Confedir

Confedir: ecco il documento per il tavolo sulla precarietà

Pubblichiamo il documento presentato dalla Confedir - a cui Anief aderisce - al tavolo sulla precarietà tenutosi a Roma il 21 novembre 2012.

Al Sig. Ministro
per la pubblica amministrazione e la semplificazione
Pres. Filippo Patroni Griffi

Oggetto: Interventi per il personale precario in servizio presso le P.A.

La Pubblica Amministrazione si precarizza sempre di più. Lo afferma la relazione annuale della Corte dei Conti sul tema, secondo la quale i contratti interinali sono aumentati del 262% in 10 anni. In termini numerici, significa che i 3.542 precari statali del 2001 (appena varata la legge Biagi) sono quadriplicati, arrivando a 12.856 lavoratori nel 2010.

Nel 2010 lo Stato (Regioni ed enti locali compresi) ha speso 653 milioni di euro in più per formare le nuove leve e per pagare i minimi maggiorati: è il 13% in più rispetto al 2008.

Le leggi finanziarie dal 2001 al 2006, prevedendo il blocco delle assunzioni nel settore pubblico, hanno impedito quelle a tempo indeterminato. Le pubbliche amministrazioni, pertanto, sono state indotte ad utilizzare forme contrattuali flessibili avviate troppo spesso non -come la legge prevede- per ragioni connesse a fabbisogni di durata limitata, ma per soddisfare bisogni lavorativi continuativi nel tempo.

Il problema del precariato, dunque, riguarda tutta la Pubblica Amministrazione, ma è particolarmente accentuato in alcuni comparti come sanità, scuola ricerca ed enti locali.

Il precariato della ricerca è un settore che si differenzia da quelli, sicuramente storici, della scuola e della sanità, per situazioni e quadro normativo, ma che parimenti ne ha assunto in questi ultimi anni, per numero e diffusione, le medesime caratteristiche di drammaticità sociale. Il personale precario negli Enti del comparto ricerca, escludendo naturalmente quello Universitario, è arrivato a sfiorare le 6000 unità ed attualmente è in crescita, come è possibile verificare direttamente sui siti degli Enti stessi in base ai risultati dei bandi di selezione che quotidianamente di giorno in giorno vengono pubblicati. Tra le diverse situazioni specifiche si segnala la grave situazione dell’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Ente Pubblico di Ricerca, componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile. Presso l’INGV operano più di 300 persone con contratto a tempo determinato, quasi tutti ricercatori e tecnologi, alcuni dei quali in servizio da oltre 10-15 anni. Il trentuno dicembre p.v. arriveranno a scadenza i contratti a tempo determinato di oltre 200 unità di personale, tutte inserite stabilmente nelle attività ordinarie di ricerca e di sorveglianza sismica e vulcanica, tutte, pertanto, parte integrante ed essenziale anche del Sistema di Monitoraggio e di Emergenza dell’INGV.

Le peculiarità si rilevano ovviamente anche negli altri settori. Parliamo, ad esempio, del personale precario della sanità, i medici in particolare, che nonostante prestino la propria opera assumendosi importanti responsabilità professionali, rimangono avulsi dalla struttura sanitaria, dalla logica del servizio in cui operano e dalla funzione pubblica che svolgono, oppure, dei precari della scuola.

Se si vuole effettivamente risolvere il problema del precariato nella Pubblica Amministrazione lo stesso non può essere affrontato su un unico tavolo con strumenti generalizzati, uniformi per tutti i settori.

La CONFEDIR, però, ritiene che il punto nodale comune ai singoli settori, il faro che deve ispirare la risoluzione del problema è la normativa comunitaria.

Nella gerarchia delle fonti normative, il tema della precarietà nella P. A. prima ancora di partire dall’esame del diritto interno costituitosi nell’ultimo decennio (d.lgs. 165/2001 - stato ed amministrazioni centrali, d.lgs 502/1992 - sanità, d.lgs. 267/2000 - enti locali) e in ultimo innovato dalla legge Fornero, deve rendere conto del rispetto di quanto previsto dalla direttiva comunitaria n. 1999/70/CE, recepita nel nostro ordinamento già dal d.lgs. 368/01.

Se è vero, infatti, che nel comparto privato ci si è adeguati progressivamente, anche attraverso l’ermeneutica della giurisprudenza, alla stipula di contratti a tempo indeterminato dopo 36 mesi di servizio, prestati anche non continuativamente in un quinquennio, secondo quanto stabilito dalla normativa comunitaria, nel comparto pubblico, ancora, non si è arrivati a una posizione univoca e chiara, rispettosa del diritto, anche per la specificità dei servizi attivati, per la pluralità delle funzioni svolte e per le evidenti esigenze di bilancio, al punto da far subire allo Stato italiano onerose procedure d’infrazione. Per mera previsione del legislatore, infatti, se si è ribadito il valore concorsuale come procedura d’accesso ordinaria alla pubblica amministrazione, tuttavia, si sono sanate quelle posizioni in contrasto aperto con la direttiva richiamata per alcuni dipendenti pubblici (l. 296/06, l. 244/07); da una parte, negli intenti, si è ribadito il ricorso all’utilizzo di contratti a tempo indeterminato per l’ordinario funzionamento della macchina pubblica (l. 133/08), dall’altra si è tentato di individuare ragioni oggettive per giustificare l’utilizzo di precari nella scuola (106/11), ad esempio, anche in assenza di personale da sostituire, soltanto per risparmiare grazie a una permanente differenziazione degli stipendi rispetto al contratto a termine o a tempo indeterminato.

La strada ideale per la CONFEDIR rimane il concorso, ma di fronte alla continua utilizzazione di professionalità esterne, che per diversi anni riescono a portare avanti la macchina pubblica, bisogna porsi seriamente senza più ambiguità, se è opportuno - certamente non legittimo - abusare della violazione degli accordi di lavoro firmati dalle parti sociali, per garantire risparmi o aumenti di produttività a dispetto della cancellazione di diritti soggettivi, riconosciuti prima ancora dall’Europa, che dalla nostra Costituzione.

Un esame attento della materia, quindi, tanto più cogente, quanto più sotto la pressione dell’esigenza di stabilizzare la condizione precaria di migliaia di lavoratori, non può prescindere dal rispetto delle regole del diritto al lavoro, a un’equa retribuzione, al merito, che non può essere violato per ragioni legate alla stessa natura del contratto attraverso surrettizi meccanismi con i quali si abusa di personale precario, ritenuto, nell’immediato, idoneo a svolgere la funzione richiesta, eppure non idoneo a svolgere lo stesso lavoro a tempo indeterminato.

E’ necessario, in questa particolare situazione, procedere a un monitoraggio delle varie situazioni di precariato nella Pubblica Amministrazione secondo le specificità dei comparti e delle aree, ponendo attenzione alle modalità di accesso e alle eventuali stabilizzazioni attuate. Successivamente, si devono eliminare tutte quelle norme derogatorie alla normativa comunitaria per evitare una palese discriminazione dei lavoratori italiani e si devono imporre procedure pubbliche e trasparenti, sanzionando i responsabili in caso di inadempienza.

Si deve, pertanto, prevedere uno strumento di armonizzazione della legislazione nazionale con quella comunitaria, tramite la stabilizzazione progressiva e selettiva dei precari utilizzati, per non incorrere in nuove procedure d’infrazione.

Si ringrazia dell’attenzione e si resta a disposizione per ogni approfondimento.

Si porgono distinti saluti.

Il Segretario Generale
Stefano Biasioli