Per le lavoratrici c’è rimasta solo una strada per andare in pensione anticipatamente, oltre a quelle classiche che prevedono l’uscita a 67 anni o con 42 anni e oltre di contributi: è “Opzione Donna”. Riguarda le dipendenti con un’età anagrafica pari a 58 anni al 31 dicembre 2002 (nate entro il 31 dicembre 1962) e con un’anzianità contributiva di 35 anni al 31 dicembre 2020: solo che sono obbligate a optare per il calcolo della pensione con il sistema contributivo. E siccome il passaggio a questo modello comporta lo sviluppo di un montante previdenziale decisamente peggiorativo rispetto a quello retributivo classico, c’è il rischio di arrivare a percepire fino al 30% in meno nell’importo dell’assegno previdenziale. In pratica, una lavoratrice che ha accumulato dei contributi che le garantirebbero una pensione sui 1.800 euro si potrebbe trovare ad assicurarsi un assegno di appena 1.200 euro. Un esempio che riguarda da vicino stipendi e pensioni proprio delle docenti.
Secondo Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “si continua a giocare sulla pelle di chi ha lavorato una vita e invece di ritrovarsi con una pensione degna di questo nome viene messo di fronte a un bivio, se non ad un ricatto. Perché di questo si tratta, nel momento in cui le dipendenti della scuola, che sono i tre quarti del personale, sono messe di fronte alla scelta di continuare a lavorare, pur in presenza di una condizione mentale e fisica non più adatta a fronteggiare la complessità dell’impegno, oppure di lasciare il servizio anticipatamente pagando un costo salatissimo in termini di taglio all’assegno pensionistico. Basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. Non si tratterebbe di nessuna concessione, visto l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni anche del comparto pubblico. La verità – conclude Pacifico - è che serve una deroga immediata, con effetti nel 2022, rispetto alle uscite della riforma Monti-Fornero: ‘Opzione Donna’ comporta un prezzo da pagare a dir poco ingiusto”.
Anief, in convenzione con Cedan, conferma anche per quest’anno l’assistenza e il supporto specializzato per l’invio delle domande di pensionamento: è possibile contattare via web la sede Anief più vicina.
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In Italia manca la valorizzazione stipendiale degli insegnanti: a sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricordando che li stipendi dei nostri docenti a fine carriera sono la metà di quelli di altri Paesi, come la Germania, che occorre ancorarli al livello dell’inflazione recuperando i 7 punti persi negli ultimi anni e che l’accesso alla pensione avviene con una media di 5-6 anni rispetto altri Paesi europei. Intervistato da Orizzonte Scuola, il sindacalista ha detto che “gli stipendi attuali non valorizzano la professione, sono spesso più bassi di un operaio specializzato e per i precari sono consumati per lavorare fuori, servono quindi solo per la sussistenza. Siamo sui 7-8 punti sotto l’inflazione, lontani dall’aumento costo della vita in Italia, oltre che dalla media Ue. Eppure la pandemia ha fatto emergere il ruolo dell’insegnante: una figura fondamentale per rilanciare il Paese”. Secondo Pacifico, quindi, gli aumenti da applicare con il prossimo contratto vanno contestualizzati alle necessità del comparto: non potranno essere inferiori ai “300-350 euro, oltre i 100 euro previsti nelle linee guida, per poterli allineare all’inflazione degli ultimi 13 anni”.
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