La stampa scrive

TFA ordinario va inserito in GaE, per immissioni sostegno mancano ancora 1.600 posti da assegnare. Dopo le parole di ieri sera pronunciate dal Ministro durante la trasmissione "Che tempo che fa", è intervenuto il Presidente dell'ANIEF, che ha rilasciato alcune dichiarazioni a Orizzonte Scuola. Per quanto riguarda i precari "sarà l'Europa a dare la sua benedizione alle migliaia di richieste di risarcimento inoltrare da supplenti pluriennali che chiedono la stabilizzazione".

8 x 1.000
È grave che un ministro della Repubblica non segua i lavori parlamentari e non sia aggiornata sulle decisioni del Parlamento che riguardano lo stesso funzionamento delle scuole. Come OS ha rimarcato, non è un auspicio ma una proposta avanzata con successo dal M5S, oggi legge e soltanto nella scorsa legislatura una battaglia portata avanti dall’on. Russo (PD).

Scuola non statale
In tempo di nuova spending review che ha bloccato persino i lavori della Conferenza unificata sui nuovi criteri di dimensionamento viste le richieste pressanti del MEF, il ministro farebbe bene a riaprire il tema tra scuole pubbliche e paritarie e dirottare i residui finanziamenti verso le prime o a ripensare il sistema istruzione con verifiche più stringenti sui risultati ma anche sulla gestione del personale assunto. Il dovere è tanto più forte se ha conseguito l’ordinariato presso un’università telematica.

Riforma cicli
Più che una riforma dei cicli, è necessaria una riflessione sul cambiamento del mercato del lavoro, sulla speranza di vita degli italiani, sulle regole dell’apprendistato, sul tessuto produttivo del Paese, sul piano industriale del Governo, per orientare il successo formativo degli studenti e per combattere il fenomeno dei NEET. Non è la moda del momento che può risolvere il problema della disoccupazione. La riforma Moratti del primo e secondo ciclo d’istruzione durò due anni come idea e poi fu archiviata. E in ogni caso non si può pensare che chiunque passi per la rete scriva quello che vuole e poi si decide di conseguenza. Questo è già un segno della poca serietà del lavoro che si intende svolgere con migliaia di professionisti che si potrebbero consultare.

Scatti stipendiali
Dire che la vicenda è chiusa appare una semplice bugia perché significa che non si è capito niente di quello che è successo. Il blocco dei contratti (Legge 122/2010) avviene dopo la riforma Brunetta (d.lgs. 150/09) ed è seguito da un atto di indirizzo all’ARAN del 2011 condiviso dalla maggior parte dei sindacati - la cui rappresentatività era stata prorogata dallo stesso ministro - che abolisce gli scatti di anzianità e introduce una diversa valutazione del merito a invarianza finanziaria per la nuova stagione contrattuale. Quegli stessi sindacati contrattano, comunque, nelle more il pagamento di un assegno ad personam per il 2010 dai risparmi dei 50.000 tagli avvenuti, e poi degli scatti per il 2011 dal taglio del 25% delle risorse del MOF, finché il D.P.R. 122/2013 non decide che ogni aumento disposto dal 2011 non può essere ritenuto valido ai fini di progressione di carriera perché altera l’invarianza finanziaria sottesa dal blocco contrattale e richiede nuovi soldi da stanziare nella legge di stabilità. Pertanto, la vicenda si chiude solo se si modifica il D.P.R. citato con una deroga esplicita per la scuola. Rimane la scelta dei lavoratori alle prossime elezioni RSU se ridare fiducia ai sindacati che hanno già manifestato la volontà di firmare un contratto senza più gli scatti di anzianità o di darla ad altri perché non firmino quell’accordo.

TFA ordinari
Il ministro non può continuare a prendere in giro giovani laureati che rappresentato il fiore all’occhiello della futura classe docente. Senza fare il TFA ordinario erano già inseriti nelle graduatorie d’istituto. Voglio ricordare al ministro che il nuovo sistema di formazione iniziale era stato pensato nel 2008 per migliorare quello precedente delle SSIS e assumere giovani insegnanti in un Paese che, oggi, ha il 60% del suo personale over 50, il doppio della media OCSE. Farebbe bene, nel mille-proroghe, allora, a pensare all’inserimento dei docenti abilitati con il TFA ordinario nelle Graduatorie ad esaurimento, unica loro possibilità per essere assunti anche dopo dieci anni. Si può sbagliare nei giudizi, ma perseverare è diabolico. E poi non ci si dimentichi dei 7.000 idonei dell’ultimo concorso a cattedra, idonei per insegnare ma oggi lasciati per strada. E per finire, che dire dei 60.000 docenti che il Miur ha deciso di abilitare dopo che hanno maturato 540 giorni di insegnamento?

Precariato
Non è un tema da affrontare ma una necessità cui rispondere con urgenza perché prima o poi l’Europa darà la sua benedizione alle migliaia di richieste di risarcimento inoltrare da supplenti pluriennali che chiedono la stabilizzazione. Grazie all’Anief questo tema che doveva essere proposto già nel 2001, oggi è al centro dell’opinione pubblica. Bisogna avere rispetto delle regole anche nel pubblico dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro. E se stabilizzi non proponi un contratto con lo stesso stipendio da precario, perché così eludi la normativa comunitaria. Le 65.000 immissioni in ruolo previste nel prossimo triennio coprono a malapena i soli pensionamenti ridotti dalla riforma e lasciano il 13% dell’organico di diritto scoperto. Anche nel sostegno le assunzioni autorizzate dalla legge porteranno nel 2017 alla copertura del 70% del fabbisogno di organico come nel 2007, considerato la crescita esponenziale degli alunni con handicap che oggi supera le 210.000 unità.

Immissioni in ruolo sul sostegno
Ancora mancano 1.600 posti da assegnare ai sensi della legge previgente dal 1° settembre a cui aggiungere altri 4.000 ai sensi dell’ultimo decreto legge sulla scuola. Non è più tempo di chiacchere, il primo quadrimestre si è già concluso e sono passati due mesi dall’approvazione della legge. Se non fosse stato per le denunce di parlamentari e sindacalisti oggi non se ne parlerebbe proprio. Bisogna firmare subito e assumere.

Dispersione scolastica
E' arrivato il momento di affrontare il tema della destinazione delle risorse nelle scuole laddove maggiore è il tasso di abbandono scolastico, maggiore è la disoccupazione, minore è la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Per fare un esempio: il parametro dei 22 alunni per classi non può essere lo stesso a Milano o a Palermo né a Palermo tra Via Libertà e lo Zen. Stessa cosa per l'autorizzazione o l'obbligatorietà del tempo pieno e prolungato. E ancora penso agli alloglotti o a zone dove non esiste alcun tessuto industriale. Non basta non dormire la notte ma lavorare di giorno.

Compiti
Il problema non è assegnarli durante le vacanze o farsi aiutare, il problema è far capire agli alunni che devono impegnarsi nella nostra società che è fondata sul lavoro e utilizzare e migliorare gli strumenti di valutazione. L'arte, come lo sport, si dovrebbero praticare a scuola perché se non li conosci è inutile che vai nei musei o in palestra. Mi fa piacere che il ministro mostri questa sensibilità, allora agisca di conseguenza e potenzi gli spazi riservate a queste discipline già nel curriculum.

L’intervista di Orizzonte Scuola

 

Dopo lo scontro Saccomanni-Carrozza, l'accusa del Movimento ripresa dai sindacati della scuola: "Disconosciute le assunzioni". Ma il ministero di Saccommani dice: tutto inventato.

ROMA - Altro scontro tra Saccomanni e Carrozza? Dopo quello sulla restituzione degli scatti stipendiali, vinto dal ministro dell'Istruzione, adesso si profila un'altra querelle: quella sull'assunzione di circa 27mila docenti di sostegno prevista dal decreto-scuola, di cui 4.447 per l'anno scolastico in corso. Ma dal ministero dell'Economia smentiscono qualsiasi intenzione di volere bloccare la stabilizzazione degli insegnanti di sostegno. "Il Mef - dicono da via XX settembre - non ha sollevato nessuna obiezione sull'assunzione dei docenti di sostegno. Ha anzi espresso un avviso favorevole alla richiesta del ministero dell'Istruzione pervenuta a fine dicembre. La Funzione Pubblica predisporrà lo schema del Decreto del Presidente della Repubblica necessario per il completamento dell'iter di assunzione che potrà essere sottoposto quanto prima al Consiglio dei Ministri". Nelle prossime ore il ministro Saccomanni provvederà a firmare il decreto che verrà poi restituito al Miur.

A denunciare il presunto blocco era stato qualche giorno fa l'onorevole del M5S Luigi Gallo che attraverso un massaggio su Facebook accusava via XX settembre di non volere "firmare neanche la prima tranche di assunzioni di insegnanti di sostegno.

Il motivo - spiegava - è che la Ragioneria di stato e il ministero dell'Economia disconoscono i 26.684 docenti di sostegno di nuova costituzione previsti dal decreto". Una denuncia raccolta oggi anche anche da Anief e Gilda. Il sindacato guidato da Marcello Pacifico parla di "bluff sui docenti di sostegno" puntando il dito contro il "Mef che si mette di traverso sulle l'assunzioni stabilite per legge". "Sarebbe una vera beffa - continua il leader dell'Anief - perché il contingente era stato già dimezzato rispetto al reale fabbisogno. Evidentemente viene reputata troppo alta la spesa di 4 miliardi di euro l'anno per garantire la didattica ad oltre 220mila alunni, le cui Asl chiedono il docente specializzato". "Ma che scuola è - si chiede pacifico - quella dove le logiche di risparmio prevalgono pure sui disabili, che così ogni anno continueranno a cambiare insegnante?".

L'assunzione dei 27mila docenti di sostegno prevista dal decreto dello scorso settembre è in effetti una stabilizzazione, perché attualmente su oltre 110mila docenti specializzati che seguono i portatori di handicap soltanto 63mila sono a tempo indeterminato. La restante parte, circa 47mila insegnanti vengo reclutati ogni anno dalle liste dei precari. E vengono quindi pagati ugualmente. Non si tratta di assunzioni ex novo, insomma. Ma la stabilizzazione garantirebbe la continuità didattica a circa 100mila alunni disabili costretti ogni anno a cambiare "angelo custode". Anche la Gilda degli insegnanti insorge contro lo stop di Saccomanni alla richiesta inviata da viale Trastevere, ancora disattesa. "Dopo gli scatti automatici le indennità al personale Ata e ai dirigenti scolastici - conclude Pacifico - anche le immissioni in ruolo dei docenti di sostegno rischiano di trasformarsi in una telenovela".

La vicenda degli scatti - che 90mila lavoratori della scuola avrebbero dovuto restituire, dopo averli percepiti, con minirate da 150 euro al mese prelevate direttamente dallo stipendio - ha richiesto l'intervento del premier Enrico Letta che ha affrontato il difficile punto nel Consiglio dei ministri di due giorni fa. Sull'organico di sostegno invece starebbe lavorando - per "armonizzarlo" - anche il commissario Carlo Cottarelli, nominato da Letta per la revisione della spesa pubblica: la cosiddetta Spending review.

Fonte: Repubblica

 

Gli stipendi dei prof sono salvi ma a rimetterci è sempre la scuola: il prelievo infatti non avverrà più dalle tasche dei docenti ma direttamente dalle casse delle scuole, alleggerite di ben 350 milioni di euro.

Un dietrofront da parte del governo che, dopo la bufera di polemiche esplose ieri, lascia comunque l'amaro in bocca. Per il momento possono dormire sonni tranquilli gli oltre 90 mila docenti che nel 2013 hanno avuto dei soldi in più in busta paga per gli scatti di anzianità raggiunti: il recupero crediti infatti non si farà e nello stipendio di gennaio saranno garantiti i 150 euro che, altrimenti sarebbero stati tagliati. Ma non è tutto oro quel che luccica.

I SINDACATI. L'allarme parte dal sindacato Anief: “la decisione del governo – spiega il segretario Marcello Pacifico - di non far restituire a 90mila insegnanti i 150 euro degli scatti automatici già a loro assegnati rappresenta un passo in avanti, ma non cancella il danno che lo Stato continua a perpetrare nei confronti della scuola pubblica: i 350 milioni di euro necessari a pagare gli aumenti in busta paga dei lavoratori, così come oggi deciso a Palazzo Chigi, verranno infatti prelevati dal fondo per il Miglioramento dell’offerta formativa, che serve a finanziare le attività e i progetti a supporto della didattica, in particolare nelle aree a rischio. Così, per i dirigenti diventerà sempre più frequente doversi affidare al buon cuore dei genitori degli alunni. Anche per comprare materiale scolastico di primaria necessità: come la carta igienica, i gessetti per le lavagne, i toner, l’assistenza per i computer e l’attivazione dei progetti a sostegno della didattica”.

CAOS POLITICO. Intanto la questione continua a tenere banco anche all'interno della maggioranza, con Renzi che ha definito il problema da “scherzi a parte”, provocando inoltre non poche spaccature anche all'interno del Governo. Mentre il ministro Maria Chiara Carrozza, al termine della riunione a Palazzo Chigi, twittava “gli insegnanti non dovranno restituire i 150 euro. Sono soddisfatta per gli insegnanti”, dal ministero dell'economia arrivava secca la precisazione del ministro Saccomanni: “Sugli stipendi dei professori c'è stato un problema di comunicazione: il ministero dell'Economia e delle finanze è mero esecutore. Aspettavamo istruzioni che non ci sono pervenute. Il Ministero dell'Istruzione fu avvisato: in data 9 dicembre 2013 il Ministero dell'Economia ha informato il Ministero dell'Istruzione che avrebbe proceduto al calcolo e al recupero delle somme relative agli scatti, dando al Ministero il tempo necessario a formulare diverse istruzioni. Si è operato secondo le leggi in vigore”.

Fonte: Leggo

 

Il cane che si morde la coda: l'Italia ha il record di docenti "vecchi", dicono, e la causa è il sistema di reclutamento, dicono altri. Nel frattempo si abilitano precari che "invecchiano" nelle graduatorie o in attesa di un prossimo, improbabile, concorso. Precari, che costano milioni di euro annui.

E' l'OCSE che ci ricorda (non è certo una novità) che l'Italia ha il record per età media dei docenti, il 62% degli insegnanti ha più di 50 anni. Con la riforma Fornero gli uomini lasceremo le cattedre a 67 anni. A ciò aggiungiamo che l'età media delle immissioni in ruolo è alle soglie dei 40 anni di età

La colpa? l'innalzamento dei limiti di età per a pensione e di conseguenza la mancanza di ricambio generazionale.

E non basta, denuncia l'ANIEF che " il 2014 porterà un altro bel giro di vite sul fronte della pensione dei lavoratori. In particolare per quella delle donne. Dopo che la riforma Fornero ha elevato, dal 1° gennaio del 2012, l’età minima per accedere all’assegno di quiescenza da 60 a 62 anni, nel 2014 serviranno 63 anni e 9 mesi. Mentre per quelle che non posseggono il requisito dell’età anagrafica, servirà un’anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi entro il 31 dicembre 2014 (per gli uomini un anno in più). Considerando che oltre l’80 per cento dei docenti italiani è composto da donne, il nostro corpo insegnante non potrà che confermarsi negli anni il più vecchio al mondo."

E c'è poco da interpretare sui numeri della scuola: quest’anno hanno lasciato il lavoro circa 11mila docenti e 4mila Ata. Mentre 12 mesi prima erano stati complessivamente 28mila. E nel 2007 oltre 35mila. Se non è un blocco del turn over, poco ci manca

"Insegnanti vecchi? Colpa del reclutamento" dice la responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero. "Il nostro corpo insegnante si conferma il più vecchio al mondo anche a causa del sistema di reclutamento molto più che superato. Per diventare insegnanti bisogna scalare graduatorie ad esaurimento che scorrono lentissime e che consentono, se tutto va bene, di entrare in ruolo a quarant'anni." E chiede una riforma che prevede concorsi ogni due anni.

Precari, alcuni vanno in pensione senza un contratto a tempo indeterminato, precari che costano. A fare i conti lo SNALS, "i precari nella scuola sono 300mila, compresi quelli che lavorano anche solo qualche giorno, ma sono 100mila (90mila docenti e 10mila personale Ata) quelli con incarico annuale".

L’organico complessivo, di fatto e di diritto, è di 1 milione. Lo SNALS punta il dito su tale distinzione, che reputa assurda e dispendiosa.

Infatti, "per il personale a tempo determinato l’Amministrazione versa all’Inps l’1,61 per cento sullo stipendio mensile, ai fini della corresponsione delle due nuove indennità mensili introdotte dalla legge 92/2012 (l’ASpI e la mini-ASpI) per il sostegno al reddito dei lavoratori subordinati che perdono involontariamente l’occupazione.

Sullo stipendio medio annuale lordo (calcolato sulle diverse categorie di personale) di 31.305,25 euro, la differenza in più per ciascun precario è di 2.641,70 euro che, moltiplicata per i 100mila precari, dà un costo in più per lo Stato di 264.170.000,00 euro".

Insomma, sostiene Nigi, il segretario SNALS, mantenere l'organico di fatto non conviene perché dispendioso. Forse è meglio assumere o riportare tutto al'organico di diritto, si risparmierebbe.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Nel nostro paese il 62% degli insegnanti ha più di 50 anni. Colpa anche del rialzo dei limiti d'anzianità per ottenere la pensione e della mancanza di un ricambio generazionale. Solo 27 docenti su mille hanno meno di 30 anni.

Domande di pensionamento per gli insegnanti entro il prossimo 7 febbraio, ma potranno lasciare la cattedra in pochi. Intanto l'età media dei docenti italiani sale e siamo la nazione con la classe docente più vecchia al mondo. A denunciare la pericolosa deriva cui si sta dirigendo il nostro Paese è l'Anief , il giovane sindacato della scuola fondato da Marcello Pacifico, che parla di "blocco del turn over". "Con il 2014 - dichiara Pacifico - altro giro di vite sulle pensioni. Particolarmente penalizzate le donne, che nel comparto istruzione rappresentano oltre l'80 per cento del personale".

"Nel 2014 per la pensione di vecchiaia - spiega il leader dell'Anief - serviranno 63 anni e 9 mesi di età; per quella anticipata servirà un'anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi, ma rispetto a pochi anni fa lascia il servizio meno della metà degli insegnanti e Ata: siamo quasi al blocco del turn over". A guardare i dati, in effetti, le cose stanno proprio in questi termini. Nell'anno che volge al termine, per effetto della legge Fornero che ha innalzato i limiti d'età e di anzianità per lasciare il lavoro, sono riusciti a salutare la cattedra meno di 11mila insegnanti.

Meno della metà rispetto ai 28mila insegnanti che hanno raggiunto l'agognato traguardo nel 2011 e quasi un terzo dei 32mila del 2009. "Chiederemo - continua Pacifico - un'interpretazione autentica alla Consulta, perché la professione docente è tra le più alte a rischio burnout. Già oggi l'età media è oltre i 50 anni e presto si lascerà la cattedra non prima dei 67 anni". Una situazione che nei prossimi anni rischia di scavare un solco ancora più profondo tra generazioni sempre più digitali e insegnanti sempre più vecchi.

Gli ultimi dati forniti dall'Ocse nel rapporto Education at a glance 2013 non lasciano spazio a molti dubbi. Le aule italiane ospitano gli insegnanti più canuti dei 32 paesi censiti dall'Ocse. Un vero e proprio record che, se non interverranno modifiche alla legge Fornero, sarà difficile strappare al Belpaese anche nei prossimi anni. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in Italia nel 2011 62 insegnanti su cento avevano già festeggiato i 50 anni, mentre i giovani docenti in cattedra erano una rarità: appena lo 0,27 per cento. In altre parole, 27 su mille.

Il paese più vicino al nostro è la Germania, con il 49,7 per cento di docenti over 50 e il 4,8 per cento under 30. Ma appena si volge lo sguardo oltre la Manica 32 insegnanti su cento over 50 e ben 20 con meno di 30 anni. Anche nella vicina Francia, dove i docenti matusa (gli over 50) rappresentano soltanto un terzo del totale, le cose sono molto diverse dall'Italia. Con la media Ocse che il 35 per cento con oltre mezzo secolo di vita. "Oltre a questi numeri, che non necessitano di commenti per la loro limpidezza - commenta Pacifico - c'è da dire che in Italia i nostri governanti continuano a dimenticare che l'insegnamento è scientificamente collocato tra le categoria professionali più a rischio burnout".

"Mentre nel nostro Paese - conclude il presidente dell'Anief - si continuano a tutelare altri dipendenti, come quelli di sicurezza, difesa e soccorso pubblico, che ancora possono lasciare a 57 anni, in certi casi a 53: in questi casi, infatti, la somma età-contributi si ferma non a quota 96, ma addirittura a 92 anni. Tanto è vero che nel primo semestre 2013 i dati ufficiali emessi dall'Inps hanno rivelato che i corpi di polizia hanno lasciato il servizio in media a 54,8 anni ed i militari a 57 anni. È davvero grave che a fronte di certe deroghe, su cui non spetta a noi entrare nel merito, per gli insegnanti la soglia della pensione è stata posticipata, quando entrerà a regime, a 67-68 anni".

Fonte: Repubblica

 

Con un’informativa del 27 dicembre, il ministero dell’Economia chiede il graduale recupero degli aumenti attraverso “rate di importo fisso lordo di € 150,00 fino a concorrenza del debito”. Insorgono i sindacati. Scrima (Cisl) si scaglia contro il Governo Letta: un atto di palese incoerenza rispetto alle tante affermazioni di voler sostenere e valorizzare il lavoro nella scuola. L’Anief ricorre alla Cedu. Intanto crolla il potere di acquisto dei redditi delle famiglie.

Quello sugli scatti di anzianità del personale scolastico sta diventando un vero “giallo”. Mentre i sindacati speravano di aver portato a caso il recupero delle tre annualità bloccate a seguito dell’applicazione dell’art. 9 della Legge 122/2010, dal ministero dell’Economia e delle Finanze è stata pubblicata un’informativa, la 157/2013 che fredda tutti gli entusiasmi: nella comunicazione, rivolta agli utenti NoiPA, il Mef indica la necessità di realizzare quanto previsto dal D.P.R. n. 122/2013, che ha sancito la nullità dell'accordo sulla copertura degli scatti automatici e sugli aumenti disposti dai contratti. Pertanto, continua l’informativa emessa dal dicastero di Via XX Settembre, “per il personale che prima dell’applicazione risultava con maturazione della progressione economica nel corso dell’anno 2013 sono stati accertati crediti erariali che verranno recuperati con rate di importo fisso lordo di € 150,00 fino a concorrenza del debito”. In pratica, sembrerebbe di capire che tutti coloro che hanno maturato lo scatto automatico in busta paga nel 2012 dovranno restituirlo.

Ad interpretare in tal modo, l’informativa è anche la Cisl. Il cui segretario generale, Francesco Scrima, non ha tardato ad emettere un duro comunicato contro l’operato del Governo Letta.

“Le istruzioni impartite dal Ministero dell'Economia per un graduale recupero degli scatti maturati nel 2012 – dice Scrima - costituiscono una decisione inaccettabile che va bloccata, una vera e propria provocazione che se attuata non potrà rimanere senza risposta”. Per il leader di comparto non vi sono dubbi: quello condotto da Governo è un atto di “palese incoerenza rispetto alle tante affermazioni di voler sostenere e valorizzare il lavoro nella scuola”.

E ancora: “non è ammissibile che si intervenga a recuperare quote di salario già erogate, e ancor di più - sottolinea il sindacalista - che lo si faccia mentre è in fase di avvio la trattativa proprio per il recupero di validità del 2012 ai fini delle progressioni di anzianità. Chiediamo al Governo di sospendere ogni procedura di recupero, impegnandoci ovviamente a sostenere le azioni di impugnativa ove queste si rendessero necessarie da parte degli interessati”. Come sempre, aggiunge Scrima, "sono i fatti, sono le scelte concrete a valere più degli impegni assunti con parole altisonanti: ne ha spese molte anche questo governo, quando ha dichiarato di voler ridare centralità a istruzione e formazione. Ma se la decisione di intervenire sugli stipendi fosse confermata, quelle parole verrebbero palesemente smentite, con una clamorosa caduta di credibilità per chi le ha pronunciate, oltre che - conclude - di autorevolezza e affidabilità per chi nel governo è investito di diretta responsabilità in materia di istruzione e formazione".

Meno sorpreso, ma comunque sempre allarmato, per come si sta delineando la vicenda degli scatti è l’Anief. Il sindacato autonomo, che ha sempre dubitato della piena validità del patto di salvataggio degli scatti automatici, sostiene che qualora “venisse confermato il blocco stipendiale”, centinaia di migliaia di lavoratori “subirebbero una palese diversità di trattamento rispetto ai magistrati e agli avvocati dello Stato”. Il riferimento dell’Anief è sempre alla sentenza n. 223/12, attraverso cui la Corte Costituzionale ha annullato l’art. 9, c. 21 della L. 122/2010. Tornando quindi a concedere gli aumenti solo ai magistrati statali. L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico, quindi, si batterà in tribunale per cercare di fa fruire dello stesso trattamento il personale della scuola: “il sindacato invita tutto il personale della scuola a costituirsi presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. L’obiettivo è ribaltare nelle aule di giustizia quanto deciso dal Governo e avallato dal Parlamento. Non vi sono altre possibilità, ormai, per difendere il potere di acquisto degli stipendi e la professionalità di chi opera nella PA”.

In effetti, il potere di acquisto degli stipendi dei dipendenti statali sta toccando livelli sempre più bassi. Proprio in questi giorni l’Inps ha comunicato che “nel 2012, anno "tra i più critici" per l'economia e la società italiana, i redditi delle famiglie ne hanno risentito in "maniera rilevante". Si sono infatti ridotti del 2% in termini monetari, ma in termini di potere d'acquisto la caduta è stata di ben 4,9 punti”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Buone notizie per i supplenti: sono disponibili, per le scuole, gli importi per il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie. Lo comunica il Ministero dell' istruzione sulla home page del sito, dove è stata pubblicato il relativo avviso.

Nell'avviso, datato 24 dicembre 2013, si comunica agli Uffici scolastici regionali e ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche che si è provveduto "a caricare su ciascun Pos di ciascuna scuola gli importi per i pagamenti su 'cedolino unico' delle supplenze brevi e saltuarie dei contratti rilevati alla data del 15 dicembre 2013 per prestazioni rese fino al 31 dicembre 2013 e per supplenze da pagare a partire da gennaio 2014". I dettagli finanziari, viene specificato, saranno forniti a ciascuna scuola, che pertanto può procedere agli adempimenti necessari ai relativi pagamenti.

Il 15 dicembre scorso l'Anief (Associazione professionale sindacale) aveva denunciato che migliaia di supplenti avrebbero passato il Natale senza lo stipendio, riferendosi appunto a docenti e Ata che hanno stipulato contratti con gli istituti per sostituire colleghi in malattia o in aspettativa. E questo perché il Ministero non aveva inviato a diverse scuole i fondi necessari per pagare le mensilità di novembre e dicembre dei cosiddetti supplenti "brevi". 

Fonte: ANSA

 

Il decreto Istruzione ha portato una grossa novità per i docenti assunti in ruolo a partire dal 1° settembre 2011, e cioè la possibilità di poter richiedere il trasferimento interprovinciale dopo 3 anni, e non più 5. Ma assegnazione provvisoria e utilizzazione rimangono vincolate ai 3 anni, invece i colleghi assunti prima di tale data hanno potuto richiederle fin dal primo anno di servizio. Il sindacato Anief continua a depositare ricorsi presso il tribunale del lavoro per la violazione dell’articolo 8 della CEDU, la Convenzione dei diritti dell’uomo.

La legge 128/2013, di conversione del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 214 del 12 settembre 2013), coordinato con la legge di conversione 8 novembre 2013, n. 128, (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 1), recante: «Misure urgenti in materia di istruzione, universita' e ricerca.». (13A09118) (GU Serie Generale n.264 del 11-11-2013) dispone

«I docenti destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in altra provincia dopo tre anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità. La disposizione del presente comma non si applica al personale di cui all'articolo 21 della legge 5 febbraio 1992, n.104. "

Cade quindi, a partire dalle prossime operazioni di mobilità per l'a.s. 2014/15, il vincolo per i docenti dei 5 anni di permanenza nella provincia di assunzione in ruolo, così come imposto dalla legge dall'art. 9 della Legge 106/2011. Questo significa che potranno richiedere il trasferimento interprovinciale anche i docenti assunti a tempo indeterminato dal 1° settembre 2011. Vedi le novità dell'Ipotesi di contratto mobilità firmata il 17 dicembre 2013

Ma sembra trattarsi di una vittoria a metà. Critica infatti la posizione del sindacato Anief. Il sindacato infatti, sostenitore dell’emendamento PD alla Legge 128/2013 , che ha generato il ritorno ai tre anni di obbligo di servizio anziché cinque, si è impegnato sino all’ultimo per permettere l’assegnazione provvisoria già dopo il primo anno immissione in ruolo. Come, del resto, previsto dalla Legge 124 del 1999.

"Come sindacato – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – abbiamo sempre ricordato che lo Stato ha il dovere di adottare tutte le misure necessarie al rispetto della vita familiare e alle relazioni tra gli individui appartenenti a una famiglia. È bene ricordare che per essere adeguate queste misure atte a riunire, ad esempio, un genitore con il proprio figlio, devono essere prese rapidamente. Perché il passare del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili nelle relazioni affettive tra un bambino e il suo genitore. In questi casi, chi è artefice immotivatamente del distacco forzato può essere imputato dei danni morali, che nelle ultime cause – conclude Pacifico - sono stati quantificati in 15mila euro più le spese di giudizio sostenute dal ricorrente nelle giurisdizioni interne".

Pertanto il sindacato promuove delle iniziative volte a ripristinate l'assegnazione provvisoria già dal primo anno di servizio per i docenti assunti dal 1° settembre 2011. Per informazioni vai al comunicato

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Gli insegnanti dovranno soprattutto fornire assistenza agli studenti stranieri, ma tra di loro potrebbero esserci anche ex ingegneri e musicisti. Dura la reazione dell'Anief: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, arriva il prof che lavora senza compenso".

BRESCIA - Pensionati e scuola: un binomio che, fino ad oggi, faceva venire in mente solo il giubbotto arancione con cui i più anziani aiutavano i bambini ad attraversare la strada e gestivano il traffico. A Brescia, invece, i pensionati torneranno persino tra le mura scolastiche: ex docenti e professionisti lavoreranno gratuitamente, secondo una proposta arrivata dalle stesse scuole e approvata dall'assessore comunale alla Pubblica Istruzione Roberta Morelli.

Per questi ex insegnanti sarà creato un albo ad hoc e gi interessati dovranno solo consegnare il loro curriculum al Comune. Le loro richieste saranno poi comunicate ai singoli istituti e il loro compito sarà soprattutto quello di fornire assistenza agli studenti stranieri, che in quest'anno scolastico sono, solo a Brescia, oltre il 25 per cento di tutti gli iscritti alle scuole statali elementari e medie della città.

La soluzione bresciana di fronte alla mancanza di fondi destinati all'istruzione, in particolare all'assunzione di nuovi insegnanti, ha subito scatenato le reazioni dell'Anief, l'associazione sindacale che raggruppa docenti e ricercatori: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, le minacce di ridurre i riscaldamenti, i ritardi nel pagamento dei supplenti e il tentativo di assicurare gli aumenti di stipendio con il taglio delle attività extra-didattiche, arriva il professore in quiescenza che torna a lavorare senza compenso: la carenza di soldi nelle scuole sta producendo delle soluzioni sempre più ingegnose. Ma che a volte sembrano oltrepassare il buon senso". L'Anief si è scagliata contro il ritorno dei docenti in pensione affermando che questo "è solo un modo per evitare di pagare dei professionisti, una deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti per le scuole e dalle inadempienze dei pagamenti da parte del Ministero delle Finanze".

La protesta dell'Anief procede soprattutto su due fronti: da un lato, l'associazione si chiede perché "non si sia neppure aspettato lo stanziamento dei fondi del Miur (ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), previsti dall'ultima legge per gli studenti alloglotti, destinati alla formazione dei docenti impegnati nell'insegnamento dell'italiano come seconda lingua"; dall'altro sottolinea la riduzione delle risorse destinate al Mof (fondo per il miglioramento dell'offerta formativa). "Nell'anno scolatisco 2013-14 è stato infatti eliminato il 25 per cento del Mof - fa sapere l'Anief - che serviva per il recupero, come assegno ad personam, dei mancati aumenti di stipendio che da contratto sarebbero dovuti essere previsti per il 2011".

Tra i pensionati pronti a lavorare gratuitamente nelle scuole bresciane ci saranno non solo ex docenti ma anche ingegneri e musicisti, che potrebbero potenziare l'insegnamento della matematica e organizzare varie attività.

Fonte: Repubblica

 

Per questo abbiamo sentito il Presidente dell'ANIEF, Marcello Pacifico, sindacato che per primo aveva denunciato l'eventuale non correttezza del bando del concorso a cattedra che poneva come limite l'anno accademico 2002-03 per i candidati che accedevano al concorso solo con il titolo di laurea. "No ad abilitati di serie A e di serie B".

Presidente Anief, una sentenza del Tar Lazio le dà ragione. I docenti laureati dopo il 2002 potevano partecipare al concorso, ci spiega perché?

Lo abbiamo denunciato già all’indomani della pubblicazione del bando di concorso: la decisione dell’amministrazione assunta nel 1998 di far partecipare i laureati all’atto della nuova procedura concorsuale, in attesa dei corsi SSIS, doveva essere attualizzata alla circostanza di un rinvio prorogato per dieci anni durante i quali le Università hanno laureato migliaia di cittadini.

Quali scenari possiamo ipotizzare per i futuri concorsi dopo questa sentenza?

Difficile descriverli, dipende se il Governo pensa a un nuovo sistema di reclutamento. L'errore del ministro Profumo è stato quello di pensare a modalità nuove utilizzando una legge vecchia che disciplinava in ogni momento tutta la procedura concorsuale. Dal Miur volevano prima bandire un concorso ogni due anni, ma la legge parlava di tre, volevano l'inglese obbligatorio per la primaria ma la legge diceva facoltativo, hanno aperto ai laureati ma sino al 2002 quando la legge accettava i soli abilitati.

Resta il fatto che se questo principio dovesse essere assunto per i futuri concorsi gli abilitati TFA avrebbero quale unico vantaggio l'iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie di istituto ...

Dalla stretta sulle graduatorie d'istituto inserita nel Regolamento sulla formazione iniziale sembra che i futuri concorsi saranno aperti ai soli docenti abilitati, oggi il Miur ha perso perché distingueva laureati di serie A e di serie B tra gli ammessi. Ma il problema si riproporrà nuovamente, perchè non sono all'orizzonte nuovi concorsi e perchè il Miur discrimina abilitati di serie A (corsi riservati, concorsi, SSIS) e di serie B (TFA e PAS). Per questo abbiamo iniziato una battaglia al Tar Lazio che potrebbe continuare al giudice del lavoro all'atto del nuovo aggiornamento triennale delle graduatorie. Chi si è abilitato con il TFA lo ha fatto su un numero programmato e in aluni casi come cinese, arabo su graduatorie relative a classi di concorso esaurite. Questi colleghi hanno diritto ad insegnare subito senza aspettare un regalo dalla befana nel 2020 ...

Tornando al Concorso 2012. Ci ricordiamo che l'Anief individuava nel settembre 2012 otto buoni motivi per ricorrere contro il bando, come è lo stato del contenzioso?

Siamo riusciti a ottenere ordinanze cautelari, considerato in prima facie il fumus, sui requisiti di accesso relativi alla laurea conseguita dopo il 2002 (oggetto della recente sentenza n. 11178/2013), allo stato di servizio in ruolo o al diploma magistrale, sulla contestazione della soglia 35/50 alla prova preselettiva, sulla sufficienza come criterio di accesso alla prova laboratoriale, sulla lingua inglese non obbligatoria alla scuola elementare. I ricorsi, invece, relativi alla graduatoria di merito e al punteggio più favorevole sono stati ritenuti, di recente, di competenza del giudice del lavoro e attendiamo conferma dai giudici di appello prima di riassumere il contenzioso.

Questa volta, però, non siete arrivati per primi ad una sentenza ...

Qui non c’è chi arriva prima o dopo ma chi pone i problemi. L’attività dell’Anief non soltanto costringe le altre forze sindacali a sposare, spesso, le sue rivendicazioni sindacali e a portare avanti le stesse iniziative legali come sulla stabilizzazione dei precari; ma influisce anche sul lavoro di diversi professionisti del settore che ritengono i ricorsi procedibili e potenzialmente vittoriosi nelle aule dei tribunali. Il ricorso rimane ad oggi l’unica strada per il sindacato per difendere i lavoratori. Ma docenti e ata devono sapere che un ricorso non si conclude con la scrittura della memoria da parte del legale ma con un’attività alacre e attenta sul piano parlamentare, istituzionale e mediatico di tutto il sindacato che corretta in punto di diritto non può portare che al successo: alla fine il tempo paga. Per questo siamo più di 30.000 e abbiamo quasi doppiato per numero di deleghe il primo dei sindacati non rappresentativi.

Quali nuove battaglie legali ci dobbiamo aspettare?

Certamente la perequazione degli stipendi al costo della vita, ragion per cui ricorreremo alla CEDU perché non vi possono essere cittadini di serie A con automatismi di carriera sbloccati e cittadini di serie B con stipendi fermi al palo per un decennio. Né le ragioni finanziarie possono derogare ai principi basilari su cui si sorregge lo stato sociale: il diritto al contratto, al pagamento dello stipendio e alla carriera, alle ferie, alla pensione e alla liquidazione. Infine, non si può pensare di superare le denunce dell’Europa sull’abuso dei contratti a termine dei precari della scuola, assumendo in ruolo i supplenti con lo stipendio da precari come concordato da alcuni sindacati (v. CCNL 4 agosto 2011). Tutti i neo-assunti hanno diritto al primo gradone stipendiale (fascia 0-8 anni) e hanno diritto alla ricostruzione di carriera di tutto il servizio pre-ruolo (superiore ai quattro anni) nel rispetto della direttiva comunitaria 1999/70/Ce. Siamo pronti a ritornare a Lussemburgo per dare loro ragione. Lo abbiamo fatto una volta e la storia sembra non darci torto.

Insomma, nell’orizzonte dell’Anief sempre nuovi ricorsi …

Ma sempre vittoriosi, finché non diventeremo rappresentativi, almeno, grazie alle prossime elezioni RSU per le quali ci stiamo organizzando cercando candidati. La speranza è che nel divenire rappresentativi, forse, potremo essere da esempio per gli altri sindacati ed essere ascoltati durante le sessioni negoziali. Attenzione, l’Anief, comunque, rimarrà sempre un sindacato libero, giusto e solidale.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Sono circa 67 mila i docenti precari della scuola che si accingono ad iniziare, nelle prime settimane del 2014, i corsi di abilitazione a pagamento: si tratta dei Pas, i Percorsi Abilitanti Speciali riservati ai supplenti che hanno maturato almeno tre anni di servizio. Lo rende noto l'Anief, ricordando che ''i corsi, tenuti dalle Universita', termineranno in estate, ma chi conseguira' il titolo non ha alcuna garanzia sulla sua spendibilita'.

Come se non bastasse, mentre il Ministero dell'Istruzione non accenna a cambiare idea sul voler tenere blindate le graduatorie ad esaurimento, ora si scopre che per svolgere i corsi abilitanti, sino a qualche anno fa gratuiti, i docenti precari dovranno pagare tra i 2.000 euro e i 2.500 euro''.

Il sindacato ''non puo' essere indifferente a tutto questo - afferma in una nota Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -. La verita' e' che dopo aver trattato i futuri docenti di sostegno come una sorta di bancomat stiamo assistendo all'ennesima truffa ai danni di tantissimi precari che da anni gia' svolgono la professione. Quanto sta accadendo, tra l'altro, tiene lontano il nostro Paese del sistema di reclutamento che l'Europa indica ai suoi stati membri attraverso una precisa direttiva comunitaria, la quale prevede il riconoscimento formale della professionalita' acquisita dopo tre anni di servizio''.

Fonte: ASCA

 

Dopo una lunga attesa stanno per partire i corsi di specializzazione per diventare insegnanti di sostegno. Con il nuovo anno si completeranno, infatti, le preselezioni e subito dopo inizieranno i corsi, una trentina, sparsi per il territorio nazione. Nella maggior parte dei casi i corsi si concluderanno entro la metà del 2015.

"Per arrivarci, però, i docenti dovranno versare nelle casse delle Università cifre fuori mercato", sostiene l'Anief, che ha fatto i cont . "Il record per accedere alla prova preselettiva e alla frequenza dei corsi è dell'Università di Enna 'Kore', dove ad ogni candidato vengono chiesti rispettivamente 200 e 3.700 euro. Nelle ultime ore anche Palermo ha pubblicato il bando di concorso, indicando delle cifre non molto distanti: 150 euro per la 'lotteria' dei quiz selettivi e 3.500 per partecipare a lezioni e tirocini".

Il sindacato parla di cifre "non giustificate" e fa una stima: "Considerando che i posti complessivi che verranno messi a bando per specializzarsi sul sostegno, in base al Decreto Ministeriale 706/13, sono 6.398 (1.285 riguardano per la scuola dell´infanzia, 1.826 per la primaria, 1.753 per la secondaria di primo grado e 1.534 per quella di secondo grado), alle Università incaricate dal Miur di organizzare i corsi verrà corrisposta dagli aspiranti docenti di sostegno una cifra complessiva vicina ai 20 milioni di euro (considerano 3.000 euro di spesa a corsista). A cui vanno aggiunti almeno altri 3 milioni derivanti dal 'contributo' richiesto ai 20mila candidati (a tenersi 'bassi', stimando il triplo dei candidati rispetto ai posti messi a concorso) che tenteranno di accedere ai corsi attraverso i test: ad ogni aspirante alla frequenza del corso di sostegno viene infatti chiesta una quota di partecipazione che va tra i 75 (Trento) e i 200 euro ('Luspio' Roma, Macerata, 'Carlo Bo' Urbino e 'Kore' Enna). Che non verrà 'restituita in alcun caso'".

Fonte: Tuttoscuola

 

Nei giorni scorsi, a seguito di alcuni interventi politici e sindacali, era riapparsa la tesi secondo cui le vecchie abilitazioni conseguite a tutto il 2001-2002 presso gli ex-istituti magistrali erano titolo valido per l’ammissione ai corsi di specializzazione per il sostegno (e implicitamente erano anche validi per l’immissione in ruolo.

Il Ministero dell’istruzione, con nota n. 13390 dell’11 dicembre2013, a chiarimento ha fornito l’elenco dei titoli abilitanti utili sia per la partecipazione ai corsi di specializzazione per il Sostegno di cui al D.M. 706/2013 sia per le immissioni in ruolo:

Facendo seguito alla nota di questa Direzione Generale prot. n. 13190 del 6 dicembre 2013 ed in risposta a numerosi quesiti, si precisa che per “abilitazione valida per l’immissione in ruolo”, si deve intendere l’abilitazione all’insegnamento conseguita a qualsiasi titolo, come da elenco seguente:

- Laurea in Scienze delle formazione primaria (per la scuola dell’Infanzia e primaria);

- SSIS (per la scuola secondaria);

- COBASLID (per la scuola secondaria)

- Diplomi accademici di II livello rilasciati dalle istituzioni AFAM per l’insegnamento

dell’Educazione musicale o dello Strumento;

- Diploma di Didattica della Musica (Legge 268/2002);

- Concorsi per titoli ed esami indetti antecedentemente al DDG 82/2012;

- Concorso per titoli ed esami indetto con DDG 82/2012 (esclusivamente all’atto della

costituzione del rapporto di lavoro);

- Sessioni riservate di abilitazione (D.M. 85/2005, D.M. 21/2005, D.M. 100/2004; O.M.

153/1999, O.M. 33/2000, O.M. 3/2001, ecc.)

- Titoli professionali conseguiti all’estero e riconosciuti abilitanti all’insegnamento con

apposito Decreto del Ministro dell’Istruzione;

- TFA

- PAS

Come si può vedere, il titolo di abilitazione conseguito negli ex-istituti magistrali non è valido ai fini dell’immissione in ruolo e dell’ammissione ai corsi di specializzazione per il sostegno.

Tutto finito? Probabilmente no, perché l’Anief, impegnato a sostenere con ricorsi le aspettative di molti docenti in possesso di quell’abilitazione, non si darà per vinto.

Fonte: Tuttoscuola

 

“Non è possibile assumere docenti in ruolo e continuare a trattarli da precari”. Dopo l’interpretazione penalizzante dell’Aran (per i neoimmessi in ruolo niente scatti per otto anni), Anief è sempre più certa che i tribunali del lavoro faranno giustizia. A inizio della prossima estate i primi pronunciamenti. Pacifico ribadisce: “Il meccanismo dell’invarianza finanziaria crea discriminazioni tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni e operano nello stesso comparto della Pubblica Amministrazione, perciò è anticostituzionale”.

"Una delle più brutte pagine del sindacalismo italiano”: con queste parole Marcello Pacifico, presidente Anief, nell’estate 2011 stigmatizzava l’accordo tra i principali sindacati della scuola e il Governo per lo sblocco delle assunzioni su posti vacanti e disponibili in cambio dell’assorbimento del primo gradone nel secondo, che di fatto blocca per ben otto anni gli scatti di stipendio ai neoassunti dal 1° settembre 2010. “Prendiamo atto che il meccanismo dell’invarianza finanziaria non è applicabile al comparto scuola dopo che l’Unione europea ha riconosciuto il diritto agli scatti maturati durante gli anni del precariato. Questo è stato confermato da centinaia di sentenze di primo grado e, in alcuni casi, anche già in appello”. A chi va la responsabilità della sua introduzione? “Ce la prendiamo soprattutto con i quattro sindacati unitari, Cisl, Uil, Snals-Confsal e Gilda, che il 4 agosto 2011 hanno firmato l’accordo. Una vera doccia fredda (ancora di più perché retroattiva di un anno) per i tantissimi neo-assunti che avevano vagheggiato il primo scatto dopo tre anni”.

Dall’altra parte si sostiene che senza invarianza finanziaria sarà sempre più difficile procedere a nuove immissioni in ruolo: “Non è una affermazione credibile, già 67.000 assunzioni rappresentano una goccia nel mare a fronte dei 25.000 posti liberi all’anno creati dai pensionamenti della legge Fornero. Noi come Anief ci batteremo per la disapplicazione della norma sull’invarianza, e i quattro sindacati che l’hanno avallata dovranno rendere conto ai loro iscritti della loro scelta”. Gli iscritti Anief, invece, nutrono speranze fondate sul fatto che “sia un contratto sia una norma di legge possono essere disapplicati dal giudice se si accerta che si trovano in contrasto con una direttiva sovranazionale”.

“Purtroppo – continua Pacifico – non si è tenuto in alcun conto delle indicazioni comunitarie incluse nella direttiva 1999/70/CE, facendo prevalere le logiche dell’invarianza finanziaria come principio imperativo. Questo significa una cosa sola, cioè negare la parità del trattamento stipendiale a dipendenti che lavorano nello stesso comparto della pubblica amministrazione”. ‘Puniti’, insomma, perché assunti in anni di crisi economica. “L’Anief non può accettare questa iniquità ed è convinta che il tribunale restituirà giustizia a chi oggi teme che il suo stipendio possa restare fermo per ben otto anni consecutivi”.

Una perdita economica significativa con l’inflazione di questi anni e un livello stipendiale tra i più bassi dell’area OCSE. “L’invarianza finanziaria è un meccanismo sbagliato nelle premesse, ma anche e soprattutto perché, lo ribadisco, crea delle discriminazioni di fatto tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni . A inevitabili disparità di trattamento andranno incontro, per esempio, i neoassunti dal concorsone”. In pratica è come se il datore di lavoro, in questo caso il Miur, facesse delle discriminazioni tra i suoi dipendenti che svolgono lo stesso lavoro e hanno firmato lo stesso tipo di contratto: “Non è possibile immettere in ruolo e continuare a trattare da precari”, sintetizza ancora meglio Pacifico. Che tempi prevedete? “Contiamo entro l’inizio di giugno di poter avere i primi responsi dai tribunali del lavoro”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il Miur è uscito nei giorni scorsi con una nota in cui, per l'ammissione ai corsi per insegnanti di sostegno, esclude i docenti di scuola primaria in possesso della vecchia abilitazione conseguita prima dell'anno scolastico 2001-02 (ultimo anno di validità dei vecchi istituti magistrali).

La posizione del Miur su questo problema e' nota da tempo, ma l'Anief la contrasta da qualche anno a questa parte, forte anche del fatto che in Parlamento recentemente ha trovato anche una sponda di sostegno nel M5S. Ancora una volta, quindi, l'Anief invita i docenti interessati ad impugnare l'esclusione, aderendo ad apposita iniziativa legale predisposta dall'associazione.

C'è da dire che se passasse il principio della piena validità della vecchia abilitazione (connessa al titolo di studio conseguito), si aprirebbero anche le porte alle graduatorie ad esaurimento.

Fonte: Tuttoscuola

 

L’Anief, in un recente incontro al Miur, ha affrontato con i Dirigenti ministeriali le questioni relative ai PAS. Confermata dal Miur l’indisponibilità di molte Università ad attivare i PAS per infanzia e primaria.

Il MIUR – ci comunica l’Anief – ha, inoltre confermato l’indisponibilità di molte università ad attivare i Pas per infanzia e primaria, ragion per cui sta valutando l’offerta formativa di alcune università private e/o telematiche.

Nel corso dell’incontro il sindacato ha ricordato come il legislatore, in tema di corsi riservati abilitanti, ha sempre ritenuto la competenza didattica esercitata in un biennio (360 giorni) come una condizione di per sé sufficiente per conseguire l’abilitazione, e ha sottolineato l’incoerenza della richiesta di un anno di insegnamento specifico (180 giorni) rispetto alla direttiva comunitaria invocata che prevede il mero riconoscimento della professionalità acquisita dopo tre anni di servizio.

L’amministrazione, pur prendendo atto che, in alcuni casi, come per gli educatori, in passato, è stata consentita l’iscrizione ai corsi abilitanti o ancora che il servizio prestato nelle sezioni primavera è stato svolto nello Stato, ancorché sperimentale, ha ribadito le proprie scelte, peraltro, oggetto di un contenzioso seriale presso il TAR.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il dossier Ocse-Pisa ogni tre anni valuta le capacità di 510.000 studenti 15enni di 65 Paesi. Stando agli ultimi dati, gli italiani sono ancora una volta indietro rispetto ai colleghi del Paesi Ocse anche se hanno registrato i più importanti progressi in matematica e scienze. Maria Chiara Carrozza: "E'uno stimolo per continuare a lavorare per migliorare la performance dei nostri studenti". Per il ministro adesso ci sono due gap da risolvere: quello di genere e quello regionale.

ROMA - I conti tornano. Tornano per gli studenti italiani che hanno registrato progressi nelle materie scientifiche, in particolare matematica e scienze. Anche se i risultati in matematica risultano inferiori alla media Ocse. Ancora una volta, l'Italia divisa in due tra studenti del nord più competenti in materia e quelli del sud che fanno registrare risultati al di sotto della media italiana. E' quanto emerge dal dossier Ocse-Pisa (Program for International student assessment) che ogni tre anni valuta le capacità di 510.000 studenti 15enni di 65 Paesi. Stando agli ultimi dati, gli italiani sono ancora una volta indietro rispetto ai colleghi del Paesi Ocse anche se hanno registrato i più importanti progressi in matematica e scienze: dal 2003 al 2012 i risultati medi dei test sono migliorati di 20 punti, avvicinandosi notevolmente alla media Ocse che si attesta al 23%. La media degli studenti è di 485 punti in matematica comparabile ai risultati di Federazione Russa, Lettonia, Lituania, Norvegia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Spagna e Stati Uniti. Il miglior progresso in matematica si è avuto tra il 2006 e il 2009. In generale, i ragazzi superano le ragazze di 18 punti. Un gap più ampio rispetto a quanto osservato in media negli altri Pesi. I progressi in matematica, pero', non riguardano tutti: se per gli studenti di Trento, Friuli Venezia Giulia e Veneto rappresenta la materia più riuscita con un punteggio superiore alla media Ocse, al sud gli studenti registrano risultati sotto la media. Ma a dividere lo stivale non è solo la matematica. Lo stesso vale per la lettura e le scienze. Un divario regionale talmente forte che se dipendesse dagli studenti del nord, l'Italia sarebbe in tutte le materie al di sopra della media Ocse. Pur non trascurando i risultati inferiori rispetto alla media Ocse da parte degli studenti italiani, il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza vede nei progressi dei ragazzi uno "stimolo per continuare a lavorare per migliorare la performance dei nostri studenti". Per il ministro adesso ci sono due gap da risolvere: quello di genere e quello regionale. "Al Meridione - ha osservato - occorre guardare con più attenzione, come abbiamo già iniziato a fare nel decreto Istruzione, con maggiori investimenti per la lotta alla dispersione scolastica nelle aree più a rischio". Altro dato significativo è l'aumento di studenti stranieri che però restano indietro rispetto ai loro colleghi: il numero è aumentato di cinque punti percentuali e sono il 7,5% del totale contro una media Ocse del 12%. Dalla relazione emerge che la differenza di competenze tra italiani e immigrati e' ben superiore alla media Ocse.

Matematica, croce e delizia
Se la matematica resta un ostacolo per gli studenti italiani, nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, per gli studenti di Trento, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto è la materia preferita, tanto che ottengono un punteggio ben superiore alla media Ocse, rispettivamente di 524, 523 e 523 punti. Un risultato che inorgoglisce il presidente del Veneto Luca Zaia: "E' una risposta che vogliamo dare a coloro che ritengono si debba andare all'estero per imparare. Il merito va a chi forma le nuove generazioni, perché questi risultati significano che la formazione scientifica in Veneto, è di assoluta qualità'". "Voglio fare i complimenti - aggiunge - agli insegnanti del Veneto, perché i nostri ragazzi delle scuole superiori sono risultati tra i primi al mondo nella matematica e nelle materie scientifiche".

L'Anief: il Sud è abbandonato
''I dati Ocse confermano l'abbandono del Sud''. A lanciare l'allarme e' l'Anief Confedir secondo cui ''i dati Ocse-Pisa 2012 sulle competenze degli studenti 15enni, presentati oggi al Miur, confermano il gap formativo cui sono destinati gli iscritti a una scuola del nord rispetto ai coetanei che frequentano un istituto del sud''. ''I dati Ocse-Pisa sul divario Nord-Sud ci amareggiano - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ma purtroppo non ci sorprendono: questi numeri non fanno altro che certificare il gap di investimenti che lo Stato ha riservato alle regioni, abbandonando di fatto quelle meridionali. Per tutti vale quanto è accaduto in Sicilia nel 2012, dove la mancanza di risorse e di mense scolastiche ha fatto sì che il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato solo per il 3 per cento degli alunni. Mentre il tempo pieno in Lombardia è presente nel 90 per cento delle scuole primarie''.
''Ed è evidente - sottolinea l'Anief - che tenere gli alunni a scuola anche nel pomeriggio significa garantire loro una maggior offerta formativa. Mentre al termine dei cinque anni di scuola primaria i bambini della Sicilia studieranno 430 giorni in meno, che corrispondono a oltre 2 anni scolastici. A questi dati va aggiunta la scarsità di investimenti per combattere la dispersione scolastica e migliorare l'orientamento. Al sud non c'è solo un problema demografico e migratorio, ma anche un alto tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Con il risultato che negli
ultimi cinque anni tra il sud e le isole si sono persi 150mila alunni - con Molise, Basilicata e Calabria che accusano riduzioni tra il 7% ed il 9% - mentre al nord c'e' stato un incremento di 200mila iscritti (incremento maggiore del 5%)''.
"Così - evidenzia l'Anief - mentre l'Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono
del 10%, con alcune aree del centro-nord gia' vicine a questa soglia, ancora una volta il sud va per conto suo: in Sicilia la quota dei ragazzi che lasciano gli studi in eta' di obbligo formativo supera in certe aree ancora il 25%. E' evidente - commenta ancora Pacifico - che se non si inverte questa tendenza con un serio piano di sviluppo
economico, di implementazione di idee e risorse, il meridione è condannato all'eutanasia. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l'Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio''. A dare la ''mazzata'' finale alle regioni del sud, che hanno meno risorse, ci hanno poi pensato le riforme scolastiche degli ultimi
anni. Con l'orario curricolare ridotto di un sesto: oggi l'Italia detiene il triste primato di 4.455 ore studio nell'istruzione
primaria, rispetto alle 4.717 dell'area Ocse; in quella superiore di primo grado siamo scesi a 2.970, rispetto alle 3.034 sempre dell'Ocse. Preoccupa, inoltre, il crollo al 20,5% del tasso di occupazione dei 15-24enni. Per non parlare della quota di giovani che non sono né nel mondo del lavoro, ne' in educazione ne' in formazione (Neet), la cui
percentuale è cresciuta in cinque anni, tra gli under 25, di oltre 5 punti, arrivando a fine 2012 al 21,4%. E non vale nemmeno la teoria che tutti sono in queste condizioni: solo Grecia e Turchia, tra i 34 Paesi dell'organizzazione, hanno infatti una quota di Neet più elevata.

Fonte: Giornale Radio RAI

 

Pas Scuola: a dicembre inizieranno i corsi relativi all’abilitazione all’insegnamento. Nel frattempo, il 90% dei docenti precari esclusi dai Pas ha scelto di ricorrere con l’Anief, Associazione Sindacale e Professionale.

I Percorsi Abilitanti Speciali – Pas - sono finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento presso scuole secondarie, primarie e dell’infanzia.

Il fulcro nevralgico della disciplina dei Pas alberga nella preparazione e nell’accesso alla seconda fascia delle graduatorie dei docenti (non di ruolo) che abbiano maturato almeno tre anni di servizio.

Il nuovo sistema di formazione può essere descritto nel seguente modo:

  • conseguimento di una laurea magistrale specifica
  • conseguimento dell’abilitazione tramite il tirocinio formativo attivo

Il Pas è, invece, un percorso abilitante speciale riservato agli insegnanti, già laureati, con alle spalle almeno tre anni di supplenze.

Il Decreto Scuola 2013 varato dal Governo Letta ha scalfito e innovato, in maniera a dir poco emblematica, il sistema dell’istruzione italiana, dando vita ad emendamenti di non poco conto. Convertito, con modificazioni nevralgiche, dalla legge n. 128 dell’8 novembre 2013, il decreto firmato dal Ministro Carrozza ha avuto il pregio di prevedere un piano triennale per l’immissione in ruolo di circa 69mila docenti e 16mila Ata, nonché l’assunzione di oltre 26mila insegnanti di sostegno. Il leitmotiv dell’agognata normativa affonda le proprie radici nella dichiarata esigenza di salvare i precari dall’incubo simboleggiato dalla destabilizzazione.

La spada di Damocle del Sistema Scolastico italiano, infatti, è storicamente rappresentata dalla mancanza di una progressiva e proficua stabilizzazione contrattuale dei docenti precari, costretti, ormai da tempo, a vivere una sorta di dramma esistenziale.

Tuttavia, seppur foriera di novità e progetti non del tutto nefasti, la filosofia normativa del Miur è apparsa tutt’altro che avulsa da critiche e polemiche. A finire nell’occhio del ciclone, in particolare, sono stati alcuni articoli del Decreto attuativo dei percorsi abilitanti speciali, il numero 58 del 2013. Si pensi alla norma che non concede a coloro i quali abbiano conseguito l’abilitazione tramite il tirocinio formativo attivo ordinario di potersi inserire nelle graduatorie ad esaurimento, ed a quella che impedisce illegittimamente a disparate categorie di aspiranti docenti di ottenere l’abilitazione attraverso i percorsi abilitanti speciali (Pas). Tali norme, infatti, hanno dato vita ad innumerevoli polemiche, scaturite, poi, in veri e propri ricorsi di massa.

Desiderosi di approfondire l’intricata faccenda relativa ai Pas, Percorsi Abilitanti Speciali, ed all’abnorme impiego dei contratti a tempo determinato, abbiamo sentito il Dott. Marcello Pacifico, Presidente dell’Associazione Professionale Sindacale (Anief)

Presidente potrebbe renderci edotti in merito agli obiettivi dell’Anief e parlarci dei Pas 2013?

“L’Anief ha come obiettivo la valorizzazione della professione docente e la tutela dei diritti di tutto il personale della scuola quale condizione imprescindibile per avviare un piano di sviluppo economico per il Paese. Il diritto al lavoro, ad un’equa retribuzione, alla selezione per merito, a una carriera dignitosa, a una proporzionale pensione sono principi fondanti della nostra Repubblica su cui ogni giorno fondiamo le nostre scelte educative per costruire una società migliore, più giusta e solidale. Nel momento in cui il Governo blocca per cinque anni il contratto di lavoro perché non sa trovare altrove le risorse necessarie per garantire gli equilibri di bilancio, l’unica strada che il sindacato può percorrere non è più lo sciopero ma il ricorso in tribunale.

“Nell’attesa, si cerca di continuare a svolgere il proprio dovere con onore e lealtà senza mai perdere la formazione continua”.

Secondo alcune correnti di pensiero, l’esercito dei docenti precari sarebbe aumentato del 10% rispetto all’anno scorso. Alcuni dati nazionali rivelano che dall’inizio di quest’anno scolastico sono stati sottoscritti circa 136.900 contratti di supplenza annuali. Presidente Pacifico, che cosa ne pensa dell’abnorme impiego dei contratti a termine relativo al settore pubblico ed, in particolare, a quello scolastico? Potrebbe renderci edotti in merito al funzionamento e alle finalità dei percorsi abilitanti speciali – Pas Scuola – ?

“Sono dati incredibili. Se pensi un piano programmatico di immissioni in ruolo di 68.000 unità nel prossimo triennio devi tenere conto, con questi numeri, che coprirai soltanto i pensionamenti, seppur ridotti dopo la riforma Fornero, mentre almeno la metà dei posti attutali affidati a supplenza sono su posto vacante e disponibile e secondo la Commissione UE dovrebbero assegnati in ruolo. Per questa ragione, Anief ha avviato ricorsi risarcitori presso le Corti del lavoro italiane per ottenere la condanna del Ministero e i dovuti compensi ai precari anche per i mancati scatti di anzianità e le mensilità estive su cui si vorrebbe risparmiare. Lo scandalo appare ancora più grande quando si ha la pretesa di formare gli insegnanti del domani – v. attraverso il TFA ordinario – senza permettere loro di inserirsi nel mondo del lavoro, ovvero nelle graduatorie ad inserimento. Questo errore il Governo lo ripropone anche nei confronti di chi ha prestato un determinato servizio nelle scuole e attraverso il Pas speciale chiede la certificazione della funzione docente svolta. Senza parlare dei costi lievitati per la frequenza dei corsi universitari o per le selezioni a numero chiuso come per il sostegno. Al danno si aggiunge la beffa”.

Circa il 90 % dei precari esclusi dai Pas, percorsi abilitanti speciali, ha scelto di ricorrere con Anief, Associazione Professionale Sindacale, al fine di ottenere l’iscrizione con riserva ai corsi universitari abilitanti. Presidente Pacifico, qual è la Sua opinione professionale in merito all’attuale disciplina normativa relativa ai percorsi abilitanti speciali?

“Si ricorre perché c’è stata molta confusione, perché il regolamento sui Pas speciali è nato da una modifica al Regolamento sul TFA ordinario – che già rappresentava una fase transitoria, che avrebbe doluto logicamente, in assenza di una nuova decisione del legislatore, richiamare quanto già approntato dalle università, per legge, con i corsi riservati nel 2006-2008. Si è sempre consentito, nel nostro ordinamento, a chi maturava 360 giorni di servizio di partecipare alle procedure abilitanti riservate e si è cambiato tutto a un tratto indirizzo, nonostante sia stato consentito sempre di insegnare senza abilitazione. Ma vi è di più, si è tradita la volontà del Parlamento che aveva chiesto di tenere unite la formazione al reclutamento. E quando si viola la legge, è diritto di ogni cittadino rivolgersi alla giustizia. Anief ritiene che legge e giustizia debbano camminare sempre di pari passo, sorores sunt ha detto l’imperatore Federico II”.

In collaborazione con Antonio Migliorino

Fonte: Controcampus

 

La confusione che si è venuta a determinare dalla proposta del Ministero di permettere ai candidati con diploma magistrale conseguito entro l'a.s.2001/02 di accedere alle selezioni per il corso di sostegno ha creato disorientamento tra i candidati, che spetta alle Università dover gestire.

Il Miur infatti, in pausa di riflessione dopo le osservazioni dei sindacati, non ha diramato indicazioni e quindi le Uni si trovano nell'impossibilità di fornire una risposta concreta. Intanto i bandi sono in scadenza. Il sindacato Anief: pieno diritto. Il sindacato Snals: estendere anche ai laureati.

Le indicazioni delle Università

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Voci insistenti indicano una nuova spending review comprendente la cancellazione del 10% degli istituti. Secondo l’Anief siamo di fronte ad una ipotesi impraticabile che porterebbe ulteriori disservizi: già oggi i ds costretti a gestire 5 istituti, preoccupa poi il personale Ata che ha aumentato i carichi di lavoro ma negli ultimi tre anni ha già perso 47mila posti.

La stagione dei tagli alla scuola non sembra finire mai. Voci insistenti danno per imminente l’approvazione di un nuova spending review, affidata all’esperto internazionale Carlo Cottarelli, che ingloberebbe anche la cancellazione del 10% degli istituti pubblici. In pratica, oltre 800 scuole autonome verrebbero soppresse.

Per ora si tratta di indiscrezioni. Intanto, però, l’Anief ha già messo le mani avanti. Reputando l’ipotesi “improponibile”, perché “già oggi un dirigente scolastico gestisce 5 sedi. Inoltre, tagliare di un altro 10% il numero di scuole, oltre che incostituzionale, comporterebbe un danno sociale ulteriore per le aree già oggi più in difficoltà”.

Il presidente del sindacato autonomo, Marcello Pacifico, è convinto che questa ipotesi “comporterebbe sicuri disservizi all'utenza scolastica: bisogna infatti ricordare che negli ultimi sei anni è stata già cancellata una scuola su tre. Visto che da 12mila sono passate alle attuali 8mila. Con conseguente riduzione dell’organico di dirigenti e Dsga di 4mila unità per profilo. Con il risultato finale che oggi un preside gestisce la propria scuola, più, in media, altri 4 plessi. Tra l'altro spesso posizionati a decine di chilometri l'uno dall'altro”.

L’Anief, come suo stile, è pronto a dare battaglia patrocinando i ricorsi contro il conseguente taglio al personale: il sindacato, a tal proposito, ricorda che “esistono leggi sulla formazione degli istituti scolastici mai decadute, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998. E che la Consulta con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012 ha anche bocciato la chiusura o l'accorpamento degli istituti con meno di mille alunni”.

Sempre il sindacato autonomo si è detto preoccupato per le conseguenze negative che si rifletteranno sul personale Ata. Durante un seminario nazionale, svolto a Roma su ‘pianeta Ata e scuola autonoma’, è stato ricordato che negli ultimi tre anni sono già stati tagliati 47mila non docenti. E che “anziché aumentare gli organici delle scuole, diventate autonome, gli ultimi governi hanno ridotto di un quinto il contingente nazionale degli Ata”. Inoltre, “con la nuova spending review” sarebbero “a rischio altri 10mila posti” tra amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici.

“Uno dei punti centrali per risparmiare sulla spesa pubblica – ha detto il presidente Anief, Marcello Pacifico – dovrebbe anche stavolta andare incostituzionalmente a ridurre il numero di istituti e plessi scolastici. Dimenticando che ha però già messo in ginocchio l'erogazione del servizio, visto che oggi una scuola, quindi un solo dirigente scolastico, in media coordina a distanza altre quattro scuole”.

Durante il seminario è anche emersa l’esiguità delle nuove immissioni in ruolo previste nel triennio 2013-2015 attraverso la Legge 128/13: appena 13.400 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. A tal proposito i delegati Anief hanno messo in luce che tra i posti già vacanti, al netto dei futuri pensionamenti, ve ne sono quasi altrettanti ancora disponibili: ben 12.773, considerando 2.692 assistenti amministrativi, 1.032 assistenti tecnici, 8.172 collaboratori scolastici, 126 cuochi, 104 collaboratori scolastici tecnici, 111 guardarobieri, 36 infermieri.

Il giovane sindacato autonomo ha, infine, preso posizione contro l'illegittimità dell'invarianza finanziaria che lascia allo stipendio iniziale i neo-assunti, nonostante i tanti anni di precariato alle spalle.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Ora salari più alti e più certezze o Bruxelles va a Corte Ue.

Basta con la discriminazione degli insegnanti precari della scuola pubblica, lo Stato deve assicurare stipendi uguali a quelli di ruolo e dare più certezze visto che svolgono lo stesso lavoro ma hanno un contratto diverso che li lascia precari anche dopo tanti anni di lavoro continuativo: lo chiede la Commissione Ue all'Italia, mandando avanti la procedura d'infrazione già aperta. L'Italia ha due mesi di tempo per rispondere a Bruxelles altrimenti la Commissione la porterà dinanzi alla Corte Ue.

La Commissione Ue, spiega un comunicato, ha ricevuto numerosi ricorsi che indicano come questo tipo di staff è trattato in modo meno favorevole di quello permanente. In particolare, sono impiegati con contratti a termine ma 'continuativi', per molti anni, che li lasciano in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri. E le leggi non prevedono misure per prevenire tali abusi. Inoltre, ricevono un salario più basso dello staff permanente nonostante abbiano le stesse qualifiche ed esperienze. Per la Commissione, la situazione dei precari è contraria alla direttiva sul lavoro a tempo determinato.

Fonte: ANSA

«Testo superato». La precisazione dopo le proteste di sindacati e studenti: «No a colpi di mano che scavalcano il Parlamento».

E’ bastato il tam tam della rete a far scoppiare un piccolo caso intorno all’ipotesi della legge delega al governo sull’istruzione. Il testo della bozza, i cui contenuti non erano ancora noti, è infatti stato messo in circolazione ieri mattina, scatenando prima una serie di polemiche da parte dei sindacati, contrari al metodo più che ai contenuti, e poi la reazione netta del ministero dell’Istruzione: «Il testo a cui si fa riferimento- è stato costretto a chiarire – è da ritenersi del tutto superato». Una precisazione doverosa, per specificare che quella su cui si stava già sollevando il dibattito pubblico era solo un’ipotesi di lavoro, e per stroncare quindi ogni illazione. Tanto più che sembra difficile che la delega, che avrebbe dovuto essere inserita nella legge di stabilità, possa ricevere il via libera. Fortissime sono le perplessità da parte di tutte le forze politiche. Come nel caso di ogni legge delega, la bozza non elencava in maniera dettagliata gli interventi normativi da adottare, ma impegnava il governo a produrre entro nove mesi dall’approvazione della legge delega «uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riassetto e alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca». E poi elencava una serie di priorità, considerate cruciali dai sindacati.

SINDACATI E STUDENTI IN TRINCEA - «Un attacco di questo tipo per noi è inaccettabile», era sbottato Mimmo Pantaleo dell Cgil, chiedendo uno stop ai «colpi di mano» e agli «interventi unilaterali» che «non hanno portato fortuna ai precedenti governi né hanno migliorato la scuola, l’università, la ricerca e l’alta formazione artistica e musicale». L’Anief, che aveva parlato di gesto «dannoso e inopportuno», ha subito applaudito al passo indietro del ministero, chiedendo al ministro Carrozza di convocare le parti interessate a una vera riforma del settore. Sul piede di guerra si erano messe pure le associazioni degli studenti: «E’ gravissimo che, a quattro anni dalla riforma Gelmini, il governo pensi di intervenire sull’ istruzione attraverso una delega, sottraendo al Parlamento la discussione ed elaborazione di misure che andrebbero ad incidere fortemente su un sistema ormai stremato da anni di tagli e riforme devastanti», aveva tuonato l’Unione degli universitari. Si erano accodate Rete della conoscenza e Link coordinamento nazionale, notando che si trattava di una «delega in bianco», per riformare, «tra i tanti punti spinosi, anche gli organi collegiali».

LE PRIORITÀ ELENCATE - Pur non entrando nei dettagli, la legge delega elencava infatti alcune tra le priorità individuate dal governo per riformare l’istruzione: in primo luogo, la tutela degli insegnanti, alla ricerca di un «equilibrio tra assunzioni e scorrimenti di graduatoria» ma anche di un «riequilibrio del trattamento economico». Previsto poi un cambiamento notevole degli organi collegiali della scuola, a cui si attribuiva solo potere consultivo. Per l’università, si immaginava la riduzione dei vincoli oggi esistenti al reclutamento, ma anche un taglio al numero di ricercatori e assegnisti, e l’incentivazione dei finanziamenti privati ed europei. Per la ricerca, l’ipotesi disegnava un piano di flessibilità nella destinazione delle risorse finanziarie, con tempi di finanziamento più snelli, e una corrispondenza netta tra stato giuridico e funzioni svolte attualmente da ricercatori e tecnologi, cioè gli addetti ai laboratori. Il tutto, ovviamente, «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Fonte: Corriere della Sera

 

Era il sindacato dei precari inseriti a pettine, ma oggi punta a diventare rappresentativo di una fetta ben più grossa dei lavoratori della scuola. Forte delle battaglie vinte in tribunale, l’Anief ha cambiato il modo di fare sindacato nella scuola, dimostrando che spesso le regole del gioco presentano falle su cui si può insistere per sbriciolare l’intonaco. Alla fine il sistema barcolla, ma non collassa…

Luciano insegna lettere alle medie. Nell’estate del 2012 ha partecipato al quiz preselettivo per acceder al TFA, e per un soffio non ce l’ha fatta. Così ha fatto ricorso con Anief, perché quel punteggio minimo richiesto per passare alle prove successive, come sulla rete si sa da un po’, potrebbe essere ‘arbitrario’. Anche Marzia ha fatto il test, l’ha passato e si è abilitata. Il ricorso, però, lo ha fatto pure lei per entrare nelle graduatorie a esaurimento. Poi, non contenta di mettersi in tasca solo l’abilitazione, da ‘ricorrente’, sempre con Anief, si è iscritta al ‘concorsone’ di Profumo, e l’ha vinto. La Regione Lazio però quest’anno non l’ha assunta, così ecco all’orizzonte un nuovo ricorso…

Dieci anni fa Luciano e Marzia forse avrebbero aderito a uno sciopero, sarebbero scesi in piazza, a un ricorso non ci avrebbero nemmeno pensato. Oggi l’opzione, invece, è quasi automatica: il ricorso si fa a prescindere, tanto il Ministero in qualche modo tenta comunque di fregarti, mentre il tribunale, nazionale o europeo, potrebbe darti ragione.

È pur vero che non tutti la pensano così, in un forum leggiamo: “Se tutti facciamo come ci pare… Bisogna dare un po’ di fiducia alle istituzioni di questo Paese e non affossarle in base all’utilità del momento. E poi se si sceglie di partecipare a un gioco, si accettano le regole di quel gioco e non è corretto cambiarle a metà”.

Marcello Pacifico, ben conscio del fatto che i ricorsi sono il carburante della sua vitalissima organizzazione, però, non ha dubbi: “Se le regole sono scritte male, non ha senso rispettarle. Se un bando ignora le direttive comunitarie o la stessa Costituzione, lede in maniera grave i diritti dei cittadini, e quindi è giusto opporsi”. Come è accaduto nel primo grande successo dell’Anief, il ricorso vinto nel 2008 presso il Tar del Lazio per l’inserimento a pettine di alcuni docenti (la normativa vietava ai lavoratori della scuola i trasferimenti da una provincia all’altra). La rete ha molti ricordi dei roventi attacchi scagliati contro l’associazione da quel momento in poi, Pittoni della Lega, per esempio, ce l’aveva a morte con i “ricorsi facili che acuiscono lo scontro sociale, alzando le barricate tra i cittadini”. Ma anche su questo Pacifico è perentorio: “Ha senso rispettare le regole se queste vengono fatte nel rispetto dei principi della legge e della giustizia. Noi ci battiamo per una società giusta e solidale, per sradicare quei meccanismi di slealtà che travolgono il senso di giustizia. I nostri principi ispiratori vengono dalla paideia platonica. La legge e la giustizia devono essere sorores, come voleva Federico II”. È uno studioso di storia medievale Pacifico, ma se ci mettiamo a guardare indietro, della mania dei tribunali Aristofane, commediografo ateniese del V secolo a.C., faceva una gustosissima dissacrazione…

Digressioni culturali a parte, è innegabile che l’Anief abbia cambiato il modo di fare sindacato nella scuola. Anche lo sciopero non è più lo strumento principe: “Con il contratto bloccato le forme di protesta classiche non hanno più nessun senso. L’opinione pubblica è fin troppo informata, non ha bisogno di ulteriori pressioni. Il problema è nel fatto che il Governo ha deciso di agire per decreti legge, invocando come scusa motivi di bilancio, ma con l’obiettivo vero di evitare il confronto parlamentare”. Quindi la piega, come dire, ‘legalista’ o ‘giustizialista’ è una necessità? “Il nostro sindacato nasce dal bisogno di legalità che si sente tra i lavoratori della scuola e non ha preso affatto una deriva ‘legalista’, né tanto meno ‘giustizialista’. Il nostro è un nuovo modo di fare sindacato perché offriamo un servizio di consulenza giuridica al lavoratore, a danno del quale il Governo continua a emanare leggi palesemente in contrasto col diritto comunitario e con quello costituzionale. È inutile dirsele in piazza queste cose, tutti sanno che 1200 euro rappresentano uno stipendio da soglia della povertà, non c’è bisogno di fare lo sciopero. Noi abbiamo deciso di lottare nei tribunali, anche di fronte a giudici conservativi”.

Sarà senso comune, eppure a volte sembra che l’Anief si spinga troppo in là. Per esempio, anche nell’ultimo concorso a cattedra chi non aveva raggiunto il punteggio minimo per proseguire nella selezione ha potuto presentare il suo ricorso. Alla fine non sembra tutto una gran presa in giro? “In riferimento a questo caso specifico, il ministro non può permettersi di emanare un bando identificando un minimo arbitrario, in nome di una legge di cui ignora i contenuti. I criteri di selezione devono necessariamente ispirarsi a principi di giustizia”.

Ma da dove viene e dove vuole arrivare Anief? “Anief è un sindacato non rappresentativo, non ancora. L’obiettivo è quello di arrivare con liste capillarmente presenti nelle scuole alle prossime elezioni delle rappresentanze sindacali, che si terranno nel 2015. Alle ultime elezioni abbiamo avuto solo l’1 per cento dei voti, ma eravamo in una scuola su dieci. Adesso l’obiettivo è stare in una scuola su due. Siamo molto ottimisti, abbiamo già superato i Cobas per numero di deleghe. Fino a poco tempo fa venivamo percepiti ancora come il sindacato dei precari, e nemmeno di tutti i precari, solo di quelli inseriti a pettine. Per quanto riguarda la nostra identità, il rapporto con gli associati si sostanzia in momenti di consulenza individuale, che sfuggono al meccanismo della ‘sede ovunque’. Siamo indubbiamente legati alla rivoluzione telematica, ma siamo strutturati anche territorialmente con assemblee periodiche a livello provinciale, seminari di aggiornamento, scuole estive”.

Assodato anche questo, facciamo presente che nel collegato alla legge stabilità 2014 si legge la volontà di una sistemazione, semplificazione e "disboscamento della giungla normativa attualmente esistente, attraverso lo strumento della codificazione (con testi unici) della normativa di scuola, università e ricerca". Il Ministro Carrozza sta forse lavorando per disinnescare la macchina dei ricorsi? “Il cittadino in ogni caso deve poter ricorrere. Il Governo invoca la riscrittura delle normative nel rispetto delle leggi comunitarie, ma sconfessa questa sua volontà nel momento in cui continua a non assumere stabilmente lavoratori con 36 mesi di servizio, per esempio. Perciò dubitiamo fortemente che la semplificazione e la sistemazione normativa possano avvenire a vantaggio dei lavoratori. Si faranno nuovi pasticci, come nel caso dei corsi-concorsi. Abbiamo reso pubbliche le nostre intenzioni e come sempre continueremo a batterci in Parlamento, in modo da tentare di risolvere i contenziosi prima a livello politico, attraverso la mediazione, e solo in ultima istanza nei tribunali”.

Che cosa pensa, infine, il leader di Anief dei sindacati rappresentativi? “Che dopo la spaccatura del 2011 - la Cgil fu l’unica a opporsi alla sostituzione del principio dell’anzianità con quello di performance – oggi, proprio sotto il governo delle larghe intese, sono tutti allegramente tornati all’unità sindacale”. I rapporti sono cordiali? “Sono inesistenti, non ci sentiamo. Ma noi restiamo aperti al dialogo”. Chissà, magari questa volta qualcuno risponderà.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Proteste dei sindacati contro la legge di stabilità, decreto scuola e blocco dei contratti; interessamento della Commissione Europea sulle supplenze perpetrate per troppi anni nella scuola italiana; pentimento di quasi uno studente su due del corso di studi superiori prescelto; volontà del Ministro Carrozza di rivedere i programmi della scuola media.

Ascolta la rubrica del 27 ottobre 2013

Assieme al decreto Istruzione sono passati alcuni ordini del giorno (M5S e LN-Aut) favorevoli all’attuale suddivisione legata alle competenze dei prof. Del resto, se un alunno ha un deficit nell'area logico matematica ha diritto ad un docente che provenga da tale area. Come previsto dalla norma “faro” in materia: la Legge 104/92. Intanto, in alcune province la soppressione delle aree sarà immediata.

Sembra essere nata sono una cattiva stella l’unificazione graduale delle aree di sostegno nella scuola superiore, approvata con il decreto istruzione convertito in legge a Palazzo Madama lo scorso 7 novembre. Dopo i “tira e molla” che hanno contrassegnato l’iter di approvazione degli articoli sul tema, dal Senato esce un testo sulla materia decisamente indebolito da alcune approvazioni non formali della stessa Aula: un ordine del giorno trasversale, G.15.108, a firma di diversi senatori all’opposizione – appartenenti al M5S e al Gruppo LN-Aut Bignami, Blundo, Catalfo, De Pin, Gambaro, Candiani Puglia, Anitori - ha infatti invitato il Governo a ripristinare l’attuale suddivisione nelle quattro aree.

Secondo l’Anief, che ha fatto un’analisi degli ordini del giorno approvati al Senato, questa situazione è “segno che ancora la questione merita di essere affrontata in maniera seria e sistematica e non avventurosa, rispettosa di una seria riflessione sulle certificazioni e sull’esperienza maturata negli ultimi vent’anni d’integrazione scolastica, mai purtroppo effettuata dopo le ultime sperimentazioni dell’I.C.A.R.E. come rimarcato fin dall’inizio da Anief”. Viene da chiedersi, se c’era l’esigenza di avviare un confronto e una seria riflessione in materia, perché non si sia approfondita la questione prima che l’unificazione approdasse in Parlamento. I dubbi dell’Anief, del resto, sono quelli di tanti addetti ai lavori: che tipo di sostegno potrà dare un insegnante tecnico pratico, tanto per fare un esempio, al liceale disabile assegnato nelle tante materie mai affrontate durante i propri studi?

E anche negli ordini del giorno approvati al Senato prima del via libera definitiva al dl, attraverso “raccomandazioni” o con la formula “valutare l’opportunità di”, si sottolineava che “l'attività formativa del docente specializzato non può prescindere dalle sue competenze e conoscenze di base, dalla sua formazione scientifica, umanistica o tecnica”. Ma anche che “il diritto all'istruzione del disabile e quello di avere insegnanti di sostegno con competenze specifiche”. E che quindi “se un alunno ha un deficit nell'area logico matematica, ha diritto ad un docente che provenga da tale area”, mentre “unificare le aree significherebbe inoltre sganciare l'attività di sostegno dalla professionalità del docente”. Tutte indicazioni, del resto, previste dall'articolo 13, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Intanto, però, il decreto Istruzione 104 è diventato legge. E l’unificazione troverà adozione immediata, in primavera, in tutte le province dove sono esaurite le graduatorie.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Il Miur ha caricato sul POS delle istituzioni scolastiche parte delle somme spettanti per la retribuzione delle supplenze brevi e saltuarie. Il sindacato Anief aveva inviato una diffida, i docenti stessi avevano "urlato" tutto il proprio disagio, i sindacati hanno aperto un tavolo tecnico. Emissione straordinaria il 15 novembre, incontro al Miur il 20.

I soldi. Sembra siano state caricate sui POS delle scuole somme sufficienti per il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie svolte nei mesi di settembre e ottobre 2013.

Il sindacato Anief. "Risolto quindi il problema per i mesi di settembre e ottobre, speriamo di non dover diffidare l'amministrazione per il mese di novembre e i successivi. Sin da subito il MIUR, dopo la nostra diffida, ci aveva rassicurato del fatto che avrebbe provveduto al versamento delle somme dovute ai supplenti"

I docenti Il blog Supplenti della scuola ha raccolto alcune testimonianze, con l'indicazione delle scuole ancora inadempienti. Supplenti della scuola, grave il disagio per i mancati stipendi

Emissione speciale il 15 novembre. Il Mef ha programmato una emissione speciale per la giornata del 15 novembre per consentire il pagamento delle retribuzioni arretrate al personale supplente breve e saltuario. Pertanto, tutti gli elenchi che entro le ore 17.00 del suddetto giorno avranno completato l'iter autorizzativo, saranno oggetto di emissione speciale. La nota

Incontro al Miur 20 novembre. Le tematiche da affrontare

  • il pagamento del sabato e domenica nel caso di svolgimento dell'intero orario settimanale ordinario
  • le ferie maturate (30 o 32 giorni qualora si maturino 3 anni di anzianità a qualsiasi titolo)
  • diritto al pagamento di periodi di sospensione delle lezioni ai sensi artt. 40 (docenti) e 60 (personale ATA) del CCNL
  • i contratti stipulati in attesa dell'avente diritto
  • la liquidazione del corretto compenso spettante in caso di completamento o, comunque, elevazione dell'orario settimanale svolt
  • certificazione di prestato servizio per consentire al servizio NoiPA di liquidare correttamente lo stipendio

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Ammontano a 26.684 i docenti di sostegno che verranno assunti nei ruoli dello Stato nei prossimi tre anni, 12.428 nella scuola primaria e 14.256 alle superiori: di questi, 5.733 otterranno la retrodatazione al 1° settembre 2013, 13.505 firmeranno il contratto a tempo indeterminato nel 2014, 9.003 nel 2015. I numeri sono contenuti nel Decreto Scuola n. 104 appena convertito in legge a Palazzo Madama, secondo quanto rende noto l'Anief, Associazione professionale sindacale.

Il piano triennale di immissioni in ruolo approvato dal Senato prevede, inoltre, l'assunzione di 26.264 insegnanti curricolari. Oltre che di altri 1.608 di sostegno di ogni ordine e grado e 13.400 unità di personale non docente (Ata).

Nei meandri del decreto - prosegue l'Anief - è stato tuttavia approvato un vincolo che per tutti i neo-assunti ha il sapore della beffa. La loro ricostruzione di carriera rimarrà infatti bloccata per i primi otto anni: gli stipendi, che a livello europeo sono già i più bassi dopo quelli della Grecia e a fine carriera fanno perdere quasi 8mila euro rispetto a quelli dei colleghi di tutto il vecchio Continente, saranno "congelati". Si tratta, secondo il sindacato, di una decisione "palesemente illegittima", contro cui l'Anief annuncia che presenterà migliaia di ricorsi, "creata per garantire la clausola di invarianza finanziaria prevista dal legislatore, nonostante la direttiva UE 1999/70 e il principio di non discriminazione, vietino espressamente la mancata valutazione degli anni di precariato a parità di servizio svolto".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo della Confedir, "è illegittimo bloccare la carriera ai neo-assunti e profondamente ingiusto dopo anni di abuso di contratti a termine".

Fonte: ANSA

 

Il governo stanzia 220 milioni agli istituti paritari, blocca il contratto degli insegnanti, all'università vanno 150 milioni. Precari Pa a rischio: contratti rinnovati solo per chi ha i requisiti del concorso. Contro la manovra studenti in piazza l'15 novembre, i sindacati protestano il 30.

La Commissione Europea ribadisce il concetto: la spesa pubblica italiana per l'istruzione è una delle più basse d'Europa, soprattutto per quanto riguarda l'università: il 4,2 per cento del Pil a fronte del 5,3 per cento di media Ue. Il dato è ormai conosciuto, come quello sull'abbandono scolastico. L'Italia è infatti quartultima in Europa, anche se il Ministero dell'Istruzione sostiene che i giovani tra i 18 e i 20 anni che hanno abbandonato prematuramente gli studi sono scesi di 29mila unità rispetto al 2011: nel 2012 erano 758 mila. Il fenomeno è drammatico al sud, con punte del 25% in Sardegna e Sicilia. Per quanto riguarda i laureati tra i 30 e i 34 anni, sostiene la Commissione Ue, pur essendo cresciuta al 21,7 per cento nel 2012 dal 19 per cento del 2009, resta lontana dal 35,7% della media continentale. L'invito è sempre lo stesso: aumentare i fondi, bloccare gli abbandoni, investire sulla formazione «terziaria» (cioè quella dei laureati) e valorizzare gli insegnanti.

In questo contesto si sta discutendo alla Camera sul decreto Istruzione. Il decreto dev'essere approvato entro l'11 novembre, e deve ancora passare al Senato, ma la discussione ieri si è arrestata perché nelle larghe intese non c'è intesa sul reperimento delle risorse. Il governo vorrebbe prendere una buona parte dei 400 milioni necessari per assumere 69 docenti e personale Ata, e 26 mila insegnanti di sostegno, aumentando le accise sugli alcolici. Per protesta il relatore del provvedimento, Giancarlo Galan (Pdl) si è dimesso.

La Commissione Bilancio ha inoltre trovato ben 25 incongruità economico-finanziarie. La difficoltà a reperire risorse, che nelle intenzioni del governo dovrebbero segnare un'inversione di tendenza dopo anni di tagli alla scuola, non ha tuttavia impedito di rifinanziare parzialmente il fondo per le scuole paritarie. La legge di stabilità stanzierà 220 milioni per il 2014 a parziale compensazione della riduzione di 277 milioni di euro prevista dalla legge triennale di programmazione. Questo stanziamento dev'essere sommato ai 260 milioni di euro già stanziati nel 2013, per un totale di 480 milioni di euro. Una cifra che conferma la riduzione costante dei finanziamenti pubblici dal 2001, quando erano pari a 539 milioni di euro, e non soddisferà le organizzazioni degli istituti paritari che protestano da mesi, chiedendo di affrontare anche il nodo del pagamento dell'Imu e Tarsu.

Il governo le ha comunque ascoltate, sollevando la protesta di chi crede invece che i fondi pubblici non devono andare alle paritarie, tra le quali ci sono anche molti istituti privati e confessionali. «È un atto di cecità politica e asservimento agli interessi privati - spiega il coordinatore Uds Roberto Campanelli - Per risolvere definitivamente questa situazione riteniamo necessaria la modifica della legge 62 del 2000 paritari, ndr.] con la separazione tra scuole private e scuole pubbliche non statali». Gli studenti saranno in piazza il 15 novembre.

La legge di stabilità non prepara un futuro migliore alla scuola pubblica. Gli stipendi sono stati bloccati per i prossimi due anni. Lo conferma il regolamento approvato ad agosto dal Consiglio dei Ministri. Questo blocco peggiorerà le condizioni del personale che, secondo una stima dei sindacati, ha perso almeno 3500 euro in virtù di un blocco che dura dal 2010. «Il potere d'acquisto è tornato indietro di 24 anni - conferma Marcello Pacifico dell'Anief - la PA ha perso 300 mila posti di lavoro in sei anni». In queste condizioni, sembra difficile accogliere l'invito della Commissione Ue a valorizzare la figura degli insegnanti. Motivo in più per alimentare lo scontro con i sindacati della scuola che hanno indetto una manifestazione nazionale il 30 novembre e parlano di uno sciopero generale contro il governo.

«Piuttosto che rifinanziare la cassa integrazione o sostenere la scuola pubblica - afferma Massimo Mari, responsabile per le scuole non statali Flc-Cgil - si continua a bloccare il turn-over». In compenso la manovra prevederebbe 150 milioni per gli atenei e 400 milioni per la ricerca tramite il 5 per mille.

Altro fronte che riguarda il lavoro della conoscenza, e il pubblico impiego, è quello aperto dall'approvazione del Decreto D'Alia l'altro ieri in Senato. Il ministro ha confermato le peggiori previsioni dei sindacati e dei precari. Ai precari che hanno lavorato per la PA per tre anni nell'ultimo quinquennio saranno prorogati i contratti in scadenza e sarà permesso di partecipare ai concorsi per la quota del 50%. Per gli altri non ci sarà rinnovo. Si tratterebbe di 80 mila persone. Tra i più colpiti gli enti di ricerca da tempo in mobilitazione.

Fonte: Il Manifesto

 

Quello che nelle prime ore sembrava un mormorio di disappunto, si sta trasformando in un coro di polemiche: il taglio dei fondi attesi dalle università virtuose nel decreto scuola, approvato giovedì sera alla Camera, ha scatenato la rabbia dei rettori di tutta Italia, e non solo, che minacciano un’inaugurazione dell’anno accademico burrascosa.

«Non può esistere un rilancio in un Paese che taglia 41 milioni destinati agli atenei migliori - attacca il rettore della Statale di Milano Gianluca Vago -. È un segnale disastroso, proprio per i giovani migliori, in un momento in cui diversi Paesi in Europa e nel mondo stanno offrendo loro condizioni molto più vantaggiose delle nostre». E anche da Bologna arrivano segnali di insofferenza e l’annuncio di forme di protesta per attirare l’attenzione del governo.

Che a dire il vero si sta già muovendo: il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha assicurato che cercherà di recuperare quei fondi, sbloccando l’impasse tecnica che impedisce di stornarli dalla voce «investimenti» a quella per le spese correnti degli atenei, mentre il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha ribadito: «Adesso ci muoveremo perché questi finanziamenti alle università rientrino». Spiega il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi: «Cerchiamo di rimetterli nella legge di Stabilità, sono fondamentali sia per i bilanci delle università sia perché rappresentano l’elemento di valutazione e merito, cosa di cui c’è un gran bisogno».

Ma resta il fatto che le risorse promesse e poi sparite hanno il sapore amaro dell’ennesima occasione mancata. «Hanno ragione i rettori a protestare: il taglio dei 41 milioni che erano stati promessi agli atenei virtuosi è scandaloso», sottolinea il presidente del Veneto Luca Zaia parlando da «presidente di una Regione che vede le università di Padova, Verona e Venezia, stabilmente nella top five Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della Ricerca, ndr ) delle eccellenze nazionali».

Incalzano pure i sindacati: «Si può comprendere la rigorosa attenzione al contenimento dei costi, ma è indice di grave miopia non capire che la spesa per dare più efficacia al sistema di istruzione è un investimento necessario al Paese», dice il segretario scuola Cisl Francesco Scrima. E Domenico Pantaleo, della Cgil, puntualizza: «Il punto vero è che non ci sono risorse per un sistema al collasso: molte università del Sud e qualcuna del Nord rischiano il default». Mentre Marcello Pacifico, dell’Anief, ricorda: «Così non ci agganceremo mai alla competitività degli altri Paesi europei». Protesta anche l’Unione studenti universitari: «Quarantuno milioni di euro potrebbero essere sfruttati per un piano di investimenti reale per le residenze universitarie», sottolinea il presidente Gianluca Scuccimarra.

Il compito di mediazione del ministro Maria Chiara Carrozza, stretta tra obiettivi da raggiungere e conti da far quadrare, non è certo facile: «Ma se fossi nei suoi panni- prova a consigliarle l’ex ministro all’Istruzione Beppe Fioroni, Pd - partirei da quattro mosse per riconoscere il merito: formazione continua dei docenti; riconoscimento del merito degli studenti di scuola superiore; un sistema di valutazione serio per i migliori cervelli; un piano che premi le migliori scuole». Ma ormai il decreto scuola è in dirittura d’arrivo e non c’è più tempo per apportarvi modifiche: il provvedimento approderà in Senato martedì 5 novembre e dovrà uscirne con il via libera definitivo entro l’11, pena la decadenza.

Fonte: Corriere della Sera

 

Sulla monetizzazione delle ferie non godute per l'a.s. 2012/13 la partita potrebbe non essere chiusa. I Dirigenti Scolastici stanno ottemperando in questi giorni all'applicazione della nota Mef del 4 settembre, secondo cui per quantificare le ferie da pagare ai supplenti bisogna detrarre i giorni di sospensione delle lezioni. Secondo il sindacato Anief è ancora possibile intervenire per ottenere il pagamento dell'intero periodo.

ANIEF infatti reputa che questa scelta del Ministero dell'Economia, derivante da un'interpretazione estrema dell'art. 54 della Legge n. 228/12, sia in palese contrasto con la Direttiva Comunitaria n. 2033/88, oltre che con la giurisprudenza nazionale, secondo la quale, al fine dalla quantificazione corretta dei giorni di ferie da assegnare ad ogni lavoratore non di ruolo, va necessariamente computato l'intero periodo lavorativo svolto. Fermo restando che in tutti quei casi in cui i giorni di ferie non sono stati fruiti, queste vanno necessariamente quantificate e pagate secondo la formula della modalità sostitutiva.

Anche i giorni di sospensione delle lezioni incidono, dunque, sulla quantità delle ferie da monetizzare ai supplenti temporanei in servizio nell'anno scolastico 2012/13.

“Quanto indicato dal Mef alle ragionerie dello Stato - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - non solo appare in evidente contrasto con il dispositivo previsto in Europa. Ma anche con le varie decisioni assunte dal giudice nazionale su casi simili: in passato, ad esempio, è stato stabilito che non si può ridurre il monte ore delle ferie da far percepire ai lavoratori della scuola sottraendo dal computo il numero di giorni che il dipendente ha passato nello stato di malattia. Ora, per estensione, lo stesso ‘metro', va applicato a coloro che al termine dell'anno scolastico chiedono all'amministrazione - conclude Pacifico - di veder monetizzare i propri giorni di ferie non godute”.

Per questo motivo, ANIEF ha predisposto a beneficio dei propri iscritti una procedura di diffida che potrà essere attivata da tutti coloro che non hanno ancora ricevuto il pagamento delle ferie non fruite nello scorso anno scolastico, ma anche da coloro che hanno subito la decurtazione del pagamento a causa dello scorporo dei giorni di sospensione delle lezioni.

Per attivare la procedura leggi il comunicato

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Anche la Camera dei Deputati delude le aspettative del personale precario della scuola". E' quanto afferma l'Anief, commentando l'approvazione del decreto legge n. 104 che, tra le altre novità, prevede l'assunzione di 60 mila precari ma "a costo zero" e in tre anni. L'organizzazione sindacale lamenta che "alla scarsità di posti vacanti e disponibili, visto che sarebbero quasi il doppio quelli che si sarebbero dovuti accordare, si è aggiunta oggi la grave decisione di non accompagnare il provvedimento con un'adeguata copertura finanziaria.

Al contrario di quanto accadde l'ultima volta, nel 2006, a tutti i docenti che verranno assunti nel triennio 2014-2016, si chiede di rimanere fermi allo stipendio base, senza progressioni di carriera, equiparando per ben 8 anni consecutivi la loro busta paga a quella dei precari". "Siamo di fronte ad un ricatto e a uno sfruttamento lavorativo - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - al quale nessun cittadino europeo dovrebbe essere sottoposto. Secondo quanto indicato dall'Unione europea, infatti, le necessità legate ai finanziamenti statali non possono essere considerate imperative, perché violano chiaramente il diritto all'equo stipendio dei lavoratori. Questo decreto, inoltre, delude le attese riguardanti i portatori di handicap".

"Sempre tra i punti approvati dalla Camera, infatti, si prende atto della rimodulazione del numero di alunni con disabilità e della necessità di incrementare del 30% l'organico di diritto dei docenti di sostegno. Anche in questo caso, però, si poteva fare molto meglio perché per gli alunni con disabilità ci saranno meno garanzie: rimane in vita sia il problema dei tanti posti in 'deroga', con decine di migliaia di docenti a supporto degli alunni portatori di handicap gravi che rimangono precari, sia quello della riduzione del numero di posti di sostegno rivolti - conclude Pacifico - agli alunni con handicap meno gravi". Rimangono infine al palo tutti i 30mila insegnanti precari che lo Stato ha provveduto a selezionare, formare e abilitare, tramite concorso a cattedra o attraverso i Tfa ordinari: non saranno accolti nelle stesse graduatorie dove invece si trovano oggi i loro colleghi precari, allo stesso modo vincitori di procedure concorsuali o formati tramite analoghi percorsi universitari. Con gli emendamenti che avrebbero potuto sanare questa ingiustizia, presentati all'Aula della Camera anche dall'Anief, rigettati, reputati inammissibili o respinti.

Fonte: ANSA

 

La soglia 35/50 alle preselezioni per il concorso a cattedra è illegittima. Lo ha deciso, secondo quanto rende noto l'Anief, il Tar di Trento accogliendo un ricorso promosso dalla stessa associazione.

E' stato "annullato il bando della provincia autonoma laddove riportava il criterio della sufficienza qualificata (35/50) piuttosto che della sufficienza semplice (30/50) per il superamento della prova preselettiva sul modello adottato dal ministero dell'Istruzione a livello nazionale'' spiega l'Anief giudicando "illegittima e irragionevole la scelta dell' amministrazione".

Il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, ricorda di aver "denunciato fin dall'inizio l'illegittimità della soglia utilizzata dall'ex Ministro Profumo e dall'uscente assessore Dalmaso, in particolare la violazione dell'articolo 400, comma 11 del Testo Unico sulla scuola (D.Lgs. 297/94) grazie al quale erano stati emanati i bandi di concorso per immettere in ruolo i futuri insegnanti sia nella Provincia Autonoma di Trento che su tutto il territorio nazionale". "A Trento erano 93 i posti banditi e ora uno di essi dovrà essere attribuito alla sola ricorrente che è riuscita a superare tutte le altre prove scritte e orali dopo essere stata ammessa con riserva grazie al ricorso promosso dall'Anief insieme ad altri aspiranti. La pronuncia dei giudici amministrativi trentini arriva prima di quella dei colleghi laziali, attesa per aprile 2014, sempre su altri ricorsi analoghi patrocinati dal sindacato per oltre 4.000 candidati". 

Fonte: ANSA

 

Il primo sì a Milano e in altre due scuole lombarde. I protagonisti del progetto: «Modello da esportare anche nel pubblico». I dubbi dei sindacati: a rischio 40mila cattedre.

Il liceo in quattro anni ha il via libera del ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. Maturità con un anno di anticipo. All’università o al lavoro a diciott’anni, come in altri Paesi europei. La sperimentazione è stata autorizzata per tre scuole paritarie, il collegio San Carlo di Milano, il Guido Carli di Brescia e l’istituto Olga Fiorini di Busto Arsizio. La prima maturità «anticipata» sarà quella dei liceali milanesi, il prossimo anno.

SPERIMENTAZIONE - Nell’istituto religioso di corso Magenta il progetto era stato avviato tre anni fa con un primo (parziale) sì del ministro Mariastella Gelmini e poi con l’assenso di Francesco Profumo. Poi era partito a Brescia e in provincia di Varese. Il sì del ministero è arrivato per tutti dopo l’estate.
E in viale Trastevere si dice che il ministro vorrebbe introdurre il modello del doppio biennio anche nei licei statali. Immediata la reazione dei sindacati: «Comprimere il percorso scolastico comporterebbe sul quinquennio la perdita di 40 mila cattedre. E un risparmio di un miliardo e trecento milioni di euro», dice il presidente dell’Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori), Marcello Pacifico.

COME ALL’ESTERO - Intanto la sperimentazione procede. E altre scuole, da Brindisi a Verona, anche statali vorrebbero il via libera del Miur. «A Busto Arsizio ha chiesto l’autorizzazione anche lo scientifico statale Tosi. E il nostro obiettivo è arrivare alle scuole pubbliche», dice il direttore dell’Ufficio scolastico della Lombardia, Francesco de Sanctis. Un percorso di studi ridotto, come l’International Baccalaureate. E come i licei italiani all’estero, che durano quattro anni. Il ministro va avanti. Intanto dal San Carlo il rettore don Aldo Geranzani replica ai sindacati: «L’innovazione non ha impatto sull’organico, né sulle risorse. Nessun taglio, nessuna riduzione, piuttosto un nuovo modo di fare scuola che ci allinea all’Europa». Al Liceo internazionale del collegio milanese oggi sono iscritti cento studenti: due classi prime, due seconde e una terza. «Il livello è alto, svolgiamo gli stessi programmi dei licei italiani, non quelli delle scuole internazionali - assicura il rettore -, ma il metodo è nuovo». Al San Carlo ci sono classi da venti studenti, metà degli insegnanti madrelingua inglese, lavagne luminose e iPad, anche lezioni in videochat per gli studenti in stage all’estero: l’offerta è ricca, ma è una scuola privata, le famiglie pagano rette da novemila euro all’anno. Possibile replicare questo modello nella scuola pubblica? «Il metodo è esportabile anche con meno risorse», sostiene don Aldo Geranzani. «Tanti presidi mi hanno già contattato».

Fonte: Corriere della Sera

 

Non solo CGIL, CISL e UIL, dicono la propria anche UGL e ANIEF. Per i primi "sarebbe stato più opportuno mobilitarsi unitariamente", per i secondo lo sciopero è "inutile e incoerente".

Per Centrella, segretario UGL "sarebbe stato più per far comprendere a Governo e Parlamento quanto essa (la Legge sulla Stabilità ndr) sia iniqua nei confronti di quella fascia della popolazione che più ha sofferto negli ultimi anni, perdendo risorse e diritti, a causa della crisi e di scelte sbagliate di politica economica”.

Ed annuncia la proclamazione “di uno sciopero nazionale di 4 ore su base territoriale con data da definire nei prossimi giorni e che intanto oggi sono state inviate ai Capigruppo di Camera e Senato richieste di incontro per sensibilizzare il Parlamento sugli effetti devastanti della Legge di Stabilità”.

“L’Ugl – conclude il sindacalista – continuerà ad essere disponibile a protestare insieme a quanti condividono le stesse battaglie e difendono gli stessi interessi, perché se il sindacato riesce ad essere tutto unito ha maggiori possibilità di far ascoltare la propria voce e di far invertire la pericolosa consuetudine di far pagare di più a chi ha di meno”.

Diverso tenore le affermazioni di Pacifico, presidente ANIEF.

"Il blocco dei contratti deciso dal Governo è figlio degli accordi sottoscritti dalla maggior parte dei sindacati nel febbraio del 2011: che senso ha opporsi oggi, cavalcando la rabbia dei lavoratori statali che perderanno tra i 4 e i 20mila euro?"

"I sindacati - continua il comunicato - che indicono oggi lo sciopero generale contro la legge di stabilità, che farà perdere ai dipendenti statali 4-5mila euro e ai dirigenti pubblici oltre 20mila euro, dovrebbero mostrare almeno un po' di coerenza: perché nel 2011 avallarono, quasi all'unanimità, l'accordo interconfederale del 4 febbraio 2011, per poi sottoscrivere l’atto di indirizzo successivo all’Aran del 15 febbraio con l'allora ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, che andava a porre le basi per la cancellazione anticostituzionale degli 'scatti' stipendiali?"

E le scelte contenute nel DEF 2013 "non sono altro che la conseguenza di quell'accordo, a sua volta figlio del decreto legislativo 150/09"

Questi sono i motivi per cui lo sciopero proclamato da CGIL, CISL e UIL è, per l'ANIEF, "è inutile e incoerente". L'unica strada percorribile resta il ricorso alla giustizia.

Vedi anche

Blocco contratto, costerà 4-5mila euro lorde. Sindacati indicono sciopero

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il ministro autorizza una scuola paritaria ad avviare la sperimentazione e dice: "Dovrebbe diventare un modello". L'Anief teme che possa aprire la strada a una riforma contestata. E potrebbero far gola al governo i possibili 1.380 milioni di risparmi.

Si ritorna a parlare del liceo ridotto a quattro anni e ricominciano le polemiche. L'occasione è stata fornita dall'autorizzazione da parte del ministero dell'Istruzione di una sperimentazione in quel di Brescia. A provare la riduzione del percorso di studi liceale da 5 a 4 anni è il liceo internazionale per l'Impresa, Guido Carli, di Brescia, "sponsorizzato" dall'associazione industriale della città lombarda. E l'Anief paventa il pericolo di nuovi tagli al personale della scuola per fare cassa. Già nello scorso mese di marzo l'ex ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, annunciò ai sindacati l'intenzione di avviare una sperimentazione per accorciare il curriculum scolastico - attualmente di 13 anni - che porta al diploma. Ma i rappresentanti dei lavoratori insorsero e il progetto rimase nel cassetto.

Ora arriva l'autorizzazione al liceo Guido Carli da parte del ministro Maria Chiara Carrozza. Ma quello che più preoccupa l'Anief sono le parole dell'inquilino di viale Trastevere che cinque giorni fa ha incontrato una delegazione di studenti e insegnanti dell'istituto bresciano. "Se ci fosse stata quando ero studentessa", ha detto il Ministro Carrozza rispondendo alle domande dei ragazzi, "anch'io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra". E ha poi aggiunto: "Si tratta di un'esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica". Un'idea che preoccupa non poco i sindacati della scuola e non solo per le ripercussioni che si avrebbero sugli organici degli insegnanti.

Un accorciamento del percorso liceale da 5 a 4 anni, nell'arco di un quinquennio, determinerebbe la perdita netta di quasi 40mila cattedre con un risparmio per le casse del ministero di oltre un miliardo e 300 milioni di euro all'anno. Un'ipotesi che allontanerebbe per diverso tempo anche le possibilità di essere immessi in ruolo per decine di migliaia di precari in attesa da decenni di una cattedra fissa. Per Marcello Pacifico questa "sperimentazione non riguarda una semplice decurtazione del percorso di un anno, ma anche l'avvio di una metodologia che punti ad una didattica per competenze, laboratoriale e integrata. Il tutto con lo scopo di accorciare i tempi di apprendimento e consentire di ammortizzare la mancanza del quinto anno".

Secondo il rappresentante dei lavoratori, "l'obiettivo cui punta il ministero è quindi più che evidente: creare un precedente, per il quale nella prossima estate non potranno che essere tessute le lodi, per puntare dritto alla soppressione di 40mila cattedre. Già il Governo Monti - continua Pacifico - aveva quantificato un risparmio nazionale, attraverso la sparizione di altrettanti docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d'Italia, pari a 1.380 milioni di euro". Un tentativo che "fu fatto proprio da quel governo, prima tentando un improbabile sondaggio sulla riduzione di un anno della scuola secondaria superiore e successivamente provando a portare a 24 ore l'orario di insegnamento settimanale di tutti i docenti".

Le ipotesi per accorciare a 12 anni l'attuale curriculum di 13 anni - 5 di scuola primaria, 3 di scuola media e 5 di liceo o istituto tecnico o professionale - erano due: anticipare l'inizio della scuola primaria a 5 anni per tutti i bambini italiani oppure accorciare di un anno il percorso delle superiori. Ma anche la prima ipotesi è stata scartata dai pedagogisti più illustri che mettono in guardia dalle facili soluzioni in ambito didattico. Un anticipo generalizzato a tutti i bambini della scuola primaria potrebbe contribuire ad aggravare la già pesante situazione della dispersione scolastica italiana. Ne sanno qualcosa le insegnanti di scuola materna ed elementare che spesso si scontrano con le decisioni dei genitori di utilizzare l'anticipo scolastico avviato dalla Moratti.

Fonte: Repubblica

 

Lo ha fatto sapere Giancarlo Galan (Pdl) , presidente della Commissione Cultura di Montecitorio: colpa dell'ingente numero di emendamenti presentati. Anche perché per giustificarne l’esclusione occorrono motivazioni valide, che non si possono improvvisare. Cresce però ora il rischio che il testo venga blindato.

I tempi per l’approvazione del D.L. scuola si allungano. L'Aula della Camera li avrebbe dovuti esaminare martedì 22 ottobre. Poi la data è slittata di un paio di giorni, a giovedì 24. Ora, Giancarlo Galan (Pdl) , presidente della commissione Cultura di Montecitorio, ha chiesto uno spostamento ulteriore in avanti. Quel che preoccupa è che la discussione è posticipata a data da destinarsi. Un differimento dell'inizio dell'esame del testo non previsto, che Galan ha giustificato "in considerazione dell'ingente numero di emendamenti presentati". La Commissione Cultura della Camera, in pratica, chiede più tempo.

Anche perché per motivare le tante bocciature delle richieste di modifiche al decreto bisogna esaminare a fondo le carte. Il rischio ricorsi (a riammettere la discussione dei provvedimenti) è dietro l’angolo. Con il risultato di rendere ancora più difficoltosa la conclusione dell’iter che porta gli emendamenti all’esame dell’Aula.

Quanto sta accadendo a quelli dell’Anief è davvero significativo. “La VII Commissione – ha scritto l’associazione sindacale il 18 ottobre - vota l’emendamento del PD 12.11 sull’accordo in Conferenza unificata per i criteri di determinazione degli organici dei dirigenti-dsga e reputa assorbiti gli emendamenti 12.3/12.9 che avrebbero salvato le scuole montane o nelle piccole isole. Respinto anche il ripristino dell’autonomia cancellata a 1.700 scuole da una norma (art. 19, c. 4, L. 111/11) a sua volta cancellata dall’ordinamento (sentenza n. 147/12 Consulta)”.

Poi ci sono i restanti emendamenti, ancora da esaminare: quelli “per personale scolastico e AFAM (artt. 15 e 17) in votazione la prossima settimana”. E quelli che, seppure in casi davvero particolari, la Camera potrebbe anche recuperare. Non a caso, sempre l’Anief “chiede ai parlamentari di presentare in Aula emendamento riformulato su inserimento in Gae di abilitati TFA e idonei Concorso”.

Insomma, la linea prevalente rimane quella di modificare il decreto il meno possibile, in molti casi per mancanza di copertura finanziaria delle modifiche richieste. Ora però si fa largo anche un altro rischio: che alla fine il testo arrivi a Montecitorio blindato.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Ricerca nell’area Ocse delle competenze relative al sapere 'leggere, scrivere e far di conto'; preoccupate reazioni ai risultati dell’indagine che conferma l’Italia in fondo alla classifica internazionale; insegnanti di sostegno e risorse impegnate; una quinta liceo di Genova sceglie in blocco di non svolgere l’ora di religione cattolica.

Ascolta la rubrica del 13 ottobre 2013

 

Sferzata del presidente Napolitano ai governanti degli ultimi anni per aver attuato tagli alla cieca sull’istruzione pubblica italiana; soddisfazione del ministro Carrozza per l’approvazione del Decreto sulla Scuola; modifiche che associazioni e sindacati stanno cercando di far attuare al decreto; difficoltà ad assumere i 20mila docenti precari che si sono abilitati con il Tfa.

Ascolta la rubrica del 29 settembre 2013

 

La Commissione Istruzione sta attuando la “scrematura”, con l’eliminazione delle modifiche inammissibili. Proteste del M5S, che si è visto negare dal presidente Galan (PdL) l’esame di 50 emendamenti su 163: come si fa a dire che classi ‘pollaio’ e latino falcidiato nei licei non sono attinenti? Tante le richieste fatte pervenire dell’Anief, tra cui l'approdo dei neo-abilitati nelle GaE. I timori del Ministro: alcune sono preoccupanti.

Il Decreto Legge sulla Scuola entra nel vivo. La Commissione Istruzione del Senato sta infatti provvedendo alla prima “scrematura” dei tanti emendamenti presentati sul testo approvato lo scorso 9 settembre dal Consiglio dei Ministri, prima di approdare in Gazzetta Ufficiale il 12 dello stesso mese.

Se è ancora presto per fare un resoconto sul destino delle modifiche richieste da tante parti in causa (oltre al mondo politico, hanno presentato emendamenti diversi sindacati e associazioni di categoria), dalle parole del ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, pronunciate il 14 ottobre a margine dell'iniziativa, sempre in Senato, “La memoria e l'immagine - La scuola”, si comprende che l’attenzione per i provvedimenti legislativi sulla scuola è davvero alta.

Dopo aver annunciato l’intenzione di comporre “un gruppo di giuristi, per ricostruire un percorso delle leggi che hanno fatto la scuola, anche di quelle parzialmente attuate, per valutare l'impatto di tutti i provvedimenti”, Carrozza sul decreto istruzione ha detto che “stiamo discutendo: ora stiamo valutando gli emendamenti. Stamattina c'era l'ammissibilità e iniziamo la discussione credo stasera in commissione Istruzione”, ha aggiunto. Per poi concludere: alcuni “sono più preoccupanti altri meno, ne stiamo discutendo. Penso sia corretto lasciare alla commissione Istruzione il dibattito nel rispetto dei ruoli. Il mio compito è dare il parere del Governo”.

E quello che la Commissione di Palazzo Madama sta assumendo è un ruolo tutt’altro che marginale: il presiedente, Giancarlo Galan (PdL), si è già pronunciato sulle richieste considerate inammissibili. Tra queste ve ne sarebbero addirittura 50, su un totale di 163, presentate dal M5S: non verranno neppure discusse in Commissione Istruzione. Su molte delle dichiarazioni di inammissibilità il M5S ha presentato altrettanti ricorsi, che però sono stati respinti.

Ai grillini bruciano, in particolare, le bocciature del testo che riguardano classi ‘pollaio’ e aumento delle ore di latino: “solo la scorsa settimana – dice la deputata Silvia Chimienti - è stato approvato in aula un decreto sul femminicidio che conteneva provvedimenti in materia di province e di militarizzazione dei territori a rischio (TAV). E oggi vengono a raccontarci che la questione delle classi pollaio non ha a che vedere con l'art. 4 del decreto che parla di tutela della salute nelle scuole! O ancora, rendono inammissibile l'emendamento all'art. 5 (potenziamento dell'offerta formativa) per ripristinare le ore di latino falcidiate dalla Gelmini nei licei, dicendo che non è materia disciplinata dal decreto... Forse – conclude Chimienti - abbiamo sbagliato noi a presentare emendamenti attinenti alla scuola in un decreto che si chiama ‘decreto scuola’”. Per poi lanciare la stoccata finale: “di fronte a questi giochi procedurali e all’utilizzo di cavilli pretestuosi, è evidente che manca la volontà politica di far ripartire sul serio l’istruzione pubblica del nostro Paese, e che le parole altisonanti di Letta e del Ministro Carrozza sono semplici proclami”.

Ma tra gli emendamenti al D.L. 101 vi sono anche, come dicevamo, quelli dei sindacati (presentati comunque tramite esponenti che siedono in Parlamento). L’Anief, che ha presentato un lungo elenco di modifiche riguardanti precariato, dimensionamento, Afam, GaE, concorso, Tfa, Pas, Sfp e neo-assunti, sostiene che “è giunto il momento che la politica si assuma le sue responsabilità e ristabilisca le regole del diritto senza più demandare tale compito ai tribunali. La sensibilità mostrata da quasi tutti gli schieramenti al dibattito animato dall’Anief in audizione dimostra che c’è una maggioranza in Parlamento sensibile al mondo della scuola”.

Tra gli emendamenti del sindacato autonomo ve ne sono alcuni che avrebbero un’incidenza immediata sull’organizzazione scolastica. Ad iniziare dalla deroga per l’assegnazione del dirigente e del Dsga con 300 alunni per le scuole situate in piccole isole, comunità montane, specificità linguistiche prevista dal DPR 233/98. Ma anche il ripristino dell’autonomia scolastica delle 1.700 scuole elementari, materne e medie sottodimensionate a causa della legge 111/11.
Non poteva mancare, tra le richieste dell’Anief, il capitolo precari: il sindacato di Marcello Pacifico ha chiesto, a tal proposito, l’inserimento degli abilitati del TFA/SFP e degli Idonei del Concorso nella terza fascia delle GaE. E il contestuale inserimento nella fascia aggiuntiva dei futuri abilitati con il PAS e con il nuovo TFA ordinario. Inoltre, vorrebbe la validità delle graduatorie di merito fino a concorso successivo. C’è poi la richiesta, tramite alcuni deputati di Scelta Civica, di garantire la distribuzione degli organici di sostegno entro il 2015/16 nel rispetto degli organici attivati a livello regionale nell’a.s. 2005/06, al fin di superare l’attuale disomogeneità. Tramite il M5S, l’Anief ha chiesto, infine, di cancellare il testo sulla formazione obbligatoria (peraltro da attuare solo in casi particolari, derivanti anche dai pessimi risultati degli alunni ai test Invalsi).

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Se i giudici sovranazionali dovessero dire sì all’assunzione del personale della scuola italiana con 36 mesi di servizio, superando la Legge 106/2011, per molti si aprirebbero le porte del ruolo. Marcello Pacifico (Anief): finalmente tanti docenti e Ata troveranno giustizia nei tribunali, perché è impossibile aggirare il diritto dell’Unione.

Si torna a parlare dell’assunzione dei precari “storici” della scuola. Quelli, per intenderci, con almeno tre anni di supplenze svolte. Secondo una stima fornita il 13 ottobre dal quotidiano ‘Il Messaggero’, sarebbero almeno 20mila (poi ce ne sono circa altri 100mila, che vantano periodi di servizio inferiori). Ebbene, per loro, docenti in maggioranza ma anche tanti Ata, si sta avvicinando un pronunciamento storico: quello della Corte di Giustizia di Lussemburgo. A sollecitarlo, la scorsa estate, è stata anche la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 207/13, depositata il 18 giugno 2013, che ha rimesso ai giudici di Lussemburgo la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per i precari della scuola. Sotto accusa è l’aggiramento in Italia della direttiva comunitaria 1999/70/CE, che da quasi tre lustri non ammette deroghe sulle assunzioni a tempo determinato per i precari con almeno 36 mesi di servizio, avvenuto attraverso il Decreto Legge 70/2011, convertito nella Legge 106 del 12 luglio 2011. E pensare che un anno prima, nel 2012, la Cassazione sembrava aver chiuso i giochi, sostenendo che la norma nazionale era chiara e che fosse quindi inutile rivolgersi ad un corte internazionale super partes per sanare possibili conflitti con la norma comunitaria. Ma poi la Consulta ha riaperto le speranze dei precari italiani. E spostato la partita in Europa. Dove, tra l’altro, la Commissione del vecchio Continente ha già sollecitato Lussemburgo, per avere una risposta definitiva su quattro ricorsi pendenti presso il tribunale di Napoli.

“Si tratta di un momento storico – dichiara al ‘Messaggero’ Marcello Pacifico, presidente dell’associazione sindacale Anief – perché le se le osservazioni della Commissione Ue saranno accolte della Corte di Giustizia, migliaia di precari troveranno giustizia in tribunale e si porrà fine alla precarietà”. Nel caso il tribunale di Lussemburgo dovessero dare ragione ai ricorrenti italiani, per i giudici italiani non ci sarebbe più possibilità di scelta: “il giudice nazionale – tiene a sottolineare Pacifico – ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni che contrastano con la legge nazionale”. Con la L. 106/2011 che andrebbe in soffitta senza essere abrogata. Dando il via libera all’immissione in ruolo, con tanto di risarcimenti danni, inizialmente ad almeno 20mila precari. Con altre diverse decine di migliaia pronti a rivendicare la stessa sorte. Ecco perché l’attesa per la decisione della Corte di Lussemburgo si fa sempre più colma di significato.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La decisione, che riguarda solo docenti e Ata che hanno presentato ricorso, permette di superare la normativa vigente che prevede di conteggiare per intero solo i primi quattro anni di servizio precedente all’immissione in ruolo: ai dirigenti incaricati dei conteggi viene indicato anche come risarcire il “danno”. Decisive le sentenze dei Tribunali del lavoro che hanno riconosciuto l’esistenza dell’abuso della contrattazione a tempo determinato. Esulta l’Anief.

Buone notizie per gli assunti nella pubblica amministrazione: la direzione generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto ha inviato una comunicazione agli Uffici Scolastici Territoriali e ai dirigenti scolastici responsabili delle ricostruzioni di carriera, attraverso cui indica di riconoscere per intero il periodo di pre-ruolo. Anche se il conteggio totale (oggi previsto solo per i primi 4 anni di servizio pre-ruolo, successivamente si considerano utili solo i due terzi) dovrà essere adottato “esclusivamente nei confronti dei ricorrenti vincitori in sede giudiziale”, si tratta di un importante riconoscimento. Che giunge a seguito di quanto stabilito dai Tribunali del lavoro che “in alcune sentenze – si legge nella comunicazione dell’Usr per il Veneto - hanno riconosciuto l’esistenza dell’abuso della contrattazione a tempo determinato, condannando l’Amministrazione al risarcimento del danno, consistente in una sorta di ricostruzione della carriera, da determinarsi come se i contratti stipulati fossero stati tutti ex tunc a tempo indeterminato”.

Nelle indicazioni agli UU.SS.TT., l’Usr per il Veneto comunica anche che l’ammontare del riconoscimento economico da assegnare a docenti e Ata che hanno presentato ricorso deve scaturire dalla “differenza tra quanto effettivamente percepito dal lavoratore e quanto lo stesso avrebbe percepito qualora fosse stato da subito inquadrato quale lavoratore a tempo indeterminato. In pratica, si dovrà operare come se fossero stati ‘di ruolo’ fin dall’inizio, attribuendo le cosiddette ‘posizioni stipendiali’ previste dal CCNL comparto scuola per il personale ATA e per il personale docente alle varie scadenze degli ‘scaglioni’, cioè ad anni 3, anni 9 ecc.”.

La comunicazione dell’Usr per il Veneto è stata immediatamente commentata dall’Anief, il sindacato che ha presentato diversi ricorsi sulla questione. “In base a quanto è stato finalmente acclarato dai giudici italiani, che non potevano non tenere conto del pronunciamento favorevole da parte della Corte di giustizia europea, - sostiene il sindacato autonomo - questo trattamento deve essere obbligatoriamente adottato. Perché non vi è alcuna ragione oggettiva che giustifichi ancora una disparità di trattamento tra lavoro a termine e quello svolto dopo l’assunzione in ruolo”. Sempre l’Anief rileva che la disposizione dell’Usr veneto risulta “particolarmente vantaggiosa per coloro che hanno un congruo numero di anni di supplenze alle spalle”.

Il sindacato guidato da Marcello Pacifico, infine, con un secondo comunicato fa sapere che la Corte d’Appello di L’Aquila – presso cui il Miur aveva proposto appello avverso due sentenze favorevoli ottenute proprio dall’Anief – ha emesso “due sentenze di identico tenore in cui ribadisce “il diritto alla medesima progressione economica spettante ai docenti di ruolo”: in pratica, per il sindacato autonomo “il Ministero, non volendo riconoscere ai precari il medesimo trattamento economico attribuito al personale a tempo indeterminato, attua una disparità di trattamento illegittima e non giustificata”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Tornate a valorizzare gli insegnanti. È l’appello che le associazioni dei docenti rivolgono alle istituzioni in occasione della Giornata mondiale dell’insegnante che si è celebrata ieri in più di 100 Paesi con iniziative e convegni. L’Unesco stabilì questa giornata nel 1994, proprio per commemorare la firma della Raccomandazione sullo status degli insegnanti.

Raccomandazione redatta a Parigi, il 5 ottobre del 1966, da una speciale conferenza intergovernativa convocata dall’Unesco. «Non possiamo dimenticare le ‘tare’ con cui ormai si devono confrontare quotidianamente gli 800 mila professionisti dell’educazione del nostro Paese, sempre più osteggiati e messi in discussione: si sono sensibilmente ridotti di numero, in tanti sono avanti negli anni e costretti a lavorare loro malgrado, tutti sono sottopagati», ha sottolineato Marcello Pacifico, presidente Anief, uno dei sindacati dei docenti.

Per Pacifico «anche per colpa di una società che svilisce tutte le forme di sapere e di cultura, oggi più che mai il ruolo educativo di chi insegna è sempre più in discussione». Per questo l’Anief chiede alle istituzioni di invertire la tendenza, «tornando finalmente a valorizzare gli insegnanti italiani». La Giornata mondiale dei docenti si è trasformata in un momento emblematico per sottolineare il contributo vitale dei professori nell’ambito della formazione e dello sviluppo dell’individuo.

Continua il responsabile dell’Anief: «Il sindacato non può fare a meno di soffermarsi sull’azione distruttiva che, in particolare negli ultimi cinque anni, i nostri governanti hanno perpetrato nei loro confronti: 40 anni fa l’insegnante risultava tra le professionalità più rilevanti nella considerazione sociale e delle famiglie italiane. In molti casi rappresentava l’unica presenza tangibile dello Stato in zone povere ed emarginate. I tagli agli organici e le riforme attuate dal 2007 hanno via via ridotto il personale. I giovani docenti sono aumentati e il rapporto di lavoro si è sempre più precarizzato: piuttosto che assumere in ruolo, come indicato dall’Ue con una chiara direttiva del 1999, si è scelta la strada del licenziamento e della riassunzione a oltranza. Perfino la maggior parte dei vincitori dell’ultimo concorso a cattedra è composta da ultra 35enni». Nel frattempo i Cobas della scuola hanno indetto uno sciopero generale per il 18 ottobre.

Fonte: Corriere della Sera