei fondi derivanti dai tagli agli organici voluti dall’ex ministro Gelmini. E più di recente attraverso la riduzione di un quarto del miglioramento dell’offerta formativa. Le prospettive? Nere. Chi ci governa intende lasciare in vita gli incrementi stipendiali legandoli alle performance individuali. Con i dipendenti trasformati in “cannibali”…

Anief apprezza l’intenzione dei dieci “saggi” nominati dal presidente Giorgio Napolitano, per superare lo stallo politico, di aver prestato attenzione, all’interno del primo documento economico-sociale, alle problematiche che affliggono il mondo della scuola avanzando indicazioni per risollevare il settore. Il sindacato concorda con i limiti individuati dagli esperti, quale il blocco del turn over e le scarse risorse per la riqualificazione del personale. E ritiene utili alcune loro proposte. Come l’estensione del tempo scuola, al fine di ridurre l’abbandono scolastico, l’incremento delle borse di studio destinate agli studenti meritevoli provenienti da famiglie meno abbienti, il miglioramento dell’infrastruttura di rete delle scuole, la realizzazione di una seria alternanza scuola-lavoro, introducendo un apprendistato universitario sul modello tedesco o austriaco.

Dobbiamo tuttavia rilevare che sul ripristino del salario accessorio le proposte dei saggi non sono corrette. Se è vero, infatti, che sarebbe fondamentale tornare a introdurre adeguati incrementi stipendiali, non possiamo essere d’accordo con i “saggi” quando sostengono che nella PA “il blocco agli stipendi ha impedito al meccanismo premiale di realizzare i propri effetti”.

Chi conosce i meccanismi della pubblica amministrazione sa bene che con l’approvazione del decreto legislativo 150 del 2009, il salario accessorio può essere pagato se nello stesso comparto vengono assicurati risparmi per la finanza pubblica. Tanto è vero che nell’anno successivo nella scuola, il settore nel quale opera l’Anief a tutela di docenti e personale Ata, gli scatti stipendiali automatici sono stati applicati solo grazie all’utilizzo del 30% dei risparmi derivanti dai tagli agli organici decisi dall’ex ministro Gelmini con la Legge 133 del 2008. Per gli aumenti in busta paga del 2011, invece, non essendo sufficienti i risparmi, in gran parte assorbiti dalle assunzioni di migliaia di insegnanti di sostegno decise dai tribunali, si è dovuto provvedere al taglio di un quarto del Mof, il fondo destinato al miglioramento dell’offerta formativa degli istituti scolastici.

“Per entrambi gli anni - commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir alle alte professionalità – la sostanza non è cambiata: l’obiettivo dei risparmi, quindi del pagamento a costo zero, è diventato per lo Stato imprescindibile. E le prospettive sono anche peggiori. Perché nelle scorse settimane il ministro della Funzione Pubblica ha prospettato ai sindacati la volontà di abbandonare definitivamente il sistema degli scatti automatici. Con l’introduzione, al loro posto, del merito legato alle performance individuali. Ora, premesso che si tratterebbe di una decisione gravissima, poiché questa forma di incentivo costituisce per il 90% del personale scolastico l’unica forma di carriera, è evidente che l’idea dei ministri dell’ex Governo Monti non è praticabile per un’istituzione scolastica. Per definizione e mission, la scuola infatti non è un’azienda”.

Sbagliano quindi i “saggi” ad associare il blocco degli stipendi con lo stop al salario accessorio. “Sarebbe stato sicuramente più ‘saggio’ – continua il presidente dell’Anief – indicare ai prossimi responsabili del Governo italiano la necessità di rivedere il prima possibile la norma-cappio introdotta nel 2009 con la riforma Brunetta. Solo se si tornerà a rendere imprescindibili gli scatti stipendiali, sarà infatti possibile parlare di merito. Gli aumenti automatici, assieme ad un incremento stipendiale al costo della vita, permetterebbe infatti di affrancarci dalla vergogna di assegnare oggi al personale scolastico delle buste paga equivalenti a 23 anni fa”.

“Qualora, invece, il nuovo Governo dovesse mantenere le norme attuali, quel che avverrà per i dipendenti dalla scuola può essere associato alla macabra situazione di un aereo in avaria costretto ad atterrare in un’isola deserta e priva di viveri: i superstiti, per sopravvivere sarebbero costretti a mangiarsi tra di loro. Trasformandosi in “cannibali”. Per necessità derivanti da fattori imponderabili. Mentre – conclude Pacifico - nel pubblico impiego è tutto drammaticamente voluto”.

 

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