Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 19 ottobre 2013

 

www.latecnicadellascuola.it – 11 ottobre 2013

 “Lettera aperta al Ministro Carrozza sulla drammatica situazione dei docenti di Geografia, senza lavoro”

░ Riportiamo alcuni passi della lettera del collega Giuseppe Garofalo.

Gentile Ministro, ho ascoltato con sorpresa la sua dichiarazione di qualche tempo fa in cui manifestava la volontà di incrementare l’insegnamento della Geografia (classe di concorso A039) di 1 ora alla settimana negli istituti tecnici commerciali e di reintrodurre tale disciplina anche negli istituti professionali, nei quali l’insegnamento è stato precluso a seguito della riforma Gelmini….; tuttavia mi sarebbe piaciuto ed auspico che a tale dichiarazione d’intento segua una data certa e un atto concreto già a partire dall’anno scolastico prossimo venturo. Mi corre l’obbligo, però, di farle presente un fenomeno che forse le sfugge relativamente all’insopportabile situazione di una condizione di “atipicità” della Geografia (c.d.c. A039). La Circolare n. 21 del 14/03/2011 ha infatti considerato la Geografia una disciplina “atipica”, nel senso che nelle more di una revisione delle diverse classi di concorso, nonché di situazioni di perdenti posto su cattedre intere e sovrannumerari nella classe di concorso A060, l’insegnamento tipico della classe A039 potesse essere affidato anche a docenti della A060, privi dei requisiti e della abilitazione…. In realtà, la nota ministeriale n. 679 del 04/05/2012 ha stabilito che le ore di Geografia vanno assegnate prioritariamente ai docenti titolari della A039 e solo in via residuale agli eventuali perdenti posto della A060 e soltanto per ciò che concerne la formazione di cattedre intere! Purtroppo, la situazione de facto è tutt’altro che quella sopra prospettata… Addirittura, nella formazione dell’organico di diritto, le istituzioni scolastiche hanno accorpato spezzoni di Geografia (A039) e spezzoni di Scienze (A060), considerando il totale delle stesse unicamente come facenti parte della classe di concorso A060… Non è raro imbattersi nei corridoi delle scuole con i docenti di Scienze che chiedono a quelli di Geografia informazioni sulla programmazione didattica poiché materia a loro ignota, così come non è raro l’imbarazzo da parte degli stessi su argomenti di carattere preminentemente economico ma non solo, quali le teorie sulla crescita e lo sviluppo economico; la globalizzazione; le imprese transnazionali; la localizzazione delle attività economiche e la nuova divisione internazionale del lavoro; la teoria della transizione demografica; significato di Primo, Secondo, Terzo e Quarto Mondo; Nic, Pvs e Brics; significato e differenze tra Pil, Pnl e Isu; e così discorrendo…  Infatti la Tabella A del D.M. n. 39 del 30/01/1998 precisa che i titoli di ammissione richiesti per l’insegnamento della classe di concorso A039 sono le Lauree in Economia e Commercio; Geografia e Lettere purché nei piani di studio siano stati sostenuti gli esami di Geografia (due annualità), Geografia economico-politica e Geografia Umana. Insegnamenti non presenti nei piani di studio della classe di concorso A060. La separazione tra le due classi di concorso è dunque assai netta sia per le competenze richieste sia per la specificità confermata dallo stesso Miur in sede di concorsi ordinari, Ssis e Tirocini Formativi Attivi (Tfa) che vede le due classi di concorso separate e distinte. La atipicità appare quindi una ingiustizia… Auspico un intervento risolutorio sin dal prossimo anno scolastico in merito al riconoscimento della tipicità dell’insegnamento geografico esclusivamente alla classe di concorso A039, un incremento come dichiarato delle ore d’insegnamento negli istituti tecnici e professionali, e mi permetto anzi di proporre l’introduzione della Geografia anche nei bienni di tutti i Licei (scientifici, classici, linguistici, artistici e magistrali) vista la modernità e l’importanza della materia nello scenario globale attuale.

 

www.edscuola.eu/wordpress - 12 ottobre 2013

“Perché analfabeti ?”

░ Una lunga analisi, della collega Claudia Fanti, sulla Scuola. Ne riportiamo la parte in cui si sofferma sulla Primaria; è la rappresentazione plastica della distanza culturale che intercorre tra i decisori politici e i protagonisti dell’istruzione pubblica.

Nella preoccupazione della politica la scuola è un’appendice, un allegato, un settore in cui sperimentare come togliere, tagliare, ridurre; un settore da subissare di documenti e circolari. Dove stanno i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in tutto ciò? ….Sono curiosa di “vedere” investimenti in persone, strutture, strumentazioni, materiali, diminuzione di alunni per classe… Oppure dovrò “vedere” ancora aggiornamenti sulle Indicazioni, prove di valutazione, test, quiz… Negli anni ’80 si è assistito a una vera e propria rinascita della istruzione-cultura di base, sotto l’allora ministro Falcucci…. L’Italia si dotò di un sistema scolastico…  Era costoso? Certamente. Come negarlo. Tempo pieno e moduli presupponevano un esercito di insegnanti e di materiali da far circolare, ma tanti giovani dettero impulso a una scuola ricca di idee, originalità, saperi condivisi dai team.…. Ora ci troviamo con Indicazioni nuove che andranno a innestarsi sul terreno poverissimo di una scuola… che non può più contare neppure su compresenze e lavori di piccolo gruppo… Partiranno i corsi di formazione sulle Indicazioni, scuola media e scuola primaria, una cosa tipo quella che fu fatta nel 1985 per i Nuovi Programmi: esperti, commissioni di studio, nuovi referenti di commissioni… In ogni modo, la situazione delle scuole è molto diversa da quella del 1985: i tagli ci hanno massacrato, gli stipendi sono bloccati, il precariato è aumentato, gli insegnanti anziani aumentano e aumenteranno vista la recente riforma sulle pensioni, alle elementari c’è il maestro unico, il tempo pieno è stato snaturato e in buona parte del territorio non c’è, le poche compresenze sono impiegate in supplenze… A coloro che formeranno gli insegnanti prossimamente, sulle Indicazioni, andrà consigliato di stare con i piedi per terra e di rifuggire dall’esaltazione di mega progetti con laboratori, all’interno dei quali tanti si sentono sicuri e protetti: nella massa si può anche sopravvivere, ma gli alunni, specialmente quelli da recuperare, si perdono e non arrivano mai a consolidare apprendimenti. Oggi più che mai una scuola lenta, paziente, determinata a dare strumenti meditati ed efficaci… è un’ assoluta necessità che riguarda la tenuta dell’intero sistema: mai più di ora, in un momento in cui mancano punti di riferimento, i genitori sono drammaticamente coinvolti nella crisi economica che coinvolge anche l’affettività e l’emotività, la tenuta psicologica, le modalità del vivere…  mai più di ora si è percepito quanto sia fondamentale prestare attenzione alle difficoltà di apprendimento, ai conflitti cognitivi, al nervosismo che trasuda dalle azioni dei piccoli, e quanto sia necessario incalzare il ministero per le sue responsabilità immense e per le sue scelte. Avete presente lo scandalo che ha suscitato l’annuncio di un anno in meno alle superiori? Ebbene qualcuno pensa sia giusto (comincia a leggersi tale ipotesi in rete) toglierne uno nel primo ciclo, primarie e medie! Ebbene, se ciò dovesse prendere forma, alcuni di noi faranno le barricate contro chi lo propone …., proprio perché sono ben presenti sia la situazione di apprendimento/insegnamento del primo ciclo sia i bisogni dei bambini e delle bambine in carne e ossa…..soprattutto dal punto di vista linguistico ma non soltanto per ciò. Chi ha un’idea di pedagogia e didattica, oltre che di psicologia dell’età evolutiva, so che converrà. Oggi più che mai… la valutazione degli apprendimenti non può prescindere dal superamento del sistema della valutazione decimale. Il ritorno ai voti nel primo ciclo di istruzione ha significato soltanto sferrare un duro colpo a decenni di ricerca valutativa…. Vorrei una campagna contro i voti nella scuola di base. Insieme voti e prove Invalsi, strettamente intrecciati in un abbraccio asfissiante, sono l’assurdità pedagogica più evidente. Non c’è un insegnante che non lo sappia e non lo affermi più o meno esplicitamente. Sono la gramigna che infesta ogni possibile ragionamento sulla valutazione e su una didattica diretta alla crescita umana e culturale di tutti…  Leggo di cambiamento della scuola per mezzo di classi aperte, tecnologie, strabilianti richieste di mutamento, di curricoli “curvati” a seconda delle priorità di una scuola. Ma mi chiedo, qualcuno di quelli che scrivono di scuola ha mai riflettuto su quali siano le reali esigenze di bambini e bambine? Prima di tutto i piccoli hanno un estremo bisogno di amici (non ne hanno perché non hanno la comunità del cortile, della strada come un tempo) e di una appartenenza (alla classe) che tra l’altro va costruita nei tempi lunghi dei cinque anni della primaria (e a volte non basta), poi hanno necessità di parlare, confrontarsi con i pari insieme con l’insegnante che conduce garbatamente e con discrezione la conversazione, e ancora hanno l’esigenza di sperimentare in concreto attività con i compagni di classe per ciò che riguarda lento pregrafismo, calcoli, riconoscimento di forme e figure, materiali (sovente non hanno mai avuto esperienza diretta e costante di denaro, capacità, peso, misura di alcun tipo, ecc…)…  Nessuno più riflette, ad esempio, su come ricada la carenza di gioco e autonomia sulla crescita, sulla personalità, sull’apprendimento significativo, il quale a me pare risentire in modo evidente di un ritardo dello sviluppo emotivo: la fragilità davanti a ogni minima frustrazione blocca il cognitivo….Ritengo che tanti dei problemi scolastici degli alunni dei diversi gradi di scuola nascano dal fatto che da bambini non si sono mai potuti misurare con i pari in veri e propri momenti liberi in cortile, per la strada, in piazza! …. Le maestre organizzano attività splendide, motivanti, strutturate, ma l’interesse dei bambini è verso i bambini, verso i pari con i quali per la prima volta possono entrare in contatto nei momenti liberi in modo autonomo e senza mediazione dell’adulto. L’apprendimento può attendere, affascinante per loro è il misurarsi in qualsiasi modo con i pari. Quanto tempo riusciamo a dedicare alla relazione, al dialogo, alle conversazioni significative con bambini e bambine? Riusciamo a trovare un equilibrio tra le attività di fare, scrivere, parlare e pensare? I rapporti fra tutte le attività sono pensati ancor prima del programmare, preparare materiali e verifiche? Ci prendiamo il tempo per ascoltarci reciprocamente… Altro che tecnologie, questo del gioco dimenticato è il problema! … Facciamo giocare i bambini a scuola affinché imparino facendo e all’uscita stimoliamo i genitori che possono a farli incontrare ancora nelle reciproche case. Lasciamo che mettano a soqquadro le stanze e sgridiamoli se esagerano, così piano piano impareranno a relazionarsi, a vivere veramente… ricominciamo a parlare di vita vera. …

 

Il Messaggero - 16 ottobre 2013

«Spariti i fondi della ricerca». Buco milionario all’Istruzione. La Ragioneria dello Stato scrive al ministro: inchiesta della procura

░ Nel ministero dell’Istruzione c’è un buco nero in cui spariscono finanziamenti milionari, arrivati dallo Stato o dall’Unione europea.

A scriverlo, parlando di «ammanchi da milioni di euro» e circostanziando con tutte le formalità del caso quali siano i capitoli di spesa sospetti è la Ragioneria generale dello Stato che ha inviato una relazione al ministro titolare Maria Chiara Carrozza. Dall’ufficio del ministro il documento è stato inviato alla procura di Roma e assegnato al pm titolare del fascicolo che ha già dato una delega alla Guardia di finanza e più precisamente al Nucleo speciale spesa pubblica e repressione delle frodi comunitarie, guidato dal generale Bruno Bartoloni. Per ora il fascicolo è ancora senza indagati e senza ipotesi di reato ma è possibile che nei prossimi giorni sia iscritta una ipotesi di truffa ai danni dello Stato.
Non è la prima volta che alla procura di Roma arrivano notizie su ammanchi milionari nei fondi assegnati al ministero dell’Istruzione e più precisamente alla Direzione generale della ricerca. Un anno fa, un anonimo aveva inviato una lettera di cento pagine parlando di un sistema di connivenze e gestioni pilotate di fondi che si sarebbe appropriato illecitamente di 6,2 miliardi di contributi comunitari a fondo perduto, 3 miliardi di budget statale e un miliardo l’anno di fondi ordinari per gli enti di ricerca. Le verifiche riguarderebbero in particolare il periodo in cui al vertice della Direzione generale per la ricerca c’era Antonio Agostini, scelto dall’ex ministro Mariastella Gelmini, a metà del 2009. Una amministrazione che gestisce bandi pesantissimi dal punto di vista economico, che arrivano anche a 2,5 miliardi per singola gara (per mantenere una misura di paragone, l’intera abolizione dell’Imu sulla prima casa è costata allo stato 4 miliardi di euro). Agostini ha lasciato la Direzione generale a febbraio 2012, qualche tempo dopo l’insediamento del governo Monti. Quindi, la Direzione è stata affidata ad Emanuele Fidora. Questi, nell’autunno scorso aveva confermato alcuni sospetti…

 

Il Messaggero - 17 ottobre 2013

Contratti, liquidazioni e turn over: così la stretta sugli statali

░ Fuoco amico del Governo sui pubblici dipendenti.

Alla fine, per i dipendenti pubblici il blocco della contrattazione anche nel 2014 è il male minore, visto che era di fatto già previsto dalle norme in vigore. Ma il testo della legge di stabilità, ancora non definitivo, comprende molte altre novità che non faranno piacere a chi lavora nello Stato o nelle altre amministrazioni pubbliche, su materie che vanno dagli straordinari alle liquidazioni, al ricambio del personale che va in pensione. Di fatto saranno proprio gli statali a dare il maggiore contributo ai circa 3,5 miliardi di tagli di spesa inseriti nella legge di stabilità per il 2014 (2,5 relativi allo Stato centrale) in attesa degli effetti di una più organica revisione della spesa. Il tema del trattamento di fine rapporto era già stato toccato nel 2010, con la stessa manovra che aveva previsto il blocco di fatto delle retribuzioni. Per il Tfr dei dipendenti pubblici era previsto un pagamento dilazionato, con parziale salvaguardia per gli importi più bassi. Ora per coloro che matureranno il diritto all’uscita a partire dal 2014, c’è innanzitutto il raddoppio da sei a dodici mesi del termine entro il quale l’amministrazione deve corrispondere il trattamento agli interessati. Ma una volta trascorso questo tempo, il pagamento sarà in un’unica soluzione solo per chi ottiene una somma fino a 50 mila euro (finora la soglia era di 90 mila). Tra i 50 e i 100 mila saranno versate due distinte rate annuali. Infine sopra i 100 mila euro di importo le rate annuali saranno tre, di cui le prime due pari a 50 mila euro l’una e la restante con la somma residua. Per quanto riguarda gli straordinari, la decurtazione prevista è del 10 per cento, percentuale che scende però al 5 per il personale delle forze di sicurezza. Sempre in materia di straordinari c’è un’altra norma di interpretazione autentica che dovrebbe tra l’altro intervenire sul contenzioso legale in corso: viene precisato che il lavoro domenicale o festivo non dà diritto allo straordinario se non per le ore che eccedono il normale orario giornaliero. C’è poi la questione dell’indennità di vacanza contrattuale, ossia delle piccole somme aggiuntive riconosciute ai lavoratori nel periodo i cui i contratti di lavoro sono scaduti situazione che a seguito del blocco deciso nel 2010 sta diventando quasi la normalità. In particolare viene stabilito che per il periodo 2015-2017 l’indennità sarà la stessa in godimento nel 2013. Questo chiarimento può essere letto come una implicita conferma che i dipendenti pubblici resteranno senza contratto almeno fino al 2017 visto che il blocco opera fino a tutto il prossimo anno, ed in ogni caso i rinnovi non potranno che essere il frutto di una complessa trattativa. Il meccanismo viene poi esteso al personale della sanità e a quello convenzionato con il servizio sanitario nazionale. Sul turn over, ossia la sostituzione del personale che lascia il lavoro, l’attuale percentuale fissata al 50 per cento viene ridotta al 40: quindi su dieci lavoratori pensionati ne potranno essere sostituiti solo quattro. Infine una norma specifica riguarda gli avvocati dello Stato: i loro compensi, nel caso di cause che hanno avuto un esito favorevole all’amministrazione, dovrebbero essere ridotti del 50 per cento.

 

www.latecnicadellascuola.it - 18 ottobre 2013

I conti non tornano (come sempre) per gli statali

░ Blocco dei contratti fino al 31 dicembre 2014, Tfr erogato in tempi dilazionati e stipendio adeguabile al ribasso: fuoco amico del Governo sui dipendenti statali.

A parte il blocco contrattuale, già bloccato dal 2009, e il blocco degli aumenti salariali, per i 2,8 milioni di dipendenti dello Stato, tuttavia nel 2014 dovrebbe partire invece la contrattazione sulla parte normativa con il conseguente scatto, magra consolazione, della “indennità di vacanza contrattuale”, che consentirebbe di trovare nella busta paga una parte del tasso di inflazione programmata pari al 30% dopo tre mesi e il 50% dopo sei mesi. E siccome il troppa stroppia il Governo ha pensato bene di porre un tetto a questa indennità, facendo risparmiare 440 milioni nel solo 2014…. In particolare viene stabilito che per il periodo 2015-2017 l’indennità sarà la stessa in godimento nel 2013. …. E come se non bastasse il Governo avrebbe pure inteso andare ancora più a fondo, cancellando il divieto della reformatio in peius che garantisce al dipendente che viene trasferito verso una mansione con stipendio più basso di godere della retribuzione più favorevole. In altri termini, i prof inidonei, per esempio, se passassero agli Ata, verrebbero retribuiti con i parametri salariali previsti per il personale di segreteria…. Ma la stretta, a quanto riferiscono le agenzie, riguarderebbe pure il trattamento di fine rapporto. Fino a quest'anno i dipendenti pubblici con Tfr superiore a 90 mila euro se la vedono corrispondere in due tranche fruibili ad appena, si fa per dire, sei mesi dopo il ritiro in quiescenza. Ora sembra che il limite sia stato spostato verso il basso e ad appena 50mila euro, mentre chi esce anticipatamente dovrà attendere 20 mesi per avere l’agognata buonuscita.

 

www.corrieredellasera.it - 19 ottobre 2013

I cinquant’anni della scuola media (in crisi d’identità)

░ Quale ne è l’identità, cinquant’anni dopo la istituzione della scuola media unica ? Gianna Fregonara si cimenta sulla questione, alla luce dei non lusinghieri dati OCSE.

La scuola media italiana compie cinquant’anni. Anzi li ha compiuti 18 giorni fa perché fu proprio dal primo ottobre del 1963 che tutti i bambini italiani poterono continuare la scuola dell’obbligo con tre anni di «Media Unica» che sostituiva la divisione, creata dalla riforma Bottai nel 1940 tra scuola di avviamento professionale e scuola media per chi avrebbe proseguito gli studi. … Le rilevazioni Ocse-Pisa però sono impietose e dimostrano che le medie sono diventate l’anello debole del sistema educativo italiano. …  Secondo uno studio della Fondazione Agnelli, pubblicato due anni fa da Laterza, i risultati dei test di matematica tra la quarta elementare e la seconda media segnano un abbassamento dei punteggi del 23 per cento. … Se è vero che la «Media Unica» ha avuto un ruolo importantissimo nell’alzare il livello di scolarizzazione negli anni Sessanta oggi dimostra tutta la sua età. «È una sfida vinta soltanto in parte — spiega Raffaele Mantegazza del dipartimento di Scienze umane per la formazione della Bicocca —, è una scuola che è rimasta senza identità specifica, schiacciata tra primaria e secondaria. È una scuola che ha scelto di privilegiare l’aspetto cognitivo rispetto a quello emotivo e pedagogico. Sono anni difficili per i ragazzi quelli della preadolescenza, in cui c’è una elaborazione anche psico-sessuale molto importante che la scuola ignora del tutto»…. Di come riformare o rilanciare la scuola media si è discusso ciclicamente ad ogni proposta di riforma, ma non molto è cambiato. «Per esempio è dal 1977 che sono previste 160 ore di attività interdisciplinari di risoluzione di problemi, di compiti per gruppi — spiega il pedagogista Giuseppe Bertagna dell’Università di Bergamo —, ma non si sono quasi mai fatte perché prevederebbero la rivoluzione degli organici e del modo di insegnamento». Anche per Mantegazza la soluzione si chiama «flessibilità»: «Tanto per cominciare ci vorrebbero percorsi differenziati per maschi e femmine perché negli anni delle medie hanno tempi di sviluppo molto diversi. Ci vorrebbero classi aperte in cui i gruppi si formano a seconda di quello che si deve fare o studiare. Infine manca la continuità con le scuole superiori: come è possibile che, mentre alle medie quasi tutti vengono promossi, arrivati in prima superiori dopo quattro o cinque mesi almeno due su dieci sono in serie difficoltà?»…..