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La Stampa: Mille futuri maestri tagliati fuori dalle graduatorie

Dimenticati da tre anni in un limbo dal quale non si vede via d’uscita. Sono mille studenti e studentesse della facoltà di Scienze della Formazione primaria di Torino, più altri abilitati ad insegnare musica o arte. Fanno parte di una nutrita schiera di ventimila universitari italiani tagliati fuori dalle graduatorie ad esaurimento, quelle che servono per accedere all’insegnamento, alle supplenze annuali e al posto fisso.

Maestre di italiano e matematica per le elementari, professori di musica, di arte e disegno esclusi dalla corsa alle cattedre. Il motivo: si sono iscritti all’Università, molti si sono anche già laureati, negli anni accademici «sbagliati», cioè dal 2008/2009 in avanti. «Per noi - dice Matteo De Angelis, 36 anni, presidente del comitato nazionale che ha preso in carico la faccenda due anni fa insieme al sindacato di docenti precari Anief - non esiste una legge che definisce come le scuole ci debbano reclutare. Nel 2007 le graduatorie permanenti sono state chiuse e messe ad esaurimento, in attesa di una nuova normativa sulla selezione dei docenti». Che però ancora oggi non c’è. Migliaia di giovani e meno giovani (tanti quarantenni e cinquantenni) hanno in mano l’abilitazione ad insegnare, ma nelle liste scivolano dietro ai non abilitati e, paradossalmente, finiscono in coda anche a chi impiega più tempo di loro per laurearsi, essendosi immatricolato prima del 2007.

Qualcuno ha osservato che il governo fece una scelta legittima chiudendo le graduatorie per esaurirle. Però, il ministero e le facoltà non hanno smesso di promuovere e attivare corsi Scienze delle Formazione primaria e affini che di fatto si sono trasformati in vicoli ciechi. «Anche i sindacati - dicono gli universitari - hanno sempre consigliato di iscriversi a questi corsi per conseguire l’abilitazione», sempre in attesa del nuovo sistema di reclutamento che si è dimostrato più irraggiungibile dell’isola che non c’è.

In più, fanno presente gli esclusi di oggi, «nel 2008, con la legge 196, più di ventimila laureati rimasti fuori dalle graduatorie furono invece ammessi». Per rientrare in corsa, puntano su questo precedente, supportati da un documento del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. «In un emendamento al decreto sviluppo che approda in Parlamento da domani - spiega De Angelis - proponiamo di tornare anche per noi al vecchio sistema di reclutamento. Puntiamo tutto sull’approvazione di questa modifica, che non comporta ulteriori spese».

Dall’Università di Torino dicono di conoscere la situazione, ma nessun sollecito a risolvere la situazione è stato rivolto al ministero in questi anni. Il presidente del corso di laurea, Redi Sante Di Pol, anche presidente nazionale delle scuole materne paritarie cattoliche, giustifica così il silenzio della facoltà: «Il Ministero non ci dà ascolto nemmeno per le questioni più banali, figurarsi se le nostre lamentele possono influire». Secondo Di Pol: «L’Università ha il compito di fornire l’abilitazione all’insegnamento. Come gli insegnanti vengano collocati o come siano strutturate le graduatorie non è competenza dell’ateneo», che comunque domani, su segnalazione degli studenti, per la prima volta discuterà dell’argomento in Consiglio di facoltà. «In attesa della soluzione del problema - se mai ci sarà - coloro che sono abilitati possono accettare supplenze brevi o incarichi nelle scuole paritarie», dice Di Pol. «Non è quello per cui abbiamo studiato e che ci era stato prospettato all’inizio», rispondono gli universitari.

Anche gli Studenti Indipendenti prendono posizione: «I parlamentari che si ammantano di chiacchiere sulla meritocrazia stanno sottraendo il futuro per cui hanno studiato (e pagato tasse) questi universitari. La differenza tra immatricolarsi un anno prima o un anno dopo rischia di segnare la carriera lavorativa di migliaia di persone».

Fonte: La Stampa

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