Orizzonte Scuola - Sentenza Napoli stabilizza tre precari con più di 36 mesi di servizio. Il commento dell'Avv. De Michele

Vincenzo De Michele, avvocato del Foro di Foggia. Lo avevamo intervistato altre volte, prima della sentenza della Corte di Lussemburgo e in merito alle possibili interpretazioni. Di nuovo lo interpelliamo, ora che le sue previsioni sembrano essersi realizzate in pieno.

Immissioni in ruolo: a Napoli prima sentenza di stabilizzazione precari con più di 36 mesi di servizio

Con tre clamorose sentenze, il Tribunale di Napoli ha dato ieri “esecuzione” alla storica sentenza Mascolo emessa il 26 novembre 2014 dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee sulla reiterazione dei contratti a termine nella scuola pubblica italiana.

Il giudice del Tribunale partenopeo Paolo Coppola, lo stesso magistrato che aveva sollevato la questione davanti alla Corte di Lussemburgo sfidando così la nostra Corte di Cassazione, ha accolto il ricorso della docente precaria Raffaella Mascolo, proprio la docente che ha dato il nome all'evento storico europeo, e patrocinato dai legali dell'Anief, Vincenzo De Michele e Sergio Galleano, unitamente ad altri legali come gli avvocati Ambron e Martino, procedendo alla sua immissione in ruolo con contestuale ricostruzione di carriera. Ha accolto pure altri due analoghi ricorsi. In questi processi si sono pure costituiti ad adiuvandum i sindacati Gilda, Flc e Cgil.

Avvocato De Michele, dopo la sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo, e di fronte alle più disparate opinioni che circolavano in rete, Lei aveva detto in una nostra intervista precedente che solo tre soggetti erano stati legittimati a spiegare cosa potrebbe ora succedere: il Tribunale di Napoli, la Corte di Cassazione e la Consulta. La Cassazione lo ha poi fatto. E il Tribunale di Napoli si è dunque pronunciato con tre sentenze eclatanti. E' quello che si aspettava?

“Non con questa velocità e non con questa chiarezza da parte della Cassazione. La Suprema Corte ha depositato la prima sentenza n. 27363/2014 il 23 dicembre 2014, in cui con un obiter dictum che, però, tecnicamente viene costruito come principio di diritto della massima rilevanza (art.384 c.p.c.), afferma che, in base all'ordinanza Papalia della Corte di giustizia l'unica sanzione adeguata in caso di abusivo utilizzo di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego è l'art.5, comma 4 bis, d.lgs. n.368/2001 e la trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti a termine successivi al decorso del periodo di 36 mesi di servizio anche non consecutivi. Si trattava di fattispecie di contratti a termine di una infermiera professionale. Una settimana dopo, il 30 dicembre 2014, viene depositata un'altra sentenza della Cassazione n. 27481/2014 che sembra smentire la precedente, perché ritiene che l'unica sanzione adeguata è l'applicazione del risarcimento del danno di cui all'art.8 della legge n. 604/1966 (da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione), sembrerebbe per ogni fattispecie illecita. In questo caso la Cassazione esclude la possibilità di conversione per il noto principio del pubblico concorso e dell'art. 97, comma 3, Cost. ma, esplicitamente, esclude anche che questo ragionamento valga per la scuola statale perché la “emananda” sentenza Mascolo del 26 novembre 2014 – che è stata depositata il giorno dopo l'udienza pubblica di discussione delle cause in questione, che riguardavano precariato pubblico regionale – riguarderebbe solo la scuola statale – non è vero, come sappiamo – e quindi il divieto di conversione non ha senso, in presenza di un sistema di reclutamento legittimo ed esclusivo per l'assunzione sia stabile che a tempo determinato (Cassazione, sentenza n.10127/2012). Quindi, le due decisioni per la scuola statale non appaiono in contrasto sul piano sistematico. Bene ha fatto, però, il Tribunale di Napoli a richiamare per ben tre volte la sentenza n. 27363/2014 della Suprema Corte a conferma delle sue tesi e a criticare il criterio del risarcimento del ‘danno comunitario' inventato dalla Cassazione nell'altra decisione”.

Qual è il senso delle tre sentenze di Napoli?

“E' la risposta definitiva del Giudice del rinvio pregiudiziale al dialogo diretto con la Corte di giustizia, di cui ha acquisito la risposta che conferma integralmente i quesiti interpretativi formulati, seppure nella unicità della – gravissima – censura di incompatibilità del sistema di reclutamento scolastico con la clausola 5 dell'accordo quadro comunitario recepito dalla direttiva 1999/70/Ce per mancata predisposizione delle misure adeguate a prevenire gli abusi nella successione dei contratti a tempo determinato per tutti i supplenti della scuola statale, docenti e personale Ata. Pende, peraltro – non è stato depositato, ma potrebbe esserlo in qualsiasi momento entro il 2015 – il ricorso per inadempimento della Commissione europea all'esito negativo della procedura di infrazione n. 2010/2124 sempre sui precari della scuola statale. Se il Governo non si dà una grande mossa a rendere pubblico il piano di stabilizzazione annunciato nelle Linee guida della ‘Buona scuola' con l'immissione in ruolo di 150.000 docenti dal 1° settembre 2015, il ricorso per inadempimento ex art. 258 del Trattato per il funzionamento dell'Unione europea costringerà la Corte di giustizia, che l'inadempimento l'ha già accertato con la sentenza Mascolo, a sanzionare pesantemente sul piano economico lo Stato italiano e i soldi non andranno alla ricostruzione delle carriere e alla compensazione dei diritti negati ai supplenti della scuola ma nelle casse europee, non sempre solidali”.

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Le sentenze di Napoli sottolineano come non vi sia alcun diritto al risarcimento del danno. Riconoscono invece il diritto alla conversione del rapporto a tempo indeterminato e dunque contraddicono due precedenti sentenze successive a quella della Corte di Giustizia che invece hanno deciso esattamente il contrario. E' così?

“E' così. Evidentemente, quando non si conoscono gli atti processuali comunitari e quando si ignora o si finge di ignorare il portato delle decisioni della Corte di giustizia e quando si ha fretta di decidere senza il buon senso di farlo dopo aver aspettato la decisione di chi si è assunto, per competenza e per responsabilità, il compito di comprendere fino in fondo e per tutti, si possono commettere errori di cecità giuridica e di ignoranza istituzionale. Ma, come si sa, gli errori si possono sempre correggere”.

Il risarcimento del danno viene escluso perché i contratti a tempo determinato non sono illeciti ma sono stati conclusi in osservanza di leggi esistenti. In quali casi il risarcimento può comunque essere ottenuto in aggiunta alla conversione del rapporto?

“Nella scuola statale è estremamente difficile provare il danno ‘ulteriore' rispetto alla situazione di obiettiva precarizzazione dei rapporti di lavoro – acquisto di casa con mutuo non perfezionato a causa del lavoro non stabile, perdita di chance, ecc. – ma, a mio parere, proprio per come è strutturata la sentenza Mascolo, esiste nel nostro ordinamento una sanzione specifica adatta ai supplenti per compensare i tanti danni che l'incertezza lavorativa ha causato loro. Si tratta delle maggiorazioni retributive previste dall'art. 5, comma 1, d.lgs. n.368/2001 nella misura del 20 per cento della retribuzione per i primi 20 giorni e del 40 per cento per i giorni successivi alla scadenza del termine contrattuale con la prosecuzione di fatto del rapporto di lavoro. Se la prima supplenza annuale o la prima supplenza fino al termine delle attività didattiche sono prive di ragioni oggettive e quindi lo Stato avrebbe dovuto, allo spirare del termine, immettere in ruolo e non lo ha fatto anche ricorrendo a norme retroattive, poiché i rapporti di lavoro a termine successivi al primo privo di ragioni oggettive sono tutti legittimi lo Stato deve riconoscere la maggior gravosità del lavoro precario con le maggiorazioni di legge”.

A proposito di organico di diritto e di organico di fatto, il Tribunale di Napoli afferma testualmente: “Ancora deve rilevarsi come, se pure la Corte di Giustizia ha ritenuto in contrasto con il diritto eurounitario solo la assunzione di lavoratori a termine su posti vacanti e disponibili, in assenza di concorso pubblico da espletarsi entro termini certi, il diritto interno non consente di differenziare le conseguenze sanzionatorie per le assunzioni su posti vacanti ma non disponibili. La interpretazione conforme del diritto interno impone dunque di interpretare conformemente disposizioni che si applicano alle assunzioni su posti vacanti e disponibili, ma la medesima interpretazione, visto l'identico dato testuale, deve valere anche per precari assunti su posti vacanti ma non disponibili". Questo è un punto saliente della questione, punto che sta dividendo le opinioni di precari e di giuristi. Cosa ne pensa? Sia preciso.

“Che ha ragione perfettamente il Tribunale di Napoli, perché la differenza tra organico di fatto e organico di diritto è una fictio iuris per risparmiare i mesi di luglio ed agosto, come ha ammesso il Governo italiano anche nelle Linee guida della ‘Buona scuola'. Del resto la sentenza Mascolo afferma senza alcuna possibilità di equivoco che le uniche supplenze ‘legittime' sono quelle per sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del lavoro per maternità, malattia, ecc. Senza dubbio, se il Miur prova in giudizio che la supplenza fino al 30 giugno serviva proprio a soddisfare una esigenza sostitutiva ‘effettiva', non vi è dubbio che tale supplenza sia anche conforme alle disposizioni comunitarie. Ma non capisco che rilievo possa avere questa distinzione al fine dell'applicazione dell'art.5, comma 4 bis, d.lgs. n.368/2001, visto che tutti i rapporti a termine successivi, supplenze annuali, fino al termine delle attività didattiche e temporanee di fatto e di diritto si computano ai fini della maturazione dei 36 mesi. La norma non fa distinzioni e il Tribunale di Napoli, ovviamente, neanche ne fa, comprendendo anche le supplenze temporanee”.

Il Giudice Paolo Coppola, relatore della sentenza, ed “eroe” del processo comunitario per avere sollevato la pregiudiziale a Lussemburgo, scrive nella sentenza che l'imminente sentenza della Consulta non sarà di tenore diverso da quello della Corte di Giustizia. Cosa ne pensa?

“Quando è uscita la sentenza Mascolo (il 26 novembre 2014, ndr.), nell'immediatezza, è stato suggerito da autorevoli magistrati della Suprema Corte di Cassazione che fosse sollecitata dagli avvocati la definizione in Corte costituzionale dei giudizi ancora pendenti nella causa pregiudiziale Napolitano ed altri sull'ordinanza n.207/2013 della Consulta. Purtroppo, l'unica norma sospettata di illegittimità costituzionale dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Lamezia Terme in quei giudizi è l'art.4, comma 1, della legge n.124/1999 che, anche se fosse dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, non porterebbe ad alcun risultato utile per la soluzione della questione della sanzione effettiva da applicare. D'altra parte, la Corte costituzionale con l'ordinanza n. 206/2013 ha già dichiarato inammissibili le ordinanze del Tribunale di Trento, identiche e precedenti a quelle di Roma e Lamezia. Lo ha fatto sostenendo che non poteva applicare l'art.5, comma 4 bis, d.lgs. n.368/2001 perché il giudice del rinvio (Tribunale di Trento) non aveva sottoposto al sindacato di costituzionalità le due norme che ne impedivano l'applicazione – art.4, comma 14-bis, legge n.124/1999 e art.10, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001 – . Non vedo come la Corte costituzionale possa risolvere ora il problema, se non cambiando la propria giurisprudenza e dichiarando illegittime queste due norme ostative d'ufficio. Adotterebbe, cioè, la stessa decisione del Tribunale di Napoli, che ha agito sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata. La stessa Corte costituzionale ha sempre dichiarato inammissibili le questioni di costituzionalità quando era possibile risolvere la controversia con una interpretazione costituzionalmente orientata. Quindi…”.

Il giudice Coppola fa i conti in tasca allo Stato e aggiunge, sempre nelle sue tre sentenze, che lo Stato ci guadagnerebbe a convertire, anzi, per essere precisi, a “costituire” rapporti a tempo indeterminato con i precari della scuola interessati alla vertenza. Cosa ne pensa?

“Che ha convinto, oltre a noi avvocati del libero foro che lo abbiamo dimostrato in Corte di giustizia con i dati della Ragioneria dello Stato e della Corte dei conti, anche l'Avvocatura dello Stato, che nelle memorie di costituzione in sede di riassunzione delle cause dopo la sentenza Mascolo ha affermato che l'unica forma di risarcimento specifico che i docenti precari possono richiedere è l'immissione in ruolo a mezzo dell'applicazione dell'art.5, comma 4 bis, d.lgs. n.368/2001. E' vero che questa sanzione adeguata viene limitata, ingiustificatamente come si è detto, alle sole supplenze annuali, però va dato atto che anche la difesa dello Stato si è accorta della grande utilità di questa soluzione anche nell'interesse delle casse erariali”.

Avvocato De Michele, Lei che ruolo ha avuto in questa vertenza napoletana?

“Vorrei saperlo!”

Si spieghi meglio.

“Uomo nero, mediatore europeo, spaventapasseri? A parte gli scherzi, il mio studio ha un rapporto di colleganza professionale con gli avvocati Ambron di Napoli, di cui le ricorrenti sono clienti, e l'avvocato Martino, che ha predisposto con me e con gli avvocati Ambron gli atti processuali, è collega del mio studio. Diciamo che ho fatto il topo di biblioteca, rimanendo nell'ombra per non spaventare i gattoni erariali e creare quelle sinergie professionali – i tanti eccellenti avvocati e amici costituiti nella cause pregiudiziali riunite, alcuni in rappresentanza di Anief, Cgil, Flc Cgil, Gilda-Unams – che potevano essere determinanti per ottenere un grande risultato finale. Pare che ci sia riuscito. Ma non ho ancora assaggiato il formaggio”.

Immissioni in ruolo: a Napoli prima sentenza di stabilizzazione precari con più di 36 mesi di servizio

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Fonte: Orizzonte Scuola