La stampa scrive

In un comunicato di Affari Italiani si legge che sarebbero oltre 3mila i ricorsi intentati contro la legge che penalizza il personale della scuola del 1952. Il comitato “Quota 96” in prima fila. Forse un disegno di legge ad hoc.

Sotto attacco il governo Monti, e in modo particolare la legge Fornero sulle pensioni che non ha riconosciuto al personale della scuola la particolarità di avere una sola finestra di uscita, quella del primo settembre, fissando per tutto il pubblico impiego il godimento dei diritti pensionistici al 31/12/2011. 

“Forse sarebbe il caso”, si legge nella nota, “ che la ministra del Lavoro, Elsa Fornero, finora sorda al loro richiamo, cominciasse a prendere in seria considerazione questo nodo spinoso che ha fruttato ben due interrogazioni parlamentari e che potrebbe dar vita - lo hanno confermato le deputate Bastico e Ghizzoni - ad un disegno di legge ad hoc volto a sanarlo.”

Oltre dunque al comitato “Quota 96”  anche il Codacons, dopo vari annunci, dichiara che ricorrerà al T.A.R. per difendere i diritti acquisiti di tutti quei professionisti della scuola che pensavano di uscire dal lavoro il 1 settembre 2012 e che invece sono rimasti ostaggio della riforma Fornero, riforma che ha innalzato di sei anni, senza alcuna transizione o gradualità, l'età pensionabile. 

Ma anche La Cisl scuola, con un recente comunicato, ha fatto sapere che ha notificato nei giorni scorsi, all'Amministrazione del Miur, alcuni ricorsi di docenti che avrebbero maturato i requisiti previsti per andare in pensione in base alla precedente normativa entro il 31 agosto 2012.

L'Anief, altro sindacato della scuola, ha da tempo pubblicizzato le sue azioni legali al T.A.R. e al Giudice del lavoro. Da fonti certe sembra che la Uil stia predisponendo oltre 1700 ricorsi in tutta Italia e che la Cgil e lo Snals, infine, hanno dato battaglia in tal senso.

Fonte: Tecnica della Scuola

Non nascondono la soddisfazione i sindacati per il Protocollo di intesa sul lavoro pubblico sottoscritto ieri sulla base dell'accordo già definito il 3 maggio dalle stesse organizzazioni sindacali, governo, regioni, province e comuni.

"Quello sottoscritto - dichiara Marcello Pacifico, membro ConfedirMit-Pa e presidente Anief - è un documento che condividiamo pienamente. Prima di tutto perché rimette in discussione i tanti danni introdotti dalla riforma Brunetta. Ad iniziare dall'introduzione di un nuovo modello di relazioni sindacali, con al centro la contrattazione collettiva nazionale di lavoro per la determinazione degli aumenti di stipendio del personale".

"L'accordo raggiunto - continua sindacalista - porrà anche un freno ai tagli orizzontali al comparto pubblico, valorizzando specifiche competenze che, in particolare nella scuola, non possono essere misurate da livelli di prestazione nazionale (come i test Invalsi). Inoltre il protocollo permetterà l'approvazione, attraverso i conseguenti provvedimenti legislativi, di nuove regole sul mercato del lavoro, anche in riferimento alla flessibilità in uscita".

L'approvazione del Protocollo comporterà benefici pure in campi non strettamente professionali: secondo Marcello Pacifico, infatti, "l'accordo tiene conto delle direttive europee che favoriscono la mobilità dei cittadini all'interno dell'Ue. Andando quindi a determinare maggiori spostamenti anche all'interno delle province italiane".

Fonte: Italpress

L’Anief, dopo aver plaudito all’apertura del Ministro per l’accesso senza selezione ai corsi TFA e aver richiesto, però, un Decreto Legge d’urgenza che metta fine a tante incertezze, perché, in caso contrario, l’Amministrazione si ritroverà ancora una volta a soccombere nelle aule dei tribunali, sostiene una nuova tesi sulla portata effettiva dell’abilitazione conseguita.

Secondo l’Anief “le abilitazioni all’insegnamento equivalgono per legge al superamento di un concorso. Mentre il Ministero dell’Istruzione sembra non seguire questa norma”.

Si tratta di una tesi del tutto nuova e interessante per la quale il generico riferimento normativo dovrebbe forse essere meglio approfondito.

L’Anief ricorda al Miur come da sempre ogni procedura abilitante sia stata ritenuta concorsuale e quindi utile ai fini dell’immissione nei ruoli della scuola. È allora davvero sconcertante quanto ha dichiarato oggi, attraverso cui si fa finta di non sapere che il titolo conseguito al termine dei corsi di formazione primaria consente l’inserimento nelle graduatorie dai cui si attinge il 50 per cento delle immissioni in ruolo”.

A onor del vero va detto, però, che l’abilitazione conseguita con la laurea in scienze della formazione primaria non riguarda i prof. della secondaria e, comunque come si sa, ha dato luogo agli inserimenti in graduatoria ad esaurimento soltanto in un determinato in periodo, tanto è vero che quest’estate vi è stata una pressante richiesta, non accolta dal Parlamento, per aprire le graduatorie ad esaurimento ai nuovi abilitati della scuola primaria.  

Dopo aver dichiarato che il ministero inadempiente “dovrà confrontarsi necessariamente ancora una volta con il nostro sindacato nelle aule del Tribunale”, il presidente Marcello Pacifico conclude affermando che, a suo parere, “il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento deve sempre necessariamente garantire l’accesso ai ruoli della Pubblica Amministrazione”.

Fonte: Tuttoscuola

Il punto della situazione pubblicato l'8 maggio lascia inalterati diversi dubbi. Ad iniziare da quelli sui servizi utili per l’accesso: servono 36 mesi, 1.080 giorni o tre anni di servizio? E come verrà considerato quello svolto nelle paritarie? Fa pensare, poi, che si continui ad ignorare primaria e infanzia.

Le precisazioni del ministero dell’Istruzione sui Tfa sembrano aver prodotto l’effetto opposto: anziché fare chiarezza e sgomberare finalmente dubbi e incertezze su un percorso formativo ancora “acerbo” e ricco di punti oscuri, sembra aver alimentato ulteriori tensioni e contraddizioni. Ad iniziare dal versante che riguarda la soglia minima di accesso riservata ai docenti precari che verranno accolti nel “diverso percorso abilitante previsto per i docenti con 36 mesi di servizio, laureati ma senza il possesso della prescritta abilitazione”. Ma 36 mesi equivalgono a 1.080 giorni. Allora perché fonti attendibili del Miur, ma anche ieri la stessa Uil Scuola, hanno indicato come soglia solo 540 giorni di servizio? E ancora, perché nella stessa nota di chiarimenti il Ministero tira in ballo, per giustificare la procedura formativa con il “doppio binario”,  il “D. Leg.vo 9/11/2007 n. 206 che, in esecuzione della direttiva comunitaria 2005/36 CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali”, prevede il “riconoscimento dell’abilitazione anche all’effettivo svolgimento dell’attività professionale per almeno tre anni sul territorio dello Stato membro in cui è stato conseguito o riconosciuto il titolo di laurea?”.

Insomma, più di qualcosa non torna: chi opera nella scuola sa bene che 36 mesi, 1.080 giorni o tre anni di servizio possono rappresentare delle situazioni lavorative pregresse ben diverse. Valgono, ad esempio, solo i canonici 180 giorni di supplenza considerati come limite massimo nel caso delle supplenze annuali? Oppure possono essere annoverati nel computo tutti i servizi svolti (anche quelli estivi, ad esempio, quindi ad attività didattiche concluse). Inoltre, il Miur farebbe bene a chiarire se il servizio svolto presso istituti privati o parificati (a condizioni spesso molto diverse rispetto a quelle della scuola pubblica) abbia la stessa valenza e considerazione numerica. L’equiparazione di servizi, in casi limite addirittura mai svolti, non verrebbe di certo bene accolta da coloro che hanno svolto la “gavetta” interamente nello Stato.

Ancora una volta, poi, viale Trastevere continua ad ignorare due dei tre “tronconi” sulla formazione del DM 149/2010, dando esecuzione solo all’art. 15 dello stesso decreto. Sinora, le altre parti riguardanti la nuova formazione (in particolare quella relativa ai docenti che devono operare nel primo ciclo) non solo non sono state mai avviate. Ma neanche citate, se non altro per dare indicazioni o lumi ai diretti interessati. E l’amministrazione, francamente, non può continuare a rimandare la formazione specialistica di una fetta così grande di candidati. Che continuano incredibilmente a rimanere al palo. L’unico riferimento, nella nota dell’8 maggio, è questo: “l’abilitazione che si consegue a seguito della frequenza del TFA o dei corsi di laurea in Scienza della formazione primaria rappresenta solo la conclusione del percorso di formazione iniziale dell’insegnante e costituisce il presupposto per la partecipazione alle procedure concorsuali”. E, a detta dei sindacati, sarebbe anche sbagliato.

Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacificoin particolare “da sempre ogni procedura abilitante è stata ritenuta concorsuale e quindi utile ai fini dell’immissione nei ruoli della scuola. È allora davvero sconcertante” il fatto che “si fa finta di non sapere che il titolo conseguito al termine dei corsi dalla formazione primaria consente l’inserimento diretto nelle graduatorie, dai cui si attinge il 50 per cento delle immissioni in ruolo”. La sensazione è che la matassa sia davvero ingarbugliata. E per scioglierla il Ministero dovrebbe mettere la formazione dei docenti tra le priorità del suo operato. Il tempo delle soluzioni affrettate o provvisorie è ormai scaduto.

Fonte: Tecnica della Scuola

Al momento non ci sono deroghe per far accedere ai corsi abilitanti tutti precari con almeno 360 giorni. Se arriverà l'ok, si rischia un numero raddoppiato di corsisti. Ma non quello dei posti per le assunzioni. Con i candidati più giovani che verrebbero danneggiati. A sorridere invece sarebbero gli atenei.

Sta creando un turbine di reazioni l’annuncio del ministro Profumo al grande pubblico, attraverso un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, sulla volontà del Miur di aprire i Tfa a tutti quei docenti che abbiano maturato almeno tre anni di servizio sulla classe di concorso per la quale intendono ora abilitarsi. In effetti, si tratta di una notizia che sconvolgerebbe il già precario assetto dei percorsi abilitanti, incentrato su corsi e tirocini attivi che avrebbero dovuto traghettare il sistema di reclutamento sino alla sua definitiva riorganizzazione.

Vediamo quali sono i punti oscuri. Il primo riguarda il via libera ai precari con un certo numero di anni di servizio (a dire il vero Profumo ha parlato di tre anni ma dovrebbero bastare, invece, solo 360 giorni): leggendo e rileggendo le modalità organizzative e operative per le prove di accesso ai Tfa, contenute nel Decreto del Direttore generalen. 74 del 23 aprile, si scopre che l’unica deroga alla procedura di accesso diretto dei docenti precari riguarda i candidati che hanno superato le prove riguardanti le vecchie Ssis (ma che poi non hanno portato a compimento il corso formativo). Serve dunque, anzi è indispensabile, una norma ad hoc.

La mancanza è stata individuata anche dal presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, il quale, dopo essersi compiaciuto della decisioni del Miur di aprire ai precari “storici”, evitando così “un contenzioso, qualora viale Trastevere non avesse creato un via preferenziale per questi lavoratori precari che hanno acquisito sul campo competenze e professionalità”, ha chiesto pubblicamente che le intenzioni di Profumo si traducano al più presto in un atto concreto: “è indispensabile una decisione rapida da tradurre con un emendamento, all’interno del prossimo provvedimento legislativo varato dal Governo”. Del resto, gli interessati scalpitano. E non si possono di certo avvisare una settimana prima della scadenza dei bandi (fissata al 3 giugno).

Ora, ammesso che arrivi la deroga, la presenza dei docenti oltre i 21mila previsti creerebbe comunque non pochi problemi. Il contingente è stato infatti decretato dopo un lungo “tira e molla”, con al centro pressioni politiche, ministeriali, sindacali e accademiche. Oltre che dei diretti interessati. Le cifre individuate (4.275 posti associabili alla scuola secondaria di primo grado e 15.792 a quella secondaria di secondo grado, mentre ancora una volta aspiranti di infanzia e primaria rimarranno a bocca asciutta), sono frutto di conteggi che tengono conto dei posti oggi vacanti a livello regionale, delle stime sui prossimi pensionamenti e delle probabili riconversioni. Oltre che di una serie di altri fattori, tutt’altro che secondari. Come la capacità di organizzare i corsi da parte degli atenei. Ora, aggiungere un numero consistente di posti (alcune prime stime indicano almeno altri 20mila partecipanti che non passerebbero per la preselezione) potrebbe far saltare il “banco”. Nel senso che ritrovarsi con un numero raddoppiato di abilitati creerebbe una corsa al posto vacante (utile per acquisire supplenze ed eventuali assunzioni in ruolo). Con i neolaureati (in graduatoria rimasti in fondo) a fare la parte delle vittime sacrificali. Vanificando le intenzioni di apertura del ministro proprio ai più giovani candidati all’insegnamento.

Emblematica, in questo senso, la domanda “postata” da una nostra lettrice sulla lista di discussione Facebook. “Io non ho ben capito una cosa: se ad esempio a Catania per la classe di concorso A037 ci sono 15 posti, e ci sono 15 candidati con almeno 360 giorni di servizio (ma ovviamente saranno molti di più), automaticamente non ci sono più posti per quelli che restano (cioè quelli senza servizio) o si fa un conteggio a parte? Evidentemente - conclude polemicamente la lettrice - non sono l'unica ad aver fatto questa considerazione...è tutto il sistema che è sbagliato, privo di logica"

C’è poi da approfondire il versante economico della faccenda Tfa. Se ai corsisti con almeno 360 giorni di servizio verrà risparmiata la fase preselettiva e lo svolgimento dei tirocini (“Nella realtà il tirocinio l'hanno già fatto. Finito il corso, come tutti gli altri tirocinanti, dovranno superare la prova finale”, ha detto il ministro Profumo) lo stesso non si può dire della tassa di frequenza dei corsi. Forse sarà una tassa leggermente ridotta. In ogni caso per i rettori e i gestori delle casse degli atenei sarebbe un’altra importante boccata d’ossigeno. Peccato che a fornirla saranno i precari della scuola. Cui si chiederà di tirare fuori migliaia di euro per avere solo una certezza: accedere alla lotteria del futuro maxi-concorso.

Fonte: Tecnica della Scuola

Qualche giorno fa il Miur ha comunicato le cifre dei compensi che verranno destinati ai componenti le commissioni per il reclutamento dei dirigenti scolastici in corso di svolgimento in tutta Italia.

Compensi irrisori, a detta di molti: un compenso base” pari a 251 euro per il Presidente e 209,24 euro per il componente. Inoltre, “a ciascun componente le commissioni esaminatrici dei concorsi viene corrisposto un compenso integrativo pari a 0,50 euro per ciascun elaborato o candidato esaminato”. In ogni caso “i compensi non possono eccedere 2.051,70 euro”, con l’eccezione dei presidenti per i quali l’importo va incrementato del 20%.

Irrisori, è vero, ma non a giudizio di tutti. Interviene infatti l’Anief con un comunicato diretto e senza mezzi termini, sottolineando come “qualcuno dovrà pagare questo enorme danno erariale, poiché per evitarlo sarebbe bastato sospendere il concorso come indicato nella sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato. Presenteremo un esposto alla Corte di Conti.”

Il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, ha comunicato, dunque, l’intenzione di presentare un esposto al Procuratore Generale della Corte di Conti, a seguito della mancata decisione da parte del Miur di interrompere il concorso per diventare dirigente scolastico, di cui si sono svolte le prove scritte e che nel mese di giugno in alcune regioni vivrà il suo epilogo con lo svolgimento degli orali: secondo Pacifico non è stata presa “nella giusta considerazione la sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato, che ha acclarato l’erroneità di un numero tutt’altro che trascurabile di test presentati ai 32.000 candidati lo scorso 12 ottobre, in occasione delle prove preselettive del concorso”.

 “Poiché il concorso è destinato a decadere - ha detto il Presidente dell’Anief - è evidente che questi soldi potevano essere risparmiati: l’amministrazione ha deciso di proseguire nell’espletamento delle prove scritte e nella correzione delle stesse, si è assunta anche la responsabilità di ‘bruciare’ in tal modo centinaia di migliaia di euro. Una quota enorme di soldi, dei contribuenti, che andranno ora inutilmente destinati ai compensi dei commissari e presidenti. A questo punto il prossimo 22 novembre, in occasione dell’udienza fissata eccezionalmente in tempi brevi, a seguito delle sollecitazioni provenienti dai giudici di secondo grado, il Tar non potrà che dimostrare l’avvenuto danno erariale”.

Un danno che va ascritto a qualcuno che opera all’interno dello Stato senza tenere conto delle conseguenze del suo operato. “Quel qualcuno è impegnato nelle stanze del Ministero di viale Trastevere e presto ne dovrà rispondere. Inoltre, paradossalmente, tutto questo spreco di soldi pubblici si concretizza proprio mentre stanno per essere approvati una serie di ulteriori tagli al bilancio dell’istruzione pubblica, attraverso - conclude Marcello Pacifico - l’applicazione dello spending review e una manovra Finanziaria che sembra chiederà ulteriori tagli al settore”.

Ma l’Anief non si ferma qui e coglie l’occasione per ricordare che sta puntualmente impegnandosi, attraverso una serie di motivi aggiunti inviati al Tar del Lazio, anche contro gli esiti delle prove scritte del concorso per dirigente scolastico pubblicati in questi giorni dagli Uffici Scolastici Regionali.
Insomma commissari e presidenti correggono per pochi euro, il concorso rischia l’annullamento, ma procede imperterrito con l’espletamento delle prove orali. Osa troppo il Miur? Lo scopriremo nei mesi a venire se i compensi (vien da dire oboli) di commissari e presidenti saranno stati davvero inutili.

Fonte: Tecnica della Scuola

L'Anief, associazione professionale sindacale, ha deciso di presentare un esposto al procuratore generale della Corte dei Conti, a seguito della mancata decisione da parte del Miur di interrompere il concorso per diventare dirigente scolastico, di cui si sono svolte le prove scritte e che nel mese di giugno in alcune regioni vivrà il suo epilogo con lo svolgimento degli orali: secondo il presidente Marcello Pacifico non è stata presa "nella giusta considerazione la sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato, che ha acclarato l'erroneità di un numero tutt'altro che trascurabile di test presentati ai 32.000 candidati lo scorso 12 ottobre, in occasione delle prove preselettive del concorso".

Ora il Miur fa sapere che, rende noto l'Anief, "a ciascun componente delle commissioni esaminatrici dei concorsi indetti per il reclutamento dei dirigenti scolastici viene corrisposto un compenso base" pari a 251 euro per il Presidente e 209,24 euro per il componente. Inoltre, "a ciascun componente le commissioni esaminatrici dei concorsi viene corrisposto un compenso integrativo pari a 0,50 euro per ciascun elaborato o candidato esaminato". In ogni casi "i compensi non possono eccedere 2.051,70 euro", con l'eccezione dei presidenti per i quali l'importo va incrementato del 20%.

"Poiché il concorso è destinato a decadere - ha detto il presidente dell'Anief - è evidente che questi soldi potevano essere risparmiatii. A questo punto il prossimo 22 novembre, in occasione dell'udienza fissata eccezionalmente in tempi brevi, a seguito delle sollecitazioni provenienti dai giudici di secondo grado, "il Tar non potrà che dimostrare l'avvenuto danno erariale". Un danno che va ascritto a qualcuno "che opera all'interno dello Stato senza tenere conto delle conseguenze del suo operato".

Fonte: TMNews

Dalla documentazione sulla revisione della spesa si scopre che il governo ha intenzione di dimezzare le spese per fitti passivi e gestione degli immobili (l’esempio arriverebbe con l’accorpamento delle sedi Miur), ridurre gli organici dirigenziali, riconvertire i profili professionali, riorganizzare la struttura territoriale e riequilibrare la rete scolastica regionale. Nel mirino anche il rapporto alunni/docenti.

Sembra delinearsi attorno ad una serie di provvedimenti sinora inesplorati, una parte dello Spending review che il governo intende attuare, come annunciato nei giorni scorsi, nei confronti dell’istruzione pubblica: scorrendo la documentazione sulla revisione della spesa sul sito di Palazzo Chigi, risulta che per evitare agli italiani l’innalzamento dell’Iva di altri due punti, i tecnici del governo tecnico starebbero seriamente pensando ad una riduzione, a partire dal 2014, del 50% delle spese per fitti passivi e gestione degli immobili (ma già dal 2013 la riduzione sarebbe del 10%). Tra le operazioni più importanti su questo versante, sembra che via sia convergenza politica, oltre che del ministro Profumo, nell’abbandonare la sede del Miur collocata all’Eur, a due passi dal palazzo dei Congressi, e ospitare il personale addetto a Università e Ricerca all’interno della sede di viale Trastevere.

Sempre dalla stessa fonte emerge che il governo sta valutando le modalità per effettuare una riduzione degli organici dirigenziali e ad una riconversione dei profili professionali. Due provvedimenti, a dire il vero, che non sorprendono più di tanto: il primo, quello riguardante il ridimensionamento numerico dei capi d’istituto, è direttamente proporzionale al dimensionamento scolastico che toccherà il suo apice nella prossima estate; mentre nel secondo figurano sia l’opera di abilitazione dei docenti rimasti senza cattedra, che di recente ha preso il via, dopo qualche tentativo andato a vuoto, sia la fusioni delle classi di concorso (anche se in questo caso la “partita” è ancora aperta ed i tempi di realizzazione risultano più lunghi).

Confermata anche la riorganizzazione della struttura territoriale "con riduzione delle articolazioni provinciali e trasferimento di funzioni", che dovrebbe produrre principalmente un accorpamento degli ex provveditorati, ora Uffici scolastici provinciali, con l’Usr. Nel mirino vi è poi una "razionalizzazione dei distacchi": subito il dito è stato puntato su quelli fruiti annualmente dai sindacati, anche se va detto che dopo la cura “dimagrante” voluta dell’ex ministro della Funzione Pubblica si sono ridotto di circa la metà, arrivando complessivamente a meno di un migliaio.

Più preoccupante è il riferimento del governo non tanto al "riequilibrio della rete scolastica regionale"(già in atto), quanto quello sulla necessità di andare a rivedere la"proporzione tra docenti e classi di alunni". considerando l’innalzamento progressivo registrato negli ultimi anni, con classi iniziali alle superiori che hanno addirittura superato quota 30 iscritti (con tutti i rischi che comporta sul versante del diritto allo studio e della sicurezza), c’è da augurarsi che si tratta più di un provvedimento ipotetico (da prendere in considerazione come ultima eventualità) che realistico. Anche perché una manovra di questo genere non arricchirebbe di certo lo Stato, ma tra addetti ai lavori, studenti e famiglie (almeno 10 milioni di cittadini!) creerebbe di sicuro tanti malumori.

Come li sta creando già tra i sindacati. Dopo le proteste vibranti della Flc-Cgil e più pacate della Cisl Scuola, il 2 maggio sono arrivate anche quelle dell’Anief: il sindacato di Marcello Pacifico teme che lo Spending review si traduca in ulteriori danni al personale. “Ancora una volta – ha detto il leader dell’associazione sindacale autonoma – dopo il blocco degli stipendi, l’allungamento dell’età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero”, si continua ad “ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania”. Per l’Anief non si possono nemmeno accettare concertazioni: “noi non ci stiamo – ha continuato il Presidente - non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il sindacato della scuola Anief chiede al Governo di rivedere il capitolo di tagli alla scuola previsto attraverso l'attuazione dello Spending review.

"Non si può pensare che quello della formazione delle nuove generazioni possa essere sistematicamente il comparto da cui sottrarre risorse pubbliche per risanare il bilancio dello Stato. Siamo appena usciti da un triennio terribile - dice l'Anief - durante il quale sono stati sottratti all'istruzione pubblica oltre 8 miliardi di euro. Ora, malgrado il Ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ci continui a dire che la scuola non verrà più toccata dai tagli e che è tempo di tornare ad investire sulla cultura, veniamo a conoscenza del fatto che il Governo punta a realizzare una riduzione degli organici dirigenziali, una riconversione dei profili, un 'riequilibrio della rete scolastica regionale e della proporzione tra docenti e classi di alunni'".

Secondo l'Anief "per attuare lo Spending review e scongiurare l'innalzamento dell'Iva del 2%, la scuola viene erroneamente messa sullo stesso piano di altri quattro Ministeri. I quali, però, negli ultimi anni non sono stati falcidiati di tagli. Inoltre i 'tecnici' che stanno predisponendo la Manovra finanziaria estiva avrebbero già programmato un taglio ulteriore del 15% delle spese per beni e servizi sostenute dal Miur".

"Ancora una volta - commenta amaramente Marcello Pacifico, presidente del sindacato - dopo il blocco degli stipendi, l'allungamento dell'età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero, si vuole continuare ad infierire sul settore della conoscenza attraverso nuovi tagli di spese. Continuando ad ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania".

Per l'Anief qualsiasi politica di ridimensionamento del settore scolastico va respinta: non si possono accettare concertazioni o trattative di alcun genere. "Noi non ci stiamo - conclude Pacifico - non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola".

Fonte: TMNews

Eppure i rendimenti risultano positivi pure nel periodo di crisi finanziaria. In media un docente versa 20 euro mensili. La convenienza sta nel fatto che la stessa quota arriva dallo Stato. Il limite: il capitale versato non è garantito. Ma considerando il sicuro abbattimento dell’assegno di pensione, forse i giovani farebbero bene a rischiare.

Il personale dalle scuola continua a non credere alla previdenza complementare: nemmeno il passaggio obbligatorio al sistema pensionistico contributivo ha convinto docenti e Ata ad aderire in massa al fondo Espero. A sei anni dal suo avvio, le ultime rilevazioni indicano iscritto solamente il 30% del personale di ruolo. E ciò malgrado il sorprendente trend positivo dei rendimenti, riscontrati anche di recente, in una situazione di profonda crisi generalizzata finanziaria e degli investimenti.

La scarsa adesione al fondo diventa ancora più evidente se si pensa che da un anno e mezzo anche il personale non di ruolo ha diritto all’iscrizione al fondo complementare.

Difficile comprendere i motivi di tanto scetticismo. Prima di tutto perché solo chi è alle soglie della pensione può sentirsi al riparo dell’abbattimento dell’importo dello stipendio che percepirà una volta lasciato il lavoro. Inoltre, se è vero che l’investimento con Espero, per statuto, non garantisce il capitale investito (come avviene ad esempio nel caso delle assicurazioni di tipo privato), vale la pena ricordare che la metà dell’importo base dei contributi viene versato dallo Stato. Un docente della scuola primaria a metà carriera, ad esempio, che decidesse di aderire andrebbe a versare tra i 20 ed i 25 euro mensili. Ma poiché la stessa quota viene versata anche dall’amministrazione, il “tesoretto” pensionistico che si viene a determinare appare sufficientemente al sicuro (anche se la certezza non c’è) da eventuali tracolli ulteriori dei mercati.

Significativo anche il dato che nel giugno del 2010 i rendimenti da inizio mandato erano del 18,48% per il comparto ‘crescita’ e del 14,14% per quello ‘garanzia’. E anche nel 2011, anno nero per gli investimenti finanziari, la performance annuale ha comunque mantenuto un importate segno positivo: la ‘crescita’ (calcolata sugli incrementi di valore quota, e quindi al netto di commissioni e imposte) si è attestata sullo 0,33%, la ‘garanzia’ sullo 0,25%.

Nemmeno i sindacati, che svolgono il ruolo di intermediari nella gestione dei fondi, sono riusciti a vincere lo scetticismo dei dipendenti. In questi giorni anche l’Anief ha lanciato la sua campagna di adesione al fondo Espero. Con un breve comunicato, il sindacato di Marcello Pacifico ha spiegato che alla luce delle “ultime riforme in tema di allungamento dell’età pensionabile e il passaggio secco al sistema contributivo, Anief ha deciso di lanciare la campagna di adesione al fondo Espero tra i suoi iscritti”. Per vincere le resistenze del personale verso la previdenza complementare istituzionale, il sindacato sta vagliando anche “l’opportunità di siglare convenzioni con istituti bancari per agevolare i propri iscritti nella costituzione di un’ulteriore pensione integrativa”. L’Anief, infine, ricorda che il problema esiste e chi non si cautela oggi potrebbe pentirsene: “attualmente, infatti, si stima che il dipendente andrà in pensione fra 20 anni con il 40% dell’ultimo stipendio”, conclude l’associazione sindacale degli educatori in formazione.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il punto più debole del decreto è quello che permette ad un docente diplomato di poter affiancare un liceale disabile solo dopo aver svolto un modulo formativo e pur non avendo conoscenza delle materie che andrà ad affrontare. Con gli alunni, penalizzati anche migliaia di specializzati: rimarranno senza posto. Dopo sindacati di base e precari, i no di Gilda, Anief e Flc-Cgil.

I cambiamenti nel mondo della scuola generano forti critiche. Se poi a farne le spese sono i precari, le polemiche hanno buone possibilità di trasformarsi in forti contestazioni. Non sorprende, quindi, che a distanza di alcuni giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale n. 7, che dà il via libera alla riconversione sul sostegno ai docenti di ruolo appartenente a classi di concorso con personale in soprannumero, vi sia stata un’ampia alzati di scudi contro l’iniziativa. Tra i punti più contestati c’è quello che permetterebbe ad un docente (anche un diplomato e le possibilità sono molte perché gli Itp in esubero quest’anno solo oltre 3.000) di poter affiancare alunni disabili già dopo aver svolto il primo dei tre moduli di formazione. E soprattutto di essere collocato in un’area unica del sostegno. Che in termini pratici significherebbe (probabilmente già dal prossimo mese di settembre) ritrovarsi a sostenere anche alunni “certificati” iscritti ad una classe terminale del liceo. Affrontando quindi argomenti che il docente non ha mai svolto durante la sua formazione superiore (tecnica o professionale), né tantomeno all’università (quasi mai frequentata dagli Itp).

I primi a porre il loro veto sono stati sindacati di base. Poi è stata la volta dei docenti precari, molti dei quali hanno manifestato la volontà di adire alle vie legali, sostenendo di essere scalzati per fare spazio a del personale scarsamente preparato nelle discipline e specializzato sull’insegnamento ad alunni con problemi di apprendimento.

Anche il “Forum Mai più precari nella scuola” ha chiesto “il ritiro del provvedimento da parte del governo”, poiché così come è stato organizzato soppianterebbe “docenti che hanno alle spalle decine di anni di insegnamento delle discipline, nella totale indifferenza rispetto alle esigenze didattiche degli allievi disabili. Altrettanti docenti specializzati ma precari, che hanno seguito un percorso universitario avanzato e che hanno lavorato per anni su posto di sostegno, maturando conoscenze e competenze specifiche, saranno nella pratica spazzati via, epurati. Saranno sostituiti dai loro colleghi costretti a riconvertirsi, demotivati, obbligati ad improvvisarsi in un ruolo mai ambito, formati con un corso breve, sintetico, in buona parte on-line”.

Nelle ultime ore lista di contrari si è decisamente allargata. Dai territori, i sindacati hanno dovuto fare i conti con l’ira dei diretti interessati: significativo, in tal senso, il comunicato della Gilda di Cuneo, secondo cui la soluzione prospettata dal Miur “precluderebbe la possibilità per migliaia di docenti precari specializzati di vedersi riconfermati nell'incarico annuale e ridurrebbe ulteriormente le probabilità di eventuali immissioni in ruolo”.

La preoccupazione è stata colta anche dall’Anief, che ha chiesto “ai parlamentari di presentare un’interrogazione urgente al ministro, visti i diversi aspetti oscuri. I corsi, infatti, potrebbero partire in deroga ai corsi ordinari per il conseguimento della specializzazione su sostegno, con un monte ore inferiore, un percorso differente e garantirebbero l’assegnazione su posto di sostegno prima ancora del conseguimento del titolo”. Per il sindacato di Pacifico, la convenzione per l’avvio dei corsi, inoltre, “è stata firmata con le Facoltà di Scienze della formazione primaria di sole cinque università, costringendo i corsisti, su base volontaria, a spostarsi anche in regioni lontane dai luoghi di servizio”. Il sindacato degli educatori in formazione ritiene, in conclusione, che in un solo colpo il Miur metterebbe a repentaglio “il diritto allo studio degli studenti disabili e la parità di trattamento con coloro che hanno conseguito la specializzazione attraverso i canali ordinari”.

Duro anche il giudizio della Flc-Cgil: che definisce la soluzione del Miur “inaccettabile, poiché su tale tema c'è una prerogativa contrattuale. È necessario –per il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo - fare una attenta valutazione sull'impatto nei singoli territori in relazione al numero dei docenti e alle classi di concorso/posti in esubero di appartenenza: in alcuni casi crediamo che una iniziativa di questo tipo sarebbe controproducente o avrebbe effetti nulli in tema di riassorbimento dell'esubero”.

La Cgil è inoltre preoccupata del fatto che questa modalità di collocazione comporterà “una ulteriore perdita di posti per i docenti a tempo determinato, innescando l'ennesima contrapposizione tra il personale”. Ancor di più perché, per scongiurare lo spettro della mobilità e della cassa integrazione, la riconversione su sostegno non si tradurrà in una scelta “volontaria, ma nei fatti in una scelta obbligata, essendo allo stato l'unica possibile”. Il sindacato ha quindi “chiesto che si blocchi la procedura” e si apra un tavolo di trattativa “per l'individuazione dei corsisti e si cerchino altre soluzioni”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Pacifico (Anief): Garantire trasparenza, pubblicità e valutazione.     

Basta al proliferare dell`individuazione dei dirigenti pubblici attraverso modalità che aggirano i concorsi: l`appello giunge dal convegno 'Il dirigente pubblico per l`Italia: presente e futuro', organizzato dal sindacato ConfedirMit-PA a Roma al circolo ufficiali dell`Aeronautica militare.

Partendo dall`incremento del ricorso allo `spoiling system` - la cui incidenza negli ultimi anni è schizzata dall`8% al 20% - i relatori si sono soffermati su un metodo di assunzione praticabile per legge solo per selezionare personale con professionalità eccelse. Quello di frenare la chiamata diretta dei dirigenti pubblici è un tema già avviato a Palazzo Vidoni. E l`amministrazione si è detta sensibile ad affrontare l`argomento: "Serve un provvedimento d`urgenza - ha chiesto Stefano Biasioli, segretario generale ConfedirMit-PA e membro del Cnel - perché è sotto gli occhi di tutti che dal 2001, con l`introduzione della legge 150, c`è stato un proliferare di pseudo-concorsi con candidati non prescelti sulla base delle abilità, ma di rapporti privilegiati. Torniamo quindi ad affidare al sindacato un ruolo attivo di controllo delle selezioni".

Anche per Stefano Simonetti, direttore amministrativo della Usl n. 3 di Pistoia, la soluzione non può che essere quella del rigore: "occorre dire basta all`abuso della deroga al concorso pubblico - ha spiegato Simonetti - perché da qualche anno stiamo assistendo all`individuazione di candidati, non necessariamente dirigenti ma anche assistenti amministrativi, sulla base di norme nate solo per ambiti particolari, come quello della ricerca".

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell`Anief e membro della segreteria ConfedirMit-PA, c`è necessità di "garantire trasparenza, pubblicità degli atti e una seria valutazione sinora invece sconfessata dai concorsi, come anche accaduto in occasione di quelli gestiti dal Miur per la scelta dei dirigenti scolastici. Per mettere freno allo spoiling system occorre invece una seria formazione e riqualificazione del personale dirigente, che non sia più soggetto a dover essere assunto o rimosso per la sua connotazione politica".

Fonte: TMNews

È il risultato che sta emergendo dal sondaggio predisposto dal Miur: solo il 10% sarebbe favorevole. Vanificando le intenzioni di Miur e governo di dimostrare che la volontà popolare è per la cancellazione. Gli studenti del Link, intanto, continuano la loro opera di contestazione: davanti al Miur miriadi di rotoli di carta igienica con la scritta 'Titoli di studio o carta straccia?'

Alla fine i dubbi sul valore legale del titolo di studio sembrerebbero rivelarsi del tutto inutili: a poche ore dalla consultazione pubblica messa in atto dal Miur dopo la cancellazione della norma dal decreto semplificazioni, circa 15mila partecipanti su 20mila (con maggiore propensione al Sud) hanno detto che vorrebbero mantenere l’attuale valenza della laurea “perché garantisce la qualità della prestazione resa dal professionista, che il cliente potrebbe non essere in grado di verificare da solo”. È troppo forte, evidentemente, il timore di vedersi privare di uno dei punti fermi del nostro sistema formativo e di accesso al mondo professionale.

L’anticipazione, fornita dal quotidiano più distribuito in Italia, il Corriere della Sera, non lascerebbe spazio a dubbi. Quella che nelle intenzioni del premier Monti e del ministro Profumo doveva essere un importante indicatore di tendenza della volontà popolare, per verificarne la disponibilità a rivedere, in chiave moderna, il valore e la spendibilità dei diplomi, ha in realtà prodotto un chiara richiesta di mantenimento del quadro normativo esistente: solo il 10% dei votanti ha espresso un giudizio negativo sull’attuale assetto. Quasi il 74% si è invece detto d’accordo nel mantenerlo. E il resto, circa il 15%, non ha preso posizione, preferendo cliccare sull’opzione “dipende dal tipo di professione”.

Del risultato che si sta concretizzando sul portale del Miur si compiaceranno in molti. Dai partiti politici d’opposizione, capitanati da sinistra e Idv, ai sindacati, con parole forti usate da Flc-Cgil e Anief, sino addirittura ad alcuni rettori.

Tra coloro che cantano vittoria figurano poi la maggior parte degli studenti. Qualche giorno fa hanno allestito un contro-questionario. E nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 aprile hanno lasciato diversi rotoli di carta igienica, con sopra la scritta ‘Titoli di studio o carta straccia?’, proprio davanti al ministero dell’ Istruzione. L’ azione dimostrativa ha voluto porre l’ attenzione su una intenzione del governo che secondo Diana Armento, coordinatrice di Link Roma sarebbe “una vera e propria truffa” poiché nella stessa formulazione delle domande poste on line si coglie “la volontà governativa di orientare le risposte verso l’ assenso a tale abolizione. Ciò è ancor più grave – continua la studentessa - se si tiene conto del fatto che si tratta di una tematica di fondamentale importanza; infatti l’ abolizione del valore legale del titolo di studio creerebbe una dualità all’ interno del sistema formativo con poli universitari eccellenti ma costosissimi e università scadenti ma economiche. Insomma il merito dello studente perderebbe valore in favore della reputazione dell’ Ateneo da cui proviene, rendendo le nostre lauree carta straccia”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Sconfitte a raffica per il ministero dell`Istruzione dopo il biennio di "buio" 2009-2011 in cui non è stato garantito il principio del merito nel reclutamento degli insegnanti, come conferma la declaratoria di incostituzionalità dell`articolo 1, comma 4 ter, del dl 134/09, aggiunto dalla legge di conversione 167/09 (sentenza 41/2011).

Due insegnanti ottengono che l`assunzione a tempo indeterminato sia retrodatata di due anni, appunto dal 2011 al 2009: il provvedimento dell`autorità le penalizzava sul piano retributivo e le obbligava ad aspettare più tempo per eventuali trasferimenti di sede. È quanto emerge dalla sentenza 2276/12, pubblicata dalla sezione lavoro del tribunale di Milano, che va nella direzione di tutelare la parità di trattamento fra tutti i docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento (circa 200 mila lavoratori), riportata dal sito Cassazione.net.

Ad aprire la vertenza è stato nel 2009, l`Anief, il sindacato degli educatori in formazione. Dopo che la controversia è passata dal Tar Lazio, ora è confermata la giurisdizione del giudice ordinario: si controverte infatti sugli atti di gestione della graduatoria utile per l`eventuale assunzione, che rientrano tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato e rispetto ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi. E soprattutto deve essere riconosciuto l`inserimento a "pettine" dei precari che avevano chiesto di essere trasferiti in un`altra provincia rispetto a quella di residenza e deve essere respinto il sistema delle "code".

Fonte: TMNews

L'Anief contesta "con forza" la posizione espressa oggi dal ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, attraverso un'intervista rilasciata all'Avvenire, riguardo alla "volontà del governo di licenziare al più presto il personale del pubblico impiego e della scuola in stato di esubero e non ricollocabile". "Da tempo - sottolinea il sindacato autonomo - l'amministrazione pubblica ha inviato segnali in questa direzione e non possiamo certo meravigliarci se oggi è tornata ad esprimerli con maggiore forza".

"Il nostro sindacato - ha dichiarato il Presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - ha denunciato dal mese di novembre, subito dopo l'approvazione della Legge 183/11, l'ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all'amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale".

Il rappresentante dell'Anief spiega quindi perché il governo non è nuovo ad annunciare questo genere di intenzioni: "In effetti - ricorda Pacifico - purtroppo al di là delle mere e sterili lamentele degli altri sindacati, il ministro della Funzione Pubblica ha ricordato che la possibilità di licenziare nella pubblica amministrazione è stata prevista già con l'approvazione del decreto legislativo 165 del 2001: si tratta della norma, in vigore dunque da oltre 10 anni, che ha introdotto l'allontanamento del lavoratore per motivi esclusivamente finanziari, derivanti dalla soppressione degli enti esistenti fino a quel momento".

Ne consegue, continua il presidente dell'Anief, che "il problema non è garantire un posto di lavoro che non c'è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l'economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione".

Secondo l'Anief anche dal confronto con gli altri Paesi il nostro esce clamorosamente perdente: "Non è un caso - ha concluso Marcello Pacifico - che la Germania, indiscusso volano dell'economia europea, anche negli ultimi anni contrassegnati dalla crisi economia internazionale abbia aumentato gli investimenti del Pil proprio nel comparto della pubblica amministrazione".

Fonte: TMNEws

L’equiparazione dei dipendenti pubblici ai privati arriverà in estate con la riforma del lavoro: la mobilità obbligatoria per due anni già esiste, ma d’ora in poi per chi non sarà ricollocato scatterà il licenziamento. Cgil e Uil pronti allo sciopero. Cisl: serve un confronto. Anief: pensi a rilanciare i servizi. Ugl: sono altri i veri sprechi.

Il personale in esubero e non ricollocabile entro due anni va licenziato: anche quello con un contratto nel pubblico impiego. A sostenerlo, attraverso un'intervista all'Avvenire pubblicata il 19 aprile, è stato il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi. La novità, rispetto a quanto sinora paventato dai più alti rappresentanti del Governo, come il ministro del Lavoro Elsa Fornero, è che il provvedimento non è solo un’idea da mettere sul tavolo: secondo Patroni Griffi il progetto è già molto avanti, tanto che nelle intenzioni del responsabile della Pa verrà incluso nella riforma del lavoro. E quindi la norma sarà approvata entro l'estate. Per farlo si attuerà una apposita delega per l'estensione delle norme anche al pubblico impiego.
"Spero che capiscano tutti anche i sindacati", ha detto il ministro della Pubblica amministrazione. "Devono accettare il meccanismo di mobilità obbligatoria per due anni che già esiste ma che ancora non è stato attuato. Noi andiamo avanti e in tempi brevi definiremo per ogni singola amministrazione, il quadro delle eccedenze del personale in servizio. E chiariremo – ha aggiunto Patroni Griffi  - che questo non significa che dopo 24 mesi quei lavoratori dovranno essere licenziati. Prima proveremo a vedere se quel personale, riqualificato, potrà essere utilizzato meglio in altri settori. Poi, solo se alla fine non si troveranno alternative l'unica strada rimarrà quella del licenziamento".
Dopo la premessa, la ‘stoccata’ finale: il governo intende concludere il progetto al più presto, già "entro l'estate, anche perché – ha concluso il Ministro - già nella seconda metà di maggio. Dopo gli incontri che ho in corso con i sindacati vorrei che si varasse il disegno di legge sulle nuove regole del pubblico impiego".

Le parole di Patroni Griffi ha destato immediate e vibranti reazioni tra tutti i sindacati che difendono i lavoratori della pubblica amministrazione. “Se il ministro Patroni Griffi intende imporre licenziamenti facili nelle pubbliche amministrazioni – ha detto Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil - sappia che siamo pronti allo sciopero generale, dopo la manifestazione del pubblico impiego di lunedì 23 a palazzo Vidoni”. Il leader dei lavoratori della conoscenza sostiene che non si possono cambiare le regole in corsa, perché devono essere sempre “condivise e rispettose dei contenuti dei contratti”. Per la Flc-Cgil, quindi, non si può parlare di licenziamenti se prima non si garantiscono “vere opportunità alternative in termini di mobilità”. E nel comparto dell’istruzione pubblica queste sicuramente non mancano: “dopo i tagli di organico nella scuola pubblica – conclude Pantaleo - riteniamo che esistono possibilità concrete di utilizzare il personale in esubero per migliorare la qualità dell'offerta formativa”.

Anche per la Cisl non è agitando lo spettro del licenziamento che si può far crescere il livello di produttività della pubblica amministrazione. Giovanni Faverin (Cisl Fp) e Francesco Scrima (Cisl Scuola) scrivono che “la licenziabilità dei dipendenti pubblici è un falso problema: le norme esistono e la disciplina anzi è più rigida che nel privato. Sulla mobilità, in particolare, non abbiamo bisogno di ‘capire’: nella scuola ogni anno gestiamo attraverso contratti la mobilità di migliaia di lavoratori, che ultimamente è stata soprattutto mobilità forzosa per far fronte a esuberi e soprannumero. Invece di alimentare inutili tensioni sui media, il ministro valorizzi il confronto con le parti sociali".

Secondo i sindacalisti della Cisl “il punto vero è pensare ad una riorganizzazione seria e complessiva della Pa e della scuola, all’interno della quale rilanciare le priorità: qualità dei servizi, sostenibilità, produttività, certificazione delle competenze”.

Un piano alternativo a quello di Patroni Griffi è stato reso pubblico dal segretario confederale Cisl, Gianni Baratta. "Si riapra, contestualmente, lo spazio contrattuale compresso dalle vigenti leggi; si accetti il confronto per la spendig reviu stabilendo per ogni amministrazione la destinazione dei risparmi degli investimenti e la remunerazione del lavoro; si decidano iniziative forti sull'occupazione riguardanti anche il precariato e sulla formazione; si sblocchi la previdenza integrativa dopo la 'paccata' subita sulla riforma delle pensioni".

Paolo Pirani, segretario confederale Uil, chiede a questo punto “se ci sia o meno l`intenzione di sottoscrivere con il sindacato un accordo sul lavoro pubblico. Contro la 'svalorizzazione' del lavoro pubblico e in mancanza di un progetto di rilancio della qualità della Pubblica amministrazione a favore dei cittadini - ha aggiunto - la Uil ha già realizzato uno sciopero generale. Continueremo a contrastare, con determinazione, ogni politica che facesse gravare sui lavoratori pubblici i costi delle inefficienze e degli sprechi generati da scelte politiche dissennate".

Anche per l’Anief il ministro Patroni Griffi sbaglia ad annunciare i licenziamenti dei lavoratori pubblici. “Il problema – dice il presidente Marcello Pacifico - non è garantire un posto di lavoro che non c’è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l’economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione. Noi abbiamo denunciato dal mese di novembre, subito dopo l’approvazione della Legge 183/11, l’ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all’amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale”.

A non accettare “mai che si ricorra ai licenziamenti come strumento per ridurre le spese dalla pubblica amministrazione", sono anche i segretari dell`Ugl Intesa Funzione Pubblica, Paola Saraceni e Francesco Prudenzano: "bisogna sì pensare ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione - spiegano - ma abbattendo i veri sprechi, intervenendo duramente su esternalizzazioni e consulenze e valorizzando i dipendenti pubblici. Una riorganizzazione - concludono - è necessaria, ma non sulla pelle dei lavoratori".

Fonte: Tecnica della Scuola

Con i tagli del precedente governo sono tanti rimasti senza cattedra che fanno i "tappabuchi". E secondo l'Anief ora potrebbero rimanere senza posto. Il sottosegretario Rossi Doria: "Sono stati e verranno utilizzati".

Dopo i tagli del governo Berlusconi, 10 mila insegnanti rischiano il licenziamento. A denunciarlo è l'Anief, l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione. Ma secondo il ministero il pericolo che ciò possa avvenire è remoto. A sollevare il problema una interpellanza parlamentare della deputata dell'Italia dei Valori, Anita Di Giuseppe. "Quello dei docenti sovrannumerari della scuola italiana è un problema crescente, di cui il governo deve farsi necessariamente carico", si legge in una nota dell'Anief.

Attualmente, sono quasi 11 mila i docenti di ruolo rimasti senza cattedra, che vengono utilizzati dal ministero per fare i tappabuchi. La fetta più grossa di docenti in esubero è al superiore, dove il taglio delle ore di lezione operato dalla riforma Gelmini è stato più consistente e proseguirà ancora per tre anni. "Per questi insegnanti  -  spiega il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico  -  a seguito dell'ulteriore riduzione di offerta formativa settimanale nelle scuole superiori, il pericolo è reale e prossimo al compimento".

La legge di stabilità approvata prima delle dimissioni del governo Berlusconi conteneva una norma che per i docenti in esubero prevede la mobilità "forzosa" presso altre amministrazioni pubbliche. "E se ciò non sarà possibile  -  continua Pacifico  -  si procederà alla cassa integrazione per due anni seguita dal licenziamento, nel caso in cui tale personale non possa essere ricollocato. Bisogna evitare che ciò avvenga". Ma secondo il sottosegretario Marco Rossi Doria, che ha risposto all'interpellanza di pochi giorni fa, il governo a cuore la sorte dei docenti in esubero.  

"Nell'anno scolastico corrente  -  spiega Rossi Doria  -  l'esubero si è determinato in 10.706 unità docenti, in buona parte concentrato nella scuola secondaria di secondo grado, ove, accanto al riordino dei cicli, si è verificata la maggiore diminuzione della popolazione scolastica. L'esubero, tuttavia  -  continua il sottosegretario all'Istruzione  -  viene determinato e conteggiato in organico di diritto, e viene poi riassorbito quasi completamente in organico di fatto". In altre parole, i docenti in esubero vengono utilizzati "su posti derivanti dall'unificazione degli spezzoni di orario disponibili utilizzabili solo in organico di fatto e su posti di sostegno".  

Ma di eventuali corsi di riconversione professionale  -  che potrebbero abilitare all'insegnamento in altre discipline docenti che hanno ormai maturato anni di servizio, facendoli uscire dal tunnel della precarietà  -  non si discute. Qualche settimana fa, si è parlato di riconvertire parte dei docenti in esubero su posti di sostegno. Ma viale Trastevere smentisce. "Con riferimento ai corsi di riconversione  -  risponde Rossi Doria alla Di Giuseppe  -  che nessun corso di riconversione professionale sul sostegno è partito, né, per ora, è stato pianificato". Ma Idv e Anief chiedono al governo tecnico di "non lavarsene le mani".

Fonte: Repubblica

Il concetto espresso dal tribunale è la salvaguardia della parità di trattamento tra tutti gli oltre 200mila presenti nelle graduatorie. Il sindacato di Pacifico chiede ora un’azione conciliativa dell’amministrazione per risolvere subito il contenzioso. Coinvolti migliaia di docenti inseriti nelle GaE.

Ancora una sentenza che rischia di mettere a repentaglio il contenuto delle già non floride casse del ministero dell’Istruzione. Stavolta ad emetterla è stato il tribunale del lavoro di Milano, che chiude nel merito la vertenza iniziata dai ricorrenti dell’Anief nel 2009 al Tar Lazio, confermando l’inserimento a “pettine” dei precari che avevano chiesto di essere trasferiti su altra provincia e respingendo, di conseguenza, il sistema delle “code” introdotto nel 2007 dall’ex ministro Giuseppe Fioroni.

Il concetto che i giudici del lavoro hanno ribadito è stato quello di tutelare la parità di trattamento tra tutti gli oltre 200mila presenti nelle graduatorie ad esaurimento: una posizione, del resto, già espressa dai giudici costituzionali, attraverso la sentenza n. 41/2011.

La sentenza di Milano, però, appare di maggior importanza: potrebbe infatti ora orientare le tante altre che migliaia di precari della scuola attendono con ansia. Sia per puntare all’assunzione, sia per percepire indennizzi tutt’altro che figurativi.

Canta vittoria, naturalmente, Marcello Pacifico, il presidente nazionale dell’Anief. “Finalmente – dice il leader del sindacato degli educatori in formazione - si chiude una pagina giuridica già vinta diversi anni orsono: dopo la recente conferma dei provvedimenti cautelari e commissariali avvenuta in quasi tutte le corti territoriali, negli scorsi mesi, in tema di inserimento a pettine dei ricorrenti per via della riassunzione dei processi avviati tempo addietro, vi è la prima sentenza di merito, emanata in tempi record e tanto attesa dal Miur da fargli accantonare 1.500 circa posti riservati alle immissioni in ruolo nella scorsa estate, su richiesta di sindacalisti e politici”.

L’Anief aveva ribadito questa posizione, anche di recente, al sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini, durante un recente incontro informale: “di fronte a una volontà chiara del legislatore, ad articoli tanto espliciti della Costituzione, a una giurisprudenza così evidente – ha sottolineato il presidente Anief - era e rimane auspicabile un’azione conciliativa dell’amministrazione tesa a risolvere subito il contenzioso”. Cosa accadrà ora? Pacifico si rivolge al capo dipartimento per l’istruzione, Lucrezia Stellacci, chiedendogli “di prendere atto della decisione dei giudici e di evitare nuove condanne per risarcire spese legali o presunti danni che pesano sempre, purtroppo, nelle sole tasche dei cittadini”. Ora la “palla” passa al capo dipartimento. Che assieme al ministro Profumo dovrà decidere se fermare tutto o andare avanti con le sentenze.

Fonte: Tecnica della Scuola

L'Anief lancia il grido d'allarme per un possibile collocamento forzoso presso altre Amministrazioni.

In risposta ad una interrogazione parlamentare dell’IdV che chiedeva al Miur un impegno per i docenti statali in soprannumero (oltre 10 mila rimasti senza cattedra), il sottosegretario all’Istruzione, Marco Rossi Doria, ha usato parole tranquillizzanti, assicurando che in organico di fatto saranno quasi tutti sistemati e che non sarà necessaria una loro riconversione per altri ruoli.

Sembra essere di parere nettamente contrario l’Anief che in suo comunicato, dopo aver ricordato che quello dei docenti in esubero è un problema di cui il Governo deve farsi necessariamente carico, ha preso posizione in merito dichiarando che per questi insegnanti di ruolo senza posto il pericolo è reale perché “In base a quanto introdotto con l’ultimo provvedimento del Governo Berlusconi, attraverso la Legge 183 del 12 novembre 2011, già dal prossimo mese di settembre per il personale che andrà in esubero scatterà la ricollocazione forzata in altro ramo della pubblica amministrazione. E se ciò non sarà possibile, si procederà alla cassa-integrazione per due anni. Seguita dal licenziamento, nel caso in cui non possa essere ricollocato”.

Se questa previsione normativa dovesse valere anche per gli insegnanti, come sostiene l’Anief, il pericolo non sarebbe da poco, visto che, a causa della contrazione dei pensionamenti, il riassorbimento dei docenti in soprannumero potrebbe essere molto lungo.

Per questo il Presidente dell’Anief si è rivolto al Governo: “bisogna assolutamente evitare che migliaia di docenti della scuola pubblica si trovino, anche dopo decenni di onorato servizio e senza alcuna responsabilità, ad abbandonare in modo coatto il loro mestiere di professionisti della formazione delle nuove generazioni. O, peggio ancora, che vengano deprivati di qualsiasi occupazione. Non c’è più tempo da perdere: servono provvedimenti di massima urgenza!".

Fonte: Tuttoscuola

Il sindacato Anief ha commentato positivamente
 le dichiarazioni del ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo,
 a proposito della volontà del Governo di "ripartire dalla scuola 
e dalla ricerca" e di evitare "altri tagli" al settore 
scolastico italiano, letteralmente martoriato negli ultimi tre
 anni e mezzo da chi lo ha preceduto.

"Cosa altro è possibile
 eliminare, del resto - ha detto il presidente dell'Anief, Marcello 
Pacifico - dopo la cancellazione di oltre 100mila posti di lavoro 
tra insegnanti e personale Ata, la riduzione di 8 miliardi di
 finanziamenti, l'accorpamento di migliaia di scuole e 
l'introduzione di una serie di norme che introducono per la prima 
volta la possibilità per il personale in esubero di essere
 collocato in un altro ruolo, in un'altra regione, cassintegrato ed 
in casi estremi addirittura licenziato?".

La decisione di dire
 basta allo stillicidio di risorse destinate alla formazione delle 
nuove generazioni rappresenta comunque un annuncio da non 
trascurare: "È un importante segnale, perché in controtendenza 
rispetto alla pessima politica - ha aggiunto Pacifico - che ha 
caratterizzato gli ultimi anni, contrassegnati da motivazioni
 puramente economico-ideologiche e soggiacenti a logiche più
 aziendalistiche che attinenti alla conduzione di un settore
 decisivo per il futuro del paese quale è l'istruzione dei suoi 
cittadini".

Lo stop ai tagli, tuttavia, è solo la prima
 operazione da svolgere. "Ora il Ministro confermi questa sua 
intenzione di cambiare strategia, di puntare veramente
 sull'istruzione, adottando anche provvedimenti e norme che 
permettano alla scuola e ai suoi lavoratori di avvicinarsi ai
 parametri formativi di un paese moderno", ha concluso il
 rappresentante del sindacato autonomo.

Fonte: Italpress

Per i coordinamenti c’è un "disegno" contro i supplenti: in pochi mesi la riforma delle pensioni, l’annuncio dei concorsi che riserveranno parte dei ruoli agli ultimi arrivati, l'apertura degli enti privati negli organi collegiali, la chiamata diretta in Lombardia. Il 12 aprile i sindacati ne parleranno al Miur. Il 24 manifestazione a Milano.

Il governo “tecnico” non avrebbe minimamente preso in considerazione le necessità e i problemi dei precari della scuola. Anzi, le iniziative legislative che hanno preso corpo nelle ultime settimane stanno ulteriormente danneggiando un corposo numero di lavoratori che vede sempre più complicarsi il cammino verso l’assunzione. A giungere a queste severe conclusioni sono un gruppo di coordinamenti e movimenti di precari, che per sabato 21 aprile hanno organizzato una manifestazione nazionale di protesta a Milano. I precari puntano il dito verso le iniziative per introdurre la scelta dei docenti direttamente dalle scuole, in sostituzione del sistema di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie: “l’unico canale – sostengono - trasparente e meritocratico”. Respingono “con sdegno” l’inasprimento delle norme per andare in pensione, la tendenza ad “aziendalizzare la scuola statale e asservirla ai volubili interessi dei privati”. E non vedono di buon occhio l’ipotesi di un nuovo maxi concorso per diventare docenti, almeno “finché tutti i lavoratori precari non verranno assunti”.

Secondo i rappresentanti dei precari quanto sta accadendo è “assolutamente surreale, illegale e inaccettabile”. Anche se è “cambiato il governo, la situazione è rimasta immutata: il ministro Profumo, ben lontano dal proporre un necessario rifinanziamento e il ritiro dei tagli, si è posto sulla stessa linea della Gelmini e procede nella sua opera di distruzione della scuola statale senza alcuna vera opposizione”.

Nel documento di protesta, i coordinamenti sostengono che “il neoministro intende infatti mettere in discussione perfino i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e quelli di quanti lavorano nella scuola da anni. Inoltre,col ‘decreto semplificazioni’, è stata potenziata l’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti territoriali di scuole e di un ‘organico dell'autonomia’”.

I precari ritengono che dietro a questi provvedimenti vi sia un “disegno” strategico, teso a danneggiarli: si tratta di iniziative “perfettamente in sintonia con il PdL 953 (Aprea), da poco approvato dalla Commissione Cultura della Camera una legge che intende aprire le porte della scuola statale ai privati attraverso il ‘Consiglio dell'autonomia’ e riformare gli organi collegiali, che di fatto saranno neutralizzati e ‘commissariati’ da rappresentanti di enti e fondazioni private, che finanzieranno direttamente le scuole - dotate di statuti autonomi – imponendo indirizzi, stravolgendo programmi ed erogando risorse in modo funzionale ai loro interessi”.

Poi possano al contrattacco riguardo l'art. 8 della Legge Lombardia “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione”, definito “eversivo e devastante”. Se dovesse passare questo progetto, ritengono “inevitabile l’incancrenirsi del fenomeno del clientelismo e della sua peggiore variante, il nepotismo, di cui il governatore lombardo e il movimento di cui è uno dei massimi esponenti, come ben sa qualsiasi cittadino, sono modelli paradigmatici”.

Per i coordinamenti dei precari la situazione è ad alto rischio. Tanto che si rivolgono al presidente della Repubblica, l’unico in grado di “intervenire tempestivamente per bloccare la destrutturazione della Scuola e scongiurare, così, lo smembramento della Nazione, che la Scuola ha culturalmente e moralmente unificato, garantendo la mobilità sociale, promuovendo e preservando l’esercizio consapevole dei diritti democratici e sancendo l’affermazione del Paese nel contesto europeo”.

Ai appellano, infine, a tutti i sindacati, perché utilizzino ogni strumento “a loro disposizione, compreso lo sciopero, per opporsi al PdL 953-Aprea, al PdL 146 della Giunta Formigoni e a qualsiasi tentativo di attuare la chiamata diretta e la regionalizzazione dell'istruzione”. I quali, proprio su quest’ultimo punto, hanno già detto di essere dalla loro parte. Secondo il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, quello approvato dal consiglio regionale lombardo è un progetto “incostituzionale”, che “mette in discussione la libertà di insegnamento, destruttura il sistema nazionale di Istruzione”. Il sindacalista chiede quindi al ministro Profumo “un formale disconoscimento dell’operato della regione Lombardia”. E ribadirà questa posizione il 12 aprile, nel corso del tavolo convocato dal Miur per discutere proprio dei temi del reclutamento. E intanto la Cgil ha anche proclamato una serie di scioperi a livello locale, che interesseranno anche la scuola.

A prendere le distanze dal modello di assunzioni che elude l’utilizzo delle GaE è anche il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, che annovera un alto numero di precari tra i propri aderenti: in Lombardia stanno cercando di approvare “una norma del tutto incostituzionale perché l’ordinario svolgimento delle attività didattiche deve essere svolto da insegnanti assunti obbligatoriamente dallo Stato. Il Ministro Profumo deve bloccarla. In caso contrario – avverte il rappresentante dell’Anief - la impugneremo in Tribunale”.

Sullo sfondo c’è poi l’ipotesi che la “stretta” sugli ammortizzatori sociali prevista in caso di licenziamento, contenuta nel ddl riforma del mercato del lavoro e che nei prossimi giorni verrà depositato in Parlamento per l'iter di approvazione, possa essere estesa al comparto statale. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, avrebbe già espresso questa intenzione.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il presidente dei Cip, Elena La Gioia: non è colpa nostra se nel frattempo ci siamo invecchiati. Intanto il ‘Comitato tutela precari legge 296’ chiede lumi posti sulle assunzioni “congelate” in estate: serve un documento legale, anche per evitare altri contenziosi. L’Anief invece chiede immissioni in ruolo su tutti i posti senza titolare.

Era inevitabile: le dichiarazioni rilasciate alcuni giorni fa dal ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, a proposito della possibilità di assumere in estate 10mila precari (pari a meno della metà del turn over, visto che i pensionamenti saranno pari ad oltre 27mila dipendenti!) e soprattutto di creare “un patto tra generazioni” perchè “i giovani non possono andare sempre in coda”, hanno provocato la reazione piccata dei precari storici. Stiamo parlando di decine di migliaia di supplenti, quasi sempre pluriabilitati e con una lunga serie di titoli (master, perfezionamenti, aggiornamenti professionali, responsabili di progetti e via dicendo) accumulati nel tempo per migliorarsi e non rimanere indietro in graduatoria.

A farsi portavoce della contrarietà all’idea del ministro, che si dovrebbe anche tradurre attraverso un mini concorso riservato all’accesso nelle graduatorie esaurite, è stata Elena La Gioia, da qualche mese presidente dell’ormai storico Cip, il ‘Comitato insegnanti precari’: “noi docenti precari ‘storici’ – ha detto La Gioia - è tutta la carriera che stiamo in coda, e se durante questa nostra lunga attesa siamo invecchiati non è colpa nostra, eravamo anche noi giovani quando abbiamo cominciato a insegnare nelle scuole”. Ne consegue che “il patto tra generazioni proposto dal ministro in realtà si tradurrà in un conflitto di interessi, perchè molti di noi hanno già figli giovani, anche laureati in attesa di occupazione”.

Secondo la rappresentate dei Cip, anche lei precaria di lunga data, siamo di fronte ad “un paradosso tutto italiano, che ancora una volta si tenta di risolvere con provvedimenti tampone o con dichiarazioni di intenti che tali resteranno: in realtà –teme La Gioia - i concorsi per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo della scuola prospettati dal Ministro vedranno pochi posti e tantissimi concorrenti che come da requisito per partecipare dovranno essere già abilitati quindi esperti, e che i giovani appena abilitati dovranno tentare di scavalcare” Il rischio è cha si innescherà“l’ennesima guerra tra poveri”. Altro che patto generazionale, la prospettiva è l’idea del ministro Profumo condurrà verso una “lotta tra generazioni”.

Intanto, alcuni giorni fa, il 2 aprile, una rappresentanza del ‘Comitato tutela docenti precari legge 296’ ha incontrato alcuni funzionari del Miur per fare chiarezza sull’esito di una parte dei posti “congelati” in occasione dell’ultima tornata di assunzione, in attesa del giudizio definitivo dei giudici sulla questione “pettine-code”: si tratta di migliaia di posti “che hanno visto – spiega una nota del Comitato - un cambio di rotta da parte dell’Anief, la quale non si sta limitando a richiedere il ruolo per i ricorrenti allora individuati dal Commissario ad Acta, ma ha inondato di circa 10.600 ricorsi i giudici del lavoro di diverse province mettendo sotto ricatto i 30.000 ruoli dati dalle graduatorie ad esaurimento a partire dall’agosto 2009 ed ipotecando i risicati numeri dei prossimi”.

Come portavoce del disagio dei diretti contro-interessati, i precari hanno chiesto che in tempi brevi il Miur realizzi un “documento legale da inviare ai soggetti interessati. In questi tempi di forte recessione economica il Ministero – sottolineano dal ‘Comitato tutela docenti precari legge 296’ - non può continuare ad essere soccombente laddove potrebbe invece vincere e dirottare i risparmi ottenuti proprio sulle assunzioni di nuovi insegnanti mettendo fine ad innumerevoli e poco plausibili contenziosi che paiono sempre più l’unica forma di diritto scolastico”.

Sulla questione assunzioni è intervenuta però anche la stessa Anief, che attraverso il suo presidente, Marcello Pacifico, ha chiesto che il ministro Profumorispetti “le regole che l’Europa impone in merito alla lotta contro la precarietà e l’abuso dei contratti a termine. Sempre rispettando anche chi da diversi anni, anche più di 20 resi alle dipendenze della scuola pubblica, aspetta un posto che è suo di diritto”. Senza entrare nel merito della diatriba, Pacifico ha inoltre chiesto “di stabilizzare da subito i 50.000 precari della scuola, tra docenti e personale Ata, che quest’anno sono stati assegnati su posti vacanti e disponibili. Supplenti che poi sono stati costretti a perdersi tra veti, desideri e ricatti di chi vuole approfittare dell’ennesima procedura concorsuale per assicurarsi un voto o una tessera”.

Fonte: Tecnica della Scuola

La proposta di legge della Regione Lombardia che prevede la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole, sia pure limitatamente alle supplenze e a titolo sperimentale, trova la netta contrarietà dei sindacati.

Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, parla in una nota di “intervento che invade le competenze dello Stato in materia di reclutamento prefigurando una inaccettabile ‘balcanizzazione’  del sistema scolastico”.

Durissimo anche Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, che chiede al ministro Profumo di “esprimere immediatamente un parere negativo” sulla legge regionale e parla di “deriva secessionista della Giunta Lombarda in materia d'istruzione”.

L'Anief (Associazione professionale sindacale) annuncia che anche in questo caso farà ricorso in Tribunale per opporsi all'art. 8 della legge regionale, palesemente contrastante con la Costituzione. "La giunta lombarda, sostiene in una nota, si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici."

Di “segnale molto positivo per tutto il mondo della scuola” parla invece Roberto Gontero, neo presidente di AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche), a cui giudizio “chi si oppone non lo fa per ragioni didattiche o pedagogiche, ma solo perché teme che possano venir meno quei superati meccanismi burocratici che regolano le assunzioni dei docenti in Italia, opponendosi a ogni volontà di reale cambiamento”.

Assolutamente contrari alla chiamata diretta sono i precari, che annunciano una manifestazione per il 21 aprile prossimo. Un comunicato del coordinamento 3 ottobre di Milano, una delle loro organizzazioni, sostiene senza mezzi termini che  “questa sperimentazione lombarda limiterà fortemente la libertà d'insegnamento dei docenti asservendoli ai dirigenti scolastici dei singoli istituti che avrebbero diritto di vita e di morte sui docenti neoassunti sempre più precarizzati e aumenterà il rischio di clientelismo e nepotismo nella selezione dei docenti”.

Fonte: Tuttoscuola

L'articolo 8 prevede la possibilità dell'assunzione diretta, da parte della singola scuola autonoma, del personale docente inserito in un albo regionale in cui sono inclusi obbligatoriamente solo i lavoratori che aderiscono al progetto di sviluppo regionale in materia di istruzione e formazione.

Nonostante nella giornata di ieri, 3 aprile, la maggioranza alla Regione Lombardia, Pdl e Lega, abbiano deciso di rinviare l'approvazione del Progetto di Legge n. 146  "Misure per la Crescita e l'Occupazione", contenente il contestatissimo l'art. 8, per mancanza del numero legale (dovuto con ogni probabilità alla diretta Tv della partita Milan-Barcellona), nella giornata di oggi, 4 aprile,  la legge che introduce in via sperimentale il sistema della chiamata diretta da parte delle scuole per il reclutamento dei docenti è regolarmente passata.

“Quell'articolo è una follia istituzionale da mettere in capo tutta alle scelte ideologiche del Presidente Formigoni e dell'Assessore Aprea”, così si esprime il segretario nazionale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, che invoca pure l’interevento del ministro Profumo con un parere del tutto negativo perché permette il reclutamento dei docenti da parte delle singole scuole.

Ma grida pure alla incostituzionalità della legge “perché il reclutamento è materia delegata alla legislazione nazionale, col reale rischio di discriminazioni e messa in discussione della libertà d'insegnamento. E aggiunge: “Diffidiamo il Ministero a stipulare qualsiasi intesa con la Regione Lombardia per dare attuazione a quella legge. Siamo pronti ad intraprendere tutte le iniziative di mobilitazione e valuteremo come sollevare il profilo di costituzionalità."

Sulla stessa lunghezza d’onda anche  il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico: “il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale. La giunta lombarda si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici”.

E poi l’Anief ricorda: “Neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si può procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome”.

Intanto la maggioranza che guida la Regione Lombardia (Pdl e Lega Nord) ha votato compatta, con 41 voti favorevoli, mentre, come era prevedibile, contrarie le opposizioni (Pd, Idv, Sel e Udc) appoggiate da alcune associazioni di insegnanti.

Sono state tuttavia  accolte alcune modifiche proposte dal Pd, come la durata triennale della sperimentazione e l'obbligo di una relazione semestrale alla commissione consiliare competente.

Il testo dell'articolo 8 è il seguente: "Al fine di realizzare l'incrocio diretto tra domanda delle istituzioni scolastiche autonome e l'offerta professionale dei docenti  le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale. E' ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali fino ad esaurimento''.

Per quanto riguarda la maggioranza, il relatore del provvedimento, Mario Sala (Pdl), ha spiegato: ''L'articolo 8 del progetto di legge apre alla sperimentazione di una vera autonomia scolastica attraverso una possibilita' per le scuole di indire concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per selezionare il personale docente necessario a svolgere le attivita' scolastiche annuali favorendo la continuita' didattica. Ci siamo battuti in aula  affinche' il reclutamento diretto degli insegnanti da parte delle scuole statali lombarde fosse finalmente possibile''.

Fonte: Tecnica della Scuola

Sta determinando forti proteste l'approvazione avvenuta oggi dalla regione Lombardia dell'articolo 8 della legge 'misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione', in base al quale "le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale". Secondo i sindacati la norma sarebbe palesemente incostituzionale.

Per Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, "il Ministro Profumo deve immediatamente esprimere un parere negativo sulla legge regionale approvata in Lombardia" perche' il reclutamento scolastico "e' materia delegata alla legislazione nazionale".

Anche secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale". Secondo il leader del sindacato, specializzato nella normativa scolastica, "la giunta lombarda si sta assumendo una responsabilita' enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovra' spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici". "La Regione Lombardia ed il Presidente Roberto Formigoni dovrebbero sapere - continua Pacifico - che il reclutamento del comparto Scuola e' di pertinenza esclusiva dello Stato: l'ordinario svolgimento delle attivita' didattiche deve quindi essere svolto da docenti assunti obbligatoriamente dallo Stato e non dalle singole Regioni". Il presidente dell'Anief ricorda che "neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si puo' procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome".

Fonte: Italpress

Sta determinando forti proteste l'approvazione avvenuta oggi da parte della Regione Lombardia dell'articolo 8 della legge 'misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione', in base al quale "le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale".

Secondo i sindacati la norma sarebbe palesemente incostituzionale. Per il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale".

Secondo il leader del sindacato, specializzato nella normativa scolastica, "la giunta lombarda si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici".

"La Regione Lombardia ed il presidente Roberto Formigoni dovrebbero sapere - continua Pacifico - che il reclutamento del comparto Scuola è di pertinenza esclusiva dello Stato: l'ordinario svolgimento delle attività didattiche deve quindi essere svolto da docenti assunti obbligatoriamente dallo Stato e non dalle singole Regioni". Il presidente dell'Anief ricorda che "neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si può procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome. E la Lombardia non lo è".

Fonte: TMNews

Il parlamentare siciliano ha chiesto cosa sta facendo il responsabile del Miur per la costituzione della quarta fascia aggiuntiva. E a che punto è l'inserimento degli abilitandi. L’Anief intanto prepara i ricorsi per aggiudicarsi il prima possibile l’inserimento a “pettine”.

Che fine ha fatto il compromesso raggiunto in Senato per garantire l’introduzione degli abilitati all’insegnamento nell’ultimo triennio all’interno delle graduatorie ad esaurimento, seppure in una quarta fascia aggiuntiva? A chiederlo al ministro Profumo, attraverso un’interrogazione, è stato il 3 aprile l’on. Tonino Russo (Pd), componente della commissione cultura alla Camera, tra i promotori, alla Camera, dell’emendamento che sembrava aprire del tutto le porte delle GaE agli ultimi abilitati.

Russo ha chiesto di sapere “a quale punto è la definizione del decreto per regolamentare l’inserimento in fascia aggiuntiva nelle graduatorie ad esaurimento, entro l'anno 2012-2013, dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione essendo stati iscritti ai corsi universitari abilitanti negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011, presso le Facoltà di Scienze della Formazione, le Università, le Accademie a i Conservatori”.

Il deputato del Pd coglie anche l’occasione per ricordare al Ministro quali effetti ha avuto l’impegno assunto dai parlamentari sullo “scioglimento della riserva degli abilitati all'insegnamento del semestre aggiuntivo del IX corso Siss nonché degli insegnanti che, pur abilitati, non hanno rinnovato domanda di inserimento all'atto dell'aggiornamento”. Per Russo “è bene che il Governo cominci a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per chiudere questa partita”.

Sulla questione c’è poi sempre l’impegno del Ministro, a seguito dell’ordine del giorno accolto il 23 febbraio dalla Camera, presentato dallo stesso Russo assieme all’on. Pierfelice Zazzera (Idv), di sanare tutto in corrispondenza del rinnovo delle GaE, quindi nell’a.s. 2014-15.

L’esito della travagliata norma non sembra aver accontentato i diretti interessati. Gli abilitati dal 2009 perché speravano in un inserimento a pettine immediato. E anche gli abilitandi perché chiedevano l’immissione diretta, seppure con riserva. A rappresentare il loro stato d’animo è stata l’Anief, che annuncia ricorsi: l’associazione sindacale di Pacifico “pur ritenendosi soddisfatta per la riapertura delle graduatorie, senza condividere affatto la soluzione dell’inserimento in una fascia aggiuntiva incostituzionale, si riserva dopo la pubblicazione del suddetto decreto di fornire indicazioni a tutti i docenti che avevano ricorso o attendevano le istruzioni operative per ricorrere avverso l’esclusione dall’inserimento nelle graduatorie (ex 7.1-7.3bis et alii)”. Per il sindacato autonomo spiega anche che “che nei nuovi ricorsi al giudice del lavoro a differenza del contenzioso amministrativo, non è possibile in corso d’opera introdurre motivi aggiunti di impugnazione”.

L’auspicio dell’Anief è “che, nell’emanazione del decreto secondo l’impegno assunto dal Governo in Parlamento, si tenga conto del necessario inserimento di chiunque è oggi in possesso di un’abilitazione, sia in Italia che all’estero, per evitare una nuova stagione di ricorsi, cosi come fu previsto nel 2009 per alcune categorie”. Insomma, la guerra legale tra Miur e un numero crescente di precari, che ha contraddistinto gli ultimi anni, non sembra destinata verso una tregua.

Fonte: Tecnica della Scuola

Viale Trastevere ha risposto alle diffide dei lavoratori sostenendo che il passaggio per tutti al Tfs non ha cambiato nulla. Dopo la Gilda, stavolta a replicare è l’Anief: il giudice del lavoro ci darà ragione.

La disputa sulla laicità delle trattenuta del 2,5% per l’accantonamento dell’indennità di buonuscita, operata sugli stipendi dei dipendenti della scuola anche dopo il 1° gennaio 2011, sta determinando un altro braccio di ferro tra ministero dell’Istruzione e sindacati. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, con il passaggio per tutti al Tfs (trattamento di fine servizio) il regime cui fare riferimento diventa quello dei lavoratori privati. Cui non è assegnata alcuna percentuale per la cosiddetta liquidazione di fine rapporto.

Nei giorni scorsi la Gilda degli insegnanti aveva invitato i docenti ad inviare al Miur degli atti di diffida a seguito della volontà di quest’ultimo di mantenere in vita la trattenuta a favore del Tfr. Fondamentale, sempre per il sindacato guidato da Rino Di Meglio, sarebbero gli “esiti della decisione della Corte Costituzionale”, cui si è rivolto il Tar della Calabria per “dirimere la questione”. L’invito è stato rivolto anche da altri sindacati, ma soprattutto raccolto da molti dipendenti. 
Tanto che il 23 marzo viale Trastevere ha emesso una nota attraverso cui ha tenuto a precisare “che a proposto delle richieste di diffida finalizzate ad ottenere la “cessazione del prelievo della ritenuta del 2,5% sull’80% della retribuzione”, il MEF Dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale e dei Servizi, con nota del 13 febbraio 2012, ha chiarito che le modalità di calcolo del TFS non hanno subito, a decorrere dal 1° gennaio 2011, alcuna variazione”. A sostegno di questa teoria riporta l’art. 1 comma 3 del DPCM 20 dicembre 1999, che contiene le motivazioni tecniche per cui occorre “assicurare l’invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti”.

La precisazione non ha però scalfito le certezze dei sindacati. Nelle ultime ore l’Anief, in particolare, ha detto di rimanere “convinta” del fatto che “alla luce delle norme vigenti e delle sentenze che i Tar stanno emettendo in merito”, da 15 mesi “viene sottratta al lavoratore pubblico parte della stessa retribuzione, a differenza del lavoratore privato, e quindi diminuita contestualmente la quantità di TFR che lo stesso lavoratore andrà maturando nel tempo”. Violando palesemente in tal modo, sempre secondo il sindacato, l’articolo 3 e dell’articolo 36 della Costituzione, che non prevede applicazioni disomogenee tra lavoratori pubblici e privati. Esaurita la “fase” delle diffide, l’organizzazione guidata da Marcello Pacifico ha già annunciato che “si rivolgerà al giudice del lavoro”. 
L’obiettivo è arrivare a replicare nella scuola la sentenza favorevole che il Tar della Calabria, con la n. 53/2012, ha emesso a proposito di una situazione analoga a favore dei magistrati.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il 27 marzo a Milano davanti al Pirellone protesta dell’Unicobas contro un progetto di legge reputato distruttivo, anti democratico e collegato a doppio ‘filo e nodo scorsoio’ con la Legge regionale Lombardia di Formigoni. Critica pure l’Anief: ignora le rappresentanze dei lavoratori e incentiva la presenza dell’utenza a spese dei docenti.

Non sono rimasti soltanto l’Idv e la Flc-Cgil ad esprimere dubbi sui 14 articoli che compongono la proposta di legge 935 con primo firmatario Valentina Aprea, l’onorevole del Pdl destinata nei prossimi giorni a lasciare la carica per accettare quella di assessore della regione Lombardia. Ad opporsi al testo sono rimasti anche altri sindacati della scuola. E ciò malgrado l’impianto normativo, che ha ricevuto l’ok della VII Commissione Cultura della Camera e che potrebbe presto essere discusso in Aula, contenga ormai quasi esclusivamente “norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie”. Mentre della controversa “riforma dello stato giuridico dei docenti” è rimasta la presenza solo nel titolo del ddl.

Chi ha cambiato idea, come l’on. Francesca Puglisi (Pd), ha non a caso fatto notare che nella versione attuale del ddl "non c'e più traccia della possibilità di trasformare le scuole in Fondazioni, non c'è traccia di norme sul reclutamento degli insegnanti, funzione centrale della scuola continua ad essere svolta dal Consiglio dei docenti(assente nel testo originario) e dalla partecipazione di genitori e studenti nel consiglio d'istituto (presieduto da un genitore) e nei consigli di classe e di interclasse".

Tuttavia per diversi raggruppamenti il ridimensionamento della proposta Aprea non basta. Secondo Paolo Latella, segretario Unicobas Scuola Lombardia, ci ritroviamo sempre comunque a commentare un piano nazionale di riforma “distruttivo, anti democratico e pericoloso. Forse l'on. Puglisi ingenuamente non ricorda – sottolinea Latella - che questo disegno di legge è collegato a doppio ‘filo e nodo scorsoio’ con la Legge regionale Lombardia di Formigoni - Aprea (sempre lei), dove nell'impianto normativo il reclutamento diretto (a chiamata) e la trasformazioni delle scuole in fondazioni di diritto pubblico sono gli elementi imprescindibili della stessa legge”.
Per dire no pubblicamente ad entrambi i progetti, nazionale e lombardo, l’Unicobas ha organizzato una manifestazione: si terrà martedì 27 marzo a Milano alle 17 davanti al Pirellone. Alla protesta hanno aderito diversi partiti, associazioni, movimenti locali, facenti capo a docenti, studenti, precari e cittadini comuni. “Mentre il PD dove sarà?”, chiede pubblicamente Latella. Che invece ha solo parole di elogio per l’Italia dei valori, i cui rappresentanti avrebbero “ben presente cosa produrranno sia il disegno di Legge Aprea sull'autonomia scolastica che la Legge regionale Formigoni-Aprea sulla chiamata diretta”.

A reputare insoddisfacente la proposta di legge Aprea è anche l’Anief. Per il sindacato guidato da Marcello Pacifico è grave l’assenza “dell’organo di rappresentanza dei lavoratori”. Inoltre ritiene che  “la durata del consiglio dell’autonomia debba essere annuale e non triennale per impedire vacanze nelle nomine o sostituzioni improprie del personale docente e dirigente”. I rilievi dell’Anief non finiscono qui. In particolare, l’associazione sindacale ritiene pericoloso incentivare, all’interno degli organi collegiali, la presenza di studenti, genitori e rappresentanti degli enti locali a spese degli insegnanti: “una maggiore partecipazione dell’utenza alla vita della Scuola che non può penalizzare la componente docente che ha un ruolo centrare nella progettazione e nell’attuazione del Pof”. E ciò vale pure per “l’elezione del presidente del consiglio”. Il sindacato di Pacifico reputa grave, infine, i mancati riferimenti alla “valorizzazione dell’attività di ricerca e di sperimentazione che da sempre risultano un elemento fondante per l’arricchimento professionale dei docenti e al ruolo delle altre associazioni professionali diversamente dal consiglio nazionale delle autonomie scolastiche”. Oltre la mancanza di riferimenti al Cnpi, “che pure dovrebbe essere rinnovato nei suoi componenti”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Del mancato via libera a 4mila dipendenti cui serviva il riconoscimento del servizio fino al 31 agosto si discuterà anche in tribunale. Il ministro del Welfare: capisco rabbia, ma non è un'ingiustizia. Anche gli over 65 anni tremano: ottenere la proroga per rimanere in servizio sarà davvero dura.

Sembrano non volersi rassegnare i circa 4mila dipendenti, in larga parte insegnanti, che hanno visto sfumare negli ultimi mesi la possibilità di andare in pensione a seguito dell’approvazione della riforma Monti-Fornero: naufragata la possibilità di un emendamento al decreto Milleproroghe, su cui si era a lungo impegnato il Partito democratico, i diretti interessati hanno man mano iniziato a muoversi attraverso iniziative legali. Dopo la costituzione del gruppo on line “Quota 96, venutosi a creare all’interno del nel blog dell'on. Manuela Ghizzoni (Pd), negli ultimi giorni a farsi promotori dei ricorsi sono stati alcuni sindacati. Il mancato riconoscimento del servizio che va dal 1° gennaio al 31 agosto 2012 diventerà materia di Tribunaleamministrativo regionale attraverso, ad esempio, la Uil Scuola: il sindacato guidato da Massimo Di Menna ha annunciato che impugnerà il diktat del governo mettendo a disposizione una dettagliata scheda che riassume i requisiti necessari per impugnareal Tar del Lazio, tramite le segreterie provinciali, una “decisione del governo che penalizza i lavoratori del nostro settore in modo particolare, creando disparità”. 

Sempre la Uil Scuola riassume le tipologie di persone interessate dal ricorso (c’è tempo sino al 14 aprile): i nati tra l’1.1.1952 e il 31.8.1952 che alla data del 31.8.2012 o del 31.12.2012 maturano almeno 36 anni di servizio: i nati/e nel 1951 (o uomini nati in anni precedenti) che maturano 35 anni di servizio entro il 31.8.2012 o il 31.12.2012; tutti i dipendenti che maturano 40 anni di servizio entro il 31.8.2012 o entro il 31.12.2012.

A procedere per il riconoscimento di un diritto cambiato “in corsa” è anche l’Anief: l’associazione sindacale, che ha fatto delle battagli in tribunale uno dei suoi cavalli di battaglia, ha annunciato oggi che a seguito della mancata “risposta positiva del Miur alla diffida inviata dall’Anief per conto dei propri associati nei giorni scorsi”, il personale interessato “può inviare un modello sostitutivo di domanda cartacea da compilare al posto di quello telematico”. Sempre al Tar del Lazio verranno contestati diversi provvedimenti ministeriali: il D. M. n. 22 del 12 marzo, la circolare Miur n. 23 del 12 marzo, la circolare Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo, le circolari Inps nn. 35 e 37 del 14 marzo. E se non basterà, l’Anief ha già pronti “i ricorsi al Giudice del Lavoro”.

D’altra parte per chi è intenzionato a lasciare, quella delle vie legali sembra davvero l’ultima spiaggia. Le residue possibilità di deroghe ai requisiti per andare in pensione sono state praticamente cancellate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, durante un question time svolto alla Camera qualche giorno fa: "un conto è venire incontro alle esigenze di chi ha lasciato il lavoro per accordi, un altro è la questione di chi il lavoro ce l'ha ancora. Per quanto possa umanamente comprendere la delusione provata da questi lavoratori - ha aggiunto la Fornero - non lo ritengo un'ingiustizia e non credo che oggi noi possiamo tornare su questa questione riportando indietro le lancette a favore dei lavoratori della categoria della scuola".

Intanto, paradossalmente, anche per coloro che pur avendo compiuto 65 anni vorrebbero rimanere in servizio si fanno esigue le possibilità di ottenere l’ok dell’Usr: nella circolare del Miur dello scorso 12 marzo è infatti esplicitato che nell’esaminare le richieste di proroga gli Uffici scolastici regionale dovranno considerare “con particolare attenzione la capienza della classe di concorso, posto o profilo di appartenenza, non solo per evitare esuberi, ma anche nell’ottica di non vanificare le aspettative occupazionali del personale precario”.

L’altolà vale anche per i capi d’istituto. Per i quali “le istanze di trattenimento devono essere valutate sia in relazione ad eventuali situazioni di esubero determinate dal processo di dimensionamento della rete scolastica che all’esigenza di mantenere la disponibilità dei posti per le immissioni in ruolo dei nuovi Dirigenti scolastici a seguito del superamento delle procedure concorsuali in atto”. 

Insomma, sembra proprio che stavolta il governo sia riuscito proprio a scontentare tutti in un “colpo” sola. Sia chi vorrebbe lasciare ma non può, perché i suoi ultimi otto mesi per la prima volta non gli vengono considerati. Sia chi vorrebbe rimanere, ma non può perché le riforme stanno determinando sempre più esuberi.

Fonte: Tecnica della Scuola

La volontà del governo di intervenire sul valore legale del titolo di studio accademico "non trasformerà la laurea in carta straccia". Lo ha assicurato il ministro dell'Università, Francesco Profumo, avviando in diretta tv la consultazione pubblica voluta dall'esecutivo sul valore legale del titolo.

Il governo, ha spiegato il ministro, vuole "solo correggere alcune anomalie" rispetto al valore del titolo per l'accesso al pubblico impiego e alle professioni.

Contro la consultazione si sono schierate oggi numerose sigle, del mondo sindacale e degli studenti. Tra queste l'Anief, per la quale questa iniziativa ha “solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione”.

Critica anche Rete della Conoscenza, il network promosso da Unione degli Studenti e Link-Coordinamento universitario, che parla senza mezzi termini di consultazione-truffa: "Alcuni quesiti risultano molto difficili, altri invece sembrano indirizzare le risposte verso un'unica direzione che mira appunto a cancellare il valore legale. Siamo convinti che una vera consultazione degli studenti dovrebbe tener conto delle rivendicazioni che il movimento studentesco ha portato con forza nelle piazze lo scorso autunno e dell'opinione di tutte le componenti dell'università”.

Anche per Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell'Udu, le domande “sono faziose e disegnano una realtà distorta". "La consultazione, aperta da poche ore, presenta addirittura domande che richiedono perché sarebbe utile una abolizione, anche solo parziale, del valore legale dei titoli di studio per come oggi è intesa - dice il coordinatore nazionale dell'Udu - Fin dalle prime domande si capisce il chiaro indirizzo, per finire con gli ultimi 3 quesiti dove non è possibile esprimere la propria contrarietà all'abolizione".

Fonte: Tuttoscuola

Fino al 24 aprile chiunque potrà esprimere il proprio parere sul progetto che il governo avrebbe voluto approvare a fine gennaio. Il 22 marzo flashmob della Federazione della sinistra: non si possono privatizzare i saperi. Per l’Anief sarebbe la fine del merito: speriamo non votino gli analfabeti!

Ha preso il via il 22 marzo il sondaggio ministeriale via internet sull’abolizione del valore legale del titolo di studio. L’iniziativa era stata annunciata alcune settimane fa dal premier Monti dopo le perplessità che il progetto aveva riscosso - da diversi parlamentari, sindacati e parte dell’opinione pubblica – a seguito della volontà del governo di includere il provvedimento all’interno del decreto legge sulle semplificazioni, poi approvato il 27 gennaio dal Consiglio dei ministri.

Fino al 24 aprile chiunque potrà esprimere il proprio parere sull’argomento identificandosi attraverso il codice fiscale e indicando l’indirizzo di posta elettronica, a cui il Miur invierà la password per accedere al questionario: le domande saranno almeno una decina (sono previsti supporti conoscitivi riguardanti la materia su cui viene chiesto il parere popolare).

L’iniziativa, apparentemente aperta al contributo di tutti e quindi impostata su un concetto indiscutibilmente democratico, sta riscuotendo diverse critiche. E non solo da parte degli studenti. Riccardo Messina, responsabile saperi del Pdci, ha annunciato un flashmob, indetto dalla Federazione della sinistra, per il 22 marzo, alle ore 10 davanti al ministero dell’Istruzione, proprio a difesa del valore legale del titolo di studio. Messina si sofferma sul fatto che il sondaggio è stato "pubblicizzato sinora solo dal Sole24ore, a conferma di chi saranno le masse di lavoratori e studenti che cliccheranno a favore dell'abolizione. Si tratta dell'ennesimo tentativo di distruzione del sistema di istruzione pubblico e di privatizzazione dei saperi. Il valore legale del titolo di studio - conclude il rappresentante del Pdci - rappresenta una funzione di garanzia dello stato sociale ed individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell'università".

Contrario alla consultazione on line del Miur sull’ipotesi di cancellazione del valore legale dei diplomi è anche l’Anief: “speriamo che non votino gli analfabeti!”, ha detto provocatoriamente il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico: “certe iniziative – ha poi precisato – hanno solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione”. Pacifico sostiene che se passerà la cancellazione del valore legale della laurea, presto lo stesso destino toccherà a tutti gli altri titoli. “In tal caso – sostiene il sindacalista dell’Anief - non si capisce per quale ragione uno studente dovrebbe ancora impegnarsi per cercare di prendere un buon voto o per essere promosso: alla fine del suo percorso formativo, infatti, non conterà più l’esito degli esami svolti e la loro valutazione, ma solo la partecipazione”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Quasi tutti i sindacati chiedono di cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della “tassa” nelle casse dell’Inps. In ballo ci sono 50 milioni di euro annui.

Sulla trattenuta Enam i sindacati della scuola (esclusa la Cisl) sembrano aver messo alle spalle gli indugi: dopo la Flc-Cgil, la Uil Scuola e di recente la Gilda degli insegnanti, anche l’Anief predispone le azioni legali per cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della stesso importo nelle casse dell’Inps.

Al centro della questione vi è la “tassa” che, attraverso un decreto del lontano 1947, sottrae ai circa 300mila maestri della scuola primaria lo 0,80% dello stipendio in cambio di servizi, opportunità professionali e possibili contributi. Servizi, opportunità e contributi di cui però i maestri, sul piano pratico, non hanno riscontro da diverso tempo. Mentre continuano a vedersi sottrarsi tra i 150 e i 200 euro l’anno. Che, complessivamente, arrivano a sovvenzionare all’ente una cifra tutt’altro che trascurabile pari a 50 milioni di euro annui.

Il punto è che l’Enam dal 30 luglio scorso è stato soppresso. O meglio, assorbito dall’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – ha detto Marcello Pacifico, presidente dell’Anief - migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’Enam, di cui non si percepisce più l’utilità. Per questo abbiamo chiesto di far risarcire le quote illegittimamente trattenute dallo scorso agosto, al netto degli interessi maturati”.

La battaglia legale si prevede aspra. Nei giorni scorsi le revoche inviate dallo stesso sindacato degli educatori in formazione alla Ragioneria provinciale dello Stato (e per conoscenza all’Inps) sono state respinte. E se quasi tutti i sindacati, come sembra, vogliono perseguire la strada del ricorso non c’è altra scelta: portare la disputa in tribunale.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

I numeri sono come gli oracoli, le risposte arrivano se sono ben interrogati. Se si guardano i numeri nel complesso, le elezioni RSU hanno visto l'avanzata dei sindacati confederali, con un arretramento consistente dello SNALS ed uno meno importante (ma su percentuali decisamente diverse) della FGU (ex. Gilda). E i piccoli? Laddove erano presenti, ANIEF e Cobas, in particolare, non hanno certo svolto un ruolo da "piccoli", anzi.

E' quanto emerge dai comunicati diffusi dai due sindacati che evidenziano come nelle scuole in cui erano presenti hanno raccolto un numero di consensi che gareggia con i più grandi.

Così i COBAS fanno notare che, sebbene il trend di consensi è leggermente in calo rispetto alle precedenti elezioni, nelle 1110 scuole presenti ha raggiunta una media del 24% di voti e hanno avuto il 62% delle scuole dove sono state presentate le liste.

Alla stessa stregua, l'ANIEF evidenzia come, nelle scuole presenti abbia avuto l'11,4% dei voti, togliendoli proprio ai confederali che insieme allo Snals mostrano una perdita del 12,3%.

I dati forniti dall'ANIEF riguardano 666 scuole scrutinate nelle quali era presente una lista ANIEF raccogliendo un proprio eletto su quattro e superando la Gilda che invece ne totalizza uno su cinque.

L'accusa arriva all'unisono sia dai Cobas che dall'ANIEF: le difficoltà di presentare liste in tutte le scuole deriva dal divieto per i sindacati non rappresentativi di assemblee e l'assenza di distacchi. Imposizioni "anti-democratiche" dicono dai Cobas, imposte "dall'oligarchia sindacale".

Fonte: Orizzonte Scuola

Anief conferma che ricorrerà contro l’ingiusta decisione del Governo: entro il 18 marzo le istruzioni operative per coloro che maturano i requisiti al 31 agosto 2012.

Con la pubblicazione da parte del Miur del decreto ministeriale n. 22 del 12 marzo 2012 che fissa al 30 marzo 2012 il termine ultimo per la presentazione delle domande di pensionamento che interessano il personale scolastico i cui requisiti posseduti fanno riferimento al 31.12.2011, l’Anief “conferma la volontà di ricorrere contro l’insensata scelta del Governo di non concedere al personale della scuola, il cui servizio si calcola obbligatoriamente sull’anno scolastico e non su quello solare, la possibilità di far slittare il riconoscimento dei requisiti al 31 agosto 2012”.

Si ricorda che i requisiti validi al 31/12/2011 sono: 60 anni di età anagrafica e 36 anni di contributi utili oppure 61 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi utili; la quota 96 può essere raggiunta anche sommando le eventuali “porzioni” di anno, quindi ad esempio sommando 60 anni e 2 mesi di età con 35 anni e 10 mesi di contributi utili; - 40 anni di contributi utili (bastano anche 39 anni, 11 mesi e 16 giorni) prescindendo dall’età anagrafica,

L'Anief sottolinea che entro domenica 18 marzo fornirà precise istruzioni a tutti coloro che hanno manifestato la volontà di ottenere il rispetto dei diritti acquisiti per andare in pensione con le regole precedenti alla riforma Fornero. Contestualmente saranno fornite precise istruzioni su come compilare la domanda per aderire ai ricorsi stessi.

Fonte: Tecnica della Scuola

Scrima (Cisl): quei 41mila docenti non in classe indicati dal capo dipartimento non stanno in piedi. E poi perché un risicato 1 per mille di impegnati fuori ruolo fa tanto scalpore? Pacifico (Anief): se vuole far risparmiare il Miur stabilizzi i precari come ci chiede l’Ue.

Come previsto nell'articolo precedente, non sono tardate ad arrivare le reazioni dei sindacati alle parole rilasciate al Corriere della Sera dal neo capo dipartimento del ministero dell`Istruzione, Lucrezia Stellacci, per giustificare le mancate assunzioni di 10mila docenti precari, inizialmente approvate dalle commissioni della Camera all’interno del decreto ‘semplificazioni’: sulla scuola, ha detto Stellacci, “pesano altri 40mila stipendi, per la precisione 41.503. Sono professori o maestri che però non insegnano, non vanno in classe. Sono distaccati presso altri ministeri oppure in permesso sindacale. Gli studenti non ne traggono alcun beneficio, ma il loro stipendio – ha sottolineato il capo dipartimento - è sempre a carico del nostro bilancio”.

Il primo a replicare all’affondo della Stellacci è stato Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, secondo il quale quelle espresse dal dirigente del Miur sono “cifre del tutto inattendibili” che “non stanno in piedi”.

Abbiamo fatto e rifatto i conti – ha rivelato Scrima - ma quella cifra ci pare addirittura fuori della realtà. Mettendoci dentro tutto, e forse qualcosa di più (ad esempio i docenti all’estero, pagati anche se ovviamente non insegnano in Italia) arriviamo a meno di 9.000 unità di personale che “non va in classe”. A noi risultano 5.000 docenti dichiarati inidonei, per i quali peraltro sono avviate procedure di mobilità verso altre mansioni o altri tipi di impiego, 500 comandati presso l’Amministrazione scolastica centrale e periferica (di questi, 120 sono al Miur), 200 in comando presso associazioni, 200 in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo. Sono 500 quelli operanti negli staff di segreterie e gabinetti di ministri e sottosegretari, mentre non arrivano a 1.000 - e non sono nemmeno tutti assegnati a docenti - i distacchi sindacali”.

E sui docenti che non stanno dietro la cattedra ma fanno sindacato, il leader della Cisl Scuola sottolinea che in ogni caso “stiamo parlando di un comparto che occupa circa un milione di addetti: non ci pare che la percentuale (un risicato 1 per mille) sia tale da giustificare la punta di malizia che quasi sempre, quando si danno certe ‘notizie’, traspare fra le righe”.

Molto risentito per l’uscita della Stellacci è anche Marcello Pacifico, presidente dell’Anief: evidentemente, fa notare il sindacalista, “sono bastate poche settimane la dirigente ministeriale per dimenticare la sua lunga esperienza maturata proprio da distaccata presso la Direzione Scolastica Regionale della Puglia. Invece di preoccuparsi di questioni a dir poco opinabili, la Stellacci farebbe molto meglio a invitare tutti i suoi colleghi dirigenti dell’amministrazione periferica del Miur a stipulare fino al 31 agosto tutti i contratti relativi alle supplenze annuali su posti vacanti e disponibili. E laddove quelle cattedre continuassero per diversi anni ad essere prive di titolare, quindi sempre vacanti e disponibili, il capo dipartimento non dovrebbe fare altro che stabilizzare i precari nelle graduatorie ad esaurimento come la direttiva comunitaria cita in modo inequivocabile”. Solo in questo modo, continua Pacifico, la Stellacci farebbe “risparmiare al Ministero dell’Istruzione ulteriori risarcimenti danni: quelli che saranno disposti dai giudici con le cause in corso patrocinate dall’Anief”.

Fonte: Tecnica della Scuola

L’incremento del sindacato di Pantaleo rimane importante, ma è solo del 2%. Sale anche la Uil Scuola, che supera lo Snals. In leggero calo la Gilda, che comunque mantiene la rappresentatività nazionale. Un obiettivo che per i sindacati “minori” rimane quasi una chimera.

Con la grande maggioranza delle schede di votazione esaminate, manca solo il 20% di preferenze espresse, si comincia a delineare con maggiori dettegli l’esito del rinnovo delle Rsu d’istituto avvenuto ad inizio settimana: la Flc-Cgil, con oltre il 33%, si conferma il sindacato che ha avuto più consensi, ma l’incremento rispetto alle ultime elezioni sarebbe importante (tra i 2 e 3 punti percentuali) però non così consistente come inizialmente lo stesso sindacato aveva indicato (5%). Dietro all’organizzazione di Mimmo Pantaleo si posiziona sempre la Cisl: il sindacato guidato da Francesco Scrima avrebbe incrementato di mezzo punto: la Cisl Scuola porterebbe le sue preferenze attorno al 25%. La vera sorpresa delle elezioni del 2012 sarebbe allora la Uil Scuola, che avanzando di almeno un punto e collocandosi vicino al 16% di voti complessive avrebbe anche superato lo Snals: l’organizzazione di Marco Paolo Nigi, infatti, sembra aver fatto registrare la perdita di 3 punti pieni (da quasi il 17% del 2006 al 14% scarso). Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola, indica la buona performance del suo raggruppamento come conseguenza dell’“azione di un sindacato libero e che è stato e intende essere ‘concreto’ nelle scelte e ‘utile’ per le persone”.

In discesa, ma più contenuta, anche la Gilda (dal 6,5% a poco sopra il 6%): il sindacato coordinato da Rino Di Meglio continuerà comunque ad essere presente ai tavoli di trattative nazionali, superando (anche grazie a quasi 50mila deleghe) la soglia minima del 5% di rappresentatività.

Quota che non dovrebbero invece aver raggiunto i sindacati “minori”. Che comunque non sembrano avviliti. Anzi. Dopo le dichiarazione entusiaste dei Cobas, anche l’Anief esprime la sua soddisfazione: dai primi risultati parziali risulta che nelle scuole dove era presente, la lista di Pacifico avrebbe superato il 10%. 
Tuttavia il numero di istituti “coperti” con le liste alternative ai cinque sindacati maggioritari è stato davvero troppo limitato: più o meno un decimo degli istituti, contro oltre il 90%, ad esempio, della Flc-Cgil. Morale: se la normativa rimarrà quella in vigore, con l’obbligo da parte degli elettori di rivolgere la loro preferenza solo alle liste sindacali con dei candidati in servizio, per gli outsaider (che già devono arrivare alle elezioni senza la possibilità di convocare assemblee in orario di servizio) continuerà ad essere davvero dura cambiare gli equilibri.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Non si hanno ancora le percentuali definitive, ma a circa tre quarti dello spoglio delle schede le tendenze emerse nelle votazioni per il rinnovo delle RSU sembrano chiare e difficilmente reversibili. La partecipazione alle elezioni è stata ampia, circa l’80%, conferendo alle RSU una legittimazione che sarebbe risultata appannata in caso di decremento dei votanti.

A meno di sorprese dell’ultimo momento i cinque sindacati della scuola considerati ‘più rappresentativi’ sulla base nella normativa vigente - Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda degli insegnanti - continueranno in sostanza ad esserlo, avendo tutti superato la soglia del 5% dei voti, alcuni rafforzando le loro percentuali (i tre confederali, più di tutti la Flc-Cgil), altri regredendo un po’, ma non tanto da perdere la ‘rappresentatività’, che comporta la partecipazione ai negoziati contrattuali, un certo numero di ‘distacchi’ ecc.

In base alle proiezioni della Uil Scuola, che in passato ha dimostrato di avere affidabili strumenti di rilevazione, avrebbero guadagnato voti tutti e tre i sindacati confederali, mentre ne avrebbero persi lo Snals, la Gilda e i Cobas.

L’incognita era l’Anief, che sembra aver ottenuto (come i Cobas) un certo numero di eletti nelle scuole dove ha presentato candidati, ma che complessivamente, malgrado i notevoli sforzi profusi nella campagna elettorale, non avrebbe raggiunto il 5% su scala nazionale avendo presentato le liste solo in un limitato numero di istituzioni scolastiche.

Il buon successo ottenuto da Anief e Cobas dove si sono presentati fa peraltro ritenere non infondata l’ipotesi che se avessero potuto presentare liste in un maggior numero di istituzioni scolastiche anche l’esito delle votazioni sarebbe stato per loro più favorevole, in particolare nelle scuole a maggior tasso di precariato.

Resta il fatto che a dispetto della aggressiva e spregiudicata campagna “anti-casta” (cioè anti sindacati confederali) condotta in particolare da Anief ad avanzare sono stati proprio i sindacati confederali.

Fonte: Tuttoscuola

Dopo l’avvio dei ricorsi da parte dell’Anief e gli appelli della Uil Scuola, la Gilda di Trieste avvia un ricorso pilota: se avrà esito positivo sarà esteso a livello nazionale. Ma in ballo ci sono 50 milioni di euro. Che da quest’anno vanno all’Inps.

Quella dell’Enam, la trattenuta obbligatoria per tutti i docenti della scuola primaria che risale a un decreto del lontano 1947,  rischia di trasformarsi un una querelle immensa con gli insegnanti, sostenuti dai sindacati, da una parte e il Miur dall’altra. Dopo la decisione dell’Anief di chiedere alla Ragioneria provinciale dello Stato la revoca della trattenuta obbligatoria dello 0,80% sullo stipendio (attraverso un modello predisposto dallo stesso sindacato) e gli annunci fatti dalla Uil Scuola durante la campagna elettorale delle scorse settimane per il rinnovo delle Rsu, anche la Gilda degli insegnanti fa sapere che si sta muovendo.

Il passo ufficiale del sindacato di Di Meglio è stato fatto dalla Gilda di Trieste: anche in questo caso l’obiettivo è ottenere l’abolizione di quello che la Fgu definisce “un balzello iniquo” che grava sugli stipendi dei docenti delle scuole elementari e dell’infanzia.“Si tratta di un ricorso pilota – chiarisce il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio – ma, se avrà esito positivo, potrà essere esteso a livello nazionale”.

La somma prelevata dalla busta paga è dell’1% sull’80% dello stipendio, per un totale annuo di oltre 200 euro. Nonostante la soppressione dell’ente assistenziale, la trattenuta non è stata cancellata, ma trasferita all’Inpdap. Da quando anche questo Istituto ha cessato di esistere, i docenti continuano, loro malgrado, a versare questo “tributo” nelle casse dell’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – aveva detto qualche giorno fa Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief - migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’ENAM, di cui non si percepisce più l’utilità”.

Di Meglio aggiunge “che le forme di assistenza offerte dall’Enam non si sono mai adeguate alla mutata realtà storica e sociale del Paese e, quindi, non hanno garantito alcun vantaggio sostanziale agli insegnanti. Ecco perché – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – chiediamo che, contestualmente alla soppressione dell’ente, venga eliminato anche questo iniquo balzello”. Che però alle casse dell’Inps potrebbe portare oltre 50 milioni di euro l’anno.

Sulla vicenda non tutti i sindacati la pensano allo stesso modo. La Flc-Cgil non ci risulta che si sia espressa. Mentre la Cisl si è detta più possibilista verso il mantenimento del servizio.

Fonte: Tecnica della Scuola

Proiezioni e primi dati indicano i Confederali in ascesa: in particolare la Cisl di oltre 5 punti, la Flc-Cgil di 4. Soddisfatta l’Anief: dove eravamo presenti abbiamo primeggiato. Ma per i risultati definitivi serviranno un po’ di giorni.

I sentimenti di delusione dei cittadini verso la politica italiana non sembrano appartenere al mondo sindacale. Altro che declino del loro ruolo di interlocutori istituzionali. Dalle proiezioni e dai primi scrutini pervenuti, risulterebbe infatti che l’adesione al rinnovo delle Rsu di tutta Italia è stata di circa l’80%. Una cifra (in termini numerici sarebbe non troppo lontana dalle 800mila unità) che, se confermata, sarebbe molto vicina a quella fatta registrare nell’ultima tornata delle elezioni, svolte nel dicembre 2006.

In attesa di venire in possesso dei risultati definitivi delle elezioni (ci vorranno un po’ di giorni, solo allora si potrà decretare il dato della rappresentatività di settore per ogni sigla), dai sindacati Confederali giungono dichiarazioni di entusiasmo.

Sulla base dei dati provvisori, il leader della Cisl Scuola, Francesco Scrima, ha prima parlato di un “testa a testa con la Flc-Cgil” e poi di “un consistente incremento di consensi: rispetto alla precedente tornata elettorale del 2006, la Cisl Scuola passa dal 24,61% al 31,08%”. Scrima sottolinea che il suo sindacato, “primo per numero di iscritti”, è anche “la prima sigla per voti in una regione come la Puglia e in province come Alessandria, Bergamo, Pavia, Pesaro, Gorizia, Latina, Caserta, Avellino, Bari, Vibo Valentia, Cosenza, Agrigento, Oristano”.

Anche la Flc-Cgil rivendica incrementi rispetto al rinnovo Rsu del 2006. “Nella scuola le proiezioni – dice il segretario Mimmo Pantaleo - indicano una crescita di due punti mentre i dati a metà scrutinio assegnano una crescita di 4 punti”. Anche le informazioni dei lavoratori della conoscenza Cgil indicano una “partecipazione al voto nella scuola dell’80%”: il risultato “conferma come sia stato giusto battersi con determinazione per garantire alle lavoratrici ed ai lavoratori di poter eleggere le proprie Rsu quale condizione fondamentale per riconquistare una effettiva democrazia sui posti di lavoro e per esercitare pienamente la contrattazione”, ha concluso Pantaleo.

Secondo un altro comunicato, firmato da Pantaleo e gli altri due segretari generali Susanna Camusso e Rossana Dettori, l’alto numero di adesioni significa che “le lotte di questi anni, spesso condotte solitariamente, hanno dato i loro frutti, le nostre proposte ottenuto una fiducia che dà ancor più forza alle nostre rivendicazioni. Continueremo a seguire questa strada”.
Moderatamente soddisfatta si dimostra la Uil Scuola, che attraverso il suo segretario, Massimo Di Menna, parla di un “ulteriore bel successo della Uil Scuola, in continua crescita, così come era già successo in tutte le precedenti elezioni: il risultato rafforza l’azione di un sindacato laico e libero come la Uil Scuola e favorirà con le tante Rsu elette, la trasparenza, la tutela dei diritti e la qualità nella scuola”.

Tra i sindacati autonomi, si registra la reazione dell’Anief, alla sua prima esperienza di rinnovo Rsu: il sindacato degli educatori in formazione ha riscontrato a favore della propria organizzazione un numero di “consensi record, tra un terzo e la metà dei voti complessivamente espressi. È davvero sorprendente che nell’80% degli istituti, dove il giovane sindacato era presente, ha fatto registrare maggiori consensiQuesto significa – ha detto il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – che nelle scuole dove il nostro sindacato ha potuto presentare le proprie liste l’onda d’urto ha davvero lasciato il segno. Confermando la fondatezza del nostro programma, oltre che il malcontento che serpeggia negli istituti italiani contro la ‘casta’ sindacale che da decenni primeggia nella scuola italiana”. Nessuna reazione, per il momento, dagli altri sindacati autonomi.

Fonte: Tecnica della Scuola

A differenza di Cgil e Cisl che nelle prime dichiarazioni del dopo-voto per le RSU riportano dati parziali a loro favore, la Uil-scuola (nel 2006 risultò quarta con il 14,3% di voti, dietro lo Snals) si limita ad affermare: “La UIL Scuola ringrazia quei  tanti che, con il loro voto,  hanno rafforzato l’azione di un sindacato laico e libero come la UIL Scuola e che, con le tante RSU elette nelle nostre liste favoriscono nelle scuole trasparenza, tutela dei diritti, qualità. La Uil  rivolge  un particolare ringraziamento a quanti si  sono impegnati nelle commissioni e nei seggi elettorali.

Snals e Gilda per il momento non hanno rilasciato dichiarazioni.

Ben altro tono, improntato al trionfalistico, quello dell’Anief, presente per la prima volta nelle elezioni per le RSU d’istituto.

Il suo presidente, Marcello Pacifico, ha scritto sul sito dell’Associazione: “Onda d’urto dell’Anief nelle scuole in cui ha potuto presentare le liste. Consensi record, tra un terzo e la metà dei voti complessivamente espressi. Rivolta nelle scuole contro la casta sindacale. Si attendono i risultati finali per la misurazione della rappresentatività. GRAZIE per la fiducia.

Ringrazia candidati ed elettori, il presidente nazionale dell’Anief, prof. Marcello Pacifico, per aver raccolto il suo appello al cambiamento. Questi risultati sono il segno che è giunto il momento di iniziare una nuova stagione di relazioni sindacali nelle scuole all’insegna del rispetto del diritto e della valorizzazione delle diverse professionalità della scuola, a partire dalle RSU elette.

Dedico questo straordinario successo ai diversi collaboratori che in questi tre mesi di campagna elettorale hanno anteposto il futuro della scuola alla propria famiglia: soltanto nella ferma speranza di poter continuare a interpretare la voglia di cambiamento nel solco della giustizia si può vincere la sfida del domani".

Fonte: Tuttoscuola

Gilda: anche uno studente avrebbe compreso le peculiarità del settore, il no alla deroga è offensivo. Anief: ci penseranno i giudici a sistemare la cosa, anche perchè l’attività di docenza è tra le più usuranti. Cisl: provvedimento iniquo, ma qual è la linea del governo?

Le resistenze del governo sul mantenimento delle vecchie regole del sistema pensionistico al 31 agosto per la categoria degli insegnanti, ribadite dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, nel corso di un question time alla Camera, non scalfiscono la determinazione dei sindacati nel respingere una soluzione considerata iniqua.

Secondo il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, con queste parole il ministro Fornero “dimostra di non avere nessuna idea di come funzioni il mondo della scuola. Persino un semplice studente – rincara la dose il sindacalista – comprende bene che per chi lavora a scuola il termine per i requisiti di pensione non cade il 31 dicembre e che, quindi, anche il computo dei contributi viaggia al ritmo dell’anno scolastico”. La Gilda non nasconde il suo disappunto e quello dell’intera categoria: “I docenti italiani – conclude Di Meglio – sono offesi dalla scarsa attenzione con cui, ancora una volta, vengono affrontate questioni cruciali come quelle che riguardano la vita e il lavoro di chi insegna”.

Anche l’Anief non si rassegna: secondo il suo presidente, Marcello Pacifico, ancora una volta le ingiustizie del legislatore verranno compensate dai tribunali: “di fronte a tale disparità di trattamento dei lavoratori, il giudice non potrà non riconoscere la normativa specifica in ambito scolastico”. Il giovane sindacato ritiene inoltre ingiusto che la scuola non risulti tra le professioni usuranti: “vorrei ricordare che nel comparto pubblico – ha detto il rappresentante dell’Anief  – l’attività di insegnamento è tra quelle lavorative più stressanti e per questo motivo ad alto rischio ‘burnout’. Pertanto – haconcluso Pacifico - chiederemo ai giudici di riconoscere l’attività di docenza come usurante e come tale di garantire ai suoi lavoratori la stessa ‘finestra’ concessa ai privati”.

Pure la Cisl Scuola, attraverso il suo segretario Francesco Scrima, parla diprovvedimenti iniqui e discriminanti. Lo diciamo – ha sottolineato il sindacalista - al ministro del lavoro, che in Parlamento ha escluso la possibilità di rivedere le norme sui requisiti di accesso alla pensione. Anche in questa occasione, peraltro, si fatica a comprendere se ci sia - e quale sia - una linea condivisa sia all’interno del governo, sia nel rapporto tra il governo e la maggioranza che lo sostiene”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Grazie ad un emendamento approvato dalle commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera: l’incremento, sovvenzionato da più aliquote su birra e alcolici, servirà ad estendere il tempo scuola degli alunni con “bisogni educativi speciali”. Soddisfazione da Pd e sindacati.

Dopo anni di tagli ad oltranza, finalmente nel prossimo anno scolastico gli organici della scuola non subiranno riduzioni. Anzi, si incrementeranno di 10mila unità. A prevederlo sono state, il 6 marzo, le commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera approvando un emendamento al decreto semplificazioni come copertura alle norme “sull'autonomia responsabile delle scuole” prevista nel provvedimento. Accadrà quindi che i 725mila docenti in organico le oltre 230mila unità di personale Ata rimarranno in essere.

L'emendamento prevede, inoltre, che gli attuali posti vengano incrementati con "ulteriori 10mila posti", tra personale docente ed Ata, a partire dall'anno scolastico 2012/2013: il personale in aggiunta si occuperà specificatamente di estendere il tempo scuola degli alunni con “bisogni educativi speciali”, in particolare frequentanti la scuola primaria e secondaria di primo grado.

La spesa verrà assicurata attraverso nuove entrate dai giochi "in misura non inferiore a 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2012" e con l'aumento delle aliquote sulla birra, i prodotti alcolici intermedi (la cui gradazione alcolica non proviene interamente da fermentazione come i vini aromatizzati e liquorosi) e l'alcol etilico "al fine di assicurare un maggior gettito erariale complessivo pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2012".

Sull'emendamento, riferiscono le agenzia di stampa, c'è stato un piccolo colpo di scena con i due relatori che si sono espressi in disaccordo: Stefano Saglia del Pdl ha dato parere contrario, mentre Oriano giovanelli (Pd) si è espresso a favore. Di fronte a questa inedita situazione, il governo si è rimesso al voto delle commissioni. Lì'emendamento è passato con 29 sì e 13 no.

Molto soddisfatto, per l’esito dell’emendamento, è il Partito democratico: secondo Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione, e Francesca Puglisi, responsabile scuola Pd, "è un importante vittoria del partito democratico a favore" del comparto istruzione e "che restituisce ossigeno e fiducia alle scuole".

Soddisfazione viene espressa anche dai sindacati. Secondo Francesco Scrima, segretario Cisl Scuola, è “certamente positivo un emendamento che rimedia alla vaghezza del testo originario e offre parametri certi a cui fare riferimento anche nella definizione delle linee guida che il ministro dovrà emanare entro sessanta giorni. Poiché si tratta di individuare obiettivi e priorità in una situazione che vede numerosi punti di autentica sofferenza del sistema (si pensi alle crescenti difficoltà organizzative che vive oggi la scuola primaria), chiediamo che si apra immediatamente - conclude Scrima - un confronto per individuare soluzioni quanto più possibile condivise”.

Secondo il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna, in realtà l’emendamento approvato oggi “ripristina il testo iniziale del decreto così come formulato nella prima stesura posta al vaglio del consiglio dei ministri. Disposizione che era successivamente svanita. Il Governo non resti a guardare, ma sostenga in Parlamento la scelta di dare alle scuole un organico stabile e pluriennale per dare continuità didattica e continuità del lavoro”. Due elementi indispensabili per garantire “tranquillità nel personale e continuità nell’attività didattica e nei servizi”.

Anche per Marcello Pacifico, leader dell’Anief, è “un importante segnale in controtendenza rispetto alla pessima politica che negli ultimi anni ha cancellato oltre centomila posti tra insegnanti e personale Ata: la norma, giunta dopo la riduzione del maestro unico, l’eliminazione degli insegnanti specialistici di inglese e del tempo pieno, darebbe una bella boccata d’ossigeno alla nostra scuola dell’obbligo”, oltre che un punto a favore verso la “stabilizzazione dell’organico di sostegno precario annualmente utilizzato”. Il sindacato attende ora che le Commissioni parlamentari valutino con obiettività anche le proposte di modifica presentate nei giorni scorsi dallo stesso sindacato: “siamo convinti che la stessa attenzione verrà rivolta dai parlamentari in occasione della votazione degli altri emendamenti proposti dall’Anief su pensioni, precari, contratto e mobilità del personale”, conclude Pacifico.

Per Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, siamo di fronte ad “un primo passo significativo e segna una inversione di tendenza rispetto ai tagli scellerati alla scuola pubblica, effettuati dal Governo Berlusconi. La scuola italiana ha bisogno di investimenti e della restituzione di quelle risorse necessarie per garantire il diritto costituzionale all’istruzione. La Flc-Cgil ha da tempo presentato alle forze politiche e al ministro Profumo le proprie proposte: organico funzionale con risorse aggiuntive, stabile e triennale”.

Meno entusiasmo viene invece espresso dagli studenti. "Non possiamo che accogliere positivamente un passo del genere – ha dichiarato Mariano di Palma, coordinatore nazionale dell'UdS - ma dobbiamo ricordare che è solo un primo passo avanti, dopo che ne sono stati fatti cento indietro. Negli ultimi tre anni, le scuole hanno vissuto e continuano a vivere un'enorme sofferenza: l'offerta formativa è sempre più risicata, i presidi si trovano costretti ad abusare del contributo volontario degli studenti per mantenere i bilanci in verde, e tra docenti licenziati e studenti appesantiti da tasse illegittime le scuole pubbliche attraversano enormi difficoltà".

L'approvazione dell'emendamento non comporta, tuttavia, la sua definitiva inclusione nel dl semplificazioni: per la sua attuazione servirà il sì della Commissione Bilancio. Che si esprimerà nei prossimi giorni, subito dopo aver verificato la compatibilità economica del provvedimento.

Fonte: Tecnica della Scuola

Domani ultimo giorno di voto per il rinnovo delle RSU d’istituto. Se verrà confermata l’affluenza alle urne scolastiche del 2006, i votanti saranno circa 800 mila.

A contendersi quei voti saranno soprattutto i tre sindacati scuola confederali, lo Snals e la Gilda, da diversi anni gli unici sindacati rappresentativi, in quanto titolari del quorum richiesto del 5% elettorale e del 5% associativo.

La Cgil-scuola, con il 30,9% dei voti validi, si è aggiudicata, anche nel 2006, i maggiori consensi, seguita dalla Cisl-scuola (24,6%), dallo Snals (16,8%), dalla Uil-scuola (14,3%) e dalla Gilda (6,4%).

Dal 2006 ad oggi vi è stato un cambiamento all’interno della categoria con decine di migliaia di uscite e molte new entry che potrebbero determinare spostamenti di voti. Anche le politiche dei sindacati rappresentativi hanno subito una certa evoluzione. Il tutto potrebbe provocare cambiamenti inattesi.

Da verificare, ad esempio, la tenuta di Gilda sul quorum del 5% e la possibile avanzata della Uil-scuola con il sorpasso sullo Snals.

Tra Cgil e Cisl si tratta di vedere se le posizioni radicali della prima saranno premiate dall’elettorato a svantaggio della politica di concertazione e mediazione della seconda.

L’incognita e la maggior attesa di questa tornata elettorale per il rinnovo delle RSU è, comunque, rappresentata dalle liste Anief. L’Associazione di Pacifico ha condotto una campagna elettorale senza esclusione di colpi e con notevole dispendio di risorse, puntando decisamente a raggiungere il livello del 5% con la speranza di entrare tra gli “eletti”, cioè tra i sindacati rappresentativi che hanno diritto di partecipare alla contrattazione nazionale e di ottenere distacchi sindacali. 

Fonte: Tuttoscuola

Nella mattinata di venerdì 2 marzo presso l’aula magna del Liceo Scientifico di Matera il sindacato Anief, che tutela i diritti del personale di ruolo e precario del mondo della scuola nella provincia di Matera ha promosso seminario sul tema “La legislazione scolastica nella normativa recente”. 

Hanno preso parte insegnanti, di ruolo o precari e personale Ata dell’istituzione scolastica interessati ad aggiornarsi sulla nuova disciplina normativa e contrattuale introdotta nell’ultimo triennio. 

Mobilità, Cassa integrazione, Licenziamento, Progressione di carriera, Riconversione professionale, Blocco degli stipendi, Indennità di reggenza, Stabilizzazione dei precari, Formazione iniziale, Reclutamento, Pensioni: sono le questioni che minano i diritti del personale di ruolo e precario del mondo della scuola e che sono state approfondite nel corso del seminario, che vedrà la partecipazione del segretario nazionale dell’Anief Marcello Pacifico, invitato nella città dei Sassi per chiudere la campagna elettorale avviata per il rinnovo delle Rsu, in programma da lunedì 5 a mercoledì 7 marzo 2012 anche a Matera nelle scuole di ogni ordine e grado. Dopo i saluti del sindaco di Matera, Salvatore Adduce, del dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Dante Alighieri” di Matera, Osvaldo Carnovale, del presidente regionale CONFEDIR Basilicata, Pasquale Covella e del presidente provinciale ACLI Matera, Mimmo Corrado si sono svolte le relazioni del direttore del corso Marcello Pacifico, del segretario regionale Nuccio Santochirico e del vice-presidente di Anief Matera, Daniele Ventrelli.

Riportiamo di seguito l’intervista che ha rilasciato a margine del seminario il segretario nazionale dell’Anief Marcello Pacifico.

Marcello Pacifico ha 34 anni, è originario di Cefalù, centro della provincia di Palermo e da tre anni ricopre il ruolo di segretario nazionale Anief. La sua professione è legata naturalmente al mondo della scuola visto che è impegnato come docente di lettre in una scuola media di Collesano e vanta anche una docenza a contratto di storia medievale presso l’Università di Palermo. Come è nato l’impegno nel sindacato? 

“Dopo aver fatto parte dal 2003 della direzione nazionale di un altro sindacato ho deciso di impegnarmi in prima persona nell’Anief. Sono presente anche all’interno della segreteria nazionale della Confedir (dirigenti pubblici e privati e alte professionalità)”.

Si chiude una campagna elettorale importante per l’Anief. Come è stata condotta e in quali città si è svolta prima di concluderla a Matera?

La campagna elettorale si è svolta con successo, sebbene sia stato negato all’Anief il diritto di parola nelle assemblee sindacali per via di un regolamento che è stato sottoscritto dai sindacati rappresentativi per ostacolare l’alternanza. Tanti docenti e Ata si sono rivolti a noi per candidarsi nelle nostre liste dopo aver preso coscienza dell’inerzia degli altri sindacati e del cambiamento promosso dall’Anief. La partecipazione ai seminari sulla legislazione, d’altronde, è la prova del desiderio di informazione che richiede il personale della scuola, messo all’oscuro da quanto approvato nell’ultimo decennio. Siamo stati in ogni parte del territorio nazionale, da Siracusa a Milano, ma abbiamo voluto concludere questi seminari a Matera proprio per legare la nostra scommessa a quella di una città che vuole essere capitale della cultura europea”.

Per quali ragioni l’Anief ha scelto proprio la città dei Sassi per il seminario conclusivo che anticipa le votazioni per il rinnovo delle RSU nel monndo della scuola?

“Perchè la scelta della RSU e il voto alla lista sindacale oggi come mai rappresenta un impegno per la ricostruzione della scuola e del Paese, per la riscoperta di quei diritti e valori civici che dovrebbero guidare la nostra azione educativa nella vita di ogni giorno. Soltanto partendo dalla promozione del nostro patrimonio culturale che qui ha avuto il riconoscimento dell’UNESCO, possiamo ricostruire il nostro stato sociale e quindi la crescita del Paese. Anche per questo scioperiamo domani con il sostegno di diverse sigle sindacali. Il Governo deve ascoltare i formatori della nostra scuola”.

Un giovane alla guida di un sindacato: quanto è importante il ricambio generazionale nell’ambiente sindacale per raggiungere gli obiettivi prefissati?

E’ importante nella misura in cui si è aperti sempre di più all’ascolto di chi ha maturato molta esperienza e ci si muove con sempre maggiore passione per costruire un domani migliore. La motivazione e la fede in una missione educativa che sappia coniugare un patto generazionale nella tutela dei diritti sono la missione di chi non vuole difendere diritti acquisiti ma la dignità dell’uomo e il ruolo dell’educatore in una società che deve essere giusta e solidale.

L’Anief riuscirà ad avere la rappresentatività alle prossime elezioni? Ci sono i presupposti affinchè questo possa avvenire?

“Abbiamo quasi il 3% delle deleghe attive registrate allo scorso dicembre. Dobbiamo prendere il 7% dei voti espressi alle prossime elezioni RSU nel 15% delle liste presentate. Se i colleghi, indipendentemente dalla loro tessera sindacale e dalle loro promesse, votano le liste Anief possono consentire al sindacato di essere rappresentativo. In questo modo, sono sicuro, gli altri grandi sindacati ci seguiranno ancora di più da vicino come hanno fatto per la trattenuta ENAM (UIL), per l’indennità di reggenza ai vicari (SNALS), per le pensioni (CISL), per la stabilizzazione dei precari (CGIL), per lo sciopero (GILDA)

Ultima domanda: se l’Anief riesce a vincere questa sfida quali impegni intende assumere per soddisfare le aspettative di chi opera nel mondo della scuola, da docente di ruolo o precario?

“Vogliamo porre fine alla precarietà come sistema ordinario di assunzione nella scuole e garantire parità di trattamento tra tutti i lavoratori, sbloccare il contratto e gli scatti di anzianità, aumentare gli investimenti nella cultura e nell’istruzione, garantire le pensioni anche ai più giovani, far ripartire la scuola autonoma come centro di educazione permanente e sviluppo di tutto il territorio, valorizzare una professione che duemila anni fa era destinata a reggere i vertici del buon governo, ridare dignità al ruolo che ogni docente e Ata, giornalmente, svolge nel silenzio tra i corridoi e le aule delle scuole, per il bene dei suoi studenti”.

Fonte: Sassilive (vai all'articolo e alla fotogallery)

Al voto oltre un milione di dipendenti: dalle loro preferenze scaturiranno le 30mila rappresentanze sindacali dei 10mili istituti italiani. Una parte però rimarrà in carica solo alcuni mesi per il dimensionamento. Attacco della Gilda a Cgil, Cisl e Uil: perché hanno rifiutato la verifica sui loro dati? Parole forti anche dai Cobas. L’Anief, a sorpresa, tende la mano per fare alleanze sempre più larghe.

A partire da domani oltre un milione di dipendenti della scuola saranno chiamati a rinnovare le Rsu di oltre 10mile istituti, dalla materne alle superiori: fino a mercoledì docenti e personale in possesso di un contratto a tempo indeterminato o annuale potranno recarsi nelle urne allestite dalle stesse organizzazioni sindacali in ogni scuola italiana. Dalle preferenze, esprimibili fino a mercoledì negli orari prefissati delle commissioni elettorali, scaturiranno più di 30mila nuovi rappresentanti sindacali. Una parte di loro, alcune migliaia, decadrà già in estate a causa dell’annunciato dimensionamento scolastico.

Nel 2006 il rinnovo delle Rsu fu decretato da più di 800mila elettori: la Flc-Cgil incamerò quasi un terzo (il 31%) delle preferenze; la Cisl Scuola acquisì circa il 25% dei voti. A seguire lo Snals (con circa il 17% di consensi), la Uil Scuola (oltre il 14%) e la Gilda degli insegnanti (circa il 6,5%). Tutti gli altri sindacati non riuscirono nemmeno a sfiorare la soglia minima, legata anche al numero di deleghe, del 5% necessario per sedersi al tavolo delle trattative ministeriali, ottenere distacchi sindacali e svolgere riunioni in orario di servizio.

Le ultime ore della campagna elettorale sono state contrassegnate da alcuni interventi particolarmente duri, espressi dai sindacati meno rappresentativi nei confronti dei concorrenti. Tra questi spicca quello di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, che durante l’incontro con delegati e lavoratori al teatro Quirino a Roma ha pronunciato parole forti contro l’attuale sistema che regola il sindacalismo scolastico: "siamo stufi delle Rsu e non perché abbiamo un problema di rappresentatività, come dimostrano le quasi 4mila liste presentate. Ma non si possono continuare a ignorare i problemi che comportano tali elezioni".

Secondo Di Meglio, infatti, "le Rsu non hanno niente a che fare con la scuola, luogo di formazione e cultura. Senza contare che queste elezioni, sulle quali si misurano permessi e distacchi, hanno effetti di diritto pubblico non trascurabili - Non solo, ma -ha aggiunto il sindacalista - si tratta di consultazioni viziate perché in capo agli stessi sindacati. Un po´ come se le elezioni politiche fossero affidate ai partiti anziché al ministero dell´Interno".

Di Meglio si è scagliato poi contro i sindacati Confederali, perchè "l´Aran ma anche Cgil, Cisl e Uil hanno rifiutato il controllo sui dati delle singole sigle sindacali. Contro questo diritto negato - ha concluso Di Meglio - promettiamo battaglia. Faremo una protesta politica forte e, poi, se necessario, passeremo alle vie giudiziarie".

Cobas, dal canto loro, hanno adottato lo slogan “Esci dal guscio”. Inoltre si sono rivolti agli elettori con frasi al vetriolo. Come questa: “non abbiamo le mani in pasta in attività lucrose come quelle dei sindacati concertativi”.

Più morbida, dopo una campagna condotta senza esclusione di colpi, è apparsa l’Anief, che in occasione delle elezioni dal 5 al 7 marzo potrà contare sui consensi di Usi, Sisa, Lisa, Scuola Athena e Conitp. Oltre che sul patto di “desistenza” con l’Unicobas (che ha chiesto di “partecipare in massa alle elezioni Rsu a dare un senso al nostro impegno”) per evitare che il personale possa votare le altre organizzazioni.“Questo voto – ha dichiarato il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico - è un voto all’alternanza, alla speranza e che potrà convincere gli altri grandi sindacati a continuare a seguirci nelle iniziative di mobilitazione, di protesta e di tutela dei lavoratori”.

Fonte: Tecnica della Scuola