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La Tecnica della scuola – 1 luglio 2012
“Rusconi (PD): “Inapplicabile la sentenza della Consulta”
░ Intervenendo in VII Commissione, il senatore Rusconi ha proposto un modo per uscire dall’impasse: stabilire nuovi parametri per la formazione delle istituzioni scolastiche (dall’a.s.2013/2014 ogni regione avrebbe a disposizione una unità ogni 900 alunni ma sarebbe libera di organizzarsi nel modo ritenuto più adatto al proprio territorio).
La sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche è attualmente all’esame della Commissione Cultura del Senato che dovrà anche proporre qualche soluzione ai problemi applicativi della sentenza stessa. Il dibattito è iniziato nei giorni scorsi con una relazione introduttiva del senatore Antonio Rusconi (PD) che, preliminarmente, ha voluto precisare che a suo parere “la Corte costituzionale ha sanzionato solo il metodo, non anche il merito, della norma approvata dal precedente Governo”. “La Consulta – ha detto Rusconi - ha infatti eccepito che, trattandosi di competenza concorrente, occorreva un maggior coinvolgimento delle Regioni, cui doveva essere lasciato ogni intervento di dettaglio, riconoscendo tuttavia il diritto dello Stato di ridurre il numero dei dirigenti scolastici per conseguire risparmi di spesa”. Ma, ha aggiunto Rusconi, la scuola ha bisogno di certezze e quindi è opportuno che “per l'anno scolastico 2012-2013 gli organici siano mantenuti inalterati, ancorché elaborati sulla base di una norma dichiarata illegittima”. D’altronde, ha rilevato (“con sollievo” si legge nel resoconto parlamentare) Rusconi, “le Regioni hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l'anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell'amministrazione, salvo però intervenire per l'anno successivo”. …In conclusione Rusconi non ha fatto mancare una propria proposta: d’ora in poi il numero delle istituzioni scolastiche dovrebbe essere calcolato facendo riferimento al numero degli alunni dell’intera regione. In concreto il senatore del PD ha proposto di mantenere come riferimento il numero di 900 alunni. In questo modo il numero complessivo delle istituzioni scolastiche si dovrebbe attestare intorno alle 8.700 unità. Ogni regione sarebbe poi libera di costituire le scuole nel modo ritenuto più adatto alle caratteristiche del proprio territorio.

www.dire.it – 3 luglio 2012
“'Ecatombe' inglese a scuola: a Roma è "scomparso" il 92% dei prof specialisti”
░ Un effetto del taglio agli organici della Scuola primaria.
Inglese, alla scuola primaria a Roma e provincia, va in scena l'ecatombe degli specialisti. In due anni, per effetto della riforma Gelmini, che punta a sostituirli con docenti ordinari allenati a insegnare anche la nuova materia, sono scesi del 91,9%. Erano 445 fino a due anni fa, sono scesi a 96 lo scorso anno e quest'anno si passa a 36…. D'ora in poi dovranno occuparsi della materia, infatti, insegnanti ordinari. Alcuni di loro hanno fatto corsi di poche decine di ore. Altri hanno una abilitazione che risale al concorso degli anni Novanta e da allora la maggior parte non ha rinfrescato la sua preparazione. Insomma, si rischia l'effetto inglese maccheronico…. Oggi la Flc-Cgil di Roma torna a protestare sotto la sede dell'U.S.R. "L'Usr del Lazio e dell'Ufficio scolastico provinciale di Roma non rispettano e non applicano la circolare ministeriale 25 del 29 marzo 2012 determinando ulteriori tagli in posti e personale (il ministro Profumo aveva promesso lo stop), la diminuzione dei docenti a fronte dell'aumento degli alunni in particolare nella scuola primaria". Inoltre "le 4 ore residuali per classe di tempo pieno non sono state lasciate a disposizione delle scuole, determinando l'impoverimento del modello pedagogico/didattico fondato sulla compresenza di due docenti per classe e la perdita della possibilita' di ampliare gli orari delle classi a tempo normale fino a 30 ore".

ItaliaOggi – 3 luglio 2012
“Reclutamento non più nazionale? Vedremo”
░ Alessandra Ricciardi intervista l’assessore Valentina Aprea in materia di reclutamento dei docenti. L’ex sottosegretario all'istruzione, già presidente della commissione cultura della Camera (suo è il disegno di legge sulla professione docente e la governance della scuola), oggi è assessore all'istruzione della Lombardia. Valentina Aprea, pdl, ha lavorato alla bozza di accordo stato-regioni che apre al federalismo scolastico, in attuazione del titolo V della Costituzione.
D. Non ci siete riusciti quando eravate al governo, perché dovreste riuscirci oggi che il Pdl sostiene un governo tecnico?
Risposta. C'è un clima diverso nel paese, è il momento giusto per porre mano alle incertezze in materia di istruzione e formazione professionale. Il governo tecnico ha un ampio mandato parlamentare ed è stato chiamato a risolvere questioni che in questi anni di governo del centrosinistra e del centrodestra sono riamaste in sospeso. Proprio in questi giorni abbiamo assistito a nuovi ricorsi in materia di istruzione alla Corte costituzionale da parte delle regioni contro leggi statali e dal governo nazionale contro leggi regionali. É una situazione paralizzante, che va risolta, per i docenti e per le famiglie.
D. Non avete molto tempo, questo è un governo a stretta scadenza...
R. Nella bozza di accordo ci sono modalità certe, lavoreremo attraverso gruppi paritetici stato-regioni, e tempi certi. Entro marzo 2013, prima dunque che finisca la legislatura e si vada a nuove elezioni, il governo dovrà presentare il testo unico sul riassetto della normativa statale alla luce dell'articolo 117 della Costituzione.
D. Cosa cambia in concreto con l'accordo?
R. Il primo ambito sarà la nuova articolazione delle funzioni amministrative: rendere più snella e funzionale la presenza degli uffici scolastici regionali e territoriali. L'obiettivo è evitare duplicazioni nella gestione del personale, nell'assegnazione dello stesso alle scuole e nell'individuazione degli istituti sul territorio. E potrebbe accadere in questo ambito che il personale degli uffici scolastici regionali e provinciali passi alle regioni. E questa è la sussidiarietà verticale. Ma c'è anche un discorso che riguarda l'autonomia delle scuole, che vanno riorganizzate per reti e richiedono una diversa rappresentanza. E questo è in contrasto con una scuola centralistica. Ci sono due modelli di governance, tra loro incompatibili: quello statalista, che concepisce al massimo il decentramento di funzioni, e quello federalista, con il trasferimento di funzioni. Per noi regioni è importante fare chiarezza sul modello, servirà anche a ridurre i costi.
D. In molti temono che si apra a una regionalizzazione del reclutamento.
R. Noi ci occuperemo con l'accordo delle funzioni amministrative. La bozza prevede poi che si possano sperimentare anche nuovi modelli organizzativi per la valorizzazione dell'autonomia scolastica. Dentro queste sperimentazioni potrebbe esserci qualcosa che attiene alla professione docente, professione che comunque resterà statale per la formazione universitaria. Sulla bozza di accordo c'è stata piena condivisione di tutte le regioni, senza steccati ideologici. Proseguiremo con lo stesso spirito.


La tecnica della scuola.it – 4 luglio 2012
“Organici ATA: si perdono 2.200 posti di DSGA”
░ E’ ufficiale: lo stabilisce il Miur con decreto.
Nella giornata del 3 luglio il Ministero dell’Istruzione ha trasmesso agli Uffici scolastici regionali lo schema di decreto interministeriale in materia di organici del personale Ata. Al decreto sono allegate le tabelle riassuntive e quelle relative alle modalità per calcolare l’organico spettante a ciascuna istituzione scolastica. Complessivamente, rispetto allo scorso anno, si registra un saldo negativo superiore alle 2.200 unità: la riduzione è dovuta interamente al taglio di altrettanti posti di DSGA dovuto alle operazioni di dimensionamento della rete scolastica. L’organico dei collaboratori scolastici resta complessivamente invariato a livello nazionale con riduzioni nelle regioni del sud (-50 in Calabria, -76 in Campania, -82 in Sicilia, -56 in Puglia) e con modesti aumenti al nord (+51 in Emilia-Romagna, +91 in Lombardia) e al centro (+44 in Toscana e +32 in Lazio). Molto più ridotte sono le variazioni di organico degli assistenti amministrativi: +19 in Emilia-Romagna, +34 in Lombardia, -28 in Campania e -32 in Sicilia. Qualche novità positiva si registra nelle tabelle per il calcolo dei posti spettanti a ciascuna scuola. I parametri restano uguali a quelli già in vigore, ma per circoli didattici, scuole medie e istituti comprensivi viene introdotto un correttivo: per ogni 100 alunni oltre i 1200 viene assegnato un ulteriore posto di collaboratore scolastico e per ogni 200 alunni oltre i 1.900 l’organico degli assistenti amministrativi viene incrementato di una unità. Non è molto, ma in tal modo gli effetti del dimensionamento scolastico dovrebbe essere un tantino mitigati.

www.corriere.it – 5 luglio 2012
“«Provata l'esistenza del bosone di Higgs» -E' la particella all'origine dell'Universo”
░ Un articolo di Giovanni Caprara Alla conferenza stampa internazionale tenutasi al CERN di Ginevra, è stato annunciata la prova dell’esistenza della particella che consente a ogni cosa di avere «massa» e quindi l'esistenza della materia come la conosciamo: la hanno denominata «particella di Dio».
Il bosone di Higgs, la famosa «particella di Dio», esiste ed è stata catturata finalmente senza alcun dubbio nel superacceleratore Lhc del Cern di Ginevra. I due esperimenti che le davano la caccia con tecnologie diverse sono giunti allo stesso risultato: la sua energia si esprime tra 125 e 126 GeV (miliardi di elettronvolt) e quindi conferma l’ultimo tassello rimasto aperto del Modello Standard, la teoria che spiega l’architettura di base della natura.Il bosone di Higgs è importante perché è la particella che garantisce la massa a tutte le altre particelle subatomiche della materia della quale anche noi siamo formati. La conferma arriva dall’aver raggiunto da parte dei ricercatori gli ambitissimi «5 sigma» che è il valore che garantisce l’altissima probabilità della sua presenza. La caccia era iniziata nel 1964 quando il fisico britannico Peter Higgs aveva previsto teoricamente la sua esistenza. Dopo cinquant’anni la milanese Fabiola Gianotti e l’americano Joe Incandela, portavoce dei rispettivi esperimenti, hanno illustrato questa mattina davanti alla comunità scientifica del Cern le loro conclusioni dell’ultima fase di indagini iniziata nel dicembre dell’anno scorso quando, sempre qui al Cern, avevano presentato i primi indizi dell’esistenza della fatidica particella. Le incertezze del passato sono definitivamente cadute. Ma con una doppia sorpresa. «Il bosone di Higgs – spiega Guido Tonelli, portavoce dell’esperimento CMS sino a qualche mese fa – non solo ora lo abbiamo davanti agli occhi ma ha anche aperto una nuova fisica. Le sue caratteristiche sono un po’ diverse da come la teoria l’aveva immaginato e presenta alcune anomalie che prospettano nuovi mondi della conoscenza da indagare. Ed è quello che faremo nei prossimi mesi». Ma la materia rappresenta solo il 4 per cento dell’universo conosciuto, il rimanete 96 per cento è materia oscura ed energia oscura, così chiamate perché non se ne conoscono le caratteristiche. …. Lunghi applausi hanno seguito le presentazioni di Joe Incandela e Fabiola Gianotti che insieme hanno coordinato il lavoro di tremila scienziati….

la Repubblica.it – 5 luglio 2012
“Così viene umiliata l’istruzione pubblica”
░ Allo stato delle cose, salvo ripensamenti, il piano di tagli agli sprechi messo in cantiere dal governo Monti prevede alla voce scuola di togliere 200 milioni alle istituzioni pubbliche per darli alle private.
…Leggiamo che si tolgono risorse pubbliche alle università statali al fine di “ottimizzare l’allocazione delle risorse” e “migliorare la qualità” dell’offerta educativa. Stornare risorse dal pubblico renderà la scuola più virtuosa. Ma perché la virtù del dimagrimento non dovrebbe valere anche per il settore privato? Perché solo nella già martoriata scuola pubblica i tagli dovrebbero tradursi in efficienza? Lo stillicidio delle risorse all’istruzione pubblica e alla ricerca va avanti imperterrito da più di dieci anni, indipendentemente dal colore dei governi e dallo stato dei conti pubblici…. A partire dalla legge 62/2000, concepita come attuazione dell’Art. 33 della Costituzione, le scuole private dell’infanzia, quelle primarie e quelle secondarie possono chiedere la parità ed entrare a far parte del sistema di istruzione nazionale. Ottenere la parità (rispetto al valore del titolo di studio rilasciato) non equivale per ciò stesso a ricevere denaro pubblico. Eppure l’interpretazione della Costituzione che ha fatto breccia alla fine della cosiddetta Prima Repubblica ha imboccato la strada della revisione della concezione del pubblico, un aggettivo esteso anche a tutta l’offerta educativa riconosciuta come “paritaria”. Ciò ha aperto i cordoni della borsa pubblica alle scuole private, che in Italia sono quasi tutte cattoliche e che ricevono denaro dallo Stato sotto forma di sussidi diretti, di finanziamenti di progetti finalizzati, e di contributi alle famiglie come “buoni scuola”. Neppure un governo tecnico riesce a evitare di farsi tanto politico da discriminare le scuole pubbliche e privilegiare quelle private quando si tratta di dare o togliere finanziamenti.
L’Unità – 5 luglio 2012
“Istruzione contro Tesoro: già dato”
░ Il Ministro Profumo parla di asset al ministro Grilli. Non lo sa che nella scuola tutte le spese sono state ridotte e razionalizzate ? Vedremo se il fatto di essere stati «i primi ad aderire alle ricognizioni iniziali della spending review» risulterà un merito o un autogol. Ci viene in mente il grande Pirandello…. !!! Aveva capito tutto.
Un braccio di ferro che durerà fino a stasera, quando si riunirà il Consiglio dei ministri. Da una parte i tecnici del ministero del Tesoro, con tagli per circa 200 milioni al fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Dall'altra quelli del ministero dell'Istruzione, decisi a dimostrare che di sforbiciate lineari non c'è alcun bisogno. È l'ultimo «duello>, emerso dal magma ancora informe (ma molto caldo) della spending review. «Siamo stati i primi ad aderire alle ricognizioni iniziali della spending review, avviate in marzo dal ministro Giarda spiegano a Viale Trastevere non abbiamo un atteggiamento pregiudiziale. Ma siamo altrettanto convinti che non si possono colpire asset importanti del Paese e che ci sono altri modi che consentono risparmi. La scuola deve restare al centro degli asset del Paese». Dagli uffici del ministro Francesco Profumo fanno sapere che quella amministrazione «ha già dato, all'altare dei risparmi, con la riduzione del 60% delle spese dell'ufficio stampa, l'avvio della diminuzione delle sedi del dicastero (da cinque a due il prossimo anno), la razionalizzazione della spesa per l'acquisto di beni e servizi oltre ai i risparmi conseguiti con il «plico telematico>>, introdotto in occasione degli esami di maturità. Su questi suggerimenti operativi si sta giocando la partita con gli uomini della Ragioneria.

Ufficio Stampa Miur – 5 luglio 2012
“L'apprendimento permanente per la crescita del patrimonio culturale”
░ Una informativa sul convegno (3 luglio 2012) "L'Apprendimento Permanente per la crescita del patrimonio culturale, professionale ed economico del Paese. Il contributo delle Università".
Il Convegno è stato promosso dal MIUR in collaborazione con la R.U.I.A.P. (Rete Universitaria Italiana per l'Apprendimento Permanente)… con l'obiettivo di avviare un dibattito di alto profilo, anche europeo, sul ruolo delle Università per la definizione e lo sviluppo di un potenziato sistema per l'apprendimento permanente…. I lavori, trasmessi in video streaming, si sono articolati in un'unica sessione antimeridiana, di fronte ad una platea di circa 200 partecipanti, composta da esponenti della R.U.I.A.P., della C.R.U.I., del C.U.N., dell'A.N.V.U.R., nonché dell'E.U.C.E.N. e da rappresentanti della Comunità Europea. Hanno preso parte al Convegno anche i rappresentanti dei Centri Territoriali Permanenti per l'Istruzione degli adulti, provenienti da tutte le Regioni Italiane e rappresentanti delle Regioni e delle Parti sociali. I recenti provvedimenti legislativi hanno offerto l'avvio per un confronto per la definizione degli obiettivi specifici, sociali ed economici, delle attività di apprendimento permanente e degli strumenti e servizi per la realizzazione di reti territoriali finalizzate ad offrire risposte integrate e partecipate. E' stata evidenziata l'esigenza di offrire, da parte delle Università, nuove risposte ad una popolazione studentesca, diversificata per età e condizione occupazionale, che permettano il riconoscimento e la valorizzazione degli apprendimenti pregressi, comunque acquisiti in contesti formali, ma anche non formali e informali.

Il Sole 24Ore – 5 luglio 2012
“Istruzione. Convenzioni Consip. A scuola pulizie esternalizzate. Bidelli dimezzati”
░ Sarebbero i contenuti, nel settore scuola, dell’ultima bozza del decreto sulla spending review, oggi pomeriggio all'esame del CdM. C’è un passaggio inquietante, in questo articolo: “Dopo l'esperimento delle procedure di mobilità che dovranno assicurare la stessa riduzione di personale prevista per il pubblico impiego…”. Che cosa vuole dire ?
Stretta sulle pulizie nelle scuole. A disporla è l'ultima bozza del decreto sulla spending review che sarà oggi pomeriggio all'esame del Consiglio dei ministri. E che, alla voce istruzione, potrebbe registrare un'altra novità: la cancellazione del taglio di 200 milioni al Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) delle università, in cambio di una quota analoga di risparmiare realizzati con l'eliminazione delle inefficienze. Partiamo dalla scuola. Dove spicca innanzitutto la conferma delle nuove regole sul reclutamento dei docenti a tempo indeterminato. Dopo l'esperimento delle procedure di mobilità che dovranno assicurare la stessa riduzione di personale prevista per il pubblico impiego, gli insegnanti che risultassero in esubero nella propria provincia potrebbero essere impiegati, nell'intera regione, in classi di concorso o gradi di istruzione diversi da quelli di appartenenza; oppure in posti di sostegno rimasti vacanti. Una new entry di una certa importanza riguarda invece i servizi di pulizia negli istituti. La norma stabilisce che a partire dal 1° settembre «non si provvede ad effettuare altre immissioni nel ruolo dei collaboratori scolastici sino a che il relativo personale a tempo indeterminato non sia ridotto al 50% dell'organico determinato presso ciascuna istituzione scolastica ed educativa». Ciò significa che, su 130 mila bidelli in organico, ne usciranno man mano 65mila e non saranno sostituiti. I presidi che non riusciranno ad assicurare gli stessi servizi con un personale dimezzato potranno acquistarli sul mercato utilizzandole apposite convenzioni Consip. Il vincolo, precisa la stessa disposizione, è che il costo al netto dell'Iva non superi il 75% di quello che sarebbe servito ad assumere collaboratori scolastici a inizio carriera. Dall'anno prossimo il 50% dei risparmi ottenuti grazie a questo procedimento dovrà essere reinvestito nel comparto…. Un'altra parte e qui passiamo all'università potrà essere utilizzata per scongiurare la riduzione di 200 milioni del Ffo nel 2013, prevista anche nell'ultima versione del provvedimento. L'ipotesi di sottrarre ulteriori risorse agli atenei che il ministro Francesco Profumo non conferma («Le cifre non so da dove siano nate, bisogna che il paese cominci a parlare di dati oggettivi») non piace affatto al Pd. Anche per questo il lavoro dei tecnici di viale Trastevere si è concentrato ieri su come disinnescare questa "mina" e su dove reperire i200 milioni richiesti senza intaccare il fondo. Alla fine la soluzione dovrebbe essere quella di incidere con più convinzione sulle varie inefficienze: affitti,personale inidoneo, acquisti di beni e servizi. Resta da capire se al Tesoro e al commissario straordinario per la spending review, Enrico Bondi, queste rassicurazioni basteranno.
La tecnica della scuola.it – 6 luglio 2012
“Esoneri per collaboratori del d.s. cancellati dalla spending review”
░ Il decreto sulla spending review riscrive del tutto l'articolo 459 del TU che attualmente regola esoneri e semi-esoneri dall'insegnamento dei docenti incaricati di collaborare con il dirigente scolastico. Le funzioni superiori si potranno pagare solo con il fondo di istituto.
Il decreto legge sulla spending review che in questo momento è ancora all’esame del Consiglio dei Ministri potrebbe rivoluzionare completamente il meccanismo di esoneri e semiesoneri dei docenti incaricati di collaborare con il dirigente scolastico. Una norma specifica del decreto prevede infatti una profonda riscrittura dell’intero articolo 459 del T.U. del 1994 che attualmente regola la materia. La prima novità è che scompaiono definitivamente gli esoneri totali. In base al comma 2, finora nei circoli didattici con almeno 80 classi potevano essere disposti esoneri totale: d’ora in poi si potranno disporre solo semiesoneri. Secondo il comma 3, nelle scuole medie, nelle superiori e nei comprensivi saranno consentiti solamente semiesoneri a condizione che le classi siano complessivamente almeno 55, mentre finora questo numero di classi consentiva esoneri totali e un numero di classi compreso fra 40 e 55 dava la possibilità di assegnare i semiesoneri. Ma la questione potrebbe essere ancora più complicata perché il primo comma dell’articolo 459 viene modificato con la previsione che “nei confronti di uno dei docenti individuati dal dirigente scolastico reggente per attività di collaborazione nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative ed amministrative... può essere disposto il semiesonero dall'insegnamento sulla base dei criteri indicati nei commi da 2 a 5”. La modifica introdotta dal decreto odierno concerne proprio l’aggiunta della parola “reggente” e questo fa pensare che i semiesoneri saranno possibili solo nelle istituzioni scolastiche affidate in reggenza mentre nelle scuole con dirigenti titolari non sarà possibile attribuire nessuna forma di esonero parziale. Per capire meglio la questione è bene però aspettare il testo definitivo e ufficiale del provvedimento e, soprattutto, la relazione tecnica allegata che potrebbe fornire importanti chiarimenti in merito. Un'altra novità importante riguarda la questione delle funzioni superiori. Il decreto contiene una norma di interpretazione autentica che dovrebbe mettere fine al contenzioso: "Il comma 5 dell’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si interpreta nel senso che la delega ai docenti di compiti non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui detti docenti godano del semiesonero ai sensi dell’articolo 459 del decreto legislativo n. 297 del 1994. Il docente delegato può essere retribuito esclusivamente a carico dei fondi disponibili per la remunerazione accessoria presso la specifica istituzione scolastica od educativa ai sensi dell’articolo 88, comma 2, lettera f), del ccnl relativo al personale scolastico".

 

Asasi - La Letterina n.328 – 21 giugno 2012
“Che cosa chiediamo alle Indicazioni nazionali ?”
░ Riportiamo una riflessione che l’Asasi ha ripreso dal Centro per la formazione e l’aggiornamento “Diesse” in tema di Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione.
Le Indicazioni hanno sostituito i vecchi programmi e, almeno in teoria, avrebbe dovuto rappresentare quei livelli essenziali di prestazione (Lep), sulla base dei quali le scuole, nella loro autonomia, avrebbero dovuto calibrare l’offerta formativa… Nell’ultimo decennio si sono susseguite operazioni sperimentali di vario genere. Le Indicazioni nazionali del 2004 targate Moratti, sono state corrette dalla Indicazioni per il curricolo del 2007 targate Fioroni. Le prime erano improntate alle unità di apprendimento e ai piani di studio personalizzati; le seconde alla programmazione curricolare intesa come processo di costruzione di competenze attraverso la connessione fra i saperi…. Per l’innalzamento della qualità degli insegnamenti e degli apprendimenti di questo livello, entrambe le versioni delle Indicazioni proponevano la “conoscenza ologrammatica”: conoscenza degli elementi comuni a vari linguaggi e a varie discipline resa possibile da un insegnamento che punta ad una conoscenza basata sulla esperienza dell’alunno. La presenza nella normativa di orientamenti impegnativi su punti assolutamente significativi ha comportato la necessità di conoscere, almeno approssimativamente, la situazione delle scuole. In questo senso, il Miur ha avviato nei mesi scorsi un monitoraggio, curato dall’Ansas, che ha coinvolto 5.986 istituzioni statali e 4.250 paritarie, focalizzato sul “contesto di riferimento all’interno del quale le scuole hanno sperimentato Indicazioni e riforme del sistema” (nota del 2 aprile 2012). La lettura seppure parziale dei dati fa emergere elementi di un certo interesse: il 94,1% delle scuole ha modificato il Pof (Piano dell’offerta formativa) nell’ottica delle Indicazioni; nella scuola primaria l’offerta formativa è stata modificata prevalentemente nell’ambito di Teatro/ danza/ musica (68,3%); nella scuola secondaria di I grado l’ambito delle maggiori modifiche è quello delle Lingue (54,5%). Inoltre è rilevante che il 73,3% delle istituzioni scolastiche valuti gli apprendimenti in ordine agli standard fissati dalla singola scuola, tenendo in qualche modo a distanza sia gli standard europei, che le prove nazionali Invalsi. Nel complesso non sembra avvenuta alcuna rivoluzione, semmai l’assorbimento del nuovo entro la buona tradizione della scuola italiana che alla fine rende praticabile anche l’impossibile. La nuova consultazione di recente promossa avviene sulla base di un questionario e di una bozza curata da una commissione del Miur (un nuovo testo) dalla quale traspare una evidente propensione per la scuola della verticalizzazione curricolare che consegue alla forma sempre più diffusa degli istituti comprensivi. Questo quadro pone una serie di problemi che devono avere risposte prima della ufficializzazione del testo. Tra queste tre sono inderogabili.
1. La collocazione data alla scuola dell’infanzia che appare schiacciata sul quinquennio seguente e impoverita ulteriormente nelle caratteristiche che le avevano permesso di mantenere una posizione di eccellenza.
2. Una più chiara motivazione della scelta per il curricolo, che non è solo una organizzazione degli apprendimenti, ma una filosofia dell’insegnamento e della trasmissione dei contenuti…
3. La circolare n. 46, 24 maggio 2012 apre alla possibilità di un coinvolgimento di reti di scuole, enti locali, associazioni, Università che potranno, entro giugno, elaborare memorie, proposte, segnalazioni, ecc.; eppure il questionario è compilabile on line esclusivamente da parte delle scuole. Riteniamo che la consultazione dovrebbe superare i limiti di un questionario a risposta chiusa…
la Repubblica – 22 giugno 2012
“La scuola di Pontremoli insiste, ri-bocciati i 5 bambini”
░ Dopo l'ispezione ministeriale, sono stati ripetuti gli scrutini per la valutazione dei ragazzini di prima elementare. Ma il risultato non è cambiato: dovranno tutti ripetere l'anno.
E' stata confermata la bocciatura di 5 alunni di prima elementare, in una stessa classe del 'Giulio Tifoni' di Pontremoli, in provincia di Massa Carrara. Gli scrutini sono stati fatti ripetere dal Miur, a seguito di un'indagine ministeriale, che aveva sottolineato "l'insufficienza di motivazioni" nelle cinque bocciature. Tre dei bambini sono stranieri e uno è disabile. Ma il consiglio di classe ha ribadito il proprio giudizio. Le motivazioni a sostegno della conferma delle bocciature non sono state ancora rese note. La relazione dei docenti, arriverà oggi, per posta, all'Ufficio scolastico regionale per la Toscana. Sulla vicenda era intervenuto il ministero della Pubblica istruzione in seguito alla denuncia di alcuni genitore e aveva svolto un'accurata ispezione al termine della quale era stato ordinato al preside Angelo Ferdani di far ripetere gli scrutini. Cosa che è puntualmente accaduta: gli insegnanti si sono di nuovo riuniti per valutare caso per caso i cinque curriculum e hanno confermato il giudizio negativo.

www.governarelascuola.it – 23 giugno 2012
“Scuola: verso l’applicazione della Costituzione ?”
░ Pietro Perziani interviene, dal suo periodico digitale, con un articolo sulla Bozza di Accordo, in materia di attuazione del Titolo V Cost., tra Stato e Regioni: è previsto il passaggio della gestione del sistema di istruzione dallo Stato alle Regioni, sul modello della Provincia Autonoma di Trento.
La recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha bocciato le norme sul dimensionamento ed ha invece approvato quelle sulle scuole sottodimensionate, ha suscitato un certo scalpore, ma va detto che essa è perfettamente in linea con le numerose sentenze emesse dalla Corte dal 2003 ad oggi; il fatto è che lo Stato continua a legiferare come se la Riforma del Titolo V non fosse stata mai fatta, eppure sono passati 11 anni. Questa volta, però, lo Stato si è “fatto furbo”; ben sapendo che le norme sul dimensionamento sarebbero state bocciate dalla Corte, ha adottato una specie di norma di salvaguardia che garantisse in ogni caso la riduzione di spesa: la non assegnazione del dirigente e del Dsga alle scuole sottodimensionate. Questo endemico conflitto Stato/Regioni ha così portato all’assurda situazione di 1000 scuole che giuridicamente mantengono la loro legittimità istituzionale, ma in realtà non è così, perché sono state rese acefale, con le ovvie, negative, conseguenze sulla funzionalità del servizio…. E’ ormai evidente che il sistema di istruzione e formazione non può reggere in una situazione dove le competenze dei diversi Enti (Stato, Regioni, EE.LL., Scuole Autonome) non sono ben definite, sia a livello legislativo che a livello amministrativo… Recentemente, la IX Commissione della Conferenza delle Regioni ha approvato una Bozza di Accordo su “Finalità, tempi e modalità di attuazione” del Titolo V della Costituzione in tema di istruzione e formazione. L’Accordo dovrà essere approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e poi dalla Conferenza Unificata Stato/Regioni; se venisse approvato, dovrebbe andare a regime entro il 30 giugno 2013.
L’accordo è suddiviso in cinque capitoli:
1-Competenze legislative. Vengono definite le competenze dello Stato e delle Regioni in materia legislativa: - le norme generali di competenza statale saranno raccolte in un Testo Unico; - verranno individuati i livelli essenziali delle prestazioni da garantire sull’intero territorio nazionale; - le Regioni provvederanno ad adeguare la loro legislazione; - verranno stabilite le competenze degli EE.LL.
2-Trasferimento delle funzioni amministrative. Verranno emanati dal Governo i provvedimenti necessari per il trasferimento alle Regioni delle funzioni di amministrazione e di gestione del sistema; in particolare, passeranno alle Regioni i dipendenti e le risorse degli Uffici Scolastici regionali e provinciali.
3-Organici. Entro il prossimo 30 ottobre verranno approvati i criteri per la suddivisione tra le Regioni delle dotazioni organiche.
4-Dimensionamento. A regime, il dimensionamento verrà effettuato dalle Regioni e dagli Enti Locali entro il 31 dicembre di ogni anno, nell’esercizio delle rispettive competenze e nel rispetto dei vincoli annualmente stabiliti per la finanza pubblica.
5-Trasferimento dei beni e delle risorse. Le risorse (umane, strumentali, finanziarie) della scuola saranno trasferite alle Regioni; in tal senso, verrà modificata a livello legislativo la disciplina del rapporto di lavoro del personale della scuola.
Infine, sono previste anche alcune sperimentazioni, in materia di:
- nuovi modelli gestionali-organizzativi
- forme avanzate di autonomia delle istituzioni scolastiche
- edilizia scolastica
- reclutamento del personale
- nuovi modelli organizzativi, anche valorizzando le reti di scuole.
La carne al fuoco è veramente molta, va però sottolineato che questa è la posizione delle Regioni, bisognerà vedere cosa ne pensa lo Stato.
Contrariamente al passato, le Regioni sembrano comunque essersi attestate su una posizione di gestione diretta del sistema di istruzione e formazione da parte delle Regioni stesse e degli EE.LL., un modello molto vicino a quello già oggi esistente nella Provincia Autonoma di Trento…. non ci piace una scuola gestita dagli assessori regionali, temiamo una “aslizzazione” del sistema di istruzione.

www. FLCGIL.it – 23 giugno 2012
“Scuola, alla lotteria dei tirocini”
░ Un quadro efficace del modo assurdo in cui i stanno per essere gestite le abilitazioni degli insegnanti: a luglio, Caos per migliaia di precari.
Un percorso a ostacoli degno dei giochi olimpici. Solo che al termine non si vincerà nessuna medaglia, ma solo una tenue speranza. Nel mese di luglio si svolgeranno in molte delle principali università italiane le prove preselettive per l’accesso al Tirocinio formativo attivo (Tfa) per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole medie inferiori e superiori: 60 quiz a risposta multipla riguardanti le principali materie di ogni classe di concorso, a cui farà seguito nei prossimi mesi un compito scritto e un esame orale. Pochi i posti in tutta la penisola: 4.275 nella scuola secondaria di primo grado e 15.792 in quella di secondo grado. I più fortunati – o i più bravi, a seconda dei punti di vista –, coloro che supereranno le tre prove, pagheranno tasse dai 2.200 ai 3.000 euro e seguiranno per un anno corsi e lezioni al termine dei quali ci sarà un altro esame. Per quelli che resisteranno, ci sarà l’attesa di un altro concorso. Sì, perché l’abilitazione ti concede di iscriverti alle graduatorie di istituto di seconda fascia, ma non ti permette di essere assunto da nessuna parte, se prima non superi un concorso pubblico, di cui al momento non si vede traccia alcuna…. “Chi oggi si accinge alle prove preselettive per l’accesso al Tfa affronta un sacrificio economico che rischia di non avere un riscontro nell’esito finale – afferma Corrado Colangelo, della Flc Cgil nazionale, che ha seguito fin dall’inizio il difficoltoso percorso delle abilitazioni –. Chi supererà l’esame conclusivo potrà partecipare al concorso a cattedre, per il quale l’abilitazione è necessaria, e potrà entrare nella graduatoria di seconda fascia di istituto. Ma se il risultato non dovesse essere positivo, non ci sarà nessuna graduatoria di transito in cui spendere un’eventuale idoneità”. Insomma, l’essersi abilitato o meno sarà totalmente inutile ai fini di un lavoro stabile…. Nelle graduatorie a esaurimento ci sono oggi circa 200.000 persone, a queste si aggiungono i docenti non abilitati che però lavorano, 50-100.000 unità, a seconda dei periodi. Circa 250.000 docenti precari che prestano servizio a orario totale o parziale per periodi più o meno brevi. “Il primo obiettivo che dobbiamo porci – precisa Colangelo – è arrivare alla stabilizzazione della maggior parte di queste persone. Il problema rimangono tuttavia i numeri, visto che le assunzioni in ruolo sono considerate sui posti liberi in base ai pensionamenti, solo 20.000 il prossimo anno e senza considerare la modifica della legge sui pensionamenti dell’attuale governo. In base ai nostri calcoli, per assorbire tutti i precari, ci vorranno almeno 10 anni, non includendo nel computo i nuovi che si formeranno in questo lasso tempo. È ridicolo ipotizzare un’attesa del genere, se si pensa che ci sono persone precarie anche da più di un decennio”. La proposta della Flc per uscire dall’impasse è semplice: si vadano a individuare tutti quei posti che esistono negli organici di fatto e li si consolidi come organico di diritto – stiamo parlando di 35.000 insegnanti di sostegno, che rientrano in una clausola che già prevedeva la loro stabilizzazione nella misura del 70 per cento e il restante in deroga –. A questi si possono aggiungere i posti “non interi” di docenza, quelli con orari spezzati – circa 10.000 persone. Siamo così già a 45.000 posti recuperati, a cui vanno sommati altri 10.000 di organico funzionale (inseriti con il decreto semplificazioni), presente in ogni scuola. “Se si facesse questo – dice Colangelo –, lo svuotamento delle graduatorie verrebbe velocizzato e, con un piano pluriennale, si darebbe spazio anche a nuovi docenti”.

ItaliaOggi – 26 giugno 2012
“Legittimo reiterare i contratti di supplenza: è Cassazione”
░ Vanno in fumo le speranze di migliaia di insegnanti precari: niente assunzione e niente risarcimento, perché esporrebbe “la pubblica amministrazione ad uno sforamento di bilancio”. Di Antimo Di Geronimo. Adesso,l’ANIEF (e chi altri ha l’energia necessaria) chiederà alla Corte Europea se si fa disapplicare una norma UE da uno Stato membro.
La reiterazione dei contratti di supplenza è legittima. E dunque, i supplenti che sono stati fatti oggetto, ripetutamente, nel corso degli anni, di incarichi a tempo determinato, non hanno diritto né all'immissione in ruolo, né ad alcun'altra forma di risarcimento. Lo ha stabilito la sezione lavoro della Corte di cassazione con la sentenza 10127 del 20 giugno scorso. Vanno in fumo definitivamente, dunque, le speranze di migliaia di docenti precari. Che, sulla scia di decine di sentenze favorevoli in primo grado, avevano instaurato un vero e proprio contenzioso seriale sulla questione. In ciò agevolati anche dall'apporto organizzativo di alcuni sindacati. D'altra parte il numero delle sentenze di I grado favorevoli era talmente alto, da indurre legittimamente all'ottimismo circa gli esiti di tali azioni. Specie nei tribunali dove i giudici monocratici si erano già espressi favorevolmente. E cioè nella maggior parte dei casi. In buona sostanza, dunque, era legittimo parlare di un vero e proprio orientamento giurisprudenziale. All'interno del quale si erano formate due correnti. Una prima corrente, minoritaria, incline a ritenere che a seguito della successione di contratti di supplenza fosse addirittura legittimo applicare la sanzione della conversione del rapporto. E una seconda corrente, maggioritaria, secondo la quale, ferma l'illegittimità della successione dei contratti di supplenza, la sanzione da applicare fosse quella pecuniaria, sotto forma di risarcimento danni. In quest'ultima corrente si distinguevano, inoltre, due orientamenti. Un primo orientamento, secondo il quale il risarcimento danni doveva essere corrisposto sotto forma di ricostruzione di carriera. E cioè versando ai precari ricorrenti le differenze retributive tra quello che avrebbero percepito se fossero stati immessi in ruolo dal primo momento e quello che avevano effettivamente percepito. E un secondo orientamento, incline a ritenere che la sanzione da applicare fosse quella della forfetizzazione: dalle 5 alle 20 mensilità di retribuzione. A un certo punto, però, i vari procedimenti sono arrivati davanti alle Corti d'appello e le cose hanno cominciato a mettersi male per i ricorrenti. Sebbene anche qui con alcune distinzioni. Alcuni collegi, infatti, hanno deciso per la piena legittimità della reiterazione dei contratti e dunque, per l'inesistenza del diritto al risarcimento. Altri, invece, si sono detti più possibilisti, perlomeno per il risarcimento in coincidenza della successione di supplenze annuali (fino al 31 agosto). Oppure per il diritto alla ricostruzione di carriera. Poi però è giunta una prima sentenza della Cassazione, che ha stabilito l'inesistenza del diritto alla ricostruzione di carriera per i precari (8060/2011, si veda Italia Oggi del 14 giugno 2011). E infine, qualche giorno fa, la Suprema corte è intervenuta in modo esaustivo su tutta la vicenda, fugando ogni dubbio (e ogni speranza). Secondo la sezione lavoro, la successione dei contratti di supplenza è legittima. Prima di tutto perché la disciplina del reclutamento del personale docente della scuola statale è regolato da una disciplina speciale, dettata dalla legge 124/99, dal decreto legislativo 297/94 e dai regolamenti sulle supplenze che si sono succeduti nel tempo, oltre ad altre fonti collettive. E quindi queste disposizioni derogano sia quelle previste dal decreto 368/2001, che si rivolge in generale a tutti i lavoratori, sia quelle contenute nel decreto 165/2001, che riguardano in generale il pubblico impiego. E poi perché la disciplina del reclutamento nella scuola è conforme al diritto comunitario in quanto la reiterazione dei contratti: «Risponde ad oggettive, specifiche esigenze, a fronte delle quali», si legge nella sentenza, «non fa riscontro alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione, per essere la stessa tenuta al puntuale rispetto della articolata normativa che ne regola l'assegnazione». Pertanto, essendo legittima la reiterazione dei contratti di supplenza, non è dovuta alcuna forma di risarcimento a chi ne è fatto oggetto.

La Tecnica della scuola – 26 giugno 2012
“Il commento”
░ Un commento di Vito Cardella sulla applicazione, nel prossimo agosto, del D.I. 3 agosto 2011 “Programmazione triennale di assunzioni a t.i. di personale docente, educativo ed ATA, per il triennio 2011-2013”, emanato da MIUR, MEF e Dipartimento per le riforme e le innovazioni nella P.A.
Tre mesi prima di alzare le vele verso altri lidi, gli ex ministri Gelmini, Tremonti e Brunetta firmarono il decreto interministeriale del 3 agosto 2011 contenente la programmazione triennale delle nomine a tempo indeterminato del personale docente, educativo ed Ata della scuola per il triennio 2011-2014. Il decreto torna in auge in questi giorni alla luce delle preoccupazioni espresse da molti docenti precari che temono che la disposizione possa essere “dimenticata” per favorire le annunciate assunzioni in ruolo attraverso i concorsi. …Il decreto (“piano assunzionale”) prevede: a) per l’a.s. 2011/2012 l’assunzione in ruolo di 30.000 unità di personale docente ed educativo (di cui 10.000 con decorrenza giuridica del 2010/2011) e 36mila unità di personale Ata, ivi compresi i docenti dichiarati inidonei che avrebbero accettato di transitare nei profili professionali Ata. E questa prima parte del piano è stata realizzata, come tutti sappiamo; b) per gli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, l’assunzione di 22.000 unità di personale docente ed educativo e 7.000 unità di personale dipendente Ata, per ciascuna dei due anni scolastici. Tali assunzioni, però, non sono tassative, sono “previste”, tenendo conto dei pensionamenti e dell’attuazione a regime del processo di riforma della scuola secondaria di secondo grado, previa verifica da parte del Miur, d’intesa con il Mef e la Funzione pubblica, della “concreta fattibilità del piano sul rispetto degli obiettivi programmati dei soldi di finanza pubblica”. Insomma, le nuove assunzioni potrebbero esserci fino ai limiti massimi di cui sopra, potrebbero essere ridotte e perfino non esserci affatto se non si realizzano tutte le condizioni cui sono soggette. In ogni caso, bisognerà attendere altre due cose: l’autorizzazione annuale del Mef e l’ultimazione di tutte le operazioni di mobilità, comprese le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie; cioè, verso la fine di luglio, se tutto va bene. Se il piano si realizzasse interamente, sarebbero 29mila tra docenti, personale educativo ed Ata i precari che troverebbero la sospirata stabilità nel prossimo anno; poca cosa, in verità.

la Republica.it – 29 giugno2012
“Accanto alla maestra un prof di religione a scuola 10 mila posti per laureati in teologia”
░ Salvo Intravaia scrive circa un Accordo Ministero-Cei; per effetto di esso, dal 2017 l’insegnamento RC sarà regolato in modo nuovo.
Fra pochi anni, per insegnare religione alle elementari occorrerà la laurea. Ieri mattina, il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e il presidente della Cei Angelo Bagnasco hanno firmato due intese che modificano completamente il quarto punto dell’accordo tra Stato e Chiesa sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. La novità riguarda i titoli che occorre possedere per questa disciplina. La nuova intesa, ha spiegato Profumo, prevede che per accedere all’insegnamento della religione cattolica in ogni ordine e grado di scuola si debba essere in possesso dei titoli accademici di baccalaureato, licenza o dottorato in teologia o in altre discipline ecclesiastiche oppure che si sia conseguita una laurea magistrale in scienze religiose secondo il nuovo ordinamento. Una novità che cambia poco o nulla nella scuola media e superiore, dove è già previsto un titolo di livello universitario, ma che nelle scuole dell’infanzia e primarie rischia di estromettere per sempre dall’insegnamento della religione le tante maestre che oltre a questa insegnano anche altre discipline. Il decreto numero 751 del 1985 stabiliva, infatti, che «nella scuola materna ed elementare l’insegnamento della religione cattolica può essere impartito dagli insegnanti del circolo didattico che abbiano frequentato nel corso degli studi secondari superiori l’insegnamento della religione cattolica, o comunque siano riconosciuti idonei dall’ordinario diocesano». E sono 18.915 le maestre che in virtù di questo dettato insegnano ai bambini religione, oltre che a leggere, a scrivere e a far di conto. Ma dal 2017 questo non sarà più possibile. In futuro, spiega Profumo, «verrà richiesto il conseguimento di un apposito master universitario di secondo livello in scienze religiose». Per il cardinale Bagnasco, l’intesa «migliorerà il Concordato del 1984 all’interno del processo di Bologna» sull’omologazione dei titoli accademici in base ai parametri Ue. Ma, con tutta probabilità, creerà ampi spazi agli specialisti di religione: quelli che insegnano soltanto questa disciplina per effetto del titolo e della certificazione di idoneità rilasciata dall’ordinario diocesano. Saranno disposte, infatti, le quasi 19 mila maestre che insegnano anche religione a sobbarcarsi il master, in genere biennale, di cui parla Profumo? Se non lo facessero, per le maestre over 50 in questione cambierebbe poco: essendo insegnanti statali, le due ore settimanali all’elementare e le sessanta ore annue alla materna attualmente impartite verrebbero assegnate ad uno specialista gradito alla curia e a loro, al massimo, sarebbero assegnate ore in più per coprire l’orario di cattedra. Ma l’operazione aprirebbe le porte a un numero di specialisti di religione variabile fra le 10 e le 20 mila unità.
 

Scuolainsieme – giugno n.5/2012
“I voti a scuola. Chi li prende e chi li dà ?”
░ Riportiamo, in parte, una riflessione di Maurizio Muraglia, vicepresidente nazionale CIDI, esperto Tecnodid-formazione.
Quando gli insegnanti incontrano le famiglie nei tradizionali “ricevimenti”, si incontrano due mondi. Si tratta di una circostanza dall’indubbio valore “politico”, in senso lato, non solo perché è il momento in cui l’istituzione-scuola restituisce alla società civile gli esiti dei percorsi scolastici degli allievi, ma anche perché essa dice qualcosa di sé lasciando percepire ai genitori, sempre più avveduti e talora sospettosi, la qualità formativa delle mattine trascorse tra i banchi di scuola dai propri figli. L’orizzonte di attesa dei genitori è alquanto variegato. C’è chi è più interessato alla qualità complessiva dell’esperienza scolastica dei propri figli e c’è invece chi brutalmente va in cerca di risultati in termini numerici…. Che operazione concettuale e linguistica deve compiere un insegnante per poter dire in pochi minuti ad un genitore la posizione valutativa dell’alunno? … “Suo figlio aveva sei, ora ha preso quattro, dunque….”. … Di cosa stiamo parlando? Di chi, soprattutto, stiamo parlando? Nello stereotipo sopra indicato sono presenti almeno due elementi di criticità. Il primo elemento riguarda la possibilità di dire con un numero una “cosa”. Si sa che il numero misura e che le misure espresse da un numero, agli occhi del senso comune, rappresentano qualcosa di assolutamente vero…. In ambito scolastico i voti numerici, per quanto gli insegnanti possano cercare di spiegare, interpretare, contestualizzare, tentano di dire la misura di qualcosa. Cos’è quel qualcosa? É il rendimento scolastico in una certa materia? Sì, in qualche modo è il risultato di un ragionamento misurativo sul rendimento… Durante l’anno scolastico all’alunno vengono assegnati dei numeri che costituiscono delle sequenze narrative: “suo figlio aveva….poi ha preso…..dunque oggi ha…..”. In queste sequenze può accadere che un ragazzo dalla sequenza sette-cinque-tre si ritrovi lo stesso “cinque” del compagno dalla sequenza “tre-cinque-sette”. Il genitore comprende che ciò è “giusto” perché in entrambi i casi quindici diviso tre fa cinque. Il secondo elemento di criticità è costituito dall’uso professionale del verbo “avere” o comunque di un verbo attivo per formulare proposizioni valutative: “L’alunno ha oppure ha preso o ancora è arrivato a”. Tali proposizioni hanno il vizio di fondo di considerare il processo valutativo, a scuola, come una partita tra l’alunno e il voto, come se l’insegnante assistesse da mero spettatore a questa dinamica. Si comprenderà facilmente come a una simile circostanza ne soggiaccia un’altra ancor più delicata, che riguarda il processo di insegnamento-apprendimento. Se la valutazione riguarda la capacità dell’alunno di “prendere” o di “arrivare” a un certo voto, il modello didattico implicito potrebbe essere così formulato: “Io ho fatto scuola, adesso tocca a te”, con una netta separazione tra processo dell’insegnare e processo dell’imparare che contrasta con tutte le più elementari conoscenze pedagogiche …. Ogni insegnante sa bene di aver “dato” lui quel voto; la proposizione valutativa più adeguata all’effettiva situazione didattica sarebbe quella che dice: “ho attribuito tal voto a questo mio alunno”… Tutto questo, si comprende bene, restituirebbe alla valutazione il suo spessore narrativo, descrittivo, interpretativo e, pertanto, umano, pienamente umano, tale quindi da potersi narrare ad un genitore come elemento capace di apportare qualità formativa alla discussione tra scuola e famiglia. Lo stereotipo numerico, con l’aggiunta del fattore linguistico che abbiamo evidenziato - l’uso del verbo “avere” o “prendere” - finisce, infatti, spesso, per rendere caricaturale la discussione tra insegnanti e genitori…

www.governarelascuola.it – giugno 2012
“Da giugno a settembre”
░ Attingiamo al settimanale digitale diretto da Pietro Perziani, fonte molto qualificata in fatto di normativa scolastica. In questo ultimo numero di giugno (riprenderà le pubblicazioni in settembre) presenta, tra altro, uno studio sulle possibile conseguenze del dimensionamento del I ciclo, e dell’applicazione della L.183/2011, ove il Miur desse seguito trovando il modo di aggirare la sentenza n.147/2012 della Consulta.
Anche quest’anno siamo sulla stessa strada; ai soliti problemi si aggiungono quelli legati alle conseguenze del dimensionamento del primo ciclo e all’ applicazione della Legge 183/2011, per cui le scuole sottodimensionate non avranno né dirigente, né Dsga. La drastica diminuzione delle scuole sedi di dirigenza comporterà una serie di problemi di gestione delle istituzioni scolastiche e ripercussioni pesanti sulla situazione lavorativa dei dirigenti in servizio, mentre i vincitori del concorso rischiano di non essere nominati in molte regioni. Ugualmente pesante la situazione dei Dsga, che in diverse regioni rischiano il soprannumero. Da qui a settembre potrebbe però succedere qualcosa di positivo; l’emanazione delle linee guida sulla costituzione delle reti, in applicazione dell’art. 50 della Legge 35/2012, potrebbe essere l’occasione, finalmente, per una riforma di natura strutturale, a più di dieci anni dall’autonomia scolastica. Dovendo trasformare tutti i Circoli Didattici e tutte le Scuole Medie in Istituti Comprensivi, per di più con un numero minimo di 1.000 alunni, è stato inevitabile procedere ad un dimensionamento alquanto pesante: le scuole del primo ciclo sono passate da 7.102 a 6.159, sono 943 in meno, il 13,28%. Va detto che la situazione in Italia è molto a macchia di leopardo, ma in gran parte delle regioni bisognerà senz’altro rimetterci mano, per il semplice fatto che sono “sopravvissute” 1.384 istituzioni scolastiche non a norma, nel senso che sono rimaste Circoli Didattici o Scuole Medie. Si tratta non di un semplice dimensionamento, ma dell’adeguamento dell’aspetto strutturale e istituzionale all’aspetto ordinamentale: se esiste un primo ciclo, le istituzioni scolastiche ne devono essere l’espressione, non ha più senso che esistano scuole che ne comprendono solo una parte, che si tratti di sola scuola primaria o di sola secondaria di I grado non ha importanza. Ancora più pesante del dimensionamento forzato del primo ciclo, è la questione delle scuole sottodimensionate; lo Stato sembra dire alle Regioni: fate pure quello che volete, io intanto taglio …… Per effetto dei due provvedimenti, più un piccolo dimensionamento nel II ciclo, il prossimo anno ci saranno 2.138 posti di dirigente e di Dsga in meno, quasi il 21% in meno rispetto ad oggi; questa drastica diminuzione di posti avrà effetti pesanti non solo sui dirigenti e sui Dsga in servizio, ma anche sui futuri dirigenti, coloro cioè che stanno oggi sostenendo le prove del concorso o le hanno già concluse. Anche tenendo conto dei pensionamenti, il prossimo anno 6 regioni presenteranno una situazione di esubero dei dirigenti in servizio: Campania (195), Sicilia (162), Calabria (93), Sardegna (35), Puglia (22), Molise (21). Ci permettiamo di dare un suggerimento: utilizzare per il prossimo anno scolastico i dirigenti in esubero nelle scuole sottodimensionate, dando per scontato che non si voglia procedere ad una mobilità interregionale d’ufficio o che si vogliano tenere i dirigenti in esubero a far niente. L’esubero verrebbe così riassorbito, solo in Calabria rimarrebbe una piccola sofferenza. In una situazione dove si registrano esuberi dei dirigenti, è chiaro che le nomine dei vincitori di concorso sono a rischio, almeno in alcune regioni; a livello nazionale i posti messi a concorso sono 2.286, i posti vacanti al primo settembre prossimo sono 472, ne mancano 1.814.

la Repubblica - 9 giugno 2012
“Scuole da disarticolare. Il ministero: anno scolastico a rischio”
░ I nodi dell’insipienza dell’ex ministro Gelmini vengono al pettine del ministro Profumo: una scena vista e rivista questa delle bacchettate sulle dita all’Esecutivo che sembra bisognoso di altre ripetizioni. Così, l’ANIEF farà da sponda al personale Dsga, Ata e docente in esubero nelle scuole dimensionate a seguito dei decreti assessoriali e regionali che razionalizzano la rete scolastica (10.213 scuole, meno 1800 scuole fantasma, uguale 8.017 scuole che certamente funzioneranno a settembre).
ROMA - La Corte costituzionale ha colpito al cuore della scuola: gli accorpamenti fra istituti sono illegittimi, ha sentenziato giovedì. Il sindacato Anief ora sostiene che sarà necessario disarticolare quasi duemila scuole, già accorpate secondo la regola «non meno di seicento studenti per istituto non più di mille». E annuncia che impugnerà tutti i «decreti assessoriali» riguardanti la cancellazione o l' accorpamento di istituti scolastici. Il Pd e l' Idv, Sel, la sinistra fuori dal Parlamento e i sindacati confederali attribuiscono la "sconfitta accorpamento" all' ex ministro Gelmini e in sottordine alle tredici Regioni che non si sono opposte al provvedimento. Molti chiedono al ministro Profumo un cambio di passo: «Deve fermare la cancellazione degli istituti e tornare a investire nell' istruzione». Dal ministero della Pubblica istruzione si segnala come non sia possibile mettere mano subito alla questione: «Non partirebbe l' anno scolastico». Le Regioni potranno chiedere cambiamenti per la stagione 2013-2014.

La Stampa.it - 11 giugno 2012
“Anticorruzione, la migliore riforma possibile”
░ La Camera dei deputati ha approvato la legge anticorruzione; si è concluso, con una buona soluzione, il lungo,contrastato iter legislativo.
La riforma non è, in astratto, la migliore possibile…. L’articolato proposto costituisce tuttavia uno dei testi «migliori» praticabili nell’attuale, difficile, contesto politico. Esso adempie, finalmente, agli impegni internazionali assunti dallo Stato italiano (Convenzione contro la corruzione delle Nazioni Unite, Convenzione di Strasburgo); rispetto alla legislazione vigente rafforza in modo rilevante gli strumenti di prevenzione e repressione contro la corruttela; sotto diversi profili si allinea ai meccanismi di contrasto utilizzati dalla maggior parte delle legislazioni europee Il ddl prevede d’introdurre, in attuazione dell’art. 6 della Convenzione delle Nazioni Unite e degli artt. 20 e 21 della Convenzione di Strasburgo, una «Autorità nazionale anticorruzione» deputata a realizzare attività coordinata di controllo e di prevenzione della corruzione e ad approvare un «Piano nazionale anticorruzione» in grado di programmare il contrasto dei fenomeni corruttivi; assicura trasparenza alle pubbliche amministrazioni prescrivendo la pubblicazione sui siti istituzionali delle informazioni relative ad ogni procedimento amministrativo; prescrive la pubblicità delle posizioni dirigenziali in modo da rendere palesi gli assetti decisionali delle pubbliche amministrazioni; prevede norme a protezione dei dipendenti pubblici che riferiscano condotte illecite; prevede norme di controllo delle imprese esposte al rischio d’infiltrazioni mafiose; prevede, novità davvero rilevante, l’adozione di norme in tema di divieto a ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna. In materia penale prevede a sua volta un aumento pressoché generalizzato delle sanzioni (ancorché non sempre adeguato alla gravità di ciascun illecito previsto); introduce (sia pure in modo perfettibile) alcuni nuovi reati, come il traffico d’influenze illecite, particolarmente importante per colpire indebiti arricchimenti di pubblici ufficiali sganciati dal compimento di specifici atti di ufficio, e (sia pure con una configurazione non del tutto adeguata alla pluralità degli interessi offesi) la corruzione tra privati; per effetto degli aumenti delle sanzioni determina un allungamento (sia pure non sufficiente) dei tempi della prescrizione di buona parte dei reati previsti. Nel ddl anticorruzione la «induzione» a dare o promettere utilità al pubblico ufficiale (oggi punita come concussione al pari della «costrizione» a pagare usando violenza o minaccia) viene estrapolata dal delitto di concussione e prevista come reato autonomo. Con questa innovazione s’intende trattare come vittima del reato (e pertanto come soggetto non punibile) soltanto chi paga la tangente perché «costretto», e punire invece chi si è lasciato semplicemente «indurre» a farlo. L’innovazione tende a rendere più incisiva la disciplina anticorruzione, evitando ampliamenti non giustificati dell’ambito d’impunità di chi, nella sostanza, è concorrente nel reato e non vittima dello stesso…

ASASi - La Letterina - n.327 – 14 giugno 2012
“Dimensionamento: oltre ai giochini politici e l’esibizione di muscoli tra Regione e Stato, pensiamo alle scuole !”
░ La redazione di “La letterina” pubblica, e noi riprendiamo, una documentata nota sulle conseguenze della recente sentenza della Consulta sul dimensionamento, firmata da Ninni Bonacasa, direttore del periodico digitale di informazioni scolastiche e commenti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Ok, sul dimensionamento decidono le Regioni, e siamo contenti tutti; ma perché adesso non pensiamo alle scuole? Le Regioni quali iniziative intendono prendere a breve e lungo termine? Se lo chiedono in tanti dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Scontato che per quest’anno i Piani già varati difficilmente saranno messi in discussione nell’imminenza dell’avvio del prossimo anno scolastico, mentre si potrà intervenire (forse) dove ci sono ancora “lavori in corso” venendo meno, unitamente all’obbligo del “modello I.C.”, anche i limiti indicati per la consistenza delle Istituzioni definite normo-dimensionate. In ogni caso il Miur ha fatto già sapere che le Regioni potranno chiedere cambiamenti a partire dall’anno scolastico 2013/2014. È anche scontato che le Regioni dovranno attentamente considerare ciò che la Corte Costituzionale ha deciso rispetto alla piena legittimità della norma che prevede la non assegnazione del Dirigente Scolastico alle scuole che non raggiungono i parametri minimi di consistenza stabiliti nel comma 5 (500 alunni, ridotti a 300 in particolari situazioni, ricordando che tali parametri sono stati elevati, rispettivamente a 600 e 400, per effetto della legge 183/2011, art. 4, comma 69). Avendo la Corte confermato la legittimità del comma 5, rimane anche ferma la modalità di assegnazione dei Dsga ex comma 5-bis il quale rinvia esplicitamente alle Istituzioni scolastiche di cui al comma 5. Ma cosa dicono i commi 4 e 5? 4. Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. 5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome. I limiti sono stati elevati a 600 e 400 dalla legge 183/2011, art.4 co.69. A questo punto ritorna la domanda iniziale: ok, sul dimensionamento decidono le Regioni, ma, con particolare riguardo alla Sicilia, perché adesso non pensiamo alle scuole programmando per tempo un nuovo dimensionamento che in forza della legge n. 6/2000, delle Norme di attuazione e della sentenza della Corte Costituzionale, consenta di varare un Piano certo e stabile per i prossimi anni assicurando la piena autonomia organizzativa e didattica alle scuole, ma anche prevedendo coefficienti di popolazione scolastica tali da assicurare i posti ai Dirigenti scolastici ed ai Dsga, magari non dimenticando che proprio nella nostra Regione sono in fase avanzata di espletamento ben due concorsi per Ds che saranno conclusi nel prossimo autunno/inverno ed ai vincitori vanno assicurati posti veri e stabili, oltre ogni giochino politico e esibizione di muscoli tra Regione e Stato?

Ufficio Stampa del MIUR - 14 giugno 2012
“Collegare filiere formative e filiere produttive per la crescita del Paese"
░ Il MIUR, lodevolmente intenzionato a favorire l’incontro tra la formazione professionale e il mondo della produzione, è attento al lavoro della Conferenza dei servizi istituita, d'intesa con la IX Commissione della Conferenza delle Regioni, dai ministeri dell’istruzione, del Lavoro e dello Sviluppo Economico. Dopo l’entrata in vigore delle norme sull’ordinamento degli Istituti Tecnici Superiori (d.P.C.M. 25/1/2008), dal 2011, si svolge la conferenza annuale dei servizi per l’integrazione degli interventi in materia di istruzione, formazione e lavoro.
Nel nostro Paese il deficit annuo di tecnici intermedi supera le 100 mila unità. La mancata possibilità per le aziende di trovare sul mercato del lavoro le professionalità tecniche di cui necessitano accresce la debolezza italiana nella competitività internazionale. Lo sviluppo della formazione tecnica è un fattore dunque che influenza, in modo significativo e misurabile, la crescita economica e sociale. Oggi esiste un forte disallineamento nel Paese tra: - filiere produttive, intese come insieme delle attività che comprendono tutte le attività che concorrono alla creazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione e fornitura di quel prodotto/servizio; - filiere formative, intese come insieme dei percorsi quinquennali degli istituti tecnici e degli istituti professionali, dei percorsi triennali e quadriennali di qualifica e diploma professionale realizzati dalle strutture formative accreditate dalle Regioni, dei percorsi di formazione tecnica post secondaria realizzati dagli Istituti Tecnici Superiori; - poli tecnologici, intesi come reti di strutture di ricerca industriale e trasferimento tecnologico, capaci di promuovere l’evoluzione delle filiere produttive verso una dimensione tecnologica; - cluster tecnologici, intesi come aggregazioni di imprese, università e altre istituzione pubbliche e private della ricerca e soggetti attivi nel campo dell’innovazione, importanti per la crescita economica sostenibile dei territori e dell’intero sistema economico nazionale. Per superare questa situazione di ostacolo alla crescita del Paese, le recenti disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo, contenute all’articolo 52 della legge n.35/2012 in materia di istruzione tecnico-professionale, offrono gli strumenti per intervenire, a breve, con un nuovo disegno strategico, idoneo a collegare organicamente filiere produttive e filiere formative in modo condiviso con le Regioni e le Autonomie locali. … La conferenza dei servizi 2012 rappresenta lo start up di: a) un cambio di strategia per potenziare l’istruzione tecnico – professionale… b) la definizione di un’Agenda per la formazione tecnica, focalizzata sul ruolo centrale della programmazione delle Regioni in materia…

Corriere della sera giugno - 15 giugno 2012
“Si scrive merito, si legge docenti di qualità”
░ Il Ministro ha l’aria di credere davvero che premiare gli studenti è urgente per la Scuola e di aiuto alla crescita dell’intero Paese. Roger Abravanel, il guru della meritocrazia, spiega in che cosa il ministro ha ragione; trova anche il modo di precisare che la qualità dei docenti….
1.Il ministro Profumo sta subendo diversi attacchi alla sua proposta del «premio al merito», sulla base essenzialmente di due argomenti. Il primo, all'apparenza giusto, sostiene che non bisogna preoccuparsi solo dei mille giovani italiani eccellenti, ma anche della massa di studenti italiani che non hanno oggi scuole adeguate. Il secondo, più sfacciatamente antimerito, sostiene che è sbagliato promuovere la competizione, che non è giusto spingere i figli a «essere i primi della classe», che il successo nella vita si misura con «cose diverse dai buoni voti a scuola» eccetera. Alla prima obiezione il ministro ha risposto in modo sbagliato, sostenendo che oltre ai 30 milioni di spesa per il merito è prevista una spesa di un miliardo di euro per le scuole. La risposta è sbagliata perché il problema delle scuole italiane non sono i fondi. Avrebbe dovuto rispondere che i sistemi educativi migliori del mondo del nord Europa (che non costano più del nostro) dimostrano che sono possibili entrambi gli obbiettivi: favorire l'emergere di giovani eccellenti indipendentemente dalla loro provenienza, ma anche aumentare la qualità della formazione di tutti gli studenti alle «competenze della vita» (capacità di ragionare con la propria testa, risolvere problemi, capire ciò che si legge). E lo fanno unicamente grazie alla qualità dei loro insegnanti, che da noi scarseggia perché molte scuole sono diventate uno stipendificio che si preoccupa più dei «lavoratori» dell'istruzione (gli insegnanti) che dei «consumatori» (gli studenti). Il nostro sistema educativo, oltre ad avere distrutto le pari opportunità in un Paese dove i cittadini del Sud sono palesemente discriminati da scuole peggiori, ha creato una popolazione che secondo l'Ocse è all'80 percento analfabeta delle «competenze della vita». È ormai urgente un programma per migliorare la qualità dell'insegnamento, misurando la qualità delle singole scuole con standard nazionali e rendendola trasparente ad allievi e genitori. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con il miliardo di euro promesso dal ministro. Ma ha a che vedere con la meritocrazia oggi inesistente nel mondo degli insegnanti italiani. Il premio al merito degli studenti eccellenti proposto dal ministro ha invece un altro, vero, difetto che ha attirato però pochissime critiche. Profumo intende selezionare i destinatari del premio al merito lasciando che il preside e i docenti di ogni scuola selezionino il loro miglior studente. Il problema è che, come ormai ben sappiamo, gli standard variano da scuola a scuola, come dimostra il fatto che al Sud i 100 e lode sono il doppio che al Nord. Premiare la vera eccellenza italiana richiederebbe invece di premiare magari anche il secondo o il terzo studente più bravo delle scuole migliori e non certo il primo di ciascuna scuola, offrendo ai migliori giovani italiani una generosa borsa di studio per andare nelle università migliori. E gli studenti migliori possono essere inizialmente selezionati dai presidi (magari i migliori 10 di ogni scuola) ma la selezione finale deve avvenire attraverso un concorso nazionale basato su «test Invalsi» standard. Il ministro non ha purtroppo risposto all'obiezione anticompetizione che è il vero credo della crociata antimerito ed anticrescita in Italia, che purtroppo alla fine mette tutti d'accordo. Studenti e genitori illusi che debba bastare il «pezzo di carta» e poi ci debba pensare lo Stato. Furbetti e privilegiati ai quali il «pezzo di carta» è più che sufficiente, perché poi ci pensano le raccomandazioni o la rendita di posizione di un papà protetto da un welfare famigliare antiproduttività. Imprenditori poco istruiti che sopravvivono grazie al «nero» e fanno concorrenza sleale a quelli più istruiti che vogliono competere secondo le regole. Sindacalisti che vogliono il lavoratore massificato che chiede stipendi uguali per tutti, negoziati dai sindacati medesimi. La mancata risposta del ministro della pubblica istruzione a questo tipo di obiezione è il simbolo della incapacità del governo Monti ad affrontare di petto i pregiudizi culturali anticrescita del nostro Paese, che stanno riesplodendo nel momento più delicato della nostra storia del dopo-guerra. Proprio quando l'Italia avrebbe bisogno di uno scatto d'orgoglio per riscoprire competizione e merito, per riprendere a crescere.

genitoritosti.blogspot.com - 15 giugno 2012
“Lettera aperta”
░ Alessandra Corradi, presidente di Associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti ONLUS firma questa lettera aperta, che riportiamo parzialmente.
Siamo un'associazione di genitori, ci occupiamo della tutela dei diritti delle persone disabili nel nostro Paese. Nel seguire con estrema attenzione le svariate dichiarazioni nonché i provvedimenti che l'attuale Governo sta dispensando in materia di integrazione scolastica e sostegno, constatiamo la progressiva erosione dei diritti degli alunni e studenti con disabilità… In primo luogo ci riferiamo ai diritti all'istruzione e allo studio, esplicitati e normati dagli articoli 12-16 della legge 104/92, che in troppi (quand'anche "tecnici"), sembrano non conoscere o, peggio, disconoscere…. Nell'ambito del sistema scolastico, i nostri figli (che, secondo i dati statistici, ammontano a quasi 200.000 unità frequentanti la Scuola Pubblica Italiana) sono persone con bisogni educativi complessi; affiancare loro docenti non adeguatamente formati, preparati e motivati, oltre a costituire un reato per l'ignorare la Legge 104/92, deprime i valori basilari per la didattica di sostegno: qualità e continuità didattica…. Lo scorso settembre, abbiamo lanciato una campagna denominata “GLH in tutte le scuole, si può fare”. I Gruppi di Lavoro sull’Handicap sono sempre previsti dalla Legge 104: ancora nell'anno scolastico 2011-12 (e cioè a distanza di 20 anni dall'approvazione di detta legge), in molte scuole italiane i GLH, scandalosamente, non esistono. In tal modo le famiglie sono escluse a priori da quel concetto che è la base fondante della progettualità intorno all'alunno disabile; gli specialisti che dovrebbero seguirlo neanche si presentano (o interpretano la faccenda come uno dei tanti adempimenti burocratici connessi alla professione), continuando a stilare diagnosi funzionali lontane anni luce dal concetto di disabilità e dal modello progettuale dell'International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) del 2001. … Le ore di sostegno, che dovrebbero essere assegnate secondo chiari e precisi criteri invece neanche rispettano l'indicazione standard del rapporto di 1 docente ogni 2 alunni ma addirittura abbiamo la prassi di un docente ogni 4 (Lazio, Lombardia, Sicilia)! Le famiglie ricorrono al TAR e tutte vincono e il MIUR è costretto a pagare tutte le spese di risarcimento…. Quei milioni sprecati ogni anno in questi modo quanti stipendi di docenti SPECIALIZZATI per il sostegno pagherebbero? Nessuno sceglie di nascere disabile. Accade. E accade indistintamente a chiunque, anche nel corso della vita. Una società civile e sana non fa differenze verso nessuna categoria, soprattutto quelle più deboli..

La tecnica della scuola.it - 17 giugno 2012
“Riconversione sul sostegno: Tutti contro il Ministero”
░ Sono tre le risoluzioni che la Commissione Cultura della Camera dovrà esaminare. Lega Nord e Italia dei Valori chiedono che il personale in esubero venga utilizzato per ampliare gli organici ordinari.
Sulla questione della riqualificazione sul sostegno dei docenti in esubero le forze politiche sembrano tutte d’accordo: i corsi previsti dal decreto direttoriale n. 7 del 16 aprile 2012 devono essere bloccati prevedendo anche modalità diverse di utilizzo del personale in eccedenza. L’argomento è all’ordine del giorno dei lavori della Commissione Cultura della Camera che lo discuterà a partire dal prossimo 19 giugno. In Commissione, infatti, sono depositate 3 diverse risoluzioni: una firmata da Erica Rivolta (Lega Nord), una seconda sottoscritta da Pierfelice Zazzera (Idv) e una terza proposta da Antonino Russo e diversi altri deputati del PD e dell’UDC. Pur con sfumature diverse tutti quanti sottolineano la “stortura” della decisione assunta dal Ministero che avrebbe come conseguenza la perdita della continuità didattica per migliaia di alunni disabili oltre che la perdita del posto di lavoro per moltissimi docenti specializzati, che da anni operano come insegnanti di sostegno, sostituiti da colleghi che verranno riqualificati con un corso on line che nulla ha a che vedere con il complesso percorso formativo universitario previsto fino ad ora. Il problema è noto: la riforma Gelmini-Tremonti ha determinato, soprattutto in alcune regioni e province, consistenti esuberi di insegnanti (10mila a livello nazionale) che, almeno a breve termine, no possono trovare collocazione sulle cattedre ordinarie. E così il Ministero ha deciso di riconvertire questi docenti sui posti di sostegno, con le conseguenze di cui si è detto. Ma ci sono soluzioni alternative ? Certamente sì, almeno secondo i firmatari delle tre risoluzioni. La Lega, per esempio, propone la mobilità intercompartimentale su base volontaria oppure l'utilizzo su organico funzionale tra reti di scuole e l'impiego in attività di incremento dell'offerta formativa delle singole scuole. Più radicale l’idea di Zazzera secondo il quale è necessario “rideterminare gli organici in base alle reali esigenze della scuola” e cioè facendo attenzione al numero degli alunni per classe, ripristinando le compresenze nella scuola primaria e rinunciando alla revisione delle classi di concorso nelle scuole superiori…

L’Unità - 18 giugno 2012
“Sotto esame 600mila studenti. Oggi è il giorno dell'Invalsi”
░ Gli studenti di terza media alle prese con la temuta prova Invalsi.
Sono quasi 600mila gli studenti che quest'anno stanno affrontando questo primo importante esame del percorso scolastico. Le prove scritte continuano a riguardare l'italiano, la matematica e le lingue straniere. A queste si aggiunge la prova nazionale messa a punto dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema d'istruzione e formazione). Dopo di che i ragazzi dovranno affrontare il colloquio finale che verte sulle materie di insegnamento dell'ultimo anno (esclusa la religione cattolica). …Conquistano la «licenza» gli studenti che ottengono una valutazione complessiva (media tra il voto di ammissione, il punteggio conseguito in ciascuna prova scritta, incluso il test Invalsi, e quello raggiunto agli orali) non inferiore a sei. Agli studenti superbravi che conseguono il punteggio finale di 10/10, la Commissione può assegnare all’unanimità la lode….


ScuolaOggi.org - 18 giugno 2012
“Bocciata la chiamata diretta”
░ La legge della regione Lombardia che prevede la chiamata diretta dei supplenti da parte delle scuole non ha superato l’esame del Consiglio dei ministri: viola la Costituzione ? Va impugnata dinanzi alla Consulta.
Un sonora bocciatura per la neo-assessora all’istruzione Valentina Aprea, ex parlamentare del Pdl ed ex presidente della commissione cultura della Camera. Una forte delusione dopo le iniziali e timide aperture che, magari in via sperimentale, lo stesso ministro Profumo aveva lasciato intravvedere …. Primo Obiettivo : favorire la privatizzazione, in nome della sussidiarietà e di un malinteso federalismo, condito in salsa padana (dote, bonus agli studenti delle private…). Secondo obiettivo : mettere le mani sul personale, partendo dai supplenti, in attesa del boccone grosso sugli organici. La battaglia ora si sposta all’Alta Corte, di fronte alla quale le “innovazioni del centro-destra”, vedi vicenda code graduatorie ad esaurimento e per ultimo la forzatura sul dimensionamento, continuano a ricevere sonore bocciature….

La tecnica della scuola n.21 - 20 giugno 2012
“Commento”
░ Una visione d’insieme, di Reginaldo Palermo, sulle opinione espresse dai sindacati e dalle associazioni professionali in merito alla revisione ministeriale delle indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo che il Ministro intende portare a termine già nelle prossime settimane, per varare il testo definitivo prima del nuovo a.s.
Ha preso il via fra polemiche ed incertezze la revisione delle Indicazioni nazionali dell’infanzia e del I ciclo … Il Ministro potrà effettivamente rivedere le Indicazioni ricorrendo semplicemente ad un proprio decreto… Per intanto al Ministero prosegue il lavoro degli esperti che sono stati chiamati a redigere il testo delle nuove Indicazioni. Nelle scuole, peraltro con poca convinzione visto il particolare periodo dell’anno, docenti e dirigenti scolastici stanno cercando di dare un proprio contributo, ma i più attivi, nel criticare, suggerire e proporre sono sindacati, associazioni, ecc. Per esempio, il comitato promotore del “Manifesto per la riconquista dei programmi nazionali e la difesa della libertà d’insegnamento” ha programmato per i
prossimi giorni un incontro nazionale “d’urgenza” (così si legge nel comunicato). La questione che più di altre sta a cuore del “Manifesto” è quella che riguarda “l’impoverimento culturale, lo svuotamento dei programmi, e in particolare l’attacco alla storia e alla geografia”. Il Cesp (Centro studi per la scuola pubblica), legato soprattutto ai Cobas e ai movimenti di base, sta suggerendo alle scuole di chiedere esplicitamente la cancellazione, dal testo attuale della bozza, di questo passaggio: “alla scuola primaria sono assegnate quelle che riguardano il periodo compreso dalla comparsa dell’uomo alla tarda antichità; alla scuola secondaria le conoscenze che riguardano il periodo compreso dalla tarda antichità alla fine del XX Secolo”. L’obiettivo è proprio quello di “consentire nuovamente una maggiore libertà di scelta dei termini cronologici su cui sviluppare il curricolo di storia della scuola primaria”.D’altronde al problema del curricolo di storia sembrano interessati anche gli stessi sindacati. “Tra i nodi da sciogliere - sostiene Cisl- Scuola - rimane quello della storia: se prevedere o meno un ciclo unico dalla primaria alla secondaria (ovvero articolare l’insegnamento su fasi ripetitive)”. La Flc-Cgil chiede invece garanzie “sulle misure di accompagnamento per l’implementazione della nuove Indicazioni in tutte le scuole dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, con l’indicazione dei tempi, modalità, strumenti e risorse”. “Particolarmente grave - sostiene il sindacato di Mimmo Pantaleo - è la situazione relativa alle risorse visto che non sono previsti specifici stanziamenti nel piano di formazione predisposto dal Miur e riguardanti i fondi della legge n. 440/1997”. Sia Flc che Cisl-Scuola contestano poi
l’impianto un po’ troppo disciplinari sta della parte relativa al primo ciclo, “testimoniato - sostiene la Flc - dall’eliminazione del riferimento alle aree/ambiti disciplinari previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2007”. Qualche rilievo arriva anche dal Coordinamento nazionale per le politiche dell’infanzia di cui fanno parte le organizzazioni sindacali e rappresentative e numerose associazioni professionali. “Il Coordinamento - si legge in un comunicato diramato a seguito di un incontro avuto con il Ministero - considera positivamente la centralità del bambino quale protagonista dei processi di sviluppo continuo del curricolo dai tre ai quattordici anni, ma resta da compiere un ulteriore passaggio che colleghi il primo ciclo di istruzione al biennio obbligatorio del secondo, in ottica tre-sedici”. Ultimo nodo, messo in evidenza da diversi osservatori: come si potranno conciliare fra di loro l’impianto disciplinarista, l’uso della certificazione delle competenze e la valutazione numerica prevista dalla “legge Gelmini” dell’ottobre 2008 ?

Il Mattino - 20 giugno 2012
“De Mauro: Il governo dei Professori ha deluso proprio sulla formazione”
░ Una intervista al noto linguista, già ministro della P.I. nel 2000.
Professor De Mauro, qual è il suo giudizio sui testi Invalsi?
«Distinguiamo due livelli: come sono fatti questi test e in che condizioni vengono offerti. Buona o cattiva che sia, nell’ìdea c’è un dato positivo: che è quello di aver unificato le prove in tutte le scuole, secondo un target europeo, e che consente di capire l’andamento complessivo del sistema scolastico».
Servono alla didattica?
«No, la didattica è uno degli elementi valutativi, i test consentono di costruire altri tipi di valutazione».
Quali?
«Le risposte che è un grado di offrire una coorte di migliaia e migliaia di ragazzi di 14 anni. E ai fini di un indirizzo futuro di politica scolastica è davvero uno scenario credibilissimo».
Un elemento di novità, quindi?
«È troppo ottimista. Sulla scuola italiana c’è una gestione stanca di quel che resta del passato e la delusione dell’attuale Governo».
Ma è pur sempre un governo composto da molti Professori.
«Rispettabilissimi professori ma spesso slegati dal sentire comune sui temi della formazione scolastica pubblica. Molti di loro, infatti, arrivano dal mondo del’università privata».
Un professore che boccia i Professori?
«Sul tema della scuola sì. Sono stati una vera delusione»
Per quale motivo principale?
«In un tempo di crisi così profonda della società italiana, l’investimento maggiore sarebbe dovuto essere sulla scuola . È nella scuole, chi governa la crisi, avrebbe dovuto rifondare la nuova energia intellettuale e morale di un Paese in crisi».
Torna un problema di classe dirigente?
«Certo. Si può essere anche professori preparati e stimati ma si arriva sempre da un ceto dirigente, come quello italiano, salvo eccezioni, che non ha mai avuto un’attenzione positiva allo sviluppo della scuola e di tutte le istituzioni che possono corroborare la cultura e farla diventare anche etica civile».
Un pò pesante come giudizio, non le pare?
«Realistico. Scusi, ma se è dal 1969 che aspettiamo una riforma della scuola secondaria superiore? Cioè ,un’attesa di 43 anni? Una generazione di italiani. Un lungo lasso di tempo, tranne il tentativo purtroppo rimasto sulla carta dell’allora ministro Berlinguer».

 

 

www.governarelascuola.it – 6 giugno 2012
“Possibile modello di rete territoriale (ai sensi art. 50 L. 35/2012)”
░ Il settimanale digitale diretto da Pietro Perziani riporta un documento tecnico delle ARSA. Le Associazioni Regionali Scuole Autonome sono soggetti di dimensione regionale di rappresentanza dell’autonomia scolastica e di interlocuzione con le altre autonomie e istituzioni. Il documento postula l’attivazione dell’organico funzionale.
1. Quali rischi e quali opportunità per l’Autonomia delle scuole?
La finalità delle reti territoriali non dovrebbe essere limitata esclusivamente alla gestione di aspetti specifici del servizio scolastico sul territorio, bensì, integrando quanto innovato dall’art. 50 della Legge 35/2012 con quanto già disposto dall’art. 7 del DPR 275/99, orientata al potenziamento dell’autonomia scolastica in quel territorio. Le reti non devono essere “schiacciate” sugli aspetti gestionali, trasformandosi in un “ufficio” e limitando di fatto l’autonomia delle scuole aderenti, ma essere al servizio dell’autonomia delle singole scuole, operando, anche attraverso una più marcata autonomia gestionale, per il raggiungimento di obbiettivi strategici finalizzati al miglioramento dell’offerta formativa sul territorio che le scuole non potrebbero, da sole, raggiungere.
2. Quali funzioni per le reti territoriali?
Nelle Linee guida dovrebbero essere esplicitati due ambiti di attribuzione di funzioni alle costituende reti territoriali: a) attribuzione di funzioni gestionali, in attuazione della riforma costituzionale del 2001, con il parziale trasferimento delle funzioni attualmente esercitate dagli Ambiti Territoriali, con conseguente redistribuzione delle risorse, sulla base di accordi tra Regioni e Uffici Scolastici Regionali; b) attribuzione di funzioni di potenziamento dell’autonomia scolastica e di interlocuzione con le altre autonomie e istituzioni a livello locale; tale attribuzione deve essere supportata da un esplicito riconoscimento da parte della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
3. Quale tipologia di reti territoriali?
Si ritiene che il modello più adeguato allo svolgimento delle funzioni succitate sia quello delle reti “generaliste” permanenti, che si strutturano non su obbiettivi specifici, ma su tutti gli aspetti di gestione e miglioramento del servizio scolastico nel territorio. Ciò non preclude assolutamente alle scuole la partecipazione ad altre tipologie di reti (di scopo, funzionali, ecc.), che però non possono essere individuate quali assegnatarie delle funzioni previste dall’art. 50 e neanche delle funzioni di potenziamento dell’autonomia scolastica e di interlocuzione con le altre autonomie e istituzioni a livello locale.
4. Quale dimensionamento delle reti territoriali?
Le Linee guida dovrebbero individuare, in accordo con le Regioni, criteri per l’individuazione degli ambiti territoriali delle reti, tra i quali:
a) Il numero “ordinatorio” minimo e massimo di Istituzioni Scolastiche da comprendere nella rete, funzionale alla possibilità di un’effettiva autodeterminazione delle reti e alla tutela delle singole autonomie; in linea generale, si ritiene che le reti territoriali debbano comprendere un numero limitato di istituzioni scolastiche e avere quindi necessariamente dimensione sub-provinciale o, nei territori metropolitani, sub-comunale; b) La coerenza con la rete interistituzionale del territorio (distretti sociosanitari, comuni, comunità montane, ecc.); c) Il raccordo tra primo e secondo ciclo di istruzione, che consenta da un lato la gestione unitaria e coordinata del servizio scolastico sul territorio e, nel contempo, il raccordo tra istituzioni del secondo ciclo in funzione dell’orientamento formativo e del contrasto alla dispersione scolastica; d) I necessari correttivi per riconoscere le specificità delle Regioni in cui sono presenti minoranze linguistiche storiche, o istituti collocati in zone disagiate quali le zone di montagna e le piccole isole.
5. Quali risorse per le reti?
Le risorse umane, strumentali, finanziarie, previste alle lettere “c” e “d” dell’art.50 vanno considerate come integrative rispetto a quelle assegnate alle singole scuole. Solo in tale prospettiva esse possono costituire strumento di potenziamento dell’autonomia, in grado di incentivare le scuole a ricercare soluzioni più efficaci ai bisogni del territorio, ad ampliare l’offerta formativa, accrescendo, al tempo stesso, la responsabilità dei risultati. La rete potrà assolvere ai suoi compiti di gestione e sviluppo dell’offerta formativa territoriale solo in presenza di un organico “funzionale” (amministrativo e docente) specificamente destinato all’assolvimento di compiti di coordinamento e implementazione e non a compiti già previsti negli organici di ciascuna scuola; in nessun caso è invece accettabile l’erosione di risorse ai danni delle singole scuole, che già si vedono gravate a livelli ormai insostenibili di incombenze e responsabilità a fronte di continue diminuzioni di risorse e senza alcun riconoscimento; Le linee guida dovrebbero prevedere l’introduzione di un bilancio autonomo di rete, separato da quello delle singole scuole, le cui modalità di gestione dovrebbero essere stabilite in sede di revisione del DI 44/2001; nel frattempo si potrà continuare a utilizzare il modello di gestione finanziaria mediante scuole “capofila”, ma chiarendo il trasferimento di decisionalità sull’utilizzo delle risorse dal C.d.I. della scuola capofila agli organi decisionali della rete territoriale, anche per evitare sprechi dovuti a duplicazioni di servizi all’interno della rete.
6. Quale rapporto con l’autonomia delle scuole? Quale struttura organizzativa e gestionale?
Le linee guida devono sancire l’autodeterminazione delle reti territoriali, riguardo la regolamentazione interna e l’assegnazione delle funzioni di coordinamento e gestione alle singole scuole, attraverso l’adozione di statuti interni, ponendo come unici vincoli la democraticità e la collegialità delle decisioni e la salvaguardia dell’autonomia delle singole scuole, che vi aderiscono liberamente.
All’interno delle reti territoriali la responsabilità decisionale sulle scelte gestionali e strategiche deve essere riservata ai dirigenti scolastici, quali rappresentanti legali delle Istituzioni scolastiche e garanti dell’offerta formativa sul territorio. La partecipazione delle altre componenti scolastiche e territoriali è assicurata a livello degli organi collegiali già esistenti nelle scuole aderenti.

ASASi - La Letterina n.326 - 7 giugno 2012
“Non lamentiamoci se i laureati migliori vanno a fare altro”
░ Andrea Ichino esprime delusione per l’assenza, nel “pacchetto merito” di iniziative premiali a favore dei docenti.
Tanti ottimi insegnanti, che nel passato erano stati selezionati nel mondo della scuola tra i migliori laureati delle loro discipline, oggi sono scoraggiati da un sistema retributivo che a loro non ha mai riconosciuto nulla, trattandoli allo stesso modo di colleghi che molto meno di loro hanno fatto. Questi ottimi insegnati, sulle cui sole spalle si è retta la scuola italiana, se ne stanno andando in pensione, amareggiati, lasciando il posto a giovani selezionati con criteri che poco hanno a che fare con il merito. Lo stesso Ministro Profumo, in altro provvedimento, ha recentemente previsto un accesso facilitato, per i precari con almeno 3 anni di servizio, al Tirocinio Formativo Attivo che dovrà selezionare i futuri docenti. Questi precari non dovranno superare gli esami selettivi imposti agli altri candidati. Ci saranno senz’altro delle persone di valore tra loro, ma la semplice attesa nelle graduatorie del passato, in cui non si entrava per merito, non ci aiuterà a identificare i migliori. Si confermerà nei giovani laureati l’impressione che la scuola italiana sia un posto riservato a chi è disposto ad aspettare in coda (ossia non ha alternative attraenti nel resto del mercato del lavoro). E nel quale si fa carriera e si guadagna di più solo per anzianità, non per capacità e impegno.
La sperimentazione ministeriale “Valorizza”, nel passato anno scolastico, aveva disegnato un modo per identificare e premiare gli insegnanti migliori basato sulla loro reputazione all’interno di una scuola, misurata in termini di giudizi positivi dei colleghi, delle famiglie e degli studenti. Non di una sola di queste tre componenti, ma di tutte e tre. L’idea era proprio di premiare quegli insegnanti che tutti indistintamente apprezzano. Quelli di cui gli studenti si ricordano anche dopo 40 anni. Questa sperimentazione, migliorabile ma che aveva dato risultati incoraggianti (e ancor più ne darebbe se il Miur si decidesse a pagare i premiati!), è stata invece affossata dal Ministro sotto la pressione dei sindacati, che vogliono mantenere il diritto di contrattare ogni elemento della retribuzione per poter dare “premi” a tutti, buoni e cattivi. Non lamentiamoci se i laureati migliori andranno a fare altro, soprattutto nelle materie scientifiche, che oggi, hanno prospettive occupazionali più attraenti con cui la scuola deve competere.
Quanto agli “studenti dell’anno”, imparare da bravi insegnanti era il più bel premio che il Ministro avrebbe potuto offrire loro: della carta dei musei (che già visitano da soli), di premi alle scuole che bocciano di meno e di università senza numero chiuso non se ne faranno molto!

la repubblica – 9 giugno 2012
“Scuola, caos dopo il no agli accorpamenti”
░ Molte regioni – l’articolo fa specifico riferimento al Lazio – gli accorpamenti li hanno già eseguiti. E ora ? Al MIUR, zero saggezza.
È di nuovo caos sui “maxi istituti” che dal prossimo settembre accorperanno scuole materne, elementari e medie. Giovedì scorso, dopo il ricorso di sette regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata), la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima da parte dello Stato l’imposizione del numero minimo di mille alunni per questi istituti comprensivi — obbligo previsto dalla manovra estiva 2011 per ragioni di risparmio — perché una tale decisione sulla rete scolastica sarebbe invece spettata alle Regioni. La sentenza (n.147) della Consulta ha spiazzato l’amministrazione del Lazio, che lo scorso febbraio aveva approvato con una delibera di giunta il proprio piano per il prossimo anno applicando i criteri nazionali, nonostante molte polemiche da parte dell’opposizione, delle scuole e dei genitori, che avevano tentato anche diversi ricorsi al Tar, alcuni andati a buon fine, altri bocciati. «Ora è troppo tardi per rivedere il piano: se lo facessimo, le scuole rischierebbero di non aprire a settembre — spiega l’assessore all’Istruzione, Gabriella Sentinelli — Stiamo comunque aspettando indicazioni da parte del ministero dell’Istruzione e nel frattempo stiamo studiando il da farsi». Stando al pronunciamento della Consulta, la palla ora dovrebbe passare proprio alle Regioni, competenti a legiferare in materia…. L’associazione nazionale insegnanti e formatori (Anief) ha già annunciato che impugnerà «tutti i decreti regionali su cancellazioni e accorpamenti di istituti». Anche per questo, la Flc-Cgil chiede che venga riconvocato un tavolo regionale.

Corriere del Mezzogiorno – 9 giugno 2012
“Puglia. La Consulta boccia gli accorpamenti.. Scuola a rischio caos”
░ Ancora sull’esito favorevole che la Corte Costituzionale ha dato al ricorso presentato da Puglia, Toscana, Emilia, Liguria, Umbria, Sicilia e Basilicata, avverso al decreto 6 luglio 2011 (c.d. legge Gelmini).
La sentenza della Corte ha ritenuto fondato il ricorso ma, con questa decisione, ha mandato in tilt la stessa Regione Puglia e l'intero apparato amministrativo dell'ufficio scolastico che si occupa degli accorpamenti, degli organici e delle iscrizioni per il prossimo anno. La Puglia infatti, aveva sì presentato ricorso alla Corte Costituzionale, ma nel gennaio scorso aveva comunque varato il nuovo piano di dimensionamento, in base alla legge Gelmini. Istituendo 128 istituti comprensivi (riuniscono le scuole materne, elementari e medie sotto un unico dirigente), nati in seguito alla soppressione delle autonomie delle scuole al di sotto dei 600 alunni. In Puglia, secondo questo piano, si sono perse 28 autonomie per le scuole superiori e 160 per il primo ciclo (materne, elementari e medie). La macchina in sostanza è stata già avviata per il nuovo anno e anche i trasferimenti del personale sono stati pubblicati proprio pochi giorni fa. … Il caos quindi è alle porte per la scuola pugliese: o si decide di bloccare tutti i trasferimenti ma questo comporterebbe ritardi nell'avvio dell'anno scolastico o si procede con il piano di dimensionamento approvato. …. I danni provocati dal piano di dimensionamento sono stati enormi: migliaia di famiglie lamentano l'interruzione della continuità didattica e lo spostamento degli uffici di segreteria, mentre le lavoratrici e i lavoratori della scuola affrontano con disagio il fenomeno della soprannumerarietà e della mobilità coatta…

MIUR – Ufficio Stampa –11 giugno 2012
“Chiarimenti e rassicurazioni sui corsi di sostegno”
░ Con apposita circolare, il Miur ha offerto ai docenti in esubero la possibilità di acquisire il titolo come docenti di sostegno, e la cosa ha suscitato perplessità ampie, e timori tra i docenti di sostegno più indietro nelle graduatorie. Il Miur li rassicura con una nota, pubblicata sul focus del sito istituzionale. La riportiamo.
“Nelle ultime settimane alcuni siti hanno diffuso notizie allarmanti sulle conseguenze del Decreto direttoriale n. 7 del 16 aprile 2012, a firma del Direttore generale del personale scolastico, che istituisce i corsi, facoltativi e gratuiti, destinati al personale scolastico in esubero, per acquisire il titolo di docente specializzato per le attività di sostegno. Si accredita l’ipotesi che i suddetti corsi possano togliere posti ai docenti già specializzati di ruolo o precari in servizio sul sostegno e che questa certezza avrebbe poi indotto il MIUR a ritardarne e sospenderne l’attuazione. Sembra opportuno smentire entrambe le previsioni. Il corso inizierà nei prossimi giorni in ossequio ad un preciso impegno contrattuale di riconversione del personale docente stabilizzato in esubero rispetto ai posti di organico. Il continuo incremento dei posti di sostegno, registrato negli ultimi anni, farebbe escludere ripercussioni negative sulle assunzioni del personale precario nel prossimo anno scolastico.”

www.aipd.it/cms/schedenormative –11 giugno 2012
“Nuova sentenza collettiva sul massimo delle ore di sostegno”
░ Riportiamo, in parte, la Scheda n. 387, (TAR Lazio 5123/12), la ennesima dell’efficace, aggiornato prontuario prodotto da Salvatore Nocera, il responsabile dell’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio Scolastico sull’Integrazione dell’AIPD Nazionale.
Come era prevedibile, dopo la prima sentenza (tar Lazio sent.2199/2012), il TAR Lazio ha emesso la seconda sentenza n.5123/2012, accogliendo il ricorso collettivo (promosso come il primo dal Coordinamento Scuole Elementari di Roma), di sostegno in deroga 1 a 1. La sentenza è interessante perché consolida un orientamento delle famiglie volto a risparmiare rispetto ai ricorsi singoli. E' altresì interessante perché pone il Ministero di fronte non più a singoli obblighi di adeguamento del numero di ore di sostegno, ma a obblighi collettivi di svariate decine di ricorrenti che potrebbero diventare svariate centinaia ed alcune migliaia anche nel giro di pochi mesi. Il MIUR è stato condannato a pagare € 2000 globali di spesa… Ovviamente la sentenza intervenuta al termine delle lezioni, non verrà eseguita per il corrente anno scolastico, ma come espressamente detto nel dispositivo, dovrà essere applicata a partire dal nuovo anno scolastico. … La sentenza costituisce indubbiamente un vantaggio per le famiglie. Ai fini della qualità dell'inclusione scolastica però suscita qualche perplessità: 1. E' stato riconosciuto il massimo delle ore di sostegno a tutti i 41 ricorrenti. Non è detto nella sentenza se sia stata analizzata la situazione di ciascuno per verificare se "la specificità del deficit" richiedesse necessariamente il massimo delle ore di sostegno; verifica richiesta invece dalla sentenza della Corte costituzionale n.80/2010 e dalla successiva sentenza del Consiglio di Stato 2231//2010. 2. Una sentenza "di massa", che ribadisce l'obbligo del MIUR di assegnare in tutti i casi di gravità il massimo delle ore di sostegno, rinforza nell'opinione pubblica la convinzione che il sostegno, se non l'unica, certamente la principale risorsa per l'inclusione scolastica; è ciò in contrasto con la logica originaria dell'inclusione stessa che puntava invece, come risorsa primaria, sulla presa in carico dei docenti curricolari, sia pur affiancati dai colleghi specializzati….

www.aipd.it/Osservatorio Scolastico AIPD –11 giugno 2012
“Raccolta Buone Prassi d'integrazione scolastica”
░ Richiesta di collaborazione, firmata dallo staff Area Psico-Pedagogica dell'Osservatorio Scolastico AIPD (Paola Gherardini, Salvatore Nocera, Nicola Tagliani, Anna Lastella), largamente meritevole di collaborazione.
Carissimi genitori, dirigenti, docenti, assistenti e quanti per qualunque motivo sono in contatto con noi, alla fine dell'anno scolastico vi chiediamo di aiutarci nel nostro costante lavoro di raccolta e diffusione di Buone Prassi d'inclusione scolastica. Come abbiamo ribadito nel nostro ultimo seminario del 24 marzo scorso “noi abbiamo sempre sostenuto che non è possibile individuare strumenti predefiniti o un’unica modalità d’insegnamento validi per tutti, perché c’è grande variabilità individuale tra gli alunni con sindrome di Down. Piuttosto occorre individuare, creativamente e criticamente, delle strategie che sappiano coniugare individualizzazione e percorso collettivo, eventualmente anche utilizzando metodi o strategie già esistenti, ma con intelligenza e flessibilità mettendo sempre al centro l’unicità e la peculiarità della persona." Per questo abbiamo sempre creduto nell'utilità ed efficacia di raccogliere e far conoscere esperienze positive di inclusione degli alunni con sindrome di Down. Non per dare dei modelli da ricalcare, ma per fornire esempi di qualcosa che in un determinato contesto ha funzionato e che possano stimolare altri a mettersi in gioco e provare. Far sapere che, nonostante tutte le difficoltà, si può fare è secondo noi una delle carte vincenti per contribuire a migliorare la qualità dell'inclusione scolastica dei nostri alunni! Per questo negli anni ci siamo impegnati anche per realizzare specifici materiali: - il Quaderno AIPD n° 18 "Verso una scuola più competente e partecipata" (2008) - www.aipd.it/cms/node/55; - il DVD "Buone Prassi Crescono" (2010) - www.aipd.it/cms/trailer_video_buoneprassi. Ma visto che crediamo anche nelle grandi potenzialità della rete, da diversi anni abbiamo realizzato sul nostro sito un archivio di Buone Prassi e di Piccole Idee Efficaci per raccogliere costantemente e diffondere in maniera veloce esperienze e strategie efficaci di inclusione. Per ampliare la nostra raccolta, disponibile gratuitamente per tutti, abbiamo però bisogno del vostro aiuto, che siete i protagonisti attivi sul campo! Vi chiediamo quindi di visitare le pagine dedicate al nostro Sportello Informativo (www.aipd.it/cms/osservatorioscolastico) e di segnalarci esperienze positive di inclusione scolastica che avete realizzato o conosciuto da pubblicare sul nostro sito e magari da utilizzare in materiali specifici che potremo predisporre in futuro. Per farlo potete inviarci le apposite schede che trovate sul nostro sito nelle pagine www.aipd.it/cms/buoneprassi e www.aipd.it/cms/piccoleideeefficaci...Le
esperienze raccolte saranno diffuse in forma anonima, senza indicare dati personali, se non espressamente richiesto e/o autorizzato. Vi ringraziamo in anticipo per la collaborazione, anche a nome di quanti potranno conoscere e trarre spunto dalle vostre esperienze!

La Sicilia – 12 giugno 2012
“Il vaso di Pandora delle invalidità facili”
░ Maria Teresa Giglio sul tema degli indennizzi “facili”, a Siracusa.
Si sta rivelando un «vaso di Pandora» il sistema degli indennizzi per invalidità. I finanzieri hanno portato alla luce nuovi casi di indebita attribuzione, denunciando 17 persone. Si tratta di sedici falsi ciechi e di un oculista, firmatario delle false certificazioni di invalidità. Una truffa all'Inps, con un danno economico di oltre un milione di euro, un raggiro all'Asp, ma anche un danno per quegli invalidi che hanno realmente diritto ai sostegni. … La Guardia di finanza ha anche scoperto che alcuni dei sedici falsi ciechi sono dipendenti pubblici e pertanto le indagini saranno estese anche sulle modalità di assunzione, visto che non risultano ingaggiati dalle liste speciali. Il comandante provinciale delle fiamme gialle Giuseppe Cuzzocrea ha già avuto modo di precisare l'attenzione dei finanzieri su ogni forma di truffa al sistema pubblico, specie quando questo va a riflettersi sul cittadino… «Nel caso delle false invalidità si va a danneggiare un sistema finalizzato ad aiutare chi ne ha realmente bisogno… ».

Il Fatto Q-quotidiano – 12 giugno 2012
“L’incultura di Profumo”
░ Angelo d’Orsi ci va giù durissimo, e il titolo (volutamente equivoco) appesantisce il tutto. Dubitiamo che, per il Ministro Profumo, abbia provato, come scrive, “tenerezza”.
L’ho visto. Alla tv. L’ho sentito parlare, anzi parlottare, esitante, incerto, vaghissimo. Forse giustamente imbarazzato. “Ci spieghi la sua proposta”, lo incalzava il conduttore. E lui incespicava, bofonchiava, guardava in aria come a cercare sostegno da parte di superiori autorità. Mi ha fatto tenerezza. Chi? Il ministro Profumo. Titolare del Miur, Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca. Il dicastero devastato da una serie di predecessori negli ultimi vent’anni (eccezioni? Forse De Mauro, rimasto troppo poco), a partire da Luigi Berlinguer, fino all’inclita Mariastella Gelmini. Non è neppure colpa sua – dico, del ministro in carica – se il ministero gli scoppia tra le mani. Ma è certo sua la colpa di aver prima fatto il consulente della signora Gelmini – il punto terminale, in ogni senso, di una sequenza quasi tutta peggiorativa di donne e uomini che hanno seduto sulla poltrona che fu di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile… La scuola italiana soffre di una spaventosa carenza di risorse economiche, che significa insufficienza di docenti, precariato a vita per decine di migliaia di altri, carenza di materiali didattici, blocco degli acquisti da parte delle biblioteche scolastiche, impossibilità di effettuare verifiche di stabilità degli edifici, con i rischi che scopriamo poi diventare tragedie, troppo tardi, quando una scuola crolla; e così via, in un infinito cahier de doléances che il ministro, un qualsivoglia ministro, ben conosce o dovrebbe conoscere. In una decadenza generale gli insegnanti demotivati, sottopagati e maltrattati, oggetti di campagne diffamatorie, riescono a lavorare male, per forza di cose, e certo il sistema didattico complessivo e la società della comunicazione poco li aiuta. Sicché dalla scuola escono ragazzi impreparati ad affrontare tanto l’università (divenuta un enorme posteggio di forza di lavoro di riserva), quanto altre scelte. Consiglio al ministro un librino appena edito di Fabrizio Tonello, L’età dell’ignoranza (Bruno Mondadori) che in poche pagine radiografa impietosamente la situazione, mostrandoci un mondo dominato da un semianalfabetismo… La cultura, che comincia a scuola, ma certo là non si deve fermare, fa bene alla democrazia, insomma. E l’incultura, che si costruisce a partire da una scuola in difficoltà, da famiglie nel disagio, da una comunicazione mediatica diseducativa (e sgrammaticata, fondata sull’ignoranza più crassa dei suoi personaggi), l’incultura alla democrazia nuoce potentemente. In tutto questo sfascio, dove eroicamente scolari e docenti cercano di resistere, che cosa ti propone il ministro? I tornei per designare l’alunno dell’anno (qualcuno ha replicato: e gli insegnanti? Ma è una richiesta che accetta una logica da respingere, invece). Premiare il merito,dice,come fanno tutti i media mainstream che accolgono condiscendenti anche le ribadite proposte sull’inglese obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado (e nell’università: che il Politecnico di Milano obblighi dal prossimo anno tutti i docenti far lezione in inglese è uno scandalo gigantesco su cui occorrerà fare le barricate, tanto per dire). Merito, Competizione, Mercato. Sono parole che si connettono strettamente fra di loro. Ma è davvero questo che occorre nella scuola italiana? Il merito è quello di chi ancora ci lavora e cerca di studiare, in una situazione ogni anno più grave; il merito è degli insegnanti che non rinunciano a fare al meglio il loro lavoro, malgrado tutto; degli studenti che non mollano, sedotti dal calcio e dalla tv. Se si vuole premiare il merito si consenta a docenti e discenti di lavorare. Si diano loro risorse, strutture sicure, servizi, aiuti. La crisi economica si supera anche, e innanzi tutto, “investendo sul futuro”, ci sentiamo ripetere ogni giorno. E da dove mai si vuole incominciare, se non dalla scuola?

L’Unità – 13 giugno 2012
“La consulta boccia il dimensionamento?”
░ Di Gian Carlo Sacchi e Giovanni Bachelet.
Nel 2001 è stata varata la riforma costituzionale che, in materia di istruzione, oltre a riconoscere l’autonomia delle istituzioni scolastiche, implica una nuova ripartizione di competenze tra Stato e Regioni. A distanza di 11 anni, però, non è stata ancora approvata la necessaria intesa applicativa; cosí Stato e Regioni si combattono a suon di ricorsi alla Corte Costituzionale, e le sentenze colmano il perdurante vuoto politico. L’ultima di esse, giovedí scorso, riguarda il dimensionamento delle scuole del primo ciclo, ma interessa chiunque si trovi a decidere della rete scolastica sul territorio. Lo scorso luglio il governo Tremonti-Gelmini aveva previsto la costituzione di istituti comprensivi di mille alunni, con deroghe per zone di montagna e piccole isole. La Corte ha bocciato questo provvedimento, riportando i parametri ai precedenti limiti (inferiori), ma soprattutto ribadendo la competenza delle Regioni sulla programmazione del servizio. A questo punto anche le non poche Regioni che, obtorto collo, hanno già provveduto a ridefinire i piani, potranno rivederli con notevole disagio alla vigilia del nuovo anno scolastico, in particolare per l’assegnazione del personale, rimasta di competenza dello Stato. Dove i piani regionali già definiti si limitavano ad obbedire ai numeri, la sentenza consentirà una programmazione più flessibile; dove corrispondevano a parametri di efficienza territoriale, sarà sensato mantenerli. Un istituto comprensivo può nascere al solo scopo di risparmiare dirigente scolastico e direttore amministrativo e peggiorare l’offerta formativa, o invece migliorarla, rendendo effettiva la continuità didattica nella scuola dell’obbligo secondo l’originario disegno di Berlinguer; anche nel secondo ciclo, in opportune circostanze, gli "istituti superiori multi-indirizzo" possono dare stabilità all’offerta formativa e favorire occasioni di riorientamento per gli studenti. La sostanza costituzionale che questa sentenza ribadisce è comunque che allo Stato, sulla base delle compatibilità di finanza pubblica, compete la definizione dei parametri numerici delle scuole statali, che riguardano i valori medi; alle Regioni il potere di programmazione; all’intesa Stato-Regioni l’assegnazione e l’utilizzo del personale. È davvero incredibile che tale intesa, snobbata dalla Moratti e giunta quasi a compimento sotto Fioroni, sia ancora sul binario morto sul quale l’ha abbandonata la Gelmini. Sarebbe bene affrontarla al più presto, anche per evitare che ogni nuovo contenzioso metta a soqquadro la programmazione e l’organizzazione della scuola; la quale, invece, ha bisogno di tempi e risorse certe per un servizio partecipato e efficiente. A questo scopo, mentre in Parlamento si discute la riforma degli enti locali e in particolare l’unione dei comuni e la riorganizzazione delle province, sarebbe anche importante che i servizi formativi, riconosciuti “funzioni fondamentali”, rientrassero in questa complessiva azione di ristrutturazione.

http://www.flcgil.it – 14 giugno 2012
“La consulta boccia il dimensionamento?”
░ La CGIL mobilita a favore dei piccoli terremotati;occorrono insegnanti e personale per l’assistenza. Svolgeranno attività, in luglio e agosto, dedicate ai bambini dai tre ai 14 anni che vivono nei comuni terremotati. Coinvolto anche il noto pedagogista Andrea Canevaro.
Svolgeranno attività educative, in luglio e agosto, dedicate ai bambini dai tre ai 14 anni che vivono nei comuni terremotati. E' l'appello di Flc-Cgil che stanno studiando un progetto per offrire attività educative di gruppo a tutti i bambini fra i tre e i 14 anni che vivono nelle zone terremotate nel periodo di chiusura delle scuole, in luglio e agosto. Il progetto è denominato "Insieme la scuola non crolla" e la Flc è pronta a sostenere le spese per il viaggio e l'alloggio dei docenti volontari, ma anche a pagare i materiali necessari per le attività. In pista, poi, grazie ad un accordo con l'Alma mater, scenderanno anche studenti (volontari) della Facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Bologna, che daranno il contributo alle attività educative svolgendo il loro tirocinio nelle zone terremotate. Il progetto, ideato dalla Flc regionale e dal centro nazionale Flc, sta prendendo corpo in sinergia con le istituzioni scolastiche, i Comuni coinvolti, la Protezione civile, la Regione e altre realtà, tra cui l'Università di Bologna, ci tiene a sottolineare il sindacato. «Non ci vogliamo sovrapporre ad altre attività, la nostra idea e' metterci a disposizione con personale qualificato, ma siamo aperti a collaborare con chi condivida le nostre finalità e il nostro metodo», spiega Raffaella Morsia, segretaria regionale Flc…. I docenti e i bidelli che intendono rendersi disponibili (il periodo minimo e' una settimana) devono essere inviare la propria adesione all'apposito indirizzo mail attivato dalla Cgil, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Possono partecipare tutti i docenti di ogni grado. La Cgil punta sulla loro "competenza" di insegnanti, ma per tutti (e in particolare per gli studenti di Scienze della formazione dell'Alma mater) sono previsti dei brevi corsi di formazione e forme di tutoraggio per mettere a punto meglio le "strategie" con cui organizzare le attività. I corsi saranno organizzati con la collaborazione dell'Università di Bologna: tra gli altri, la Cgil sta lavorando con il professor Andrea Canevaro, che già in passato si e' occupato di attività per ragazzi in situazione difficili (in Giappone, Ruanda, ex Jugoslavia e all'istituto Salvemini di Casalecchio).

 

 

wwwww.la Repubblica.it - 29 maggio 2012
“Arriva il giorno del merito ma il ministro è rimasto solo”
░ Sui quotidiani campeggia la locuzione “riforma della scuola”. Se ne abusa. All’epoca del Falcucci, di riforma non se ne parlava e però la si faceva. Luigi Berlinguer e la Moratti hanno disegnato, complessive e coerenti, le loro “riforme”, che però non hanno avuto seguito, per veti politici contrapposti. Del termine “riforma” s’è poi abusato all’epoca della Gelmini, per qualificare provvedimenti intesi unicamente al risparmio erariale, e adesso si parla di “riforma” per provvedimenti spiccioli. Sarebbe troppo pretendere, almeno, l’uso corretto dei termini?
La riforma sul merito è divisa in due parti: una per la valorizzazione dei migliori a scuola, l'altra per la valorizzazione dei migliori all'università. Viene istituita la nuova figura dello studente dell'anno, per esempio: ogni scuola potrà eleggere il più bravo fra coloro che avranno preso 100 e lode della maturità. Il prescelto avrà una borsa di studio aggiuntiva e uno sconto del 30% sulle tasse universitarie. Ma anche tariffe abbattute per viaggiare in bus ed entrare nei musei, grazie alla card "IoMerito". E poi per gli studenti migliori le master class, corsi estivi da seguire gratuitamente. Sono previsti, ancora, premi per le scuole migliori e all'università più test per tutti. Il provvedimento doveva essere un disegno di legge, ma il governo all'ultimo momento lo ha trasformato in un decreto. 

Asasi - La Letterina n.325 - 31 maggio 2012
“Ritorni a scuola la Educazione civica”
░ Riportiamo la valutazione del preside Adernò: alla Educazione civica, da sempre Cenerentola dell’attività nelle scuole, è stata attribuita una veste unicamente interdisciplinare (Educazione alla “Cittadinanza e Costituzione”); meglio restituirle lo status di disciplina autonoma.
Considerato un progetto e non una materia di studio, l’insegnamento dell’Educazione civica occupa uno spazio marginale e ridotto, legato spesso ad una specifica sensibilita di alcuni docenti e non coinvolge in tal modo tutti gli studenti, non diventa “progetto di scuola”.
Al di la della nomenclatura, quando alcuni anni fa si e tentato di ripristinare l’ora di Educazione civica, come ora di lezione, autonoma, obbligatoria e come disciplina con votazione nella pagella, si era recuperato uno spazio scolastico di insegnamento-apprendimento ben definito e codificato. Sembrava una bella battaglia vinta, dopo tanti anni di apparente “trasversalita” dell’insegnamento civico, ma di fatto considerata la disciplina “cenerentola” e lasciata alla buona volonta di alcuni docenti particolarmente sensibili, come avviene ancora oggi con il progetto legalità…. Perche non restituire la dignita di disciplina all’Educazione civica in tutte le scuole assegnando un’ora settimanale o, secondo i principi della didattica modulare, due moduli di 15 ore annue per tutte le classi in ogni ordine e grado? L’educazione civica non e sostituibile ne incorporabile alle ore di storia, fra l’altro diminuite e condensate in “geostoria”, ne tanto meno alle ore di “Diritto” come avviene solo in alcuni istituti di secondo grado. Si chiede al Ministro che ha dichiarato: “Nei prossimi giorni lavorerò ad iniziative in questo senso” che venga ridisegnata come “materia scolastica”, con contenuti e programmi, valutazioni e voti…

l’Unità - 1 giugno 2012
“Il merito nella scuola. Istruzioni per l'uso”.
░ Riportiamo le parole – chiare, e che pienamente condividiamo - di uno dei pedagogisti e docimologi di maggiore prestigio: Benedetto Vertecchi: la valutazione del “merito” va contestualizzata.
Il richiamo al merito degli alunni può avere due significati, del tutto diversi. Il primo sta a indicare che, in un quadro in cui tutti fruiscono delle medesime opportunità, alcuni studenti ottengono risultati migliori di altri. L’altro significato prescinde da riferimenti di contesto e considera il merito come una qualità assoluta, che deve essere riconosciuta a chi ha rivelato, per i risultati conseguiti, caratteristiche personali migliori. Mentre il primo significato risponde a una concezione democratica dell’educazione formale (quella impartita nelle scuole), l’altro significato ha lo scopo di rendere accettabile, e persino desiderabile, il manifestarsi del determinismo sociale. Se nell’apprezzare il merito si prescinde, infatti, dal considerare in che modo determinati risultati siano stati raggiunti, giudizi ugualmente fondati investono tutti gli allievi, quelli che godono di una condizione originaria di vantaggio come quelli che per ottenere un risultato positivo devono superare il condizionamento negativo al quale sono soggetti. Per rendere accettabile il merito come manifestazione di un apprendimento per conseguire il quale sia stato necessario impegnare la propria intelligenza, dimostrando insieme qualità positive sul piano morale, occorre preliminarmente assicurare a tutti condizioni di studio adeguate alle loro esigenze. In altre parole, si può apprezzare il merito solo se si rivela dopo che sia stata assicurata una sostanziale uguaglianza delle opportunità di apprendere. Se tale condizione è lontana dall’essere raggiunta (o, peggio, se non è neanche perseguita) riconoscere il merito degli allievi migliori equivale a cospargere di belletti un sistema iniquo. ….I provvedimenti che, con orrido aggettivo sono definiti premiali, ripropongono interpretazioni della riuscita scolastica centrate solo sulle caratteristiche personali, tacendo sulle ragioni delle differenze che si manifestano tra gli allievi. E tacendo anche sulle responsabilità che si collegano all’assenza di politiche volte a qualificare il profilo culturale della popolazione nel suo complesso, come se fosse possibile isolare le condizioni dello sviluppo degli allievi dalle interazioni col resto della società. Il merito si incoraggia e si apprezza solo perseguendo l’equità.

La Repubblica - 2 giugno 2012
“I 50 anni della scuola media”
░ Riportiamo parte di un articolo di Massimo Recalcati: chiarisce la differenza tra le rigidità, inutili e dannose, della vecchia didattica verticale, e la cesura, difficile ma che è necessaria per la formazione, che la frequenza scolastica crea nello sviluppo della personalità.
La mia generazione è stata vittima di una Scuola rigidamente e ferocemente disciplinare….Il rifiuto di apprendere fu allora il mio moto personale di protesta. Non volevo digerire quel sapere che pretendeva di essere così stupidamente assoluto…. Rigettavamo la dimensione obbligatoria della Scuola…. Quello che ci sfuggiva era la funzione fondamentale che la Scuola è chiamata ad esercitare nella formazione del soggetto…. Eppure il paradosso della Scuola – e il carattere decisivo della sua funzione – si situa proprio qui: come si può fare sorgere il desiderio di sapere, quando l´apprendimento del sapere deve essere obbligatorio ?... L´obbligo della scolarizzazione non deve essere confuso con l´azione repressivo-disciplinare della Scuola. … L´obbligo della scolarizzazione impone un trauma benefico e necessario. Questo trauma è innanzitutto il trauma della de-maternalizzazione della lingua. È un trauma che impone un taglio, una separazione del soggetto dalla sua famiglia. In nessun modo la propria famiglia può esaurire il mondo; la Scuola segna l´uscita dal mondo della famiglia e l´incontro possibile con altri mondi. L´obbligo che essa deve incarnare è l´obbligo di lasciare la propria lingua madre. O, meglio, è l´obbligo di tradurre quella lingua in altre lingue…. La Scuola porta con sé – nel suo proprio Dna – un´anima profondamente multiculturale perché sancisce l´obbligo dell´umano di rivolgersi al mondo, di staccarsi dal clan di appartenenza, o meglio, di vivere e di giocare culturalmente la propria appartenenza nella contaminazione e nell´incontro con l´Altro. Nel nostro tempo la Scuola non è un´istituzione disciplinare, ma una istituzione di resistenza all´indisciplina di un iperedonismo che non conosce limiti. La resistenza della Scuola consiste oggi nel sostenere il valore traumatico della Legge della parola, in un´epoca dove il solo obbligo che sembra esistere è quello per il godimento fine a se stesso. Non casualmente una delle cifre più significative del disagio della civiltà contemporaneo è la crisi generalizzata del discorso educativo.…. L´obbligo della Scuola è benefico perché si sostiene su di una promessa di fondo. È la promessa che esiste un godimento più forte, più potente, più grande di quello promesso dal consumo immediato e dalla dipendenza dall´oggetto. Questo altro godimento si può raggiungere solo per la via della parola: è godimento della lettura, della scrittura, della cultura, dell´azione collettiva, del lavoro, dell´amore, dell´erotismo, dell´incontro, del gioco. La promessa che la Scuola oggi sostiene controvento è che il desiderio umano per dispiegarsi, per divenire capace di realizzazione ha bisogno, di qualcosa che sappia incarnare la Legge della parola, perché, sappiamo, senza questa legge non c´è desiderio, ma solo disumanizzazione della vita.

www.la Repubblica.it – 3 giugno 2012
“Scuole e atenei, ecco la riforma”
░ Articolo di Corrado Zunino. Il ministro Profumo incontra intoppi politici ed economici, per la parte scolastica da inserire nel pacchetto “merito”: premi per studenti, scuole e atenei virtuosi, che a suo modo di vedere dovrebbero incentivare la competitività e rendere il sistema Italia competitivo sul mercato globale.
….la bordata di critiche - dal Pd dalla Cgil, dai centristi agli studenti organizzati e su altri versanti da Pdl e Confindustria - è stata così assordante da sorprendere il ministro Francesco Profumo. «Questa riforma ce la chiede l´Europa della cultura e del lavoro», risponde lui. E ce la impongono mercati sempre più internazionali e anglofili, sempre più specialistici e desiderosi di pescare dalle università i migliori…. In ogni singola scuola superiore nascerà lo "studente dell´anno" (i migliori discenti, tenendo conto, però, dell´impegno e del reddito familiare). Avranno sconti sui bus e alle mostre e quando andranno all´università pagheranno un terzo in meno l´iscrizione. Negli atenei nasceranno le figure dei "migliori laureati" e dei "migliori dottorati". E così, in un tentativo di proteggere e rilanciare arti e musica, nei conservatori e nelle accademie nazionali. Diventeranno prassi le Olimpiadi della matematica, dell´italiano, dell´astronomia. Nazionali e internazionali. Ci sarà l´obbligo di 100 ore di didattica per i prof universitari e saranno decurtati i finanziamenti agli atenei che non assumeranno gli insegnanti migliori, scelti da una commissione con quattro commissari su cinque esterni (uno sarà straniero)…. Premi per docenti e ricercatori universitari, «in numero non superiore al 20%», dopo «una valutazione pregevole della loro didattica», secondo criteri stabiliti con regolamento di ateneo. Stop all´assenteismo dei professori d´ateneo: chi è a tempo pieno dovrà garantire 100 ore di didattica frontale ogni stagione, 80 ore per chi è a tempo definito. Gli studenti che hanno ottenuto i crediti formativi universitari previsti e con votazione media non inferiore a 28/30 possono sostenere l´esame di laurea con un anno di anticipo. Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca possono conseguire il relativo diploma con un anno di anticipo, previo giudizio del collegio dei docenti. Possibile l´iscrizione in due università di pari livello (due triennali, due specialistiche, due master). Gli Atenei forniranno un elenco del 5 per cento dei laureati più bravi: saranno pubblicati sul sito del ministero dell´Istruzione e avranno una corsia privilegiata verso il lavoro grazie a incentivi fiscali applicati ai datori di lavoro per due stagioni (meno tasse sul reddito fino al 30% per chi li assume a tempo indeterminato entro tre anni dalla conquista della laurea). Il "portfolio" dello studente potrà essere consultabile dalle aziende e renderà pubbliche la conoscenza delle lingue straniere, le competenze musicali e informatiche, le esperienze di associazionismo, volontariato e sportive. Le università migliori aderiranno a un´organizzazione internazionale del baccellierato, rete di istituti d´eccellenza. La questione più visibile del "decreto merito" sarà lo "studente dell´anno". Ogni istituto superiore dalla prossima stagione lo sceglierà tra chi avrà i voti più alti alla maturità, a partire da 100, tenendo conto della media degli ultimi tre anni, dell´impegno sociale e del reddito familiare. Lo "studente migliore" avrà una riduzione almeno del 30% delle tasse per l´iscrizione al primo anno di università e una borsa di studio aggiuntiva. Con la card "Iomerito" otterrà sconti per musei e trasporti. Nel corso dell´anno scolastico i primi tre piazzati alla fase nazionale delle Olimpiadi per materie scolastiche saranno iscritti (gratuitamente) a "master class" estivi nella disciplina affrontata. Da ottobre Olimpiadi internazionali in sette materie. Internazionalizzazione degli atenei grazie a incentivi per attrarre docenti dall´estero e per spingere pubblicazioni in inglese. E poi riforma dei convitti nazionali e degli educandati statali, ridenominati collegi italiani internazionali: anche questi dovranno diventare calamite di studenti e insegnanti stranieri e saranno aperti alla residenzialità e alla semiresidenzialità anche nei periodi estivi. Fin dal primo anno di studi superiori si applicano i metodi linguistici Clil (immersione linguistica). Le università e gli istituti superiori di insegnamento a livello universitario aventi sede nel territorio di Stati esteri, e là riconosciuti come enti senza scopo di lucro, possono insediare proprie filiazioni in Italia. Resta il numero chiuso per Medicina e Architettura, ma per ogni facoltà le matricole dovranno fare il "test diagnostico" per capire se sono tagliate o no per quell´indirizzo (oggi uno studente su cinque abbandona l´università dopo il primo anno). Sul fronte concorsi, resiste l´abilitazione nazionale al titolo di professore ordinario, associato o ricercatore. La commissione sarà composta da cinque membri: uno designato dall´ateneo e tre esterni, sorteggiati. Il quinto sarà sorteggiato da una lista di studiosi in servizio presso atenei di Paesi aderenti all´Ocse. L´Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) stabilirà se i docenti prescelti avranno le caratteristiche richieste, altrimenti gli atenei perderanno quote di finanziamenti ordinari. Le istituzioni dell´alta formazione artistica, musicale e coreutica valorizzano il merito e l´eccellenza dei propri studenti in base a sistemi premianti. Promuovono il coinvolgimento degli studenti in iniziative, nazionali e internazionali, di confronto e di competizione e in percorsi di studio di alta qualità. Nasce il Premio nazionale delle arti. Al vincitore di ciascuna sezione artistica è riconosciuta la riduzione di almeno il 30% delle tasse per l´iscrizione all´anno successivo o all´anno in corso se è l´ultima stagione. Il ministero dell´Istruzione sostiene progetti di produzione nel campo musicale di rilevanza nazionale, finalizzati a consolidare le esperienze degli studenti nelle formazioni orchestrali.

La Repubblica - 4 giugno 2012
“La “riforma del merito” in una scuola che non riesce a incidere sulle disparità sociali”.
░ Una stroncatura, a firma Rosaria Amato: leggendo il progetto di riforma della scuola – scrive – la sensazione è che chi l’ha messo a punto non abbia le idee chiarissime su come funzionano la scuola e l’università.
Per esempio la norma secondo la quale ogni istituto superiore dovrà scegliere lo studente dell’anno in base al voto dell’università e alla media degli ultimi tre anni, che avrà in premio uno sconto del 30% delle tasse del primo anno d’università, risulta abbastanza inutile in un sistema universitario che, di solito, esonera gli studenti che hanno preso 100 o 100 e lode alla maturità dal pagamento delle tasse del primo anno. E spesso fornisce agli stessi studenti una borsa di studio. Certo, dipende da università a università. La norma di legge varrebbe invece su tutto il territorio dello Stato. Ma solo per uno studente a scuola, un numero di gran lunga inferiore rispetto a quello degli studenti che attualmente beneficiano dell’esonero garantito dalle varie università.
Altra obiezione che si potrebbe fare (più consona allo stile di questo blog, che si chiama percentualmente) è: c’è una logica nel reperire a fatica i fondi per una riforma non condivisa a fronte di un sistema scolastico gravemente depauperato e sostenuto in misura sempre più consistente dai genitori? Secondo un’indagine pubblicata all’interno del 44° Rapporto del Censis, il 53,1% delle scuole italiane chiede un contributo “volontario” ai genitori, che contribuiscono massicciamente (82,7%). Il contributo serve per “acquistare materiali didattici”, migliorare le dotazioni informatiche, le palestre, persino, nel 43,1% dei casi, per fornire “supporto economico agli studenti più indigenti per assicurare la loro partecipazione alle attività didattico formative”. Quest’ultima motivazione, certo, rende perplessi. Ma non dovrebbe essere compito dello Stato supportare gli studenti indigenti per permettere loro di partecipare alle attività didattico-formative? Lasciamo stare il fatto che a troppi genitori venga chiesto di comprare la carta igienica per la scuola. Ma il supporto agli studenti indigenti non è tra i compiti della scuola, non è una delle migliori applicazioni del secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione, quello che dice che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli che impediscono l’effettiva eguaglianze tra i cittadini? Per inciso, ormai sono tanti anche i genitori che danno la tinta alle pareti. Per il Censis i genitori-operai danno il loro contributo nel 13,6% delle scuole italiane. Ci sono anche i genitori che lavano le tende, e quelli che riparano le sedie, i tavoli e gli armadi.
Infine, è giustissimo valorizzare il merito (per l’appunto, le università lo hanno sempre fatto, con l’esonero delle tasse e le borse di studio, e anche i presidi hanno cercato di fare del loro meglio, fondi permettendo), ma in un Paese come l’Italia, il Paese delle disuguaglianze, il Paese con l’ascensore sociale più bloccato d’Europa, forse la scuola dovrebbe aiutare tutti i ragazzi economicamente svantaggiati (non solo il primo della classe) a emergere, a inserirsi in una società che fa di tutto per tenerli “al loro posto”, ben fermi all’interno della classe sociale alla quale appartengono, senza poter fare neanche un passetto in avanti. Circostanza ampiamente analizzata dall’ultimo Rapporto Istat: in Italia appena il 20,3% dei figli degli operai è arrivato all’università, contro il 61,9% dei figli delle classi agiate, della generazione nata negli anni ‘80. Il 30% dei figli degli operai abbandona le scuole superiori contro appena il 6,7% dei figli di dirigenti, imprenditori, liberi professionisti. Negli altri Paesi non funziona così, anche perché in Italia la dispersione scolastica è molto più alta che altrove, prova ne è questo grafico dell’Ocse:
ItaliaOggi – 5 giugno 2012
“Il dirigente non decide l'orario”
░ Un'ordinanza del Tar Toscana nega che la riforma Brunetta abbia modificato la materia. (di Antimo Di Geronimo).
Sabato libero, conta la delibera del consiglio di istituto. Il dirigente scolastico non ha il potere di disattendere o dichiarare illegittime le delibere del consiglio di istituto concernenti l'orario scolastico. Il decreto Brunetta, infatti, ha semplicemente decontrattualizzato la materia, ma non ha modificato le competenze degli organi collegiali della scuola. É quanto si evince da un'ordinanza sospensiva del Tar della Toscana (347/2012) depositata il 30 maggio scorso, con la quale ha sospeso il provvedimento di un dirigente scolastico. Che aveva rifiutato di attenersi ad una deliberazione del consiglio di istituto della sua scuola riguardante la scansione dell'orario di lezione. Il preside, infatti aveva comunicato al presidente del consiglio di istituto di ritenere «che la delibera del consiglio di istituto n. 10 del 19.12.2011 sia illegittima e che la competenza in materia di adattamento del modello scolastico (sabato libero) sia del dirigente scolastico, sentiti gli organi collegiali e considerate le necessità degli enti locali». Di qui l'esperimento dell'azione giudiziale da parte di un gruppo di genitori, che terminava con l'accoglimento del ricorso e la sospensione del provvedimento. La questione è frutto di un equivoco, abbastanza diffuso, ingenerato dall'entrata in vigore del decreto Brunetta. Che ha indotto alcuni dirigenti scolastici a ritenere che la decontrattualizzazione di alcune materie gestionali (tra cui l'orario scolastico) abbia ingenerato l'assunzione di pieni poteri in tali materie da parte dei dirigenti. Sulla base di questa convinzione, c'è stato persino un dirigente scolastico che ha trasferito d'ufficio una lavoratrice a un plesso distante circa 40 chilometri, pur essendo inamovibile ai sensi della legge 104/92. Ma le cose stanno diversamente. La decontrattualizzazione, infatti, ha riportato in vita le disposizioni di legge che regolavano questi ambiti prima della loro devoluzione al tavolo negoziale. Nel caso specifico, l'art.10 del decreto legislativo 297/94, per quanto riguarda le competenza del consiglio di istituto. E l'art. 7 per quelle del collegio dei docenti. Il procedimento è caratterizzato da tre fasi. Nella prima fase, il consiglio di istituto detta le regole per la compilazione dell'orario e la relativa scansione settimanale, compresa l'eventuale settimana corta. Dopo di che il collegio dei docenti dà un parere tecnico sulla relativa attuazione. Infine, il dirigente scolastico vi dà attuazione con un provvedimento, che deve essere informato ai criteri dettati dal consiglio di istituto, avuto riguardo alle valutazioni fornite dal collegio. Nel caso in esame, invece, il dirigente scolastico «non ha portato a termine il procedimento di fissazione dell'orario delle lezioni per il prossimo anno scolastico» si legge nell'ordinanza, «assumendo le determinazioni di sua spettanza.. limitandosi ad una statuizione di mera illegittimità della determinazione assunta dal consiglio d'istituto, che esula dai suoi poteri e determina un illegittimo arresto procedimentale». Quanto alla questione delle regole da applicare, va segnalato che, a seguito dell'intesa raggiunta il 3 maggio scorso tra governo e sindacati, la materia dell'orario scolastico dovrebbe ritornare nell'alveo della contrattazione integrativa. Scongiurando così l'insorgenza di ulteriore contenzioso.

Corriere della sera – 6 giugno 2012
“La preside che cerca i registri fra le macerie. Per gli scrutini”
░ Una intervista a Rossella Garuti, d.s. a Novi di Modena: “I miei bambini uscivano ciascuno con la mano sulla spalla del compagno davanti, come avevano imparato nelle esercitazioni... beh, mi sono emozionata”.
Ci sono giornate da incorniciare nonostante il terremoto, l'ha imparato dopo la scossa del 29 maggio. Cinquantotto anni, preside dell'Istituto Comprensivo Renzo Gasparini di Novi di Modena, lei dirige sei scuole fra infanzia, elementari e medie. Il primo giorno in cornice è per quello che ha visto settimana scorsa mentre la terra tremava: «I miei bambini uscivano ciascuno con la mano sulla spalla del compagno davanti, come avevano imparato nelle esercitazioni... beh, mi sono emozionata». Le altre sono per ogni giorno speso nella sua «missione»: recuperare registri, pagelle, verbali dei consigli di classe. Tutto indispensabile per gli scrutini dei suoi alunni (1.103, fra i bimbi dell'infanzia, le elementari e le medie). Due giorni fa, mentre il cielo rovesciava secchiate d'acqua sulle vite sospese dei terremotati, gli occhi della preside planavano su banchi rovesciati e armadietti abbattuti, su macerie e crepe nei muri di uno dei suoi Istituti. Ieri i vigili del fuoco l'hanno fermata davanti a un'altra scuola (troppo lesionata per lasciarla entrare) e sono andati loro a recuperare gli ultimi documenti che la dirigente scolastica desiderava tanto riavere. «Ecco, adesso c'è tutto il necessario», ha tirato un sospiro di sollievo caricando in macchina l'anno scolastico di centinaia di ragazzini. «Vabbé che siamo terremotati ma siamo in piedi e non saranno le macerie a fermarci». Missione riuscita. E che soddisfazione impilare le cartellette piene di pagelle nelle vecchie cassette per la frutta: cartelle verdi per l'elementare di Novi, gialle per le elementari di Rovereto sulla Secchia (la frazione più distrutta del paese), rosse per le medie di Novi e blu per le medie di Rovereto. …

 

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XXIV2012

 

 

 

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I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti