Il sindacato replica alle notizie di queste ore sul piano del ministro Patrizio Bianchi di imporre la valutazione dei docenti, collocando gli ispettori nelle scuole, chiedendo all'Invalsi di stilare griglie per la valutazione e attivando i Comitati di valutazione dei docenti previsti dalla Buona scuola. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “l’ipotesi che l’Istituto di valutazione nazionale debba predisporre delle verifiche anche per gli insegnanti, introducendo pure un corpo ispettivo permanente nelle scuole, va respinta al mittente, perché si basa su una concezione falsata sui dove andare ad intervenire per migliore l’istruzione pubblica: i docenti non hanno nulla da nascondere, ma nemmeno da dimostrare, perché il loro lavoro si svolge nella libertà di esercizio, come previsto dalla legge, ed è già sottoposto al continuo giudizio degli studenti che osservano quello che fanno minuto per minuto. E nel caso degli alunni più piccoli dai loro genitori. Non esiste altra professione che prevede questo genere di controllo permanente” Secondo il sindacalista, “anziché imbarcarsi in improbabili e inutili modelli valutativi del corpo docente, la cui opera è condizionata da fattori in prevalenza endogeni alla classe, perché al ministero dell’Istruzione non si impegnano per garantire più tempo scuola, da svolgere classi più grandi di spazio e con meno alunni, con più insegnanti? Sono queste le tappe per migliorare la didattica”.
Cosa c’è di vero nelle anticipazioni, apparse sulla stampa, di un piano del ministro Patrizio Bianchi per sottoporre gli insegnanti al giudizio dell’Invalsi? Se rimaniamo ai fatti, scrive Il Corriere della sera, “alcune generiche parole sul sistema di valutazione degli insegnanti sono contenute nel programma che Bianchi ha presentato al Parlamento dopo la sua nomina. «Occorre promuove e potenziare l’attività di valutazione delle scuole dei dirigenti e del personale scolastico e valorizzarne gli esiti»”. Per arrivare a questo, la proposta indicata è in realtà quella di “ripristinare gli ispettori che girino nelle scuole (non ce ne sono praticamente più) facendo un nuovo concorso e stanziando nuovi fondi ma anche di chiedere all’Invalsi e agli altri organismi del sistema nazionale di valutazione di fornire griglie, indicazioni e linee guida per aiutare le Commissioni interne alle scuole a dare i voti alla propria didattica”.
Dei voti da dare ai docenti, in realtà, “se ne parla da molti anni, già dai tempi della riforma Berlinguer della fine degli anni novanta”. Ma è anche vero che risulta “difficile immaginare che da qui a poco sia in arrivo una rivoluzione nella valutazione dei docenti, visto che al momento non sono in arrivo neppure i fondi che insegnanti e presidi si aspettano per gli aumenti contrattuali”. Lo stesso ministero dell’Istruzione “ha subito smentito: non c’è niente, alcun piano, per ora si pensa alla legge di bilancio che deve garantire fondi per il rinnovo contrattuale e per il prolungamento dei contratti a termine stipulati per il cosiddetto organico Covid. Persino per ridurre i numeri delle classi pollaio al momento non sono indicati finanziamenti sufficienti nella bozza di bilancio”. Forse, il ministero dell’Istruzione si potrebbe accontentare di riprendere quella parte del “dossier della Buona scuola che istituisce in ogni scuola il comitato di valutazione dei docenti costituito dal preside da tre docenti e da un rappresentante dei genitori e da un membro esterno individuato dall’Ufficio scolastico”.
Anief ritiene che i dubbi sulla praticabilità del pioano siano leciti. Sia quelli sulle priorità da affrontare, con l’attenzione e le risorse da concentrare su ben altri aspetti basilari, come il potenziamento delle risorse per migliorare le strutture scolastiche, le norme assurde che hanno prodotto tagli di ore settimanale di lezione, clasi pollaio, organici sempre più ridotti e il mancato rinnovo contrattuale. La verità – dice Marcello Pacifico, leader dell’Anief – è che chi decide le sorti della Scuola italiana non riesce a sottrarsi al tentativo di imporre il modello aziendalista in un contesto non adeguato, perché di crescita umana e culturale. Continuare a pensare che per migliorare la didattica basta controllare coloro che la progettano ed esercitano, senza mettere invece nelle condizioni i docenti di operare al meglio, rappresenta il modo peggiore – conclude il leader dell’Anief - per affrontare e risolvere il problema”.
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