ROMA - Decine di migliaia di docenti rischiano di essere assunti a centinaia di chilometri da casa.
Voi come la vedete? Sarebbe giusto secondo voi chiudere tutte le scuole il sabato per rispamiare soldi e rendere più corta la settimana degli studenti e degli insegnanti? Secondo l’Anief, lasciare a casa gli studenti il sabato mattina significherebbe risparmiare di almeno 720 milioni di euro annui. Ciò avverrebbe non utilizzando più la corrente elettrica, il gas e il riscaldamento, oltre a i trasporti per portare gli alunni. Naturalmente non si risparmierebbero ore di scuola, che verrebbero recuperate con i rientri pomeridiani. E il risparmio andrebbe ricalcolato contando il costo aggiuntivo della mensa.
Non è ancora stato bandito e già si parla di magistratura. Nuovo concorso Ds con ricorsi e contenziosi in arrivo? A quanto pare sembra proprio di sì.
Il Ministro dell'Istruzione, Giannini, ha confermato che da settembre di quest'anno il grande piano assunzionale e i principi innovativi della buona scuola saranno una realtà. I finanziamenti sono già stati assegnati nella Legge di Stabilità e prevedono 1 miliardo di euro subito e 2 miliardi a regime.
L'Anief contro il Governo dopo la notizia che nella provincia patavina a più di 300 insegnanti non è ancora stata corrisposta la retribuzione e per "pagare le bollette sono costretti a chiedere soldi ai genitori".
Il decreto varato a fine dicembre conferma poi le borse di studio per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica ed estende le scadenze per i lavori di edilizia scolastica e per i concorsi da professore associato nelle università.
L’Italia è ultima, tra gli Stati europei membri dell’Ocse, per spesa pubblica nell’istruzione in rapporto al Prodotto interno lordo. A certificarlo è l’Istat, nel tradizionale annuario statistico pubblicato nell’ultima settimana dell’anno, precisando che per la formazione dei giovani, in tutti i livelli del ciclo educativo, si investe il 4,6% del Pil. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
00459953.mp3 [l'intervento-commento di Marcello Pacifico, Presidente Anief, è compreso tra 00:42 e 01:20]
L’Italia è l’ultima della classe per spesa in istruzione. A questo poco lusinghiero dato si contrappone quello relativo alla Danimarca, lo Stato tra i Paesi europei dell’Ocse che investe maggiormente nella formazione, quasi l’8% del Pil. Investono nettamente più dell’Italia anche Stati duramente colpiti dalla recessione come Irlanda, Spagna e Portogallo. Sono sempre meno, inoltre, i giovani ad iscriversi all’università. Se nel 2003 erano quasi 73 gli immatricolati su 100 diplomati nel 2012 sono stati in media solo 55. Contestualmente, continuano a calare i lettori di libri e quotidiani. Il commento di Marcello Pacifico presidente di “Anief”, Associazione sindacale professionale, che ha analizzato i dati dell’Istat:
“l’Italia è l’ultima, è la ‘maglia nera’ di tutte queste classifiche. Basti pensare che dal 1995 ad oggi, ovvero negli ultimi 20 anni, non ha aumentato neanche di un euro la spesa per studente. I livelli italiani sono di 2 punti percentuali sotto la media dell’Ocse. Purtroppo, tutto questo è legato anche al taglio di 200 mila posti, al blocco degli stipendi, che è di 4 punti percentuali sotto dell’inflazione… Sono tutti dati negativi! E noi chiediamo a questo punto al governo di intervenire con urgenza per cambiare tutto questo stato di cose, altrimenti non potrà crescere il Paese!”.
Ma perché l’Italia continua a non investire nell’istruzione? La riflessione di Giuseppe Bertagna, docente di Pedagogia all’Università di Bergamo:
R. – Il perché – a mio avviso – è ciò che può risolvere la questione, perché noi non possiamo spendere mantenendo una struttura che non sia efficiente in tutti i suoi aspetti; quindi, è un problema di ricambiare la struttura. Non possiamo nemmeno immaginare, come si è immaginato, che tutti debbano andare all’Università per avere una formazione superiore, perché in tutti i Paesi esiste una formazione superiore non universitaria. La delusione che molti laureati provano perché non trovano lavoro oppure perché devono andare all’estero, oppure perché rimangono ad un livello di professionalità inferiore rispetto a quello che hanno maturato. E quello che hanno maturato è tale che corrisponde ad una analoga richiesta diposti che invece restano inutilizzati per professioni molto alte, molto interessanti ma che non sono quelle per cui l’università forma. Quindi è una carenza. E per ultimo, è che noi siamo riusciti in 40 anni ad espungere dalla mentalità collettiva l’idea che il lavoro sia un fortissimo giacimento culturale ed educativo che deve cominciare dai sei anni ed arrivare fino all’Università, e abbiamo - invece che “rotto” - “consolidato” il pregiudizio che studio e lavoro siano due alternative tra loro incompatibili. Oggi, invece, ci accorgiamo del contrario e, se vogliamo far cambiare il trend, dobbiamo per forza intervenire su questi tre segmenti.
La spesa nell’istruzione potrebbe comunque far registrare nei prossimi mesi significativi cambiamenti. L’Italia, dopo anni di tagli, nel 2014 ha aumentato il proprio bilancio per la formazione dello 0,6%. E per il 2015 è stato stanziato nella legge di stabilità un miliardo di Euro.
Lo certifica l'Istat: l'Italia è ultima nell'Unione europea per spesa pubblica nell'istruzione. Tra le ultime nel mondo sviluppato. Il luogo comune si è fatto statistica. L'Annuario italiano dice, infatti, che dai noi si investe per la formazione dei giovani il 4,6 per cento del Prodotto interno lordo. La Danimarca, in testa per finanziamenti nella conoscenza, investe il 7,9 per cento. Il Regno Unito il 6,4, i Paesi Bassi il 6,2, la Francia il 6,1, il Portogallo e la Spagna il 5,5% (un punto in più di Pil) e la Germania il 5,1. Fuori dall'Europa, gli Stati Uniti spendono nel sapere pubblico il 6,9 per cento del Pil, l'Australia il 5,8, il Giappone il 5,1.
Nel mirino i fondi della previdenza complementare, in particolare l'Espero nel comparto istruzione.
Non è proprio una novità, ma ogni volta che le cifre lo confermano è come ricevere un altro pugno nello stomaco. L'Italia è ultima nell'Unione Europea per spesa pubblica nell'istruzione, per la quale investe solo il 4,6% del Pil. Lo sottolinea l'Anief, Associazione nazionale insegnanti e formatori, evidenziando il dato contenuto nell'Annuario statistico pubblicato dall'Istat nei giorni scorsi.
ROMA - Malgrado tutti i problemi che l'affliggono, la scuola italiana rimane un saldo punto di riferimento per tantissimi aspiranti lavoratori. Lo testimonia il boom di domande, probabilmente superiori al milione, presentate in questi giorni per essere collocati nella terza fascia delle graduatorie d'istituto al fine di candidarsi a svolgere, per brevi periodi, mansioni di assistente amministrativo o tecnico, ma anche per fare il collaboratore scolastico.
Dubbi sul bonus Irap agli autonomi. I tecnici della Camera: mancano i fondi per Poste.
La legge di Stabilità è diventata un colabrodo. La fretta di concludere l'iter prima di Natale, con l'approvazione nell'Aula della Camera tra oggi e domani, sta creando numerosi problemi. Come era prevedibile, nonostante le rassicurazioni del governo, la manovra si è appesantita di emendamenti infilati all'ultimo momento con il consueto obiettivo di dare la mancetta a questa o a quell'altra categoria. Sono 130 gli emendamenti che dovranno essere scremati.
Il ministro Giannini ha presentato i risultati a due mesi dalla messa online del documento. A rispondere al questionario sono stati soprattutto i prof. Anief: "Ci aspettiamo l'inserimento di altri docenti abilitati". Rete studenti medi: "Ci auguriamo un percorso legislativo trasparente".
Già il nome che hanno attribuito loro lascia intendere che rispetto ai colleghi sono su un gradino più basso: "supplenti brevi". Sono insegnanti che devono accontentarsi di assunzioni a singhiozzo con stipendi bloccati al 2009.
I docenti italiani sono i più vecchi dell'area Ocse e quelli che guadagnano di meno, nonostante un impegno lavorativo analogo, se non maggiore. Ecco il quadro desolante tracciato dall'Anief.
Dopo la sentenza della Corte di Giustizia si moltiplicano le condanne contro lo Stato.
Nei giorni successivi alla sentenza dei giudici europei "sull'abuso dei contratti a termine, i tribunali del lavoro italiani hanno ripreso, con più veemenza, a condannare lo Stato a cospicue spese risarcitorie: la base di partenza sono 15 mensilità di stipendio mancato, pari a circa 25mila euro. Ma non mancano sentenze risarcitorie piú sostanziose". Lo afferma l'Anief, secondo cui i giudici si dovranno esprimere pure su scatti di anzianità, pagamento dei periodi non lavorati tra una supplenza e l'altra. Oltre che, ovviamente, sull'obbligo di costituzione del rapporto a tempo indeterminato. Con un danno iniziale per le casse pubbliche di 6 miliardi di euro.
Si è tenuto il convegno organizzato dal sindacato degli insegnanti Anief, presso la Sala Mercede di Palazzo Marini, per commentare ed approfondire i profili legali del ricorso, promosso dal sindacato degli insegnanti, che ha portato alla storica sentenza della Corte di giustizia europea di Strasburgo, in contrasto con il parere espresso in precedenza dalla giustizia ordinaria italiana e dalla Corte di Cassazione.
Un sistema di allerta esiste già. Ma solo pochi istituti lo applicano. Il registro digitale doveva decollare in tutte le scuole, ma solo la metà lo usa.
"Ma Tante scuole sono senza web". Loris e il registro elettonico inesistente. I Sindacati: servono soldi.
La Sentenza della Corte di Giustizia Ue ha dichiarato contraria alla normativa europea sul divieto di reiterazione di contratti a termine quella italiana sulla scuola «che autorizzi, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale Ata, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo».
Negli enti statali lavora un esercito di precari. Ma, con la sentenza della Corte di Giustizia Ue sugli insegnanti, la situazione sembra insostenibile.
Il video dell'intervento del Presidente Anief, Marcello Pacifico, a UnoMattina (Rai 1) del 30 novembre 2014.
Un "primo effetto della sentenza della Corte di Giustizia europea". Così l'Anief commenta la notizia che anche i precari si potranno candidare in occasione del prossimo rinnovo delle Rsu della scuola. "Un'altra vittoria dell'Anief" commenta il sindacato ricordando di aver presentato, con Confedir, "anche stavolta in solitudine, formale richiesta all'Aran per includere il personale non di ruolo tra l'elettorato 'passivo'". "Decisivo - sostiene - quanto stabilito due giorni fa dai giudici di Lussemburgo, ma anche la precedente sentenza della Corte Europea Association dé mediation 2014. Anche le altre organizzazioni sindacali ne hanno preso atto". Per il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico "ora serve una norma che garantisca a trecentosessanta gradi la parità di trattamento tra lavoratori di ruolo e supplenti: in modo che non vi siano più differenze sul calcolo delle ferie, dei permessi, delle malattie e altro. Inoltre si collocherebbero i precari negli organici di diritto, con un recupero del 15 per cento dei distacchi sindacali ormai ridotti all'osso". (ANSA).
LAVORO da tanti anni ma il Piano Renzi mi lascia a casa: sono delusa". C. F., 46 anni, insegna come docente di sostegno presso una scuola elementare in provincia di Prato e non riesce a darsi pace di essere rimasta fuori dal mega-piano di assunzioni previsto dalla Buona scuola di Renzi.
Precari nella scuola, la Ue: vanno assunti.
Scuola, bocciato dalla Corte Ue il sistema italiano delle supplenze: precari vanno assunti.
Dopo una battaglia legale durata cinque anni la Corte di Giustizia Europea ha deciso la stabilizzazione del personale che ha svolto almeno 36 mesi di servizio. Esultano le sigle.
La sentenza della Corte europea viene dopo i ricorsi del sindacato che richiamavano le norme europee contro l'abuso dei contratti a termine nel pubblico impiego.
Accolto il ricorso dei sindacati: illegittime le norme italiane sulle supplenze. Possibili anche risarcimenti fino a due miliardi di euro.
Il 26 novembre si preannuncia come una data storica per i docenti precari. Mercoledì prossimo alle ore 9.30, infatti, la Corte di Giustizia europea dovrebbe leggere una sentenza, da cui deriverà la stabilizzazione di 250mila docenti precari, a cui, nonostante il Miur continui a considerarli invisibili, spetterebbe l'assunzione.
La sentenza riguarda l'utilizzo reiterato nonchè immotivato di dipendenti scolastici che non sono di ruolo e pare certo che a Lussemburgo si darà ragione alle rivendicazioni dell'Anief del 2010.
Mille euro per ogni mese in aula senza insegnante. È quanto deciso dai giudici amministrativi di Palermo accogliendo il ricorso della famiglia di un alunno con gravi disabilità. Sono migliaia ma il ministero dell'Istruzione continua a calcolare i docenti necessari con dati fermi al 2007.
Il Tar di Palermo ha condannato il Miur e l'Ufficio scolastico regionale a risarcire la famiglia per il danno subito. L'Anief: mancano 40 mila insegnanti di sostegno.
Mille euro all'alunno disabile grave per ogni mese in cui è stato privato dell'insegnante. Lo ha deciso il Tar di Palermo che ha condannato il ministero dell'Istruzione e l'Ufficio scolastico regionale.
Il precariato è una piaga per l'Italia, che ne conta a centinaia di migliaia, non solo nel mondo della scuola, ma un po' ovunque.
Eppure, nel campo dell'istruzione la ferita brucia di più, perché per...
I dati dell'Anief registrano 1.707 classi in più. L'unico ciclo scolastico che perde classi è la scuola media.
Classi e alunni in crescita nella scuola pubblica. Lo dimostrano i dati del Ministero dell'Istruzione per l'anno in corso. Un dato legato a vari fattori: in parte per la crisi, alcuni lasciano la scuola privata, e in parte dovuto all'aumento di immigrati,dicono al Miur da una prima analisi dei dati "grezzi". Ben 1.707 classi in più alle superiori dov'è boom di iscrizioni:33mila in più. Scuola primaria: +12 classi, + 180nell' infanzia.Calo alle medie:-104. L'incremento dei docenti non è proporzionale, lamenta il sindacato Anief.
Nessuna apertura sui contratti degli insegnanti da parte del ministro dell'Istruzione Stefania Giannini: gli stipendi rimarranno fermi fino al 2018. La linea del governo è scritta nella Legge di Stabilità 2015, che conferma quella di un anno fa e fissa l'indennità di vacanza contrattuale "per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010". "L'incontro tra i sindacati rappresentativi e il Ministro Giannini si è rivelato un flop", ha dichiarato Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, aggiungendo che i "sindacati, che oggi rilasciano dichiarazioni di meraviglia, già sapevano tutto". "Chi rappresenta docenti e Ata", specifica Pacifico, "deve avere solo un obiettivo: colmare il gap, di 9mila euro, che oggi esiste a fine carriera tra un docente italiano ed un collega europeo".
Liguria. La consultazione sulla Buona Scuola e l'attesa sentenza del 26 novembre da parte della Corte Europea, che potrebbe spalancare le porte della stabilizzazione per oltre 140mila supplenti, sono tra i temi caldi che stanno interessando il comparto scuola negli ultimi tempi.