Sono peggiori delle aspettative le ipotesi di localizzazione delle competenze dello Stato che il Consiglio dei Ministri si accinge a discutere, probabilmente già questa sera, con i rappresentanti delle regioni. Se il testo verrà approvato così com’è, Veneto e Lombardia si ritroveranno a gestire, in base alle esigenze del territorio, finalità e programmazione dell’offerta formativa, la valutazione, l’alternanza scuola-lavoro, oltre che i trattamenti stipendiali, le modalità di reclutamento e di mobilità di docenti, Ata e presidi. Anief si oppone a queste prospettive. Perché si determinerebbero discrepanze ulteriori tra le regioni. E si differenzierebbe il trattamento di figure professionali che svolgono lo stesso lavoro, con l’aggravante di andare paradossalmente a penalizzare, pagandole meno, proprio quelle che operano in condizioni oggettivamente più difficili. Infine, c’è da dire che già oggi le regioni detengono ampie competenze ed attività in ambito scolastico, l’esempio della Sicilia vale per tutti, e non si comprende il motivo di allargarle. Marcello Pacifico (Anief): L’autonomia differenziata ci porterà dritti verso l’abolizione del valore legale del titolo di studio.
Le bozze riguardanti la nuove organizzazioni di scuola, ricerca e università di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, sono state pubblicate dal sito internet Roars.it e hanno come base i testi sottoscritti il 28 febbraio di un anno fa dall’allora sottosegretario Gianclaudio Bressa (Pd) del Governo Gentiloni, per poi essere modificate nelle scorse settimane sulla base delle osservazioni degli attuali ministeri (eccetto il Mef) e delle intese sottoscritte tra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte con i governatori del Veneto, Luca Zaia, della Lombardia, Attilio Fontana, e dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.
COSA CONTENGONO LE IPOTESI DI REGIONALIZZAZIONE
Ma quali sono le novità che comporterebbero le ipotesi di regionalizzazione dell’istruzione pubblica? “Per Lombardia e Veneto – scrive la rivista on line - i cambiamenti, soprattutto per la scuola, sono rilevanti sia per il futuro degli insegnanti, ma ancor più per il futuro del sistema scolastico nazionale, se ancora potrà dirsi tale. Pur potendo conservare ruoli statali (probabilmente meno soldi, per cui tanti cambieranno ruolo) gli insegnanti già assunti dovranno rispettare la disciplina regionale. I nuovi assunti avranno ruoli regionali, come pure i dirigenti scolastici e il personale ausiliario e amministrativo. Tutto sarà competenza regionale: finalità e programmazione dell’offerta formativa, anche in funzione del territorio, la valutazione (si parla di nuovi indicatori regionali), l’alternanza scuola-lavoro, i rapporti con le scuole paritarie”.
“L’intesa con l’Emilia Romagna (che comunque contribuisce a legittimare le spinte centrifughe) interviene solo nell’istruzione tecnico professionale e non struttura rigidamente il sistema di assunzioni e ruoli, lasciando più vaga e aperta la formulazione (“garantire una organizzazione della rete scolastica e dell’offerta formativa adeguate alle politiche educative e di welfare regionali attraverso la programmazione della dotazione degli organici e la sua attribuzione alle autonomie scolastiche“). Fa una certa impressione che cambiamenti di questa portata - si parla ormai di “Secessione dei ricchi”– vengano introdotti nella pressoché totale assenza di un dibattito pubblico”, chiosa la rivista.
IN VENETO E LOMBARDIA CAMBIA LA ‘POTESTÀ LEGISLATIVA’
In pratica, sintetizza oggi Orizzonte Scuola, alle regioni “viene attribuita la ‘potestà legislativa’ in materia di istruzione per quanto riguarda le seguenti materie: la disciplina delle modalità di valutazione del sistema educativo regionale di istruzione e formazione; la disciplina della programmazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro; la formazione dei docenti; l’apprendistato; la disciplina, mediante contratti integrativi, dell’organizzazione e del rapporto di lavoro del personale dirigente, docente, amministrativo, tecnico e ausiliario; la disciplina della programmazione dell’offerta formativa integrata con la formazione professionale; la disciplina sulle reti scolastiche; la disciplina degli organi collegiali; l’istruzione per gli adulti”.
“Inoltre, si legge all’articolo 11 che per i Dirigenti scolastici sarà istituito uno specifico ruolo regionale, salva la facoltà di permanere nei ruoli della dirigenza scolastica statale trascorsi tre anni dal trasferimento delle competenze”. È bene precisare che “per quanto riguarda i docenti, gli ATA e il personale educativo con contratto a tempo indeterminato in servizio presso le istituzioni scolastiche del Veneto e Lombardia al momento della stipulazione dell’Intesa rimane inserito nei ruoli statali, salva diversa volontà espressa dal personale stesso. I docenti, invece, che confluiranno nei ruoli regionali saranno i nuovi assunti e quanti avranno contratto a tempo determinato”.
I sostenitori del progetto di regionalizzazione di servizi essenziali pubblici, come la scuola, ritengono che tali possibilità non potranno che migliorare il sistema: perché la gestione localistica è più mirata ai bisogni effettivi e permette anche una cura maggiore dell’aspetto economico, poiché, come detto qualche giorno fa dal leader della Lega Matteo Salvini, spendendo i soldi più vicino a dove vengono pagate le tasse sarà più difficile rubare.
ANIEF SI OPPONE
Anief si opporrà in tutti i modi a queste prospettive. Prima di tutto perché si determinerebbero delle discrepanze ancora maggiori tra le regioni che detengono già oggi ottime strutture scolastiche ed istituzioni a supporto rispetto a quelle dove le scuole sono fatiscenti e scarseggiano i servizi attorno. In secondo luogo, perché si differenzierebbe il trattamento di figure professionali che svolgono il medesimo lavoro, con l’aggravante di andare paradossalmente a penalizzare, pagandole meno, proprio quelle che operano in condizioni oggettivamente più difficili.
Infine, c’è da dire che già oggi le regioni detengono ampie competenze ed attività in ambito scolastico. La regione Sicilia, ad esempio, si occupa già, come riassume il sito ufficiale della regione, di svariate attività: come quelle connesse al funzionamento amministrativo e contabile delle scuole; dell’assegnazione ai centri provinciali per l'istruzione degli adulti; della nomina dei collegi dei revisori dei conti; dei contributi; della manutenzione ordinaria delle scuole; dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale; del piano regionale di dimensionamento; dell’educazione permanente; degli interventi a supporto dell'autonomia scolastica; delle risorse di funzionamento; della formazione, aggiornamento e perfezionamento del personale della scuola di ogni ordine e grado.
IL COMMENTO DI MARCELLO PACIFICO
“Allargare ulteriormente, anzi a dismisura, le competenze in seno alle regioni – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – farebbe scivolare l’insegnamento pubblico tra le discipline di carattere locale, facendo perdergli la centralità nazionale prevista dalla Costituzione e che garantisce l’uniformità dei contenuti e la valenza giuridica dei titoli di studio conseguiti. Il passo successivo di questo processo di autonomia differenziata, rischia infatti di farci arrivare, anche a breve, all’abolizione del valore legale del titolo di studio, sulla quale ciclicamente i politici di un certo orientamento tornano a puntare. Ovvero, l’ultimo baluardo legale che garantisce ad uno studente di Canicattì o della Barbagia di poter accedere ad un concorso pubblico, alla pari di un allievo di Trento o di Pavia”.
“Come se non bastasse - continua il presidente Anief - la regionalizzazione avrebbe come effetto sicuro quello di andare anche a differenziare i trattamenti stipendiali, le modalità di reclutamento e di mobilità, tra lavoratori che svolgono lo stesso mestiere. Introducendo quelle gabbie salariali e di trattamento economico differenziato del personale che tanti governi hanno cercato di introdurre senza mai riuscirci. E insegnare a Mantova diventerà più conveniente che farlo a Benevento. Riuscire a diventare docente della scuola pubblica a Rovigo sarà più facile che farlo a Taranto. Spostarsi di sede in Veneto sarà più agevole che farlo in Abruzzo.”.
“È chiaro che di fronte ad una prospettiva così cupa e nefasta, Anief si opporrà in tutti i modi possibili, a partire dalle aule di giustizia: perché è da lì che sino ad oggi sono arrivati i ‘no’ categorici a quelle regioni e province, soprattutto a statuto speciale, fautori di improbabili fughe in avanti sull’autonomia. Per mandare un segnale di dissenso a questo modello dagli effetti palesemente negativi, tra due settimane, il 27 febbraio, e poi anche l’8 marzo, ci fermeremo perché – conclude Pacifico – in un mercato sempre più globale, non è la provincializzazione che aumenta il Prodotto interno lordo”.
I TESTI DELLE BOZZE DI RIFORMA
testo che recepisce osservazioni Ministeri (eccetto MEF) – Intesa sottoscritta tra il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e il Presidente della Regione Veneto Attilio Fontana
testo che recepisce osservazioni Ministeri (eccetto MEF) – Intesa sottoscritta tra il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia
Intesa sottoscritta tra il Ministro con delega agli Affari regionali e le Autonomie Erika Stefani e il Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini (Proposta aggiornata al 20 dicembre 2018)
PER APPROFONDIMENTI:
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